Pubblicato il 13/10/2011 00:00:14
Voi non sapete la vostra bellezza, i colori magnifici che fate, la vastità marina dei cassetti con le isole meridiane dei calzini amaranto al mattino, come commuova il lasco delle frizioni in questa ora quieta del Sud.
Tra corpo e polietilene non c’è spazio. Eppure resiste qualcosa di ancora non caduto, di non completamente disseccato. Scocca di resine. Organi scuri e molli. Milza. Pistone. Adesso guarda dentro questa assenza di spazio, tocca questo stiparsi. La materia granata del cuore. Contachilometri. Stantuffo. Serratura. Portello posteriore. Gangli di cavi e valvole. La pituitaria. Ganglio dell’ipotalamo. Ora abbandona tutta la speranza lascia che affiori dal tuo volto la meridiana gialla del caso – giallo radiante, giallo maturo. Un sorriso di scimmia. Bianco. Un sorriso canino. Cambio. Filo dei freni. Tendini e loro estensione. La gravità ci piega verso il basso. Cilindri, aghi e puntatori. Prolungamento delle rotule nell’albero motore. Il biglietto coi nomi che hai lasciato nella cavità della roccia, la scia di sangue con la quale hai sbiancato il suo cuore.
Guarda queste colonne orizzontali, questo moto da luogo, guarda il compatto e insieme il differenziato, questa massa bellissima di corpo e macchina mossa ogni giorno da mantici di volontà. Siamo una collettiva dedizione. Dopo, ci dividiamo.
Pensa al continuo affrontarsi di cortecce orbitali, pensa che un millimetro scarso di membrana conserva le creature nel sacco del proprio comportamento morale. Pure, non c’è omicidio. Le autovetture sfilano con obbedienza lungo la tangenziale. Uno spettacolo di ordine amoroso. Potrebbe essere un massacro, una piaga d’ira. Ma siamo gentilissimi. Dorsali. Retti da un quotidiano affetto di scimmie. Nessun investimento volontario. Raramente qualcosa sfugge. Un trionfo ordinario di amore, un rogo morale di volti umani e vetro.
Sotto di voi è distesa la colata di pace della carreggiata. Raramente qualcosa deraglia. Solo talvolta il cuore – l’orbita magna – guizza nella maglia d’uranio della sopraelevata. Solo talvolta un soffio del sangue porta fin qui, sui groppi di cemento del ponte la luce delle rose. Allora la gabbia di zinco dello spartitraffico riluce in questa quiete come la scia del sorriso degli immortali allora soffia sulla groppa di minerale inerte che s’inarca nell’ampia e bianca radiazione tra Scalo San Lorenzo e Via Prenestina un’asciuttezza di sabbia con le rovine e le biciclette d’oro.
Adesso sei continuamente in contatto completamente divaricato dal canto sei allo scoperto, tutto smemoratezza, esposto in tutta la superficie e per ciò inattaccabile sdrucciolo brilli come una catena di luce che oscilla. Brilli come una cosa. Sei curvo come un masso di sentimenti. Riesci ad amare il tuo benefattore.
Roma, 29 settembre 2011
(inedito, dal sito http://www.francoarminio.it/2011/10/10/tangenziale-est/)
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