Il tempo reale – quello che da se stesso
è dato, ma noi diciamo: ci è dato –
il tempo, quindi, irreale, pare che voli
ma sta come suo emblema nel mantello
delle sue ali, nera aquila alta sui recinti
dei nostri illusi calendari e con un’indulgenza
li benedice magnanima che non si è incarnata,
per amore o per pudore, semplicemente.
Giocano i cuccioli di leone con il padre paziente,
con tenere unghie già aguzze si appendono alla
ospitale criniera, gli mordono la coda...
Ma la testa di Giza guarda da sempre altrove,
verso un orizzonte più alto delle loro moine
e talvolta contrae in uno scatto la polverosa
pelle del dorso per scacciare un insetto, intruso
della grandezza.
Fissa il punto lontano, il giusto
parallelo, nimbo che domina di luce e incinge
il mondo, al di sopra dei cuccioli, di se stessa.
Il Dio-Falco antico sfida con lo sguardo il nodo
sciolto-involto dell’ombelico, vede in sé la muta
leonessa, scruta la radice infinita, il tempo che fu
dato-negato, la vita della sua stessa vita.
(2000)
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