La distruzione (in atto) della tradizione è anche distruzione della lingua. Di più: è la distruzione della parola e della relazione cosa-parola. la cosa rifiuta la parola, si ribella, la matrigna oppressiva e violenta è uccisa.
Dici 'vaso' ma potresti dire 'cielo' e questo arbitrio uccide la coscienza, che si ribella e risorge come puro sguardo sulla cosa, eternizzandola - o meglio, riconoscendone l'eternità.
L'arbitrio-violenza della parola che vuol designare non intacca la purezza della cosa.
Da cui l'esperienza "pericolosa" della percezione pura, illinguistica, della cosa, che una parola voluta non stacca più da te.
Il fenomeno intermedio (e incosciente) è la "parola in libertà" - apparentata al "sesso in libertà": nessuna parola richiede ormai fondamento e senso, ma puo' esser detta in modo infondato e insensato da chiunque. Ne sono esempio la massificazione del linguaggio scientifico, la popolarizzazione della "filosofia", la cultura di massa e per le masse.
Ma questa parola senza senso e fondamento non è innocente, anzi è dominatrice e onninvasiva, designante un pensiero-cosa destinato all'annientamento, al nulla di senso. (vedi mass-media)
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