“ Vorrei essere un frate silenzioso
che va con i suoi sandali di corda
sotto gli archi di un chiostro
e attinge acqua all’antica vera del pozzo
e disseta le lavande e le rose ”
ANTONIA POZZI
I.
Pasturo è un artiglio di pietra
Dove brillano i cocci dell’erba
Che hai rotto ,
E profumano le zolle sfigurate
Dal pianto.
Ma tu sei ancora bella come un frate francescano
E metti le tue parole una vicina all’altra
Negli spazi vuoti del cielo
Come mattoni tenuti insieme dalla calce della rinuncia
Non perdono più sangue i tuoi piedi nudi
Perché anche la terra ti ha rivelato le sue piaghe
E tu le hai baciate , perché il disamore e il rancore ormai
Le sentivi dentro la carne.
Dove vedesti “ Per la prima volta volar nel sereno l’allodola ”
Ora la poesia siede come un fratello
Vestito solo di stoffa di sacco
Fissando i denti rotti della corona di roccia
che indossò solo un re crocefisso
Ma la tua voce ora è dischiusa ,
e quando ti chini per bere al ruscello
nella mani ritrovi acqua e fango
Mentre l’amore incrocia il tuo sguardo…
Lo sguardo che ti ha uccisa ,
lo sguardo che ti ha salvata.
II.
Le montagne sono i rilievi aguzzi del perdono
Affilato come una piuma che non può ferire
Ma può solo esser ferita.
Spingono i tuoi talloni resistenti come felci
Nella scalata aspra ,
nella non accettazione d’un male
Che è frumento d’ombra , patiboli preparati all’alba
O una ragazza esanime sul prato brinato
A scivolare in silenzio nella propria deriva ,
esplorazione d’una poesia che non verrà mai più scritta.
Con la bocca impastata di polvere
Rimescolavi le sillabe , caramelle che erano sassi
Ma che la tua anima d’adolescente
Non poteva fare a meno di chiedere
Le rocce adesso
Rivelano un lungo selciato di vento
Dove solo chi è sensibile
Può vedere le orme della comprensione
E del divino
E solo chi vive raccolto nella poesia
Può ancora ascoltare quella parola impronunciata
Rimasta in un paio di labbra gelide
Chiamata Antonia.
Da Come la pietra e il vento Fermenti , 2011
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