Pubblicato il 08/09/2010 12:20:17
Produzione: quantità, qualità, modalità e fruibilità
Sappiamo che ogni bene prodotto è soggetto a 4 regole.
1. la quantità. Va prodotta quella necessaria al fabbisogno interno ed eventualmente quella necessaria alla vendita, se programmata. Ma prima di tutto va individuato il bene di cui parliam se esso è agricolo o industriale. Se si tratta di un bene agricolo è soggetto al rispetto degli standard di produzione. Ovvero se in un ettaro di terreno, dove si coltivano pomodori sanmarzano, la produzione deve essere da X a 1X quintali per ettaro, bisognerà attenersi a quei parametri, perché se andiamo sotto la soglia minima - ovvero X - rischiamo di saltare coi conti. Se, al contrario, andiamo sopra la soglia massima, ovvero 1X, produrremo un bene scadente dal punto di vista nutrizionale e, soprattutto, si corre il rischio dì essere tacciati di frode. E questo perché andremmo ad incassare più di quanto ci spetta. Se si tratta di un bene industriale, le cose sono diverse nella forma ma non cambiano nella sostanza. Se produciamo biciclette, dovremo stare attenti a produrne quel numero che ci permetta di mantenere aperta la fabbrica, pagare i salari, accantonare gli ammortamenti e soddisfare il fisco. Programmato tutto questo possiamo pensare allo sviluppo e alla crescita. Il tutto senza incappare in quella che è la più pericolosa delle trappole: l’immagazzinamento. Se per soddisfare tutte le mie esigenze devo produrre e vendere X biciclette e più di quelle non riesco a vendere, anche se potenzialmente posso produrne X+1/2X di pezzi, non devo farlo, altrimenti corro il rischio di immagazzinare un bene che, per essere stato prodotto, ha avuto bisogno comunque di un investimento di capitali che però restano immobilizzati in deposito. Con un enorme dann o mi sono indebitato per produrre, visto che non ho venduto, o ho usato soldi non dell’azienda, ma personali. In entrambi i casi producendo danni irreparabili! Se mi sono indebitato gli interessi vanno a mangiare parte degli utili e i miei guadagni si riducono sempre più perché il debito - se non programmato - è un vortice che uccide. Se invece ho messo soldi personali sono fesso perché svuoto le mie tasche per produrre un bene che non vendo e che mi porterà, restando in deposito, alla bancarotta. In questi casi, ovvero con una azienda che potenzialmente può produrre più di quanto vende, la cosa migliore è cercare una partecipazione, estera o nazionale, che si occupi della vendita e riorganizzare la struttura commerciale. 2. la qualità. Sia che si tratti di un prodotto agroalimentare, sia di uno industriale, va mantenuta alta la qualità. Perché coi costi di produzione che abbiamo e con i tarocchi dì ogni genere, se noi rispondiamo con qualità unita alla cortesia, nulla ci può far paura. La qualità è l’arma vincente delle nostre aziende. 3. la modalità. È strettamente legata alla qualità. Se produco gelato debbo usare prodotti freschi. Un gelato alla fragola è molto più buono se usiamo le fragole fresche anziché quelle surgelate o, peggio, il surrogato in polvere di fragola. È ovvio che chi bara ha un utile maggiore, ma è altrettanto vero che, col tempo, chi punta sulla qualità e modalità, ne ha un ritorno in termini economici. Stessa cosa vale per la produzione di qualsiasi altro bene. 4. la fruibilità. Torniamo a quanto già dett il 30 percento della popolazione consuma il 70 percento dei beni prodotti! Ho definito questa cosa una aberrazione! Ma è di più: è una vergogna che ci dovrebbe investire tutti. Vedete, troppo facile prendersela coi politici. E non voglio essere io a difenderli. Però non ho sentito nessuno, della società civile, muovere un dito per modificare le cose. E non voglio fare lo struzz anche io ho le mie colpe, nel mio piccolo. Come le avete tutti voi. Se il merito dell’opulenza occidentale è di chi gestisce, anche le manchevolezze sono di chi gestisce! Non si possono assumere gli onori e ricacciare gli oneri! Un Governo dovrebbe, ad esempio, destinare un fondo di solidarietà per le popolazioni più sfortunate. Questo fondo - percentualmente - dovrebbe essere proporzionato alla crescita del PIL. Ovvero. Più cresce lo sviluppo del Paese, più sale il fondo di solidarietà. Qualcosa di simile esiste già, a dire il vero, ma non è regolato da leggi certe ed è svincolato dal controllo di Bruxelles. Ora se siamo - ahimè - in Europa, non possiamo esimerci dal fare una leggina che garantisca la certezza del fondo di solidarietà. Ma come troppo spesso accade, questi furbetti sventolano l’Europa solo quando giova a loro!
Abbiamo visto i 4 punti che regolano l’Economia Politica. Vediamo ora i soggetti economici. Che sono sostanzialmente tre: la famiglia, le imprese e le banche. Alle famiglie attiene il "mercato dei beni di consumo" ; alle imprese il "mercato dei fattori produttivi" e alle banche il "mercato dei flussi finanziari".
Tutto questo porta ad una logica: quella della domanda e dell’offerta. Questi due fattori generano il prezzo. Che aumenta quando la domanda sale, cala se la domanda scende. Se le famiglie chiedono mele e le mele non ci sono per soddisfare tutti, quelle disponibili aumenteranno di prezzo. Se, al contrario, chiedo mele e sul mercato ne vengono immesse un quantitativo più alto della richiesta, ovvero l’offerta supera la domanda, ecco che i prezzi tendono a scendere.
Una nota: nel gioco della domanda e dell’offerta un ruolo determinante lo recitano le banche. Perché finanziano i produttori e finanziano i consumatori! E la cosa sarebbe quasi buffa se non fosse drammatica! È drammatica perché sempre più famiglie ricorrono al Prestito al Consumo, ovvero i famigerati "soldi di plastica" che generano inflazione. Ci vengono propinati dati sull’inflazione che sono ridicoli (mi chiedo se sta gente è mai andata a fare la spesa!). Ricordate: il vero tasso d’inflazione è dato dagli interessi che pagate al Prestito al Consumo, depurati dal tasso di sconto della BCE.
Oggi, mediamente, il Prestito al Consumo registra in Italia un interesse del 8.65 percento annuo, ben 2 punti più alto di quello medio europeo. Il tasso BCE è del 4 percento, fatto il conto (8.65 - 4 = 4.65) la nostra inflazione reale è pari al 4.65 percento. Altro che 1.5 / 2 percento! Ma questo si guarderanno ben dal dircelo! È ovvio che Bruxelles è costretta ad aumentare il tasso BCE per tener sotto controllo l’inflazione. Soltanto il 5 dicembre 2005 il tasso BCE era del 2 percento. Se fosse stato mantenuto, ora la nostra inflazione galoppava al 6.65 percento!
Compreso il concetto di Economia Politica, andiamo a vedere i due rami in cui essa si divide: microeconomia e macroeconomia. Questo sarà il prossimo tema
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