Quello che adesso ricordo
mentre l’ombra di qualcuno
incrocia, comprende la mia
è che ricordando
ricordo un ricordo qualunque
incolume per la grazia dell’Uno.
L’ombra in cui la nostra giace,
si smarrisce e muore,
pure è consolata dalla pace
di un eguale dolore.
Cerchiamo il memorabile
dove questo non ha dimore,
ma il bambino l’ha già trovato
nella fanfaluca che stringe in mano
nel sazio vuoto pomeridiano.
Guarda: immota è talvolta la tua vita
nella delizia dell’inconsapevolezza
e ad alcuni pure talvolta
quella prodiga l’eredità improvvisa
di un giardino di memorie.
E lì si aduna lenta
la fola di quelle
in un lacrimare
sospeso di storie
che invocano il giusto titolo
il nome fresco che a stento
leggi sul muro
dell’anima intenerito.
Quello che reclama il tempo
non è un’ingiuria di peccato
ma un perdono indifeso;
che si intrecci
una linea all’altra
e insieme si perdano a un indefinito
che s’abbeveri
all’offerta plausibile della sorgente.
La luce d’estate si libra una col vento adesso
sull’acquiescenza di esausti, sbandati pianeti
sulla distesa inebriante di quel negro mare;
i nostri anni va intanto seducendo il silenzio
del principio che ormai non può più parlare.
(1977)
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