I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.
Fricassea
In tempo di guerra ci si ritira
dentro maglioni strappati o capotti sdruciti…
se attraversi la città puoi deglutirne gli umori
per scendere fra i suoi ventricoli
sbronzi di solitudine, sfibrati dal dolore...
c’è un margine di parole, un confine
di simboli e luci, disorientate comete
rottami del vivere la civiltà mancata.
Lingue affilate, allenate
a lambire l’orifizio del potere
improvvisano sorrisi per addolcirti
il fiele che ti faranno ingoiare…
ma noi restiamo seduti sulla sponda del vento
dove ogni giorno i paladini della globalità
vomitano la loro furia con notiziari
di pace belligerante, per una guerra affidabile
per una strage remissibile …
L’artiglieria in livrea mangiava fricassea
nell’ospedale da campo l’attruppamento,
marcava lo scontento...
bluse, foulard, paltò, liseuse, plissé,
accanto allo stendardo con martingala e bandoliera,
divorato dal tempo, bivaccava sulla giostra il reggimento…
stoffe, sofà, peluche,
un comò accompagnato dalla sua abat-jour...
un filosofo, biografo, filantropo
un tipografo, patriota, dinamitardo
un burocrate, funzionario, galoppino...
un comunista, controrivoluzionario...
un garantista, enfant prodige miliardario
entraineuse in tournée...
limousine con roulotte e chauffeur...
questa è la piazza del secolo ventunesimo.
La distruzione leva l’ancora e riecheggia
giunge all’assalto dei nostri occhi
per ricucire di croci la nostra voce…
le sue ombre rimbombano prive di musica, traboccanti di lacrime,
dalle macerie guardiamo con occhi di ramarro
la traiettoria della mosca e la trappola del ragno,
…con passo ammaestrato d’elefanti marciano gli eserciti abbaglianti,
saliranno in cattedra con mani d’acciaio
e cuori di vulcano… (vedrete) non tarderanno i roghi dei sogni.
PaLa