Lina Unali, Il racconto digitale, Editori Riuniti, Roma, 2014, pp. 133
Residui di arcaiche intelligenze del mondo che sprizzano fuori in modo inconsueto nel nostro tempo.
Il racconto digitale di Lina Unali è di facile e piacevole lettura anche se affronta argomenti complessi come lo sviluppo della comunicazione, il concetto di sincronicità tanto caro a Jung e il passaggio dal mondo della realtà e della quotidianità a quello dei sogni.
Il racconto digitale procede su diversi tracciati, uno dei quali è legato allo sviluppo del rapporto che la scrittrice ha avuto negli ultimi trent’anni con il mezzo informatico (computer e tablet), il vantaggio che ne ha tratto in termini conoscitivi, riuscendo per suo tramite ad approfondire testi che sarebbe stato difficile procurarsi al di fuori della consultazione in Rete. A ciò si aggiunga la narrazione autobiografica associata ai viaggi da lei compiuti attraverso vari paesi e territori in giro per il mondo, in conferenze e gite di piacere; e infine, il riflesso di tutto questo ed altro ancora sulla propria mente e sulla propria psiche.
Il nuovo libro porta a una considerazione principale, se non sia un possibile modello di scrittura per l'avvenire. Cosa invita a dire ciò? La risposta è che vi si sviluppa pienamente una caratteristica dei nostri tempi che non può essere trascurata, cioè l’abitare ovunque allo stesso tempo e comunicare questo ovunque tramite la pagina scritta.L’aggettivo che in inglese indica ciò deriva dal sostantivo ubiquity (ubiquità) ed è ubiquitous che un po’ impropriamente si potrebbe tradurre con due termini cari alla critica letteraria contemporanea, cioè onnipresenza e onnipresente. La mono-territorialità della maggior parte delle narrazioni del passato del passato è sostituita da una ubiquità praticata senza sforzo, senza vanto, ma con grande naturalezza. Tale è anche la caratteristica primaria di questo narrare che si sposta tranquillamente da un luogo a un altro, si colloca in un luogo e in un altro, quasi, si potrebbe dire, stando ferma, non facendo notare il movimento, eppure muovendosi.
Le foto in bianco e nero, frequentissime, conferiscono al narrare l'aspetto di un film muto di altri tempi. Tramite esse fugacemente rivivono luoghi tanto distanti come la Londra moderna e la Sardegna medievale incardinata intorno ai suoi poteri principali, la Chiesa e il Giudicato. Ma le immagini di altre terre sono tante, quasi, si direbbe, quanto le parole che le presentano.
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