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EMERGENCY APULIA I

di Gennaro Vernice
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Pubblicato il 11/09/2011 09:52:11

Emergency Apulia I

 

 

 Oggi, in viale dei Caduti, nella città di San Nicola, le luci d’oro dei lampioni cedono il testimone al giorno solo quando, Osvaldo Lamartina, intento al radersi, sobbalza.

Fuochi d’artificio in un mezzo dì, dedicato al Santo, che punta il naso verso il cielo; là dove esplode la fede dei concittadini più illuminati.

Traiettorie verticali di petardi che, a mezz’aria, falliscono l’ascesa. Un po’ come la religiosità di Osvaldo che, durante un’animata discussione di qualche giorno addietro, riesce a definire l’incomparabile Dio dei Cristiani: un complesso. Non Trash e neanche Pop ma una turba fantasiosa e birichina. Una catena di Sant’Antonio ultraterrena, una puzzetta condizionante fino allo spasmo.

La lametta crea la tacca sulla guancia e la schiuma da barba arrossisce. Nello stesso istante avviene l’imprevisto.

 

Per fortuna solo feriti oggi, sul lungomare di Bari e un bagno imprevisto per il Signor Sindaco che ammirava, le “lucine”, su di una imbarcazione.

Il popolo è colpito! Un fuoco “fatuo” ha pensato bene di puntare la folla, traiettoria orizzontale, purgatorio sulla terra viva!

E’ la notizia del giorno che Osvaldo ignora. Oggi, Osvaldo Lamartina reca in sé lo sguardo assente dei giorni nati storpi. Capita.

Osvaldo ama la fotografia ma è abituato a perdere gli attimi preziosi. Lui direbbe che: vivere un attimo non è mai come viverlo per imprigionarlo. Quando l’otturatore si chiude[1], è come se rimiri un film in Tv e all’improvviso salta il canale! Poi guardi come è andata dato il terzo incomodo: l’immagine fotografica che non può che essere un titolo di coda, un’escrezione. Interferenza di una macchina su di un moto. Il fine per un fotografo è l’Arte, per Osvaldo è la vita che non potrà mai esserlo. Per questo continua a veder scorrere le immagini nel mirino della sua Nikon dimenticandosi che esisterebbe un tasto di scatto. Per questo non sarà mai un grande fotografo.

Osvaldo legge Krishnamurti e un po’, se lo si vuole conoscere meglio, bisognerebbe andarsi a comprare uno dei classici dello spirito del luminare Jiddu: The penguin Krishnamurti reader.

Oggi è a pranzo da amici di amici. Siamo in tre ad attenderlo sotto casa già da una buona mezz’ora.

La ragazza che vedete citofonare si chiama Marylin, una donna rara come una mosca bianca che sorride alla vita senza troppi appetiti, raccontando al mondo della sua blefarite, vitiligine, gozzo, capelli radi e tendenti al bianco, pelle desquamata, tiroide disturbata, con tutta la precisione di un medico all’opera.

Quel tipo seduto al volante della Twingo, invece, è Pando, un alternativo di medio raggio nel senso che, da Bari a Roma, lo si può trovare immerso in qualsiasi manifestazione, raduno o concerto. Non ci crederete ma quella Renault ha solo un anno di vita.

Osvaldo, Marylin e Pando, da qui a un’ora, saranno all’interno del triangolo Binetto-Bitetto-Bitritto dove tutto non quadra anzi, cerchia.

Ed ecco il mio momento, io sono Rino, sono colui che ha il compito di shakerare questa storia per vedere l’effetto che fa, colui che il cerchio, volente o dolente, lo deve chiudere.

 

 

 

 

CONTRADA DEI 100 TRULLI ore 14:00

 

I moscerini ci stanno annientando, sotto il sole di questa veranda. Lontani da occhi indiscreti si mangia pane e si beve vino. L’affittuario ha modi gentili, tifa Juve e accudisce da tempo una collezione di giovani serpenti tra i più colorati e i più costrictori. Per il resto c’è Marylin: ”l’essere logorroico” per eccellenza. Le mie orecchie son sgocciolate sul pavimento e posso solo osservare la sua bocca che freme mentre Pando beve, Osvaldo beve e Ezechiele sorseggia.

 

 

Alle 16:00 la bocca di Marylin è ancora avvolta nel vortice della lingua italiana solo che, parla sola con un ficus benjamin paraculo. Il “padrone” di casa, Ezechiele, è in bagno che cerca di prendere per la testa il suo verme solitario, io sono lì, vicino al frigo, che fumo e Osvaldo è seduto sulle scale che tace anzi no, fa a voi cari lettori una sacrosanta domanda; a voi, oltre quel buco della serratura che lascia penetrare tutta la luce di un giorno qualsiasi.

Se un mattino d’estate vi capitasse, per un giro di coincidenze, di ritrovarvi a pranzo da amici degli amici che collezionano serpenti, e cominciasse a gorgogliarvi dentro la splendida idea di rinfrescare, il vostro palato, con un gelatino pomeridiano (giusto per metter la ciliegina su un succulento pranzo ruminato e ringraziare allo stesso tempo il Dio per avervi offerto anche quell’oggi, “il vostro pane quotidiano”), se quatti quatti verso il freezer vi si concedesse il lusso di ritrovarvi di fronte a uno spettacolo da mille e un fiocco di neve: cinquanta topi bianchi surgelati, una coppa amarena e panna o cioccolato e vaniglia e un lingotto di carta inutilizzabile, voi, a che gusto scegliereste la vostra gratitudine?

 



[1] Nella sua Reflex.



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