Raccontare la propria città, mettersi sulle tracce di una storia millenaria, dipanare storia da mito, fiaba da superstizione, tradizione orale da fake news.
L’impresa è da fare impallidire, ma ci prova con garbo ed entusiasmo Marco Perillo nell’ultimo saggio della sua trilogia dedicata alla città di Napoli: Storie segrete della storia di Napoli.
L’idea di fondo è connettere la città al suo sostrato più intimo: quello del misticismo. Il senso del divino sembra essere costitutivo ed identitario della napoletanità, se è vero come è vero che l'autore ne rintraccia le orme già dai tempi della sua fondazione sulla scorta del mito della sirena Partenope. E così Napoli, sin dalla sua costituzione, s’impone subito alla cultura mediterranea come città di culto oltre che di cultura, di mistero e, in qualche modo, di vita oltre la morte. Napoli è regno d’anime di trapassati in un’altra dimensione, di spiriti inferi in grado di trasformare i morti nei meandri di un regno sotterraneo. Napoli è porta per gli inferi, città-soglia in cui le anime dei defunti sono più vive che altrove. A
nche per questo leggere questo saggio ci sfida ad un continuo recupero delle nostre conoscenze “ufficiali”,ma ci invita contemporaneamente a connetterle con la cultura della tradizione, della vulgata, della superstizione, dei detti antichi e delle icone “pop” di ogni tempo.
Grazie a Perillo abbiamo la possibilità di ripercorrere una storia della cultura europea che da Ecate a Pitagora, da Virgilio a Petrarca, da Federico II, Pier delle Vigne e Corradino a Boccaccio, Fiammetta ed Andreuccio, da Pulcinella a Dracula, da Dante a Colombo, da Masaniello all’ammiraglio Nelson, da Eleonora Fonseca Pimentèl a Elena Ferrante… passa per Napoli e di Napoli si abbevera.
Una volta che di Napoli ti sei intriso, sembra dirci Marco, nulla in te resta come prima. E non importa che tu sia dio o lazzaro, ammiraglio o poeta, fabbro o sacerdote, Napoli ti plasma e ti cambia, come nessuna città al mondo sembra saper fare.
Napoli del resto non è mai neutrale: forgia e forma miti ed eroi a sé conformi, tanto che un’identità napoletana Perillo arriva a ravvederla persino nel culto del Dio Mitra o nella Divina Commedia.
Leggendo questo saggio, si ha la netta sensazione che tutto a Napoli sia arrivato prima: Paolo e Francesca, Renzo e Lucia, il culto del Natale e persino il femminismo.
Napoli, che porta inciso nel sangue il suo disordine, pullula di libertà. Basti pensare che la città da sola tentò la rivoluzione contro l’ancient regime e da sola si liberò dal nazifascismo.
Mancano, direte voi, l’oggettività nel descrivere i mali di questa città, il suo degrado, la sua atavica dannazione. Può essere, ma Perillo scrive da innamorato. E a noi questa amorosa visione della città del sole è piaciuta assai.