Bella e struggente è la scultura ad opera dell’artista, scrittore e poeta americano William Wetmore Story, che è possibile visitare nel cimitero acattolico di Roma. La singolare concezione artistica e la compiutezza creativa ne costituiscono la peculiarità, e la impongono su altri manufatti funebri del cimitero. Al titolo, L’Angelo del dolore, già di per sé eloquente e colmo di pathos, corrisponde una figura angelica dalle grandi ali, riversa sulla sommità della tomba, il viso che affonda nel braccio ripiegato, espressione inequivocabile e umanissima del pianto per una perdita inconsolabile; l’altro braccio penzolante oltre il fronte del basamento – le dita della mano che indicano i nomi impressi sulla lapide: gesto che adombra un invito al visitatore perché si fermi e osservi e partecipi alla pienezza espressiva del lutto.
Dal blocco scultoreo, di pregevole fattura, come si è detto, scaturisce il racconto suggestivo di Patrizia Passarelli. Racconto dove l’invenzione narrativa incrocia e s’intreccia col dato biografico; la ricostruzione fantastica con la realtà fattuale. Ѐ bene precisare che nella tomba sono sepolti William Story e la moglie Emelyn, donna colta e raffinata. In vita, nel 1856, i due si trasferiscono dall’America a Roma, affittuari di Palazzo Barberini che diventa luogo di incontri tra la coppia e illustri artisti americani e inglesi del tempo. Emelyn muore prima del marito, ed è a lei che William dedica l’opera; per lei, per l’amata consorte, edifica la tomba dove la raggiungerà nel 1894. Da qui, dall’Angelo, ripetiamo, Patrizia Passarelli prende spunto per un’ampia ricognizione nel sentimento amoroso e nel dolore per la perdita; per un lamento accorato e una riaffermazione del legame profondo e indissolubile che unisce i coniugi, al di là della morte. L’autrice immagina William aggirarsi nelle stanze di Palazzo Barberini dove non risuona più la voce di Emelyn. Gli sono compagni, nello sconforto, l’immagine della persona amata e i ricordi di una condivisione esistenziale nel segno della creatività e della bellezza. Patrizia Passarelli sa dare carne e sangue al sentimento dell’uomo e ai suoi ricordi. Lo fa con una scrittura piana e però partecipe e puntuale fin quasi all’immedesimazione con la materia perturbante di cui si fa carico. Al tempo stesso, ne irradia il senso al lettore. Sicché il suo personaggio William Story, da fantasma letterario, si converte e proietta in un’umana riconoscibile presenza: una persona viva, pulsante, a noi vicina.