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Ai confini della Terra

Narrativa

William Golding
TEA

Recensione di Giuliano Brenna
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Pubblicato il 10/10/2008 19:33:00

Il volume raccoglie tre libri del premio Nobel (nel 1983) William Golding, Riti di passaggio, Calma di vento, Fuoco sottocoperta, i quali sebbene scritti in momenti differenti e separatamente raccontano una unica vicenda senza soluzione di continuità.
Il giovane Edmund Talbot salpa un mattino dalle coste della natìa Inghilterra, a bordo di una ex nave da guerra disarmata, con destinazione Australia, dove l’attende il suo impiego presso l’amministrazione della Colonia, come inizio di una brillante carriera nella burocrazia della corona, spinto da un influente prozio. Al salpare dell’ancora ciò che in realtà il giovane Talbot si lascia sulla banchina del porto è la sua spensierata fanciullezza, mentre spiega le vele verso la sua vita da uomo adulto e cittadino – privilegiato – del mondo che allora stava ampliando i suoi confini con la scoperta e successiva colonizzazione del cosiddetto Mondo Nuovissimo. Il pretesto per la stesura del primo dei tre libri è l’intrattenimento dell’anziano e, non dimentichiamolo, sebbene ci venga ricordato ad ogni piè sospinto, influente padrino, il quale ha donato ad Edmund un prezioso ed intonso volume, rilegato in pelle, sul quale il giovane dovrà stendere una specie di diario di bordo. Il primo volume termina infatti quando il libro esaurisce le pagine, per essere ben presto sostituito da due nuovi quaderni pronti ad accogliere il resoconto delle avventure in mare sino all’approdo a destinazione. Il lunghissimo viaggio diviene ancora più lungo per una serie di contrattempi e difficoltà incontrate in mare, sino ad assumere i toni epici di un autentico viaggio di formazione attraverso le età dell’esistenza di un uomo. Senza scendere nel dettaglio delle varie avventure descritte all’inizio del racconto, è netta la percezione di un individuo che si affaccia alla vita, e ne rimane spettatore, poco incline alla partecipazione diretta, più desideroso di godersi i propri privilegi anziché usare proprio la sua influenza per appianare le situazioni e risolvere anche i problemi che gli si parano davanti, o che crea egli stesso, involontariamente a causa della protervia della sua posizione di privilegiato della società. Proseguendo il viaggio la compagine dei passeggeri della nave e dell’equipaggio diventano un vero e proprio mondo, con regole ed usi propri, a causa del prolungato isolamento. In seno a questa “società” il giovane Talbot riuscirà a ritagliare la propria posizione, lasciandosi dietro gli atteggiamenti da giovane lord, spalleggiato e protetto da un influente padrino, per assumere, grazie alle sue capacità, il posto che gli compete, arrivando addirittura a partecipare in modo attivo alla navigazione, facendo da secondo ad un ufficiale con il quale ha stretto un legame privilegiato. In questo lungo viaggio, la crescita spirituale del protagonista appare narrata con una forza ed una precisione, oserei dire con veemenza, magistrali; la psicologia sua e degli altri passeggeri è cesellata con rara perizia, e si assiste all’evolversi dei fatti col contrappunto dell’evolversi dei caratteri, e di come la situazione “estrema” riesca a mettere in evidenza lati della psiche umana che spesso se ne stanno sopiti quando si è al sicuro nelle proprie abitazioni. In alcuni passi del lungo racconto il destino della nave medesima ci pare sovrapporsi a quello dell’Inghilterra, in un momento di passaggio dai fasti di una nazione in guerra, per garantirsi la supremazia sui mari, alla calma di una società che ha raggiunto la pace e per questo i suoi cittadini scoprono le ingiustizie sociali e cercano di emergere per i loro meriti a scapito dei diritti ereditari che si tramandano per lustri sempre in seno alle medesime famiglie. Ma anche in questi passaggi gli aspetti su cui scava maggiormente l’autore con il suo preciso sguardo indagatore sono sempre quelli della psiche umana. Al termine del lungo viaggio, i passeggeri della nave arriveranno a destinazione e se ad attendere il giovane Talbot vi sarà una amara delusione, vi sarà anche il coronamento del sogno d’amore coltivato in navigazione, e le esperienze acquisite gli faranno trovare la forza per affrontare il suo destino in modo vincente ma non nella maniera che egli si illudeva di vivere alla vigilia della partenza, ma con la forza che riceve dalla maturità conseguita in un anno di navigazione, in mare, certo, ma soprattutto nel profondo di se stesso.
L’autore narra le vicende, che si svolsero nei primi dell’Ottocento, ricostruendo abilmente il linguaggio, e soprattutto la visuale di giudizio dell’epoca, usando il giovane Talbot come io narrante, calandosi così nei panni di un giovane snob, con svariati pregiudizi, mostrando al lettore, in modo assai efficace, la sua trasformazione in uomo maturo. Golding, come il capitano della nave, regge con mano sicura ed abile il timone della narrazione sino a condurla in porto usando abbondantemente il gergo marinaresco che contribuisce a rafforzare la sensazione di distacco dal resto della civiltà e a ricreare la suggestione della navigazione, e su questo dobbiamo anche ringraziare la perizia dei due traduttori che hanno reso perfettamente quella che appare a tutta prima una lingua a sé stante. Il grande entusiasmo per la vicenda sembra affievolirsi dopo l’approdo in Australia, periodo descritto con quelle che sembrano le pagine un po’ meno entusiasmanti dell’opera, ma resta comunque una notevole lettura avvincente e divertente capace di accendere in ogni lettore la voglia di solcare i mari.

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