Pubblicato il 13/10/2011 21:31:09
Il ciliegio quell'anno aveva un male nel corpo a fiorire, come se inclinasse una chioma innaturale verso un mondo che non vagliava le cavità del mondo. Le donne si stringevano fasce intorno ai lombi vaporanti nell'alba meschina e perle serene sulla fronte, simili a beccate fugaci di migratori, cose che al sole svaniscono: una disfunzione, un singhiozzo appena percettibile di tutta la terra che dorme sotto il velo di ginestre precoci, sotto le ali.
Abitazioni estese lungo i fiumi, euforia chimica dai comignoli neri. L'industria colma di olio verdognolo le arterie. Le voci di Giovanna fanno silenzio mentre tocca il fiore con le mani e sta come la carne denudata nei tabernacoli. Sul nero sanguinante di quel corpo ricade il nevischio del volto e una profezia di rami in fiore.
Lui ha saltato la rete - eppure quella notte non si vedeva a un passo. Dopo diverse ore di cammino ha bussato alla casa dell'infanzia diceva solo mamma non è niente diceva mamma sono solo stanco, solo stanco.
Roma, 18 dicembre 2007, inedito
(dal sito http://www.chiaradeluca.com/Maria_Grazia_Calandrone_poesie.htm)
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