Colui che dividendosi si moltiplica
e noi che moltiplicandoci ci dividiamo,
noi non ti tocchiamo.
La tua trasparenza un poco si colora
ogni volta che uno tende le corde in gola
per gridare che di te è perduto
e gli esce solo un rauco rantolo.
Pure, uno nato con la necessità
di uno starnuto su te si è coricato
e tu alla fine te ne sei scrollata
come di un umido asciugamano,
con un gesto insofferente, infingardo
della mano.
Il troppo grande, l’indicibile, il sublime
in te si è abbassato. Tu lo gusti intero
e niente è vero, vissuto, se non l’hai
calpestato, col piede nudo
davanti a un altro che se ne sta lì
con l’onere vano di volerti amare,
come scempiato, ritto sul bagnasciuga
inseguendo il computo delle onde in mare.
Non mutano le stagioni nella tua perenne,
leggerissima insolenza.
Se ripeto che ti amo è perché
in qualche modo – inesplicabile – in te è calato
colui che dividendosi si moltiplica,
mentre noi, che moltiplicandoci ci dividiamo,
pur attraversandoti, noi non ti tocchiamo.
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