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Raccolta di recensioni scritte da Antonio De Marchi-Gherini
[ LaRecherche.it ]

I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.

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Giampiero Neri - Poesia - Lo Specchio Mondadori

Il professor Fumagalli e altre figure

Aveva detto di chiudere  con la poesia; ma numi superiori, non hanno creduto all’atto ‘suicida’ ed hanno infilato nella prestigiosa collana de  ‘Lo Specchio’ l’ultima fatica letteraria di Giampiero Neri. ‘Il professor Fumagalli e altre figure’ ha già nel titolo qualcosa di gigionesco, di ironico e di levità scrittoria.
Questo poemetto in prosa, come lo definiscono le varie sinossi che presentano il libro, è una galleria di personaggi più o meno abbozzati, più o meno definiti. Di ognuno però il Neri ci offre quattro pennellate tali da rendere subito evidente quello che gli interessa del personaggio in oggetto.
Certo il fratello Giuseppe Pontiggia non ha bisogno di presentazioni tale fu ed è la sua fama, meno noto ma conosciuto come uno dei maggiori esegeti e studioso di cose neriane è Pietro Berra giornalista, critico e poeta. Ma tanti personaggi fanno parte, pur esistendo o essendo esistiti, dell’immaginario realistico un po’ alterato del poeta. Alterato mi si capisca, nel senso surreale del termine.
L’ironia il grottesco e a volte il colpo secco di bisturi, sono gli ingredienti principali di questo pastiche gaddiano che si legge tutto d’un fiato.
 Buon sangue non mente, se per la poesia Giampiero Neri è annoverato fra i maestri del ‘900, nella narrativa 
 pur essendosi già cimentato con altri poemetti in prosa – ci dà conferma del buon tessuto narrativo. E’ evidente lo sforzo di voler oltrepassare i generi, il limite. 

Il limite è qualcosa che è costantemente oltrepassato, ma impone di rimando un’oscillazione compensatrice e dell’indefinito svolgersi di tale oscillazione è immagine il movimento circolare della prosa neriana. E l’oscillazione è quel senso di stordimento e piacere ad un tempo che si prova leggendo i testi.
In Neri sembrerebbe che l’autocoscienza, cioè l’approssimazione illusoria del sé come soggetto pensante, fornisca infine un sicuro approdo al regresso all’infinito di predicati e di soggetti.
Ma è pura illusione, dice Kant, non si dà vera conoscenza del proprio essere assoluto appunto perché è possibile darne un predicato.
Dunque in questo breve  Zibaldone di aforismi , racconti, brevi ma succose poesie, com’è nello stile di Giampiero Neri,ci soccorre lo stesso nume indiscusso della poesia, Giacomo Leopardi,che scrive: 'la ricerca dell’infinito ( pur nel limite della contingenza quotidiana e memoriale di Neri) è un parto della nostra immaginazione, della nostra piccolezza a un tempo e della nostra superbia…un sogno, non una realtà'.
E allora il mite Giampiero vagando e divagando nei territori della sua amata Odissea, poi da Ovidio a Dante e, fine psicologo e sociologo dei sentimenti, osservatore acuto delle umane cose, ci porta nel suo mondo onirico, obliquo, dove nascono vegetali, animali ed umani di un’altra specie.
Ancora una volta la parte del poeta è dunque quella di una seria, accurata e minuziosa ricognizione del reale, un reportage dove linguaggio alto e linguaggio comune si fondono e si intersecano in quella cifra stilistica dell’essenziale che è tipica del Neri in una tensione continua di una grandiosa ricerca si supreme allegorie etiche e storiche. Storiche sia con la S maiuscola, ma ancor più con la storia minuscola degli umili.

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Anna Vincitorio - Poesia - Genesi Editrice

Il richiamo dell’acqua

La breve raccolta, venti testi in tutto, si presenta compatta e coesa come un lungo monologo, giocato sul filo della memoria. Quasi una nuova vita che si snoda e si srotola come un film al rovescio, con fermo immagine su fatti, amori, eventi che hanno intersecato la vita dell’autrice.
Ovviamente non c’è solo autobiografia, nel dettato poetico sono ben presenti gli interrogativi e gli umori e ardori che attraversano la vita di tutti.
Poesia dell’anima, ma anche e soprattutto della mente, che osserva, registra decritta e descrive.
Con poche sapienti pennellate la poetessa affresca giorni che furono sfolgoranti , altri più prosaici e, sotto sotto, si rammarica di trovarsi con gli stessi desideri e le stesse pulsioni, e d’altra parte sappiamo che , anche se il corpo invecchia, lo spirito mai. Ma si devono fare i conti con un paesaggio drasticamente mutato.
E’ il destino di tutti , il tempo passa e cancella ogni cosa, restano solo immagini sbiadite che, a tratti, riprendono vita e speranza. Qua e là fanno capolino ombre, fantasmi e angeli; quello che fu e la speranza che la vita possa ancora riservare qualche piacevole sorpresa.
“La tua casa // La tua casa / davanti il verde. / La speranza / ti è sfuggita di mano / Ti immagino, / sei lì pensoso / Hai nelle braccia / la tua vita / Non temere: / resterà il tuo sembiante, / rifiorirà il tuo seme / e sarà giorno di festa / nel ricordo.”
Come ben introduce Sandro Gros-Pietro, l’elemento acqua, tipico frutto lunare, aggiungo io, è il laboratorio della continua germinazione della vita, la purificazione dell’essere, la lustrazione del mondo.
Il mito è appena sfiorato, quasi un pretesto per giustificare la nostra fragilità e collegarla a padri e madri sempre pronti ad accoglierci da qualche parte, siano pure luoghi della mente, dell’anima o, più junghianamente, dell’inconscio profondo e quindi archetipo collettivo.
Insomma siamo davanti ad una sorta di breviario panteistico, con qualche svolazzo nel superno, e con tutti i capitoli in ordine: il tempo, l’infanzia, la nostalgia sensuale degli anni giovanili, l’amore e l’acre sapore del bilancio finale.
“Al limitare del giorno // Al limitare del giorno / quando scende opaco il silenzio / restano schegge di parole / non dette, pensate, forse / Ricompattate creano calore / Nasce un piccolo sole, / quello del ricordo / Lontano le ombre / nei meandri dell’acqua / che fu madre all’inizio / Il sipario è calato / Sopra, un tetto di stelle.”
E con questo finale, di sapore vagamente kantiano, si chiude questa ennesima buona prova di Anna Vincitorio che ancora una volta si dimostra raffinata e intrigante, e meritato è il premio ‘I Murazzi’ di Torino (2009) nella sua prima edizione.