I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.
Addentellati strettamente pedagogici con reminiscenze e attualizzazioni di pratiche educative
In ambito didattico è stato assorbito e ampiamente riconosciuto lo stile educativo elaborato da Laura Bassi nella prima metà del Novecento e racchiuso in Ritmica integrale - Gioco e movimento nella prima educazione musicale (RICORDI). In particolare sono note le schede contenenti i cosiddetti "disegni ritmografici" dotati di rappresentazioni grafiche di suoni e pause, che si avvalgono di svariate ipotesi di tipo grafico-visivo con possibili interpretazioni motorie del fatto musicale. Esse conducono in direzione di un leggero "sommovimento" nella ricezione e nella riformulazione della scrittura ritmica abituale, sottoposta a integrazioni di vario tipo. La ritmografia, scaturita anche da una conoscenza del pensiero dalcroziano, risulta interessante per il fatto di basarsi su atti motori adeguati, spesso in correlazione con suoni accentuati e non. In pratica essa dà modo di arrivare a sentire mediante il movimento, prestando quindi attenzione alle relazioni tra ritmo e spazio. In particolare, il tipo di scrittura ritmica a cui stiamo facendo riferimento (e da cui come è noto sono poi sorte numerose e ulteriori ricerche pedagogiche nel corso degli ultimi decenni), non fa ricorso soltanto a figure musicali tradizionali ma, invece, si avvale di molteplici integrazioni che riconducono in direzione di segni, figure geometriche o disegni veri e propri, più o meno elaborati, per consentire di intuire la presenza di accenti di vario tipo e per assorbire in forma esperienziale il concetto di battuta. L'occhio può essere coinvolto unitamente all'apparato motorio e uditivo. Abbiamo a disposizione, ad esempio, diverse tavole che sfruttano la figura del triangolo e del quadrato (per creare pattern appositi, consequenziali o sovrapponibili) e dove esiste una corrispondenza diretta tra i lati che costituiscono le figure geometriche e i principali tempi della misura, collegabili, in genere, con il valore di semiminima. Queste tabelle, utilizzabili eventualmente sia da adulti, sia da ragazzzi e bambini, spesso hanno la funzione di avvicinare geometricamente al concetto di pausa mediante l'eliminazione alterna proprio di alcuni lati della figura proposta come punto di riferimento. Alcuni casi di questo tipo si ritrovano in più punti, all'interno del secondo volume di Ritmica integrale.
Ebbene sulla base di quanto già enucleato nella prima parte del presente scritto, volendo trovare ancora e nuovamente appoggio in un circuito di suggestioni legate al metro quinario, potrebbe essere interessante provvedere a un'attualizzazione delle procedure suggerite da Laura Bassi (la quale non contempla altre figure geometriche al di là del quadrato) e arrivare a costruire esercizi, partiture ed esperienze di approfondimento ritmico analogo, facendo però leva sulla figura del pentagono (prevedendo dunque una corrispondenza con la misura del 5/4).
Non sarà dfficoltoso poi proseguire includendo anche la figura dell'esagono (per il 6/4) e così via fino a raggiungere almeno l'ottagono o provvedere a perlustrazioni ulteriori, dotate di un'ampiezza ancora maggiore. Nuove partiture ritmiche di tal genere potranno quindi con facilità indirizzare verso paesaggi flessibili, con oscillazioni e sollecitazioni interessanti che muovano da un metro a un altro. Tali partiture di tipo informale saranno di ausilio per una realizzazione sonora effettiva, mediante l'uso di strumenti appartenenti soprattutto alla sezione dello strumentario ritmico.
Per generare alternanze utili, sarà pur sempre affascinante, di tanto in tanto, fuoriuscire dal concetto stabile di battuta e inoltrarsi, senza difficoltà, su territori oltremodo de-misurati.
Un arricchimento ulteriore che potrà essere facilmente apportato, rispetto alle pratiche suggerite da Laura Bassi, riguarderà inoltre lo scavalcamento della semplice figura di semiminima (raffigurata, come già detto, con un singolo lato all'interno della figura geometrica presa in considerazione). Come minimo si potrà provvedere a creare delle segmentazioni dei vari lati, in modo da arrivare a contemplare una rappresentazione grafica anche delle crome (per poter costruire duine e altresì terzine). Gli esercizi ritmici si avventaggerebbero in questo caso di un livello di complessità maggiore.
Restano inoltre da segnalare anche i diversi esempi di ritmogrammi di stampo creativo e quindi non propriamente geometrizzati. Questi prevederanno volta per volta un andamento oltremodo libero che consenta di fuoriuscire - come già detto - da una visione meramente disciplinata e stabilmente ancorata al calcolo. Il confronto tra i due aspetti (quello essenzialmente libero e quello più disciplinato) non potrà produrre se non un arricchimento, restituendo un quadro per lo più completo e dinamico. Anche l'estemporaneità potrà continuamente procedere di pari passo con la conoscenza e con l'assimilazione della scrittura, generando una dimestichezza sia in un senso che nell'altro.
La dimensione architettonica per un arricchimento del tragitto
L'impiego della figura pentagonale (quale elemento costruttivo del fatto ritmico-musicale e quale supporto essenzialmente visivo) potrà condurre anche verso la formulazione di un legame valido con l'achitettura. Da questo punto di vista potrebbe essere utile spostare l'attenzione in direzione di un approfondimento degli aspetti progettuali legati alle torri pentagonali. Le piante o le mappe rispettivamente di edifici e di città del passato o della modernità, all'interno di un itinerario di natura composita, potrebbero a tutti gli effetti fornire degli spunti visivi per l'elaborazione di tracciati ritmici adeguati.
Qualche spunto di lettura potrà giovare in questa fase di integrazione. Potremo ad esempio seguire l'excursus incentrato sulla vita e sulla storia delle mappe delle città sviluppato da Marco Romano nel volume intitolato La città come opera d'arte (Einaudi).
Va ribadito ancora una volta come, da un punto di vista pedagogico, il percorso fin qui impostato avrà lo scopo sostanziale di tirar fuori le e gli interessati dalla mera dimensione del calcolo o da una razionalizzazione puramente teorica, inducendo ad avvertire con maggiore forza, proprio grazie ad apporti di natura extra-musicale e attraverso l'avvicinamento tra il senso della vista e quello dell'udito - cosa significhi far guadagnare una maggiore corposità a un ambiente dato (nel nostro caso la misura musicale, attribuendole una sorta di fisicità o corposità intrinseca).
Di seguito vengono riportati due ultimi riferimenti, da ricondurre nuovamente verso il repertorio pianistico, questa volta di tipo più strettamente didattico, con ulteriori aspetti chiarificatori sul piano sonoro e visivo al contempo.
Di Remo Vinciguerra sarà utile prendere in considerazione il brano intitolato Conto cinque, notando come, dopo una presentazione esplicita e chiaramente scandita del metro in 5/4, a partire da mis.9 il discorso sonoro vada ad affrontare con disinvoltura dei ritmi puntati e sincopati, con una larga preponderanza di legature di valore, di cui sarà richiesta una facile gestione. La raccolta da cui è tratto il brano si intitola Primo jazz (ed. Curci Young)
E infine potrà essere utile rapportarsi con il brano intitolato Changing Time tratto da Méthode èuropéenne (vol.I- ed. Schott) di Fritz Emonts, grazie a cui sarà fattibile notare musicalmente in cosa consista la differenza sottile, ma sostanziale, tra un metro alterno di 2/4 + 3/4 in confronto con un metro compatto in 5/4.
La relazione con lo spazio pittorico per un gioco di risonanze tra discipline
Un metro che si ponga al di fuori di un basilare 2/4, 3/4 o 4/4 ci racconta e ci mostra, in sostanza, la conquista di uno spazio fisico, uno spazio in primo luogo orizzontale inerente la strutturazione interna di una misura. Esso ci invita in pratica a cogliere e affrontare i connotati principali della misura stessa, in senso spaziale potremo dire.
Per comprendere appieno il senso di un graduale ampliamento di tal genere e per poter guardare al fascino di un’organizzazione strutturale, in relazione alla misura nell'ambito del linguaggio musicale, sarà di aiuto servirci, a conclusione di questo lungo percorso, di un felice innesto grazie all'arte pittorica, affidandoci a un vero e proprio gioco di risonanze tra discipline, come già indicato.
Fornire una rappresentazione visiva sarà il primo passo da compiere. In questo caso si tenderà a valorizzare un procedimento impostato sulla base di un" accrescimento" consequenziale, che retroceda dapprima in direzione del due per poi riguadagnare corpo, ri-conquistando la dimensione del cinque, qui opportunamente approfondita.
Poniamoci quindi dinanzi a qualche specifico esempio tratto dalla tradizione iconografica e scultorea. Sarà utile tener presente come lo spazio pittorico - nel discorso che andiamo a intraprendere- venga paragonato a tutti gli effetti allo spazio della misura, da vedersi come ambiente o stanza dalle caratteristiche uniche e a sé stanti. Quello che emergerà quindi sarà soprattutto l'aspetto "costruttivo" legato alla presenza del cinque: un aspetto da ricollegare a una precisa scelta, estetica e sintattica, distinta e distinguibile.
Le figure umane a cui si farà riferimento, colte in posizione eretta, inginocchiata o seduta e per lo più equidistanti, presenti negli impianti scultorei, nei video e nei dipinti che stanno per essere citati, potranno venire assimilate alle unità di base della misura stessa – una semiminima in un tempo di base avente come denominatore il quattro o una croma in un tempo di base avente come denominatore l’otto-. La domanda da cui partire per generare delle agili similitudini in questa direzione potrà essere la seguente: come soggiornano le figure umane in uno spazio pittorico?
E, per converso, come si inseriscono – e quindi dimorano- le figure musicali (che siano minime, semiminime, crome o altro) nello spazio propriamente architettonico della battuta che sia oggetto di analisi?
Ebbene, l’Itinerario che va ora a costruirsi potrà passare proprio attraverso un’assimilazione visiva e, ancor meglio, attraverso una comparazione fattiva oltreché intrigante tra l'ambiente – misura e lo spazio del piano pittorico o scenico che dir si voglia.
L’itinerario seguente prevede in sintesi una graduale costruzione: alla base si ritroverà un criterio di ampliamento che proceda per singole unità aggiuntive, a partire dal concetto numerico del due. Come già indicato il procedimento passerà quindi attraverso una gradualità di scoperte e di raffronti tra aspetti visivi e musicali, sicché si potrà procedere passando rispettivamente dal due, al tre, al quattro e infine pervenire al cinque, visto - nel nostro caso particolare- come traguardo.
Un'anticipazione potrà essere fornita dicendo che la nostra meta sarà il dipinto matissiano La Danse, che andrà pertanto a suggellare la traiettoria impostata, ponendosi come una vera e propria esemplificazione, compatta, di una misura standard basata sul cinque.
Va tenuto a mente il fatto che, quando un costrutto giunge ad essere determinante e, in qualche modo, insostituibile sul piano estetico, siamo senza dubbio in presenza di un codice (e di un adempimento) di tipo strutturale. Ciò avviene in una scelta propriamente musicale, ma evidentemente anche in un contesto pittorico, scultoreo, architettonico, filmico, coreografico, scenografico e dinamico, in senso più generale. Quelle che sono state prese in considerazione sono dunque opere che inducono eloquentemente a riflettere sull’organizzazione di uno spazio interno.
Seguendo un’ipotesi di compenetrazione tra le arti sarà facile, per ciascuno e per ciascuna, arricchire in modo ulteriore il discorso nel suo dispiegarsi.
Riferimenti sparsi per un'impostazione visiva e sonora anzitutto duale
Come punto di partenza, per generare un possibile itinerario fondato su successive ipotesi di accrescimento numerico, potremo ritrovarci a osservare e analizzare la categorica determinazione, in senso duale, rintracciabile nel dipinto intitolato L'Annunciazione di Domenico Veneziano (1445 circa).
in verità il topos dell'Annunciazione con facilità si presta a dare risalto al criterio numerico fondato sul due, quasi assolutizzandolo.
Diversi altri esempi incentrati sul medesimo tema - oltre a quello citato - potrebbero adeguatamente essere assunti come punti di riferimento. Basti pensare, tra i tanti, ai risultati rilevabili nell'affresco omonimo di Beato Angelico (1440-60 circa).
Va qui sottolineato come le opere indicate rientrino tra quelle più celebri e, soprattutto, presenti nell'immaginario collettivo, per poter rendere agevoli le transizioni necessarie e procedere speditamente nel discorso.
Si riportano le parole di un passo tratto dal libro di Michael Baxandall intitolato Pittura ed esperienze sociali nell'Italia del Quattrocento (Piccola Biblioteca Einaudi):
[...]il dipinto risente dei tipi di capacità interpretativa -schemi, categorie, deduzioni, analogie- che la mente gli fornisce. La capacità umana di riconoscere un certo tipo di forma o un rapporto di forme influisce senz'altro sull'attenzione che l'uomo dedica all'osservazione di un quadro (siamo a pag.45).
Proseguendo in avanti così si legge:
La mente del pubblico non era una tabula rasa su cui si potessero imprimere le rappresentazioni che il pittore dava di personaggi o di una storia; ogni pittore doveva misurarsi con un'attiva consuetudine di visualizzazione interiore (pag.57).
Anche nel nostro caso il riferimento, anzi il richiamo al fatto ritmico, va posto in relazione con una procedura di visualizzazione interiore e - in questo senso - è da intendersi come un richiamo " in potenza" pulsante, vale a dire agente e attivo soprattutto dal punto di vista interno.
In musica, l'efficacia di un'impostazione esclusivamente duale, concisa e oltremodo stilizzata, la ritroveremo- tra i tanti esempi possibili - in Pendulum Music ( Musica per microfoni, amplificatori e performer) di Steve Reich, risalente all'anno 1968. Un rimbalzo di un microfono da un interprete a un altro lascia di certo apparire come determinante e oltremodo focalizzante la scansione in due tempi, secondo un piano ipnotico e avvincente, anche da un punto di vista strettamente performativo. Gli interpreti coinvolti - eventualmente anche più di due - si accingono ad entrare senza dubbio all'interno di un andirivieni altalenante, e sono quindi vistosamente immersi in un contesto ampio e avvolgente di oscillazione vera e propria.
Infatti da un punto di vista "figurale " essi si dimostrano pronti ad assolvere a un ruolo-chiave nell'impostazione del gioco dirimpettaio, arrivando dunque a dare una validazione esemplare al criterio del due.
Un discorso analogo, da un punto di vista performativo, potrebbe valere per Gilbert & George, in particolare nell'opera-performance The red sculpture (1975), dove è presente una costruzione dialettica fortemente emblematica e caratterizzante. Essa riguarda per l'appunto le due sagome e figure umane implicate e unitamente presenti.
Di pari passo con un ascolto e con una visualizzazione delle suddette opere visive contemporanee, recuperando ancora una volta una sorta di ordine legato alla classicità, ci si potrà immergere nell'ascolto del celeberrimo motivo impiegato da Wolfgang Amadeus Mozart nel Tema con variazioni"Ah Vous dirai-je maman" (KV 265), da cui si dipartono, per l'appunto, le 12 variazioni in do maggiore dai contorni estremamente cangianti. Ebbene, questo tema costruito in 2/4, pur nella sua impostazione limpida e pressoché elementare, potrà dirci molto sulla fermezza articolatoria insita in un impianto costruttivo binario e, più in generale, su una scansione tipicamente e puramente duale. Tempo forte e tempo debole affiancati nella più elementare alleanza si riveleranno pronti a dare corpo a una basilare cellula metrica, dove il macrobeat e il microbeat si potranno stagliare con disinvoltura, nella loro categoricità, di fronte al nostro sguardo e al nostro orecchio.
Sulla scorta degli approfondimenti e delle ipotesi visive qui costruite, i due fondamentali battiti soggiacenti potremo probabilmente iniziare a sentirli via via più animati o, comunque, particolarmente avvincenti nel loro essere pulsanti.
Slittando agilmente tra epoche, linguaggi e codici espressivi, potremo con un successivo balzo, sia storico che stilistico, raggiungere l'artista americano Bill Viola. L'avvicinamento all'energia numerica ed esperienziale del due avviene nella sua produzione con il video The Encounter. Si tratta solo di uno dei possibili esempi da introiettare.
Allontanandoci da un rapporto figurale prettamente riconducibile all'umano potremo anche citare di Pisanello Due cavalli (cod. Vallardi 2468) dove la scelta di raffigurare l'animale protagonista anzitutto in posizione frontale, ripresentandolo poi di schiena, potrebbe dare adito a un'interpretazione che spinga quasi verso una sottolineatura del tempo forte e del tempo debole, tipico per l'appunto di una concezione propriamente musicale.
Tornando nuovamente sul piano sonoro e volendo effettuare ricerche nelle pieghe di repertori di tutt'altro tipo, rispetto a quelli su indicati, potremo notare come molte conte e filastrocche desunte dal repertorio popolare, con una certa abbondanza, ci potrebbero venire incontro, consentendoci di ritrovarci in un'ambientazione chiara ed enucleabile. Una rievocazione di questi materiali musicali riconducibili all'infanzia ci darà prova di come la scansione molto accentuata (restituita dal canto o dalla conduzione mentale del fatto melodico) possa rendere possibile un'animazione interna del due, rendendo per lo più inconfondibile la scansione binaria.
Nell'ambito degli studi etnomusicologici può essere qui ricordato il volume intitolato Folklore musicale (Bulzoni editore) di Constantin Brăiloiu, che si avvale di numerosi riferimenti alla ritmica infantile e, in modo specifico, privilegia i repertori di provenienza per lo più russa, ungherese etc. Le manifestazioni vocali di cui si parla nel libro si accompagnano o meno a testi propriamente linguistici, proprio per stabilire delle interconnessioni in senso ampio tra musica e lingua. Il ritmo infantile - sostiene l'autore e ricercatore - è governato da una regolarità di strutture che la musicologia e, ancor più l'etnomusicologia, deve potere e sapere affrontare (e quindi analizzare). I principi basilari a cui si fa riferimento sono tra loro paragonabili e, in una visione propriamente comparativa, non può che prevalere una direzione sovranazionale che riporti, anzi, a una natura universale.
In direzione del dispositivo ternario e quaternario
Nel nostro percorso, che consta di sostanziali accrescimenti graduali, volendo arrivare a dare un risalto effettivo all'elemento numerico del tre, potremo subito affidarci a un riferimento in termini di ascolto che vada in direzione di Maurice Ravel. Questo ascolto potrebbe preparare ancora una volta un successivo approccio visuale.
Di Ravel si potrà tener conto della raccolta intitolata Valses nobles & sentimentales. Propongo volentieri l'ascolto del brano n.3 (Modèré) grazie a cui è possibile collocarsi a ridosso di una cristallina scansione ternaria che, da inizio a fine, rende possibile un'ambientazione particolarmente spianata e via via seducente, pur restando nel novero della limpidezza. Il tempo moderato consente di entrare facilmente in sintonia con le caratteristiche metriche. Le figure musicali portanti, vale a dire le tre emblematiche semiminime, affidate alla mano destra, anche in questo caso, divengono delle materie prime vere e proprie. Grazie alla loro presenza viene reinventata l'ispirazione legata al principio danzante, proposto qui in una veste soft, con tratti setosi ma, nello stesso tempo, dinamici. Vale la pena confrontare la versione pianistica con quella orchestrale dove ancor più appare affinato l'aspetto della levità, ampliando - in termini di sfumature - il dettato sonoro. Caratteristiche analoghe, rispetto a quelle appena enunciate, le ritroviamo nel brano n.6 (Vif) dove predomina un pianissimo di fondo. Ritmicamente, per ben tre volte, è presente un invito a cedere alquanto (Cédez à peine), salvo recuperare l'andamento inziale. Ciò comporta che sia presente una venatura vagamente languida. Lo richiede il compositore stesso scrivendo "Très doux et un peu languissant". Siamo nell'anno 1911.
Nel procedere in questo nostro cangiante itinerario va anche detto che, per facilitare la costruzione di congiunzioni e raggruppamenti tra i vari campi, è stato opportuno scegliere sistematicamente delle composizioni musicali che si potessero avvalere di uno spontaneo avvio in battere. Questo fatto consente, più che altro, di cogliere in modo estremamente efficace e agile l'immediatezza della struttura (rispettivamente binaria, ternaria, quaternaria e quinaria), a prescindere da forme anche minime di elaborazione interna.
Si rivelerà quasi inevitabile, dal punto di vista dei riferimenti artistico-visivi legati al dispositivo ternario, provvedere a un accostamento con la scultura Le tre grazie di Antonio Canova (1812-1817) e, deviando in direzione della pittura, ipotizzare un aggancio con il dipinto omonimo di Pieter Paul Rubens, risalente al 1638 e conservato nel Museo del Prado (olio su tela, 221x181cm.).
Ma altrettanto disinvoltamente si potrà trovare appoggio nella pittura di André Derain di cui può essere menzionato il quadro, più che emblematico, intitolato Tre figure in un prato (1906-07): si tratta di un olio su tela di 55x33cm. conservato in Francia nel Musée de la Ville di Parigi.
L'approdo al quattro porterà, con libertà, in direzione di Pontormo: il titolo da tener presente sarà la Visitazione di Carmignano.
Musicalmente parlando, sul fronte del quattro, potremo avvalerci di un ascolto di Franz Joseph Haydn: l'incipit della Sonata in Do Magg. Hob.XVI:1, e più che altro le tre misure iniziali, saranno di certo emblematiche. Con nitidezza e con solarità esemplare tale incipit va a delineare un tragitto che consta di quattro semiminime incisive (collocate proprio in un metro di 4/4). Attraverso una viva quadratura ed equidistanza, tali semiminime, trovano appoggio sui principali gradi della scala (tonica, mediana, dominante, tonica) assestando quindi la coloritura tonale in maniera inconfondibile e poi dirottando, in corrispondenza della seconda misura rispettivamente sui gradi di tonica, sottodominante, sopradominante e tonica. Il tempo in battere, grazie a un abbellimento cristallino, finisce per proiettare adeguatamente in avanti il flusso melodico, corroborando l'impianto della battuta stessa in virtù di una spinta decisa oltreché propulsiva. Va anche detto che il disegno tematico, di natura ascendente, è prioritariamente affidato alla mano destra, mentre la mano sinistra va, in questo caso, a generare una mobilitazione interna e quasi un'ebollizione, in virtù di un basso albertino che consta di quartine di semicrome che provvedono con evidenza a creare un'armonizzazione che funge da sostegno, come d'abitudine nella classicità. Naturalmente questo approccio presente nell'Esposizione, e in particolare nell'enunciazione del primo tema, torna vigorosamente a manifestarsi nella sua incisiva chiarezza anche nel successivo Sviluppo, inquadrato da un'atmosfera lievemente più ombrosa in virtù del cambio di tonalità e infine nella Ripresa. Le quattro semiminime vengono dunque presentate come "cellule attive", ammantate di esuberanza e di vitalità musicale e quindi proiettate con spigliatezza verso il nostro orecchio.
L'approdo al cinque attraverso un viaggio transizionale
Come già in precedenza accennato il nostro traguardo si proponeva di condurre verso un approccio conoscitivo del celeberrimo dipinto di Henri Matisse intitolato La danse, realizzato nel periodo 1909-1910. In quest'opera pur essendo i corpi sbilanciati e in tensione appare ineludibile e memorabile la pregnanza del numero dispari del cinque, ravvisabile proprio nelle figure dei danzatori e delle danzatrici coinvolti. I colori decisi, stigmatizzati con forza dal pubblico del tempo, si sommano a una volontà di procedere in direzione di una rappresentazione quasi astratta del ritmo.
Per quanto concerne gli ascolti incentrati sul criterio numerico del cinque si potrà facilmente tenere conto di tutti gli esempi già indicati nella prima parte del presente scritto, che delineano un quadro abbastanza ricco in termini di possibilità conoscitive. Due aggiunte meritano attenzione ovvero l'Invenzione n.III (Presto,leggero) di Goffredo Petrassi, tratta dal ciclo di Invenzioni per pianoforte del 1944. Si fa vistosa in questa pagina pianistica l'onnipresenza delle crome che rispondono a un criterio metrico fondato per l'appunto su un 5/8, da suonare inizialmente in modo "molto legato e fuso", con un procedere che avviene per lo più mediante il moto parallelo, a distanza di più ottave o con passaggi a mani alternate. Lo staccato subentra, strada facendo, mediante accelerazioni o ritorni a un ritmo sostenuto. I segni di dinamica, dapprima collocati tra il piano e il mezzopiano, raggiungono ben presto l'energia percussiva del fortissimo, per poi quasi rifocillarsi in un nuovo pianissimo che non manca tuttavia di mantenere la perseveranza giocata proprio sul piano della scansione attraverso le cinque crome. Soltanto in pochi casi si verifica un passaggio verso un metro di 4/8 (nella fattispecie a mis.108 e a mis.110, con un'interpolazione intermedia di un 3/8 a mis. 109). ll "molto legato" si trasforma magicamente in un "legatissimo" verso la conclusione, a sottolineare proprio la progressiva fusione tra le note succedentisi, ripartite agilmente e velocemente tra ambedue le mani.
Risulterà utile a questo punto osservare anche la tipicità della scrittura di Désordre (Molto vivace, vigoroso, molto ritmico) di György Ligeti. Il brano è desunto dal ciclo intitolato Études pour piano (Book I), in particolare si tratta del primo studio. Qui, pur non essendo presente un'indicazione metrica vera e propria (la struttura prescelta vede semplicemente come valore portante la croma), sarà da notare l'insolita e caratterizzante distribuzione degli ottavi in questione, di tipo asimmetrico. organizzati attraverso dei raggruppamenti che seguono l'andamento di un 3+5.
Si tratta di una sorta di principio ordinatore all'interno dell'atmosfera di disordine pur suggerita dal titolo. Noteremo inoltre come tra i gruppi di note, dotate - soprattutto inizialmente- di un movimento per gradi congiunti o allineate secondo intervalli minimi, si incuneino diversi accenti ribaditi mediante la presenza di ottave interposte. Queste ultime si rivelano pronte a offrire una sottolineatura marcata, che si fa strada anche in senso melodico, seppur curvilineo.
Tornando nel territorio esteso legato alle arti mi piace qui citare, nuovamente, Bill Viola: in questo momento può tornare a donarci un sostegno l'installazione Stations (1994), che si avvale proprio di cinque schermi osservabili su entrambi i lati e dove dei corpi maschili e femminili sono immersi in un liquido fino al collo. La presenza del cinque andrà inquadrata su un piano prettamente ambientale, prevedendo un decisivo allargamento di campo.
Un ulteriore esempio di emblematica validazione del cinque, potrà essere la performance di Marina Abramović, incentrata su una configurazione di una stella a cinque punte, trasformata in una sorta di cicatrice indelebile, essendo incisa direttamente sulla pelle. Il riferimento è quindi a Lips Thomas, dove il corpo si fa protagonista assoluto. Di qui, un ulteriore collegamento potrà esser generato, in particolare con Rhythm 5, del 1974. Al numero 5 del titolo fa riferimento nuovamente una stella a cinque punte, in vista di un'azione performativa ben più elaborata, ugualmente incentrata su una rievocazione dell'energia prodotta dal dolore.
Alcune precisazioni riguardanti i collegamenti tra caratteristiche ritmiche e aspetti propriamenti figurali
Sarebbe stato troppo semplicistico voler solo "associare" al fatto musicale e ritmico-numerico del due, del tre, del quattro e del cinque, delle corrispondenti presenze figurali, inquadrabili all'interno di un possibile dipinto, impianto scultoreo o altro.
Va pertanto specificato che le varie scelte contemplate, al fine di compiere una sorta di parziale assimilazione tra i valori musicali e le presenze figurali di tipo visivo, sono state dettate dalla presenza di una possibile comparazione sommaria, sia dal punto di vista dimensionale sia dal punto di vista posizionale.
In Matisse, ad esempio, il dipinto intitolato La Musica, generalmente associato a La Danse anche da un punto di vista cronologico, non si presterebbe con altrettanta facilità ed efficacia ad essere " musicalmente " analizzato secondo il nostro scopo di ricerca. Ci troviamo ugualmente di fronte a cinque personaggi in azione (l'elemento del cinque appare dunque con indubitabile evidenza), ma la collocazione spaziale prescelta, gli aspetti posturali decisamente diversificati, riguardanti i vari soggetti ritratti, l'elemento del distanziamento marcato all'interno dello spazio pittorico, così come la staticità imperante, non consentirebbero di rilevare una sorta di motricità fluente ovvero una scansione suffragata da un qualche avanzamento, tale da ricondurre a una visione inquadrabile in una dimensione metrico- ritmica vera e propria.
Per ragioni analoghe- retrocedendo in direzione delle presenza numerica del due - e restando a ridosso dell'iconografia del passato di stampo religioso, non potremmo - accanto a quelli dell'Annunciazione- inserire esempi basati sul tema della Natività o ancora di piú il genere " Madonna con bambino", pur molto esplorato e, soprattutto fortemente assimilato, attraversando le varie fasi epocali.
La vergine e il bambino che ne sono volta per volta protagonisti non presenterebbero infatti degli aspetti proporzionali adeguati, tali da ricondurre a un'istanza "ritmica" di natura metrico-binaria, di tipo squisitamente consequenziale (pur essendo invece di natura duale il tipo di rappresentazione offerto). Anche il criterio di sovrapposizione e di compenetrazione dei piani - il bambino lo si ritrova di norma adagiato o disteso a ridosso del corpo materno- non lascerebbero rilevare una scansione per l'appunto consequenziale fortemente marcata, vale a dire una simmetrica ripartizione, rapportabile a una sorta di doppio battito, ricollegabile dunque a un'affermazione corporea e di presenza umana. Idem per quanto concerne il tema della Deposizione.
Pertanto l'aspetto costruttivo e visivo, che nel nostro caso si colloca a ridosso di un terreno di similitudini, va prioritariamente ricondotto a un aspetto musicale vero e proprio. C'è da porre pertanto in evidenza - quale parametro altettanto determinante oltre al criterio prettamente numerico - la presenza di un "incedere" interno anche di tipo sottostante: vale a dire uno spunto e una spinta di movimento in termini di percorrenza (o di scorrevolezza dichiaratamente consequenziale), anche soltanto evocato, in grado di riportare verso le tipicità musicali. Anche laddove non sia possibile riscontrare un'impostazione lineare o, più esattamente una componente o un " comportamento" di allineamento strutturale orizzontale: è questo il caso de La Danse, che si affida in effetti a un vortice circolare da un punto di vista spaziale, quindi non orizzontale sul piano della composizione.
Importante, tra l'altro, anche un livello di spaziatura minimo e un'equivalenza di rapporti tra le parti, per poter stabilire delle cadenze regolari.
Restando nel rigoglio del cinque, ma volendo vivere, per contrasto, un'assoluta esperienza di deviazione, presupponendo quasi una disintegrazione dei criteri proporzionali potremo indirizzarci con sicurezza verso Pablo Picasso, dando attenzione a un capolavoro legato al numero cinque. Si tratta, come è facile intuire, del dipinto Les demoisselles d'Avignon. Il dispiegamento di volumi nuovi, accanto a una voluta distribuzione caotica eppure estremamente affascinante delle presenze e delle concatenazioni, offrirebbero di certo all'occhio un interessante metro di confronto.
Le turbolenze dinamiche presenti in quest'opera sono adatte proprio a svincolarci da un assetto limpido e lineare, inquadrando una visione de-misurata avvinta da contorsioni e basata, ritmicamente, su intersecazioni e dislivelli in vario modo evidenziabili. A ben vedere le figure e i corpi addossati si impongono davanti all'occhio e vanno contro ogni consequenzialità, dal punto di vista delle ripartizioni, e anche contro un'equivalenza degli elementi strutturali. Il proto-cubismo del resto si interessava proprio a una deflagrazione degli elementi precedentemente sottoposti a un criterio di organizzazione limpida ed equilibrata.
In Picasso potremo soffermarci anche su un'opera molto nota del periodo precedente, vale a dire La famiglia di saltimbanchi (1905), conservata presso la National Gallery of Art di Washington: sul lato sinistro del dipinto in questione potremo scorgere un raggruppamento basato sul cinque (una sesta presenza la si ritrova sul lato destro, ma nettamente isolata, al punto da richiedere un micro-slittamento e quasi una deviazione dell'occhio). In questo caso tuttavia i valori proporzionali fortemente diversificati, le altezze dei soggetti con corporature nettamente disparate e persino le traiettorie degli sguardi estremamente svianti non potrebbero lasciare accostare questo dipinto a quelli precedentemente indicati e analizzati da un punto di vista dell'uniformità. Il confronto potrà essere ad ogni modo utile e senz'altro arricchente. Soprattutto esso potrà condurre in direzione di un inquadramento in chiave "gruppale" che possa facilitare un approccio musicale con quelle che sono le suddivisioni di quintine, di cui si parlerà fugacemente proprio nel paragrafo seguente.
La validazione del cinque nelle quintine. Alcuni ascolti conclusivi
Prima di giungere a conclusione e dopo aver sviluppato un largo excursus incentrato sulla pittura in relazione con gli aspetti musicali, si potrà provare a fare ora menzione di alcuni brani in cui la presenza del cinque possa essere rintracciata in tutta evidenza nella distribuzione interna del tempo di base: è il caso dei raggruppamenti di quintine. Il numero cinque, nei brani che si ritrovano elencati di seguito, andrà quindi a distribuirsi - e ad abitare - proprio la parte interna dell'unità di base, vale a dire il quarto o l'attavo, nell'ambito della misura. Si tratterà ancora una volta di una porzione minima di esempi possibili.
Stabilendo un profilo quasi ciclico si potrà tornare a citare la produzione di Claude Debussy e, in particolare, gli Studi per pianoforte. Nello Studio n. 1 ci imbattiamo nello specifico in una sequenza che consta di biscrome di quintine. Tale sequenza è preparata musicalmente e ritmicamente da precedenti concatenazioni di quartine e doppie terzine di semicrome. Vengono pertanto stabilite delle transizioni molto graduali.
Anche in Jardins sous la pluie (Net e vif) - parte integrante di Estampes- è ravvisabile la presenza di quintine di crome: esse possono essere rinvenute in una zona più che inoltrata del brano (da mis. 100 a mis.115), lì dove compare l'indicazione agogica Mystérieux, con un invito, rivolto all'interprete, a tornare al tempo iniziale, basandosi su un pianissimo di fondo, dopo aver attraversato fluentemente alcune zone di ritenuto, e, ancora prima, diversi passaggi di rallentamento vero e proprio, indicati questi con la dicitura En se calmant.
L'impianto della composizione è toccatistico e l'ostinato inseguirsi di semicrome indica senza alcun dubbio lo scrosciare della poggia. Rapidi crescendo e diminuendo accentuano la caratterizzazione data dalle intemperie in corso, dal punto di vista della suggestione di fondo. Nel finale ci raggiunge però un'esplosione di luce.
Si tratta in entrambi i casi di brani in cui la presenza delle quintine si ritrova evidentemente ad avere una natura sporadica. Nel provvedere a costruire un'elencazione, potrà esserci infatti una divisione chiara tra esempi con situazioni continuative ed esempi con situazioni limitate a singole misure o passaggi (più o meno estesi).
Abbiamo ad esempio la possibilità di cogliere un deciso criterio di discontinuità anche in John Cage nel brano per voce e pianoforte intitolato Wonderful Widow of Eighteen Springs. Sono affidate proprio al pianoforte, da utilizzare in senso percussivo, servendosi propriamente del coperchio dello strumento, secondo precise indicazioni, diverse quintine di semicrome che alimentano un tessuto ritmicamente variopinto e internamente animato. Esso annovera infatti terzine, doppie terzine, sestine e, per l'appunto, quintine e altro ancora. Questo substrato ritmico consente di lasciare affiorare le particolarità della voce, che andrà a muoversi opportunamente in una maniera vagamente inespressiva, mediante una diluizione legata in qualche modo al parlato.
Mirabile anche la quintina di semicrome, che si esplicita attraverso accordi ribattuti e lievi, presente in Alban Berg, nella parte di accompagnamento pianistico a conclusione del primo dei Vier Stucke for Clarinet and Piano, Op. 5. Tale quintina subisce una mutazione istantanea in terzina (anch'essa assestata su accordi ribattuti e ripartiti tra le due mani sul pianoforte) e si affaccia su un ammaliante diradamento e dileguamento dei suoni, che ci lascia in uno stato sospensivo molto accurato. Siamo in effetti in presenza di una conclusione a dir poco evanescente, che spinge a procedere morbidamente, ma con curiosità, verso il secondo dei brani che vanno a comporre il breve ciclo, datato 1913.
Tra le musiche per clarinetto solo potremo anche ascoltare di Luciano Berio il Lied dell'anno 1983. La caratterizzazione propria della quintina, questa volta, va a innestarsi nel novero delle molteplici volatine e acciaccature, quindi è situata nel territorio, in parte fuggitivo, dato dagli abbellimenti.
Rientrano in questo contesto di analisi anche gli esercizi n. 1c e 1d contenuti in Esercizi e studi di Johannes Brahms.
A dire il vero può risultare interessante portare alla ribalta questo caso particolare e a sé stante, considerando la quasi totale preferenza accordata, nelle raccolte di tecnica pianistica, a figure di quartine in progressione o, al più, a figure di duine e terzine.
Muovendosi ancora tra le pagine di Brahms si potrà portare un'attenzione adeguata sulla variazione n.13 (contrassegnata dall'indicazione agogica Largamente ma non più) tratta dalle Variazioni su un tema di Händel op.24. La quintina di biscrome. più volte presente, va a configurarsi in chiave decisamente drammatica. Avvalendosi di un forte impulso motorio, essa funge da collegamento, granitico e rapido, rispetto alle note ( bicordi soprattutto, ma non solo) cui va ad affiancarsi.
Un ulteriore esempio che riconduce nel novero della contemporaneità musicale lo abbiamo in Kaija Saariaho. Un tessuto sonoro basato su quintine di semicrome si snoda nel brano pianistico intitolato Ballade, del 2005. Tutta la prima parte si avvale di questa particolarità. Nel centro del pezzo subentrano invece delle quartine, sempre di semicrome, che si disciolgono nella mano destra e che vengono adeguatamente sostenute da sestine collocate nella mano sinistra, in modo da creare una compenetrazione e un ordito denso, ma leggero. I passaggi con le quintine riprendono poi spazio più avanti, andando a configurare un nuovo e ampio settore, che presenta dei caratteri di similarità rispetto al precedente passaggio citato, dopodiché lo sviluppo del brano viene lasciato fluire in una direzione altra, con un ulteriore rimaneggiamento ed elaborazione degli elementi basilari.
Un caso ancora diverso lo abbiamo in Iannis Xenakis nella composizione che porta il titolo Herma, dove le quintine si snodano e soprattutto si dilatano, mostrando valori interni oltremodo prolungati, che si prestano a offrire una visione che riconduca a un'ampiezza vera e propria, anche da un punto di vista spaziale, all'interno della scrittura e della restituzione sonora vera e propria. Il sottile spiazzamento ha, in tal modo, un carattere decisivo e avvolgente.
Scorrendo tra molteplici esempi si chiude qui questo lungo excursus dal carattere misto e variegato.
Inanellando ascolti e visioni e seguendo un istinto "motorio" si è voluto creare un sentiero di dislocazioni e, nello stesso tempo, degli spazi di contiguità (con tracce argomentative e documentali). Il dato musicale e/o visivo è stato considerato come un crogiolo da scandagliare. Tra molteplici espansioni ed elaborazioni si è cercato quindi di concepire l'elemento ritmico e quello visivo come isolabili, affinché potessero nell'insieme essere sottoposti a una decantazione, non soltanto a una verifica teorica. Lo scopo è pur sempre quello di fornire un'accentuazione, in vista di una possibile interiorizzazione o più semplicemente in vista di uno stabile assorbimento. Al di fuori da riduzioni esplicative l'auspicio è che possa svilupparsi la possibilità di accedere ai diversi dati, facendo in modo che essi possano agire in profondità, lasciando maturare l'importanza del " cogliere appieno".
Sono interessata a segnalare inoltre come, in un precedente scritto io mi sia ritrovata ad analizzare diversi aspetti legati prioritariamente al fatto numerico, evidenziando in ogni caso aspetti poetici interni e impostando ugualmente la ricerca su delle possibili intersezioni tra caratteri musicali e artistico-visivi. In particolare faccio riferimento al saggio intitolato Il pari e il dispari adagiati in un vivo confronto, pubblicato su Musicheria (Rivista di educazione al suono e alla musica).
Su queste tematiche sono stati da me sviluppati nel corso del tempo molteplici itinerari di formazione, che mi hanno condotta ad elaborare anche tracciati di tipo corporeo, per poter predisporre approfondimenti ritmici basati prioritariamente sul movimento.
Chi vorrà potrà contattarmi facendo ricorso alla seguente mail annalaura_longo@hotmail.com
Proverò volentieri a dare risposte o delucidazioni.
Ringrazio coloro che mi hanno permesso di portare avanti percorsi così variegati : mi riferisco in primo luogo a corsisti e corsiste in vario modo implicati. Ringrazio inoltre musicisti e musiciste coinvolti a vario titolo, a cui si aggiungono artisti e artiste appartenenti ai diversi ambiti e linguaggi.
Elogio del cinque – Presupposti per un utile incantamento
di Anna Laura Longo
Premessa
A sancire l’ingresso di Six épigraphes antiques di Claude Debussy ritroviamo una vera e propria invocazione a Pan intitolata Pour invoquer Pan, dieu du vent d’été. Si tratta di un brano scritto nello stile di una pastorale, costruito in un tempo moderato e decisamente spazioso.
Fa seguito una composizione che riporta la dicitura sans rigueur, basata su una fondamentale lentezza: Pour un tombeau sans nom. È proprio su di essa che si potrà fissare adeguatamente la nostra attenzione.
Già a un primo ascolto si avvertirà al suo interno una sorta di dilatazione complessiva dell’impianto strutturale, perlomeno seguendo il punto di vista metrico. Verrà infatti riscontrata una deviazione dal territorio musicale fino a pochi istanti prima conosciuto: esaminando la scrittura musicale potremo in pratica accorgerci come la scelta metrica sia affidata a un 5/4 costante, solo a tratti interrotto da passaggi caratterizzati da misure in 4/4.
L’ascolto, unito a un approfondimento analitico di questo brano, che va a sfociare nel successivo Pour que la nuit soit propice, offre lo spunto per impostare il presente scritto, intitolato Elogio del cinque- presupposti per un utile incantamento.
Rientra nei margini di un ascolto flessibile e articolato il potersi muovere attraverso continui ampliamenti, agendo mediante proficue strutturazioni e destrutturazioni del conosciuto.
Abituare musicalmente l’orecchio e il corpo e, in qualche modo, anche la vista a una ricchezza di paesaggi e panoramiche metrico- ritmiche che si rivelino il più possibile insolite e diversificate, potrà considerarsi dunque un intento perseguibile e “abbracciabile” all’interno di una ricerca costruttiva.
Numerosi esponenti e teorici legati alla formazione musicale sia del passato che del presente indirizzano le ricercatrici e i ricercatori sonori dell’oggi verso la necessità di un’acquisizione e di una conseguente trasmissione di stimoli che si muovano all’insegna della varietà. Il riferimento nell’insieme può riguardare una varietà di sistemi scalari anzitutto ma, anche, di pattern e costruzioni metrico- ritmiche.
Nel presente scritto si proverà quindi a suggerire una sorta di incantamento intorno a musiche, prevalentemente pianistiche e cameristiche, costruite su un tempo di base di 5/4, creando quasi una forza ammaliatrice (non soltanto un interesse transitorio) intorno ad esse. Il discorso tuttavia potrà profilarsi e articolarsi sulla base di integrazioni tra linguaggi artistici. Verranno infatti inglobate all’interno del discorso la danza, la video-arte, la scultura e la pittura per delineare un territorio stratificato e rafforzato.
Tornando al punto di vista musicale potremo dire che guardare al metro come a un fatto cangiante potrà essere di aiuto per provare a ridurre quelle tracce di sottile estraneità derivanti da una debole dimestichezza con forme e strutture meno consuete rispetto alle più semplici abitudini di ascolto.
Il tutto potrà esser visto invero come un percorso propedeutico per un avvicinamento flessibile alla polimetricità o per un approccio con ritmi combinati, particolarmente frequenti nei repertori che vanno dal Novecento sino ai nostri giorni.
La proposta di un metro dispari (che sia collocabile al di fuori del più semplice metro ternario) lascerà emergere inoltre non soltanto una varietà ma, anche, impronte di leggera obliquità, tali da restituire tratti di completezza o lieve complessità: tutti fatti insiti in un discorso musicale ad ampio spettro.
Naturalmente il passo ulteriore e suggeribile sarà quello di spingersi ancora oltre, da un punto di vista storiografico e soprattutto conoscitivo, arrivando con agilità a lambire le strutture e gli esempi molteplici che offrono una connotazione effettiva ai linguaggi contemporanei. Questi ultimi prevedono un sostanziale abbandono della stabilità articolatoria tipica delle musiche di epoche passate e soprattutto tendono a scegliere una diversa modalità combinatoria e organizzativa del fatto musicale, spesso totalmente o parzialmente svincolato da una concezione classicamente misurata.
Breve excursus nella letteratura pianistica
Oltre al già citato brano di Claude Debussy si riporta di seguito una breve elencazione preliminare intorno a cui ruotare attraverso l’ascolto possibilmente reiterato o attraverso la prassi esecutiva vera e propria. In tal modo si potrà ottenere una prima ambientazione riguardante l’energia interna- e sicuramente affascinante- del “cinque”.
(Il riferimento riguarda in modo prioritario un metro di 5/4 e inoltre di 5/8, anche in combinazioni miste).
Sin da ora va detto che una buona parte delle composizioni suggerite si ritroverà con facilità on line e se ne potranno dunque confrontare le diverse interpretazioni, rilevando le particolarità stilistiche.
Purezza e stabilità del metro quinario potranno essere anzitutto rintracciate nei seguenti brani pianistici:
Dmitrij Šostakovič : Preludio n.4 e n. 21 da Preludi op.34
Béla Bartók: In Mixolydian mode n. 48 (Allegro non troppo) da Mikrokosmos vol. II e Dance In Bulgarian Rhythm n.150 dal vol. VI
Jenö von Takacs: Meditazione su una serie dodecafonica (Lento ma non troppo) da Allerlei fϋr kleine Finger
Giuliano Manzi: Danza frigia n.3 e Danza propiziatoria n. 13 da Favole, Preludi, Danze per pf.a 4 mani
Potrà qui essere menzionato anche il brano di Modest Petrovič Mussorskij che porta il titolo Promenade, parte integrante dei celebri Quadri di un’esposizione. È noto come grazie a questa composizione venga evocato il tema delle “passeggiate” e ravvivato idealmente il tempo di spostamento effettivo del visitatore da un quadro a un altro. Il metro in origine risulta essere di 11/4 ma, nelle partiture pubblicate, si alternano misure in 5/4 e in 6/4.
Tra persistenza e variabilità
Ogni brano tra quelli precedentemente indicati potrà considerarsi un campo di omogeneità vero e proprio. Nessuna deviazione infatti sarà avvertibile nell’impostazione e costruzione generale: il paesaggio risulterà essere in tal senso pianeggiante e dotato di una certa prevedibilità. Si riscontrerà nell’impianto un carattere per lo più scorrevole.
Andando invece a mescolare agilmente i caratteri di persistenza e variabilità, di staticità e provvisorietà, si potranno aggiungere di seguito alcuni titoli di brani ulteriori in cui il metro quinario potrà essere rinvenuto - e dunque percepito - in forma decisamente sporadica o circoscritta, ad esempio in un esiguo numero di battute. Si potranno scorgere in qualcuno dei casi citati delle singole occorrenze o intersecazioni mediante combinazioni e alternanze di vario genere. In questa seconda panoramica ovviamente ci si ritroverà dinanzi a situazioni sonore ben più accidentate o mutevoli. Attraverso la seguente elencazione ci accingiamo quindi a rapportarci con musiche dal profilo misto e liberamente cangiante.
Di Alberto Soresina si potrà citare Quattro e cinque tratto da Musiche per giovani pianisti.
La particolarità di questo brano consiste nel fatto che la mano destra dell’interprete si ritroverà a impostare un metro in 4/8, la mano sinistra invece un metro in 5/8. Come dinanzi a un dittico, ci sarà un invito implicito a seguire una direzione doppia e matematicamente sovrapponibile.
Di Dmitrij Šostakovič potremo attraversare la flessibilità presente in Recitative I e in Serenade II, composizioni estrapolate da Aphorismen op.13.
Di Luigi Dallapiccola sarà utile ricordare il Quaderno musicale di Annalibera, composto nel 1952 e ritoccato nell’estate del 1953 e in particolare i brani: Simbolo n.1 (Quasi lento), Linee n.4 (Tranquillamente mosso), Ritmi n.8 (Allegro) e Colore n.9 (Affettuoso, cullante). Nel caso specifico di Simbolo n.1 facilmente resterà nella memoria lo stabile disegno di crome in 5/8 che torna ad essere ribadito con una certa ricorrenza. È anche presente il 5/4, solo come fugace apparizione transitoria. La mobilità generale del tracciato, che coinvolge i singoli brani, ma anche la raccolta nella sua interezza, non consentirà chiaramente di perseguire un reale ” accomodamento” uditivo. Sarà invece richiesta a ogni ascoltatrice o ascoltatore una necessaria disponibilità a progredire con curiosità mutevole sul piano delle aspettative d’ascolto, sia a breve che a lungo termine.
Di Laurence Altman va menzionato il brano pianistico After play: in questo caso la metrica particolarmente cangiante invita a inquadrare il 5/ 4 – quando presente – sulla base di slittamenti e intersecazioni continue. La caratteristica di questa musica è inoltre quella di essere costruita attenendosi al modo locrio.
All’interno dell’ultimo brano della raccolta pianistica intitolata Les cinq doigts di Igor Strawinsky (che riporta l’indicazione agogica Pesante), ci imbattiamo invece in una vistosa presenza di una misura in 5/4 di stampo percussivo, evidenziabile nella seconda parte del brano (mis.19), che si qualifica come "unica occorrenza". Ad essa fa riscontro anche una misura di 6/4 di carattere analogo presente invece nella prima sezione (mis.10) . Il tragitto per il resto si snoda su un impianto in 2/4 che dà spazio a figure sincopate molto caratteristiche e facilmente memorizzabili.
Sostando ancora tra le pagine pianistiche di Igor Strawinsky potremo spostare fugacemente l'attenzione su Serenata in La, nel cui Rondoletto rintracceremo due soli esempi di misure in 5/4 ( ovvero a mis.35 e a mis.67) poi, procedendo in avanti, in Cadenza finala potremo imbatterci nel 5/8 a mis. 54 e a seguire a mis. 70 e 88.
Miguel Bustamante in Interludio para piano (Andante), del 2010, colloca a mis.3 un disegno particolarmente fiorito, determinato da passaggi agili di biscrome: tale passaggio si affida ugualmente a un metro in 5/4 ( unica occorrenza ). Le alternanze ulteriori riguardano invece il metro di 4/4 e 3/4.
Anche in Henri Pousseur si potranno scorgere svariate sorprese che riguardano il tema in questione all’interno di Methodicare.
Ad esempio in 1a Salut il 5/4 compare a mis.7, mediante originali associazioni tra il 6/4 il 7/4. Il resto del brano è costruito su una stabile impalcatura di 4/4.
In 1 b Salut viene applicato un principio politonale (con un chiaro riferimento a Béla Bartók): la mano sinistra suona infatti un semitono più in basso rispetto alla precedente versione. Mentre la mano destra conferma la sua linea melodica. A seguire – nella terza proposta di variante vale a dire in 1c Salut - ci imbattiamo visivamente in una pagina con pentagrammi vuoti su cui riscrivere autonomamente le parti, facendo in modo che la mano destra suoni un semitono più in alto rispetto alla precedente variante. Tutti questi slittamenti e spunti di originalità in termini di scrittura creano evidentemente delle sollecitazioni e una sostanziale flessibilità nell’approccio con il brano stesso.
In forma di raccordo, all’interno di questa manciata di esempi, segnaliamo di Sofia Gubaidulina il brano tratto da Musical toys e intitolato Mechanical Accordion: qui ci si potrà imbattere nel 5/4 a mis.5., mis. 9, mis.12 e mis.16.
Esaminando anche Improvisations op.20 di Béla Bartók ci potremo collocare sul pezzo n.II ( la cui indicazione agogica è Molto capriccioso) che si illumina di un 5/8 a mis.27. Potremo utilmente soffermarci anche sul brano n. III ( Lento, rubato) che lascia affiorare un 5/8 a mis. 17 e nuovamente a mis.20, 24 e 33. Nell'Improvisation n.VII ( à le mémoire de Claude Debussy- Sostenuto, rubato) ci viene offerto un 5/8 a mis. 6 e successivamente a mis.27 e 29. Il tutto prende vita all'interno di un tessuto ritmico frastagliatissimo dove gli avvicendamenti e le deviazioni interne divengono materiale fondante. Nel brano n. VIII ( Allegro) ci sarà modo di riscontrare una sorta di conquistata quiete, determinata da un incedere in 2/4 per lo più costante, salvo alcune eccezioni date dalla presenza di un metro in 3/4, a cui fa seguito un 7/8 e un 5/8 a mis. 42 , riportato a galla anche a mis. 77.
Spostandosi dal repertorio pianistico a quello cameristico potremo rintracciare un utile esempio di gestione del 5 (mediante combinazioni miste) in Aaron Copland, sia in Duo for Flute and Piano, sia in Vocalise ugualmente per flauto traverso e pianoforte.
Molti altri esempi e sollecitazioni potrebbero essere presentati per progredire nell’indagine.
Diversi casi si rintracceranno nel repertorio jazz, pop, rock. Come già accennato, si è scelto di fornire nel presente saggio solamente uno spunto parziale e vagamente ambientativo.
Un approccio diretto con il canto
Per dare corpo a connessioni alquanto ampliate, in concomitanza con gli ascolti appena suggeriti, il discorso potrà gradatamente dirigersi verso esperienze cantate, tali da rendere fattibile un assorbimento profondo del cinque. La proposta per i lettori e per le lettrici potrebbe essere quella di generare attraverso pratiche associative una forma di ambientazione comoda e confortevole.
È presente in DEUMM (Dizionario Enciclopedico della Musica e dei Musicisti) un breve stralcio di una Melodia della nuova Guinea costruita in 5/4. Essa si basa su un’oscillazione costante tra due soli suoni (re e fa) articolati nell'insieme mediante una successione di cinque misure, di cui la seconda è ritornellata. Ritmicamente emergono per lo piú figure di semiminime in alternanza con duine di crome (sia con note ribattute sia con con note altalenanti tra le due uniche altezze presenti). Una minima fa la sua comparsa nella mis.3, e si accinge a determinare un fugace arresto, salvo poi proseguire nuovamente con continuità, raggiungendo la conclusione, dove si stagliano per la prima volta due pause, rispettivamente del valore di un ottavo e poi di un quarto .
La foto allegata al presente scritto fa per l'appunto riferimento a tale melodia.
Immettersi in una ripetizione quasi incantatoria di questo frammento melodico potrà apparire a tutti gli effetti di qualche utilità per creare, mediante il canto effettivo o, in alternativa mediante il canto silenzioso, un coinvolgimento vigile e al contempo ipnotico intorno al metro quinario.
Propongo di seguito le parole di Alfred Tomatis, che avvicinano alla peculiarità dell’atto cantato:
"L’atto cantato permette di stabilire un dialogo con lo spazio. Crea un movimento di comunicazione mediante l’ambito vibrante a cui dà forma con l’aiuto dell’aria vitale che penetra ogni individuo. Il canto determina una struttura dinamica differente da quella della danza e grazie alla quale si appropria dello spazio operando in tutt’altri modi. Si può anche concludere dicendo che cantare significa rendere più vivo e più vibrante l’ambiente circostante, al fine di esserne letteralmente imbevuti, inondati, di essere partecipi al punto da fare un tutt’ uno con esso acusticamente parlando".
Un riferimento alla danza
Di pari passo con un’assimilazione strumentale e al contempo vocale e iniziando a muoversi ancor più largamente su un piano di compresenze tra linguaggi e discipline artistiche sarà di aiuto a questo punto sviluppare un fugace avvicinamento alla danza. Gli spostamenti argomentativi – che si traducono in spostamenti e connessioni da realizzare anche con la mente- alimentando un terreno di digressioni, potranno dare adito a riflessioni e congiunzioni molteplici.
Ritroviamo in Musica Domani n.130 le seguenti parole di Annibale Rebaudengo che fanno al nostro caso, situate all’interno dell’articolo intitolato La dimensione musicale dell’educazione alla danza:
"L’atto motorio dell’interprete musicista, identificato grazie a degli indizi sonori, dà origine ad un’immagine più generale dei gesti, essendo il gesto evocato portatore di connotazioni affettive. Dobbiamo poi considerare che oltre al gesto che l’ascoltatore può rappresentarsi mentalmente come generalizzazione del gesto concreto dell’interprete musicista, esiste un movimento evocato dalla musica che non coincide necessariamente con il gesto produttore. In musica il simbolismo del gesto si stabilisce tra due poli".
E ancora, restando in una sottolineatura delle necessarie e indispensabili coniugazioni tra movimento corporeo e musica ritroviamo le seguenti parole:
"La musica evoca il gesto, e il gesto evoca la musica.
…I musicisti sanno o dovrebbero sapere dopo aver letto Francçois Delalande, che la musica evoca un gesto " tutti i suoi accenti, rallentati, accelerati, sospensioni, ecc., sono di natura gestuale, sono spogliati del loro carattere circostanziale e generalizzati, fino a rappresentare degli atteggiamenti psicologici, nei quali il motorio e l’affettivo si ricongiungono. Così dietro a un attacco potente, è la potenza stessa che si scopre, dietro un tocco delicato , è la delicatezza, e dietro un gesto dolce, la dolcezza".
Sul piano pratico per poter constatare come si renda possibile un’attivazione dell’energia del cinque, attraverso il movimento e soprattutto, come siano possibili degli effetti metamorfici della struttura quinaria, potremo assestarci momentaneamente su delle celebri ricercche della coreografa Trisha Brown e assorbirne le suggestioni intrinseche.
In Rulegame 5 (1964) cinque artisti procedono lungo sette percorsi delimitati da sette file di nastro adesivo steso in un'area di 21 x 21 piedi. Partendo dalla posizione eretta, ogni artista deve abbassare la propria altezza in modo che quando raggiunge il settimo percorso si trovi all'altezza più bassa possibile (possibilmente a pancia in giù). Questa regolazione dovrebbe essere effettuata a intervalli uguali su una scala da uno a sette. L'esecutore può sorpassare un altro esecutore parallelo a sé solo se è accovacciato più in basso rispetto ai giocatori sul lato “su” e più in alto rispetto a quelli sul lato “giù”.
La coreografa si sofferma sulle necessità costruttive e sulle caratteristiche stilistiche di questa e di numerose altri lavori in diversi frammenti contenuti nel libro Trisha Brown di Rossella Mazzaglia (L'epos).
La forza motrice di cui è impregnata la struttura quinaria necessariamente potrà dare adito a delle interpretazioni interessanti, derivanti da prospettive o angolazioni oltremodo diversificate. Ed è ciò che si cercherà di fare procedendo in questo itinerario.
//Continua//
( La seconda parte potrà essere conosciuta entro dicembre 2023)