Mario Fresa è tornato sugli scaffali di poesia con una nuova raccolta intitolata “Svenimenti a distanza”. Addentrandomi tra le centoquaranta pagine del libro ho trovato versi ben strutturati, al contempo solidi e fluidi, talvolta frizzanti, che procedono con agio nel solco della migliore tradizione della prosa poetica e della poesia in prosa ma con l’eccellenza della contemporaneità del linguaggio e delle tematiche, abbracciando la quotidianità con modalità personalissime e coinvolgenti. Mai retorico, Mario Fresa è lucido e fluente: colpisce la pregevole perfezione delle parole e del loro incastonarsi a modellare frasi, coadiuvate da un abile uso della punteggiatura. Il libro è un raro capolavoro di scrittura che sintetizza, magistralmente, racconto e poesia – un’opera che ci riguarda, da non sottovalutare in nessun andito.
La lettura è coinvolgente ma non siamo di fronte a una scrittura facile. In ogni pagina, e di pagina in pagina, una sapiente narrazione intreccia pensieri, intessendo il libro di una pregnante unitarietà, simile a quella di una storia che ha un inizio e una fine, densa di personaggi che con i loro ragionamenti e rimandi, a volte in prosa, altre volte in poesia, materializzano, davanti al lettore, le scene dei fatti, queste ultime, dunque, deducibili dai pensieri, dagli oggetti, dalle relazioni narrati. In ogni testo un soggetto intelligente sa osservare, dedurre, contrapporre, confrontare ed esporre fatti, a tratti rimugina e si interroga. L’io narrante è fluido e si mimetizza, evapora e si condensa da un testo all’altro; leggendo non sappiamo se si tratti di esperienze dirette dell’autore: Mario Fresa è riuscito a purificare la sua scrittura e a renderla emozionale tanto quanto basta, senza strafare e cadere così nel banale sentimentalismo; il leitmotiv di Fresa sta in perfetto equilibrio tra l’emozione dell’intelligenza e l’emozione dello spirito. Quando di una poesia, magari a commento sui Social network, si scrive o si dice: “Mi ha emozionato”, quasi sempre evito di leggerla, perché ho verificato che, con alta probabilità, si tratta di una cattiva poesia – penso che una poesia debba essere in grado sì di emozionare ma, in modo preminente, l’intelligenza, o, ancora meglio, deve essere in grado di dare alimento all’intelligenza e stimolare a quest’ultima riflessioni ben più ricche del semplice “mi ha emozionato” – il sentimento è facile da alimentare ma l’intelligenza no, per farlo ci vuole sapienza: è proprio ciò che possiede la raccolta di Mario Fresa.
Conoscendo l’autore, perché lo leggo da sempre, sono stato felice alla notizia della sua nuova pubblicazione, così come lo sono alla notizia di pochi altri poeti, come ad esempio la Cavalli, una delle mie preferite, cioè di quei poeti che si caratterizzano per il fatto di essere capaci di nutrire proprio l’intelligenza, diversamente da tanta poesia solo emozionale che si ferma al livello della pancia, perché non penetra veramente il reale.
Amate la vostra famiglia?
[…]
Infatti l’uno vicino all’altro,
contando gli alberi, si fanno sempre, alla fine,
un poco turbolenti; decidono, com’era prevedibile,
di passare alle vie di fatto e avvertono l’ossigeno
fuso nel corridoio di non poterne più;
chiediamo soccorso
ma ancora non ci tocca.
(pagina 71, sezione Galateo per un abisso)
Nel percorso di lettura, tra le nove sezioni (i cui titoli allettanti sono scelti con un piglio di felliniana memoria) di “Svenimenti a distanza”, si scorge un lavoro meticoloso di scalpello e di cesello che, a mio avviso (sarà l’autore, eventualmente, a smentirmi), normalmente, richiede molti mesi di letture e riletture.
1.
Perciò il fratello disse alla sorella: voglio andare
per il mondo per cercare giusto un po’ di fortuna.
Dimenticandosi, però, della Costituzione.
Allora, gli ordinai di ritornare, presto,
nel sacco; perché era maligno e prepotente.
[…]
2.
Così rispose, gentilmente, prima di chiudersi tutto
in un disastro che si apriva da lontano.
[…]
Saranno sufficienti giusto due colpi, gli dicevo,
oppure uno, dieci, duecento?
(pagina 54, sezione Medusa della specie)
Ora oso dire qualcosa di più sulla poetica di Mario Fresa e lo faccio usando una similitudine fisica, d’altronde sono un fisico e non un letterato. A mio avviso, specificatamente con questo libro, Mario Fresa ci mette di fronte a un sistema poetico complesso come può esserlo, in fisica, un sistema dinamico in cui sia necessario rinunciare alle assunzioni di linearità.
Un sistema complesso (il clima, per esempio, lo è) è composto da più parti o sottosistemi che interagiscono tra di loro, a cui ci si approccia in maniera olistica, e non dunque riduzionistica, essendo l’olismo basato sull’idea che le proprietà di un sistema non possono essere spiegate, esclusivamente, tramite le sue singole componenti, ovvero come risultato dei comportamenti delle singole parti e delle loro reciproche interazioni, per quanto le singole parti del sistema si suppongano essere descrivibili analiticamente.
Questo libro di Mario, per quanto ogni testo sia in qualche modo descrivibile a sé stante, ha proprietà che trascendono i singoli testi che lo compongono, tutto il libro è intessuto di relazioni, talvolta non subito evidenti, tra proposizioni, strofe, versi, così come tra una sezione e l’altra, tra un capo e l’altro del libro.
L’ho spiegato per bene, ho raccontato tutto alla portiera, anche se da questa gente c’è poco da sperare, perché lei stessa mi ha sorriso e non ha detto niente in quanto, forse, non ha capito proprio un bel nulla: gliel’ho detto, saranno i figli di M. che sono d’accordo con i miei genitori per farmi cadere, ogni volta che scendo per le scale. […] Anche mio fratello è stregato e non è più padrone della sua persona; non può venire a trovarmi con la sua macchina, perché sua suocera glielo proibisce sempre, minacciando di ucciderlo al volante. […]
(pagina 120, sezione Falsa testimonianza)
Ancora. Maggiore è la quantità e la varietà delle relazioni fra gli elementi di un sistema, maggiore è la sua complessità, a condizione che le relazioni fra gli elementi siano di tipo non-lineare. È dunque di centrale importanza il concetto di linearità.
In generale, un sistema è lineare se lo si può scomporre in un insieme di sotto-sistemi indipendenti tra loro. Ciò è possibile, in prima approssimazione, con “Svenimenti a distanza”, pervaso da una apparente linearità, tuttavia ad un esame più attento si scorgono, tra i testi, relazioni di non-linearità: i vari sotto-sistemi (alias testi) interagiscono gli uni con gli altri così da renderne impossibile la loro separazione senza perdere qualcosa.
Un sistema complesso può produrre un comportamento emergente, cioè un comportamento non prevedibile e non desumibile dalla semplice sommatoria degli elementi che compongono il sistema. Ed è esattamente la sensazione che rimane al termine della lettura di questo libro tra prosa e poesia.
Sul cumulo della testa riesco a malapena a dare
una certa età; ne puoi pagare il conto col termometro
fisso sulla parete: sono lo stesso nuotatore
che cerca di salvare tutte le macchie, di sparire
nell’emicrania come un bicchiere d’acqua.
Lo porto a riva con l’inganno di dirgli
che è solo un corridoio,
una grazia che vive nella sua stretta intimità.
Lo so che non ti piace l’autocritica.
Se dici “piano”, mi lascerai la tua bellissima
schiena afrodite da baciare
ancora un po’?
(pagina 37, sezione Alta stagione)
Tutto questo apparato teorico possiamo veramente applicarlo al libro di Fresa? Penso di sì ma con le precauzioni del caso. Tenendo conto che la complessità di un sistema non è una sua proprietà intrinseca ma si riferisce sempre ad una sua descrizione e dipende, quindi, sia dal modello utilizzato nella descrizione sia dalle variabili prese in considerazione. Pertanto, richiamando alla mente il concetto di indeterminazione poetica, da me altrove esposto, si può ben dire: è possibile che utilizzando altri modelli e prendendo in considerazione altre variabili, per esempio cambiando persona-lettore, il sistema possa apparire molto meno complesso, addirittura approcciabile in maniera riduzionistica, governato, cioè, da una poetica lineare e ben prevedibile – modalità, a mio avviso, meno affascinante, per quanto il sistema poetico sarebbe, in tal caso, sostenuto da una struttura trasparente e poeticamente inscalfibile come la bellezza sa essere.
Queste poche righe sono semplicemente un invito alla lettura, affinché ogni lettore possa rendersi conto di quale modalità di osservazione-lettura possiede, come interagisce col sistema poetico dell’autore, se lo vede complesso o semplice, riuscendo a descriverlo con molti o con pochi parametri, dipendendo questo dalla diversa sensibilità e formazione e tenendo conto che non c’è un meglio o un peggio ma una preferenza.
Infine, è evidente, e lodevole, che Mario Fresa adotti per la sua scrittura la seguente modalità:
Il fuoco ci toglierà tutta la tristezza, la tua bocca cercherà con distrazione un nuovo nome da ricordare, in futuro, con una stupita malinconia. Come ci riusciremo, allora? La risposta è nella solita raccomandazione: quando suoni qualcosa, qualsiasi cosa, non preoccuparti mai di chi ti ascolta.
(pagina 29, sezione Convalescenza, paragrafo 21).
Buona lettura.
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