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Il tavolo antico

Poesia

Marisa Cecchetti
Giovane Holden Edizioni

Recensione di Paolo Polvani
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Pubblicato il 18/11/2016 12:00:00

 

La voce di una comunità

 

 

Il libro di Marisa Cecchetti si apre con una dichiarazione programmatica cui si atterrà per tutto il corso della raccolta:

 

Raccatto i miei versi per strada

li rotolo insieme al pedale ed al passo

rammendo ed intaglio in cucina non amo

indagare soltanto le strade di dentro.

 

Intento operativo dichiarato e realizzato in maniera egregia, i versi di questo libro si offrono come la voce di una comunità, come una serie di ritratti, una sequenza di immagini,  e comunque la traduzione verbale di situazioni legate a un ambiente dapprima ristretto, che nell’incedere si allarga a ricomprendere nello sguardo esperienze più vaste. Si parte infatti dallo spazio privato, anzi privatissimo di un tavolo antico, sodale di scritture (Ora so / che lì ho scritto le righe più belle), per attraversare il dolore di certi ricordi familiari, il dramma della malattia di un figlio (negli occhi / tuoi verdi grandi / io leggevo paura mentre / cercavi di sorridere), il ricordo della casa della mamma, ora abitata da altre persone: - che non era mia madre né era sua / la mano che ho intravisto -, e il ricordo di un incidente familiare, con l’urlo della sirena ancora presente col suo corollario di sciagura. Il discorso si estende, si apre sull’immagine di una chiesa dove si benedicono gli animali, e dove sul sagrato: – paesani ognuno con il suo ricordo -. Il presente delle nostre città si apre a persone provenienti da altri paesi, così: - lei è una rumena di mezza età – che staziona sulla porta del bar e le augura buona giornata; e la poesia successiva ritrae una giovane donna con gli orecchini d’argento ai lobi:- E’ bella. Come può essere bella / una giovane donna africana -. E a seguire lo sconcerto per lo sgombero di un campo rom. E il racconto della prima occhiata del mattino, che va alla finestra in alto, al piano di sopra, per verificare che la vicina novantenne abbia iniziato la sua nuova giornata. In definitiva la cronaca in versi degli accadimenti del luogo in cui si vive: il prete anziano che segue con lo sguardo protettivo il giovane diacono,  i giovani studenti che inforcano le bici: - vanno in ordine sparso le biciclette adolescenti-. Troviamo qui indagate non soltanto le strade di dentro, ma il paesaggio dentro e fuori la città, il fiume che la lambisce, i personaggi che la abitano. Il procedimento richiama alla mente la vocazione originaria della poesia: incidere nei versi gli avvenimenti di un territorio, di una comunità, per farne memoria, per sottrarli alla tirannia del tempo e proiettarli in una dimensione futura, fermarli dentro le parole, restituirli, all’interno di una privatissima visione, a una fruizione collettiva, ampliarne gli orizzonti e il senso, farne una direzione di marcia, un progetto, divenire la voce di un corpo che allargandosi ricomprende gli avvenimenti minimi privati e le vicende di una città; fissa dentro immagini paradigmatiche lo spirito del tempo e insieme le cronache che lo caratterizzano. Nei primi versi si accenna al pedale e al passo. E’ da rimarcare questa situazione europea di civiltà ciclistica, perché se è il tavolo antico testimone della nascita dei versi più belli, è la presenza della bicicletta ad averne propiziati altrettanti, o almeno accompagnati nel loro accadere: Intorno all’ora nona vado nel sole con la bici – e poi : - Hanno inforcato / le biciclette e sono scesi in fila – e ancora: pedalo per fare vento. Viene da una tradizione antica, perché riaffiora anche nella memoria: …- mi è apparsa la sagoma del nonno / in equilibrio sulla bicicletta con il sacco del grano -…

Di un libro di poesie rimangono i tratti più felici, le invenzioni linguistiche più riuscite, quelle che s’incidono e chiedono di essere rilette, e nei versi che compongono Il tavolo antico non fanno certo difetto le soluzioni memorabili, i versi la cui perfetta riuscita invoglia a leggere e rileggere:

 

Della mia terra  ho riscoperto il grano

voltava al giallo chiacchierava basso

 

che ha il pregio di spalancare una visione d’insieme, un intero paesaggio adoperando meno di una decina di parole. E anche:

 

…e quando

si fa zitta la strada parlano gli alberi

di un parlottare fitto d’uccelli.

 

Marisa Cecchetti padroneggia uno stile che trova antiche radici dentro la classicità, e avanza in un’atmosfera di rigore formale, di essenzialità e di pulizia del verso, in una visione chiara, ampiamente empatica, che fa apprezzare e amare i suoi versi:

 

Sull’argine la ruota della bicicletta

scorre sul ciglio che scende

obliquo verso il fiume e freme d’erba

piccola di un ottobre caldo

e le foglie cadute vi stanno

come stelle accese.

 


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