“Nuda passeggio sulla lastra del cielo”
Lo spirito dell’altrove nella poesia di Iole Chessa Olivares
Lo spirito dell’altrove è fortemente radicato nella poesia di Iole Chessa Olivares con varie sfaccettature ed illumina la sua visione esistenziale.
Soprattutto è il desiderio, l’aspirazione al dopo terreno, all’oltre (titolo anche di una lirica della raccolta In piena sulla conchiglia) dove perdiamo consistenza d’ombra e vive l’amore dell’Eterno, il Seminatore del mondo. E’ il cosmo, le ignote quinte dell’universo dove brillano stelle e armonie sconosciute agli uomini: “E la vera festa?/Non è qui. (In piena sulla conchiglia, Pagine, 2002, Sono quei pochi passi…, p. 31). Più lontano è la vera melodia.
Ma è anche l’”Azzurro”, il sogno, l’ideale cantato da Mallarmé – barlume, lucina, virgola stregata, radice viva – che sperde la Poetessa in un laggiù lontano agognato. Irresistibilmente attirata dall’azzurro, Iole Chessa Olivares si sente incapace di raggiungere la perfezione poetica che sogna. Talvolta l’attrazione diventa ossessione. Invano la Poetessa tenta di sottrarsi, ogni fuga è inutile, il richiamo dell’”azzurro” resta il più forte: “L’Azzurro trionfa, lo sento che canta/nelle campane, anima, che si fa voce/e più ci spaventa con la sua cruda vittoria,/ed esce dal vivo metallo in celesti angelus!” (Stéphane Mallarmé, Poesie, Feltrinelli, 1991, L’Azzurro, pp. 36-37). E non è fuga dalla realtà, bensì desiderio di non provvisorio, di assoluto e di permanenza. Di un senso alla vita che non naufraghi: “Intatto sul lago solitario/ancora una volta t’inoltri/complice il sogno/e anche se il corpo a corpo/con l’attimo apre all’imboscata, /io dallo schianto ti riparo/e mano, nella mano,/da Re ti accolgo nell’antica radura/densa di fruscii d’ala,/anche se l’estate è fuggita,/appostata spia l’autunno,/congeda gli uccelli (…) (op. cit., Anche se…(all’ideale), p. 54). Il sogno – scomposto -, è speranza viva: “”Oltre il sipario/solo la reliquia del sogno/attraversa e indora l’edera” (op. cit., Oltre il sipario, p. 47).
Altre volte è la scrittura, la parola stremata ma salvifica, variegata che è tensione, sollievo, bisogno impellente e ricerca inesausta sempre pronta alle scoperte; è la parola nascente (“attendo parole”): “Ancora non dice,/sibila/la parola nascente./Deraglia dalla bocca/di un fiore/non sa dove andare,/un passo più in là/dal silenzio/sbanda, come risalire?/In abbandono/prende il largo,/prova a significare/quello che può/anche se tutta l’aria/montante non basta/a dare al sibilo/sapiente misura di voce” (La buccia del grido, Lepisma, 2008, La parola nascente, p. 53) laddove per “significare” s’intende dare un senso al mondo, esprimerlo, palesarlo, comunicarlo. E’ insomma la poesia: “In pura perdita/scrivo per imparare/a scrivere/e…mi apro alla deriva” (op. cit., In pura perdita, p. 19) e “Spesso la poesia/non mette galloni sulla giacca,/intinta negli acidi del dolore,/respira alta e allo scrutinio finale,/emerge, illesa dal tempo (In piena sulla conchiglia, Pagine, 2002, Illesa dal tempo, p. 117). Ecco allora, però, che la scrittura consente il viaggio, fa sua la meta: “Arriva dalla bruma/la parola screziata/soccorre l’osso in cordoglio,/l’orma stellata del passero/e…cambia pelle/mentre ondeggia sul labbro/ormai maturo,/mentre balla tra denti consunti/svenata di turgore, erosa,/ma con l’ala aperta a nuovi voli/nella solitudine egemone/dell’oltre” (La buccia del grido, Lepisma, 2008, La parola screziata, p. 38).
Può essere ancora è la Sardegna, esilio ritornante, luogo di nascita della Poetessa: “Nell’aria di questa terra/ improvviso un fragore di radici,/un nascere e morire ancora/nell’imprevisto come nell’altrove “ (Quel tanto di rosso, Terre Sommerse, 2007, Nell’aria di questa terra, p. 5). Senso dell’altrove duplicato, perché la Sardegna è lontana - “leggeva anche il cammino/degli astri, e, tra le palpebre,/sulla cancellata,oltre il mirto,/oltre un cadente pigolio di piume/puntava il dito nascosto su una stella/inerme, arresa all’aurora” (In piena sulla conchiglia, Pagine, 2002, Il richiamo, all’isola della Maddalena, p. 80).
Questa continua tensione, necessità, navigare inquieto dello sguardo, questo cammino incessante si concretizzano nel lessico che esprime questo continuo ondeggiare dal qui al lontano: disfarsi e ricomporsi, salire e scendere, andare, tornare, nascere, crescere e morire, perdersi e ritrovarsi accompagnati dai termini di confine, limite, riva, sponda, argine, margine a dire le contraddizioni e la complessità dell’esistenza e che il cammino – andare, andare -, la strada sono interrotti. Mai il canto della Poetessa è disperato bensì ha un “supplemento di speranza”.
Fausta Genziana Le Piane
Iole Chessa Olivares, In piena sulla conchiglia, Pagine, 2002
Iole Chessa Olivares, La buccia del grido, Lepisma, 2008
Iole Chessa Olivares, Quel tanto di rosso, Terre Sommerse, 2007
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