Con il termine Scapigliatura Cletto Arrighi tradusse la parola francese bohème, che si riferiva, più che a una nozione letteraria, a un fatto di costume, inglobando in sé tutto ciò che nella realtà milanese fra gli anni '60 e '90 dell'800 appariva eslege e fuori dalla norma.
L'importanza storica della Scapigliatura consistette nell'aver preparato il terreno alla germinazione del Verismo. L'inclinazione alla rappresentazione realistica, pur commista di elementi autobiografici, contraddistinse quasi tutti gli scrittori scapigliati ( Arrighi, Ghislanzoni, Valera nonché Cesare Tronconi, vero esploratore della Milano “sconosciuta” del tempo). Tra gli Scapigliati emerse in modo particolare Cletto Arrighi, autore di Una nobile follia, una violenta requisitoria antimilitarista, ripresa poi anche in Fosca. Emilio Praga, con le Memorie del Presbiterio, fu molto bravo a rendere atmosfere misteriose, inquietanti e cupe, in una serie di racconti tutto sommato slegati tra loro, e uniti soltanto dal tema comune della vita di provincia.
Scrittori di una notevole caratura furono sicuramente Boito e Dossi, quest'ultimo di origine nobiliare, iniziato alla carriera ministeriale, e console a Bogotà e ad Atene. Carlo Dossi fu amico di Crispi, di cui condivideva le linee di politica interna ed estera. Dossi fu anche autore delle famose Note Azzurre, in cui dimostrò di essere un vero aristocratico delle Lettere. Del resto, a suo modo di vedere, il letterato che scriveva per la massa aveva scarso valore. Di qui il suo stile eccentrico, ricco di latinismi, voci rare e termini tipicamente lombardi: il tutto condito di aristocratica, e, come si dice spesso di lui, di corrosiva ironia (1), abbondantemente spalmata di pensieri, osservazioni, bizzarrie e anche “sciocchezze”, come certi giudizi negativi su Baudelaire. Dossi fu autore anche di L'altrieri (1868), una serie di racconti in cui si notano evidenti e numerose influenze straniere (da Sterne, a Hoffmann e a Dickens).
Il Piemonte “scapigliato” si presentò con Giovanni Faldella, che pure dimostrò un gusto linguistico piuttosto raffinato. Faldella prediligeva un toscanismo letterario che andava dai testi del '300 alle locuzioni più moderne, non disdegnando peraltro incursioni nel dialetto piemontese, ma senza arrivare a certe esagerazioni di Dossi. Comunque, Faldella non fu un autore di grandissimo respiro: si limitò infatti al bozzetto, dove la storia aveva scarsa rilevanza, mentre abbondava di preziosismi linguistici (non per niente Faldella fu “scoperto” da G. Contini, che in fatto di linguaggio critico “criptico” non era secondo a nessuno). Faldella riuscì molto bene nei ritratti di personaggi strani e curiosi. Forse meno colto di Faldella, ma scrittore di buona scuola fu infine Achille G. Cagna, che diede il meglio di sé nella produzione dialettale.
Nota
1) Sulla Scapigliatura e Carlo Dossi, cfr. D. Battisti, Estetica della dissonanza e filosofia del doppio: C. Dossi e Jean Paul, Firenze, 2012.
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