Ci sono autori, nella storia della nostra letteratura, ai quali si può a giusta ragione assegnare l’etichetta di veri e propri “profeti” del nostro tempo. Uno di questi è sicuramente Ignazio Silone, noto al grande pubblico come autore di un romanzo famoso, “Fontamara”. Tuttavia, non è su “Fontamara” che appunteremo la nostra attenzione, bensì su un testo forse poco noto al pubblico, “La scuola dei dittatori”, del 1938.
“ La scuola dei dittatori “ ci presenta un personaggio estremamente interessante, che porta un nome che è tutto un programma: Tommaso il Cinico. Tommaso il cinico si offre ai lettori come un vero e proprio “conoscitore” degli anfratti più oscuri della tirannia. Egli interagisce con due personaggi altrettanto curiosi e degni di attenzione, due americani, Mister Doppio Vu, il cui obiettivo principe è di diventare un acclamato “dittatore” e il professor Pickup, che mostra un’evidente disistima per la democrazia, asserendo addirittura che essa è un puro “nonsense” anche negli Stati Uniti.
E così, discorrendo intorno alla democrazia, il disincantato Tommaso detto il cinico spiega ai suoi interlocutori quali sono le radici profonde del “fallimento” delle democrazie occidentali: “ “La causa prima e vera della decadenza dell'odierna vita politica è ch'essa è gremita di dilettanti presuntuosi. Ognuno che fallisce in altra professione, crede di poter riuscire nella politica” (1). Se teniamo conto del fatto che Silone vergava queste righe nell’ormai lontano 1938, possiamo ben dire che l’etichetta di “profeta” dell’Italia contemporanea gli si attaglia alla perfezione. Ma non è finita qui. In un passo successivo, l’incredibile, e, per vari versi, degno d’ammirazione Tommaso il cinico aggiunge: “Una classe dirigente in declino vive di mezze misure, giorno per giorno, e rinvia sempre all'indomani l'esame delle questioni scottanti. Costretta a prendere decisioni, essa nomina commissioni e sottocommissioni, le quali terminano i loro lavori quando la situazione è già cambiata. Arrivare in ritardo significa […] anche illudersi di evitare le responsabilità, lavarsene le mani, per mostrarle bianche e pure agli storici futuri ” (2).
Poi Tommaso il cinico (alter ego di Silone) (3), ci informa, dall’alto della sua impassibile indifferenza, circa le “tecniche” usate dai dittatori per risultare “convincenti” presso le masse, stanche delle “lungaggini” delle democrazie: “Contro i mali d'ogni genere le dittature conoscono un'antica panacea (4): il sacrificio tempestivo di appropriati capri espiatori. E’ un metodo sbrigativo, immune degli inconvenienti del metodo democratico, con le sue campagne scandalistiche, le interminabili discussioni parlamentari, le commissioni d'inchieste inconcludenti e i processi che durano decenni” .
Mi pare che il messaggio di Tommaso il cinico sia chiaro: allorché ci si mostra stanchi degli eccessivi indugi e dell’incapacità decisionale della democrazia, la porta verso la dittatura è non soltanto aperta, ma addirittura spalancata. Il bello è che Tommaso il cinico ci addita anche i reali “responsabili” della “decadenza” della democrazia: una classe dirigente spesso ottusa, degenere e inconcludente.
Ignazio Silone, nostro contemporaneo.
Note
1) I. Silone, “La scuola dei dittatori”, a cura di B. Falcetto, “I Meridiani”, Milano, Mondadori, 1998, Vol. 1, p. 1031.
2) Ivi, p. 1056 sgg.
3) Silone stesso si definì un cinico: “Ero un cinico, però non egoista e nemmeno un altruista. Non mi importava nulla né degli altri né di me stesso” (Cfr. G. P. di Nicola-A. Danese, “Ignazio Silone. Percorsi di una coscienza inquieta”, Torino, Effatà Editrice, 2011, p. 105).
4) Il vetusto ma sempre valido “Dizionario delle scienze naturali” [Firenze, 1846, Vol. XVII, p. 68] ci ragguaglia sul fatto che “la voce ‘panacea’ era per gli antichi chimici sinonimo di ‘rimedio universale’”.
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