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Raccolta di poesie di Sabatina Napolitano
[ LaRecherche.it ]

I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.

*

Poesie da Corsivo

Quaranta pagine bianche

 

Il racconto della notte forse è lungo.

Non voglio dormire più sola, non posso più farlo.

Ma non posso nemmeno svegliarlo

e attenderlo mi pesa ancora, non posso svegliarlo.

Anche questa notte grido.

Non è solo per gli oggetti della sua stanza da bambino,

forse lui non mi sente ora.

Voglio svegliarlo perché sono sveglia.

Chi scriverà il suo pigiama?

Chi scriverà la sua pelle e le ciglia

voglio chiamarlo ma non so quale voce ascolta di me.

Aspetta un segno dalla letteratura

come se non fossi sua e usa le pagine per parlarmi.

Vorrei che questa mia voce lo svegliasse

come il sole di primo mattino

e vorrei invocare non so quale magia

che possa dare a lui tutte le albe

passate a gridare come ora il riconoscimento

o la vita passate a gridare

la parte di me unita a dio ma lontana da tutti.

Quale incantesimo puoi farmi mentre dormi?

Prendi tutte le mie albe e svegliati anche stanotte grido.

Ti sto preparando quaranta pagine bianche

come anni vorrei che scrivessi per me ora.

 

*

 

Come nasce il desiderio

 

Mentre gridavo nella notte

ho visto dei poeti collegati a facebook.

Ma non posso parlare con nessuno tra poeti

non ci si scrive e sono sposata da dieci anni.

Il sesso con lui è il desiderio di una città che non è Roma.

Quando nella vita ti seguo.

Mi lascio baciare e desiderare

come un uomo innamorato nella città in cui insegni.

E non voglio essere toccata a Roma,

non voglio essere baciata, accarezzata e adorata

ascolto i tuoi baci come l’unica possibilità che mi tiene in vita,

ascolto i tuoi abbracci e i capelli bianchi e i peli e le caviglie.

Un corpo che non è una città ma il mondo e le università.

Poi nasce ancora il desiderio.

Come dopo una tragedia persa,

nasce il desiderio come un neonato piccolissimo

che tiene i pugni chiusi e chiede coccole dalla mia vagina;

nasce anche con lo sguardo di quando vuoi inquadrarmi

da scrittore e tenermi come un critico.

Ci sono troppe cose che devo fare in quaranta anni,

ma se non tieni la luce accesa non vedo nulla sono miope.

Nasce il desiderio: quando mi vuoi lo sento

come il nostro pane solo nostro

perché una forza taglia le ladre e ci protegge.

 

*

 

I posteri

 

Qualcuno bussa alla porta,

mentre parla le faccio cenno di zittire.

Forse è semplicemente la posta con dei nuovi libri.

Lei dice che dovrebbero arrivare anche i giochi dei bambini,

in ospedale è tutto pronto per il parto:

mi hanno preparato i palloncini.

Leggo dei libri sul saper fare bene la mamma,

mi tieni la mano, sorridi al tuo modo.

Spero abbiano i tuoi geni,

di me sicuramente hanno la poesia.

Ti faccio cenno di chiamare l’infermiera,

dovremmo preoccuparci di trovare qualcuno che afferra il senso.

In biblioteca potrei sentirmi subito meglio,

potrei non sentire più banalità

andiamo anche al cinema all’aperto,

portiamo i bambini, mi fido anche dei posteri.

Per fare questo però ho anche un programma settimanale:

di esercizi mentali che consistono in lunedì: curl, flessioni

martedì: tricipidi, squat mercoledì:

manubri, allungamento carponi giovedì:

alzate frontali, affondi venerdì: distensioni,

allungamenti sabato: manubri, piegamenti domenica:

sollevamento bacino, apertura gambe.

Brucio molte calorie a volte invece dei pesetti

uso i libri un po’ più voluminosi.

Segue lo stretching, il defaticamento e le buone abitudini.

 

*

 

Nomi propri di città

 

La prima volta che sono venuta qui

ero troppo delicata per considerarmi

già pronta all’amore di una città

che mi può portare via da me a poco a poco.

Sono più importanti le tue città che le mie

per esempio so che le mie domeniche cittadine

o i lunedì hanno una città che mi informa

che sono una donna,

una moglie responsabile intellettuale quanto basta.

Il pc digitalizza tutto il resto che è possibile:

intervengono insieme giornali, riviste,

amiche spocchiose come me,

interessate che la città sia nostra figlia,

che non abbia alcun tipo di problema.

La città è il posto per sfuggirti quando litighiamo,

è una scorciatoia per trovare i miei conforti,

entro in un bar, scrivo qualcosa,

mangio un dolce distrattamente.

Non posso avere un momento di infelicità perché mi insegui.

Voglio decidere qualcosa da sola.

Ma i tuoi sentimenti sono come questi lampioni

 corrono per le strade come appunti sulle mie agende;

mi domina il tuo sogno che trattengo comunque innocente.

Questa città non può vedermi tacere ma mi vedrà viva.

 

 

*

 

Italique

 

Wikipedia dice che corsivo si dice anche aldino

corsivo si dice anche italico

è uno stile di carattere c'è il tondo, il grassetto, il corsivo.

È usato nelle citazioni testuali

o per porre particolare enfasi

partono anche delle campagne per salvare il corsivo

e salvare la calligrafia.

Quando ci siamo incontrati la prima volta

si è firmato in Corsivo,

siamo andati a letto insieme

e dopo l'appuntamento ci siamo sposati.

Abbiamo fatto l'amore davanti a uno specchio

molto prima dell’inverno

il treno non era in ritardo

le luci dalle fenditure gli illuminavano i bottoni.

Mi sono professata una engagée

vivo nel suo potere.

Non amo le domande sul dolore,

non amo cercare notizie sulla tua biografia

non amo le poesie sugli appartamenti

né mi occupo di affitti;

non rimane niente del niente

ma ora che sono qui davanti a lui

ti racconto ciò che ho vissuto.

Mi sono avvicinata a te quasi come fossi un fratello:

ho cancellato le tracce indecise

e molto di ciò che è accaduto.

Ma non sei un fratello nemmeno una volta:

sei cose che posso sentire e intuire

ma che tacciono e se potessi per un breve

attimo non piangerei una sola volta.

 

 

*

 

Complicità

 

Anche oggi mi sembrano stiano per arrivare gli alieni,

auto-percezioni e slogan riempiono i nostri atti militanti

se così si possono definire le parentesi angoscianti.

Anche andare di dieci anni indietro

è come farti delle promesse contemporanee:

tu conosci qualche poeta, io qualche profezia.

Losanna mi piace molto.

Ho il profumo nuovo e il costume giallo.

Questo cielo è l’unica via di uscita

o forse l’anima o qualcosa col tuo ritmo

negli spazi come se non fossi mai un altro.

Sulla tua scrivania dei libri

che ieri ho stretto intorno le ginocchia,

sono tentata di rompere la tranquillità blu nel tuo petto.

Ricordo comunque che ieri danzavo nei tuoi istanti

solo per far tremare tutti gli altri

e riempire le tue tasche di ciò che conosci da poco

ma è nostro solo nostro.

Noi siamo scritti sui miei fianchi

anche quando mi stringi le labbra

e abbandoni culle e valigie, gesti e segni.

Amo le chiese a Losanna e Zurigo,

odio grettezza e prepotenza negli uomini

alle volte sono ricettiva, stanca

e ingenuamente commetto degli errori.

Poi mi ricordi che esiste sempre la nostra complicità.

Ci sono delle opere di Paolo Icaro

che fanno venire alla mente

la possibilità di trovare delle porte:

c’è qualcosa di unico nel superare le barriere

 del sapere la possibilità di dominare ogni gioco.

 

*

 

Conferenza

 

Alcune poesie non risultano interessati.

Alcuni leggono come statue illuminate

mi dico che non è niente.

Vorrei amare un uomo qualunque ma qui lo conoscono tutti,

ripasso l’idea del bene, del compromesso,

ma è questa vita del mio uomo qualunque

che scrive almanacchi, d’utopia e di filosofia

in apprezzate riviste e in siti senza piume.

È per questa vita del mio uomo qualunque

che parla di cinema e artisti davanti a tutti

che quasi quasi faccio fatica a riconoscerlo.

Dunque ripassiamo: voi siete solo i suoi soldati caduti,

lui sa perfettamente come auscultarmi,

contarmi i battiti, farmi felice e riconfinarmi.

Ognuno dice qualcosa: le luci sulla scrivania sono chiare,

negli intervalli ripasso il mio intervento.

I filosofi mi chiedono ossimori, iperboli, paradossi

come se io sapessi tratteggiare un avvenire

o come se dovessi introdurre l’ennesima retorica.

Il primo uomo seduto tra il pubblico si scuote la giacca,

aspetto il tuo sguardo invisibile come una firma.

In fondo c’è una ciurma di intellettuali politici

mentre tu organizzi un coro

sono obbligata a comportarmi da moglie,

per un momento ti assenti.

L’uomo seduto in prima fila

si è fatto avanti spunta dalla ciurma di intellettuali politici

sento che freme dalla voglia di domandarmi

qualcosa imprimendo una citazione

che avrà pensato appena sveglio

(di Heidegger, Foucault, Benjamin,

Arendt, Weil, De Beauvoir, Sartre, Badiou, Zirek?)

torni mi guardi come per dirmi di non sprecare troppo tempo,

torni e ti leggo la mente che dice Caravaggio, Matisse, Mirò, Klee, Goya…

 

*

 

Farfalla astuta

 

Mi nego per farlo vincere.

Le emozioni sono rovesciate e fragili,

queste finestre sono tutte banali.

Il suo sorriso vedete mi compone,

ad ogni blu che è la mia carne.

Perciò la realtà non è più divisa

e lui scrive di politica

e di come farsi animale togliendomi prima le calze,

poi le mutande prende spazio

per dirsi l’infanzia poi mi dice ora voglio la saliva,

ora voglio Duchamp, ora voglio il paradiso,

ma se sono sempre stata qui nelle mie scorciatoie,

sono sempre stata qui in questi incontri

con la leggerezza nascosta,

celata nel tuo diario disperato

quando purezza e profondità

mi rendono felice anche da sola

e tu cerchi di ingoiare

ogni privilegio ogni ipotesi di farfalla in me.

 

*

 

L’idiozia delle comunioni spirituali e artistiche

 

Si sono sommate troppe cose da lontano.

Ora sono a casa nostra,

ho incontrato al supermercato delle donne nomadi

parlavano spagnolo o polacco avevano la pelle bianchissima.

Io avevo tra le mani un portachiavi con una nocciola,

e ti aspettavo a casa nostra guidata da presenze popolari

che ti benedicevano e facevano saluti e spergiuri.

Casa nostra era non molto grande

ma c’era una aria leggera ascoltavi Lou Reed e Thurston Moore,

Noi ora non siamo situazioni,

non vogliamo più stare qui soli col mio e il tuo sangue:

è perfetto ora il tempo che lavora per noi

tutti ci conoscono nell’igiene del sangue

ci conoscono nelle isole dell’arte

mentre ti prendo per mano nei musei interiori ed esterni

che queste forme di ritratti, questi soldati, questi destini,

 questi incidenti, questi paesi deserti, questi battesimi,

queste mani sono impercettibili alla scienza.

Siamo qui seduti per non farci del male,

mi baci e mi dici che è il piano di dio,

dirti che ti appartengo

non lo fanno solo questi fogli lo dicono i bar e i pomeriggi caldi,

lo dicono gli aerei che grattano i cieli

e mentre alcuni fumano vicini

fai per allontanarmi:

crei ogni volta un altare nuovo per noi.

 

*

 

Porpora

 

Aprimi il vestito.

Marianne Moore ha scritto una poesia che parla di angeli.

Lei invece non scrive poesie sta seduta davanti a me,

dice che non sa nulla di cose invisibili,

non conosce molti poeti. Ma mi vuole bene.

È freddo fuori, gli alberi sfilano ascoltati.

Mi tocchi i piedi, poi quando mi abbracci

sono riassunta nell’antico.

Il paesaggio diffonde le sue notti per me illuminate.

La nebbia mi gonfia i capelli ma riempio caldo il tuo fiore

soprattutto quando seduto lasci che su di te parli dei vivi,

dei mari del Nord, di consonanti e antenati.

Ci sono cose che mi fanno sentire molto felice

che mi fanno sentire innamorata:

i messaggi privati sono i miei preferiti,

quelle sorprese che mi seducono durante il giorno.

Mi piacciono gli incontri,

il vuoto che riempi di sorrisi,

quando mi chiami e vuoi sapere come sto,

semplicemente quando scacci tutte le altre per me

quando mi riconosci e mi difendi davanti agli altri

che sembrano eventi naturali non per me,

per una come me che ha vissuto di scenate,

di allontanamenti, di tormenti,

che ha vissuto dei suoi momenti irrequieti

non per una come me a cui gli è pesata l’aria

e credeva di non potersi mai più affacciare all’amore

non per una come me che risponde alla luce con la luce

che resiste alla dimenticanza

che crede nella scienza e nell’imbecillità umana

che nonostante tutto crede a un dio primo

che possa apparecchiarle un uomo da non condividere,

un uomo a cui mandare le foto

da una casa con una piccola libreria:

due finestre da cui si vede l’acqua

il ricordo delle mie nonne quando mi sento giù

soprattutto quando non voglio saperne dei discorsi sull’eternità

non voglio che manchino all’appello

la naturalezza, la verità, la gradevolezza.

 

*

 

Venezia

 

Lasciare scorrere le cose vive.

A Venezia nessun morto mi ha parlato in sogno.

Non ci sono cose insensibili.

Concordo con dio per una sorpresa ogni giorno.

Concordo anche di farmi trovare i soldi esatti,

gli articoli buoni, il latte in frigo,

chiedo il consenso anche di scegliergli io ogni luce,

di accordarmi la sua cura e il sigillo

chiedo a dio anche di scacciare le altre

di tagliare i fatti ad ogni inizio,

di non farmi aspettare le reazioni dei giorni dopo.

Tu hai le chiavi dell’albergo,

insieme a piccole soluzioni su sfere di luci piene.

Incontro il mondo fuori che grida tragedie,

incontro una finestra di amori scartati dal mondo

di una eco così tanto forte da riportarmi alla carta. 

Siamo dediche nude di stagioni dimenticate:

entriamo in albergo e mi inventi le gambe,

il tempo è fuggito, invocato nel bagno.

Nello spazio i quasar, i pulsar.

Nei continenti che bruciano

bussano le linee verticali di titoli evocati.

Voglio vedere le maschere e le sale d’arte.

Portiamoci a fermare il segreto.

I continenti hanno mille cicatrici

nell’ultimo gradino di ogni scala.

Le navi ci fermano al punto che la parola

è una piccola sfida silenziosa.


Id: 68155 Data: 28/04/2023 13:00:10

*

Poesie da Nelle sue braccia

Anche stanotte non dormirò.

Devo creare una biografia al blog,

anche se in futuro spero di crearmi un sito.

Come è possibile che un vampiro abbia rovinato

la mia memoria, la mia storia?

Come è possibile che un essere umano

possa una crudeltà tanto forte?

Gli uomini hanno una natura crudele che viene dal male.

Sento di dover parlare della terra dei fuochi

perché devo fare una ecografia mammaria.

Mi sono resa conto di un nodulo

dopo aver pubblicato un selfie alla finestra.

I capelli formavano una ombra sul seno sinistro. E un tre.

Poi ho tagliato i capelli, così come passano i giorni anche qui,

dove ora vivo e dove è casa mia.

La memoria dell’i-phone

non contiene tutte le foto che passo sul pc con AirDrop.

Fortunatamente non era un nodulo ma una ghiandola,

ho un seno fibroghiandolare.

La prevenzione salva la vita, ed io sono ancora una miracolata.

Poi mi chiedono perché vado alla messa tutti i giorni.

 

 

 

 

Asciano sorge sulle rive del fiume Ombrone.

La chiesa di Sant’Agata risale all’XI secolo.

Si pensa che Raffaello insieme al Pinturicchio

abbiamo percorso la Lauretana fermandosi anche

alla chiesa di Pieve di sant’Ippolito risalente al IV-V secolo.

L’affresco della Madonna in Trono col Bambino

e i santi Pietro, Paolo, Ippolito e Cassiano

nasconde nella Madonna la mano di Pinturicchio

e sant’Ippolito con mantello e spada,

così giovane, così raffinato, somiglia

sorprendentemente a Raffaello.

Pinturicchio invitò Raffaello appena diciassettenne

a collaborare agli affreschi della libreria Piccolomini.

 

 

 

 

 

L’antico palazzo Corboli è un esempio di palatium medievale

fatto costruire dai senesi Bandinelli nel XIII secolo.

La Sala Aristotele e la Sala delle Stagioni sono originali.

Ci sono opere di pittori senesi che vanno dal XIII al XVII secolo

(Maestro dell’Osservanza, Ambrogio Lorenzetti,

Taddeo di Bartolo, Matteo di Giovanni, Rutilino Manetti,

Bernardino Mei, Francesco Nasini).

Nella sezione archeologica vi sono i corredi

delle necropoli etrusche

di Poggio Pinci e del Tumulo del Molinello

nonché la tomba della necropoli del Poggione col carro etrusco.

 

 

 

 

 

Ad Asciano passa un torrente, chiamato Bestina nella valle della Lama.

Ci sono dei mulini. Prima si chiamava Sciano, non Asciano.

Ci sono anche i mulini della Val di Merse.

C’è una associazione A.R.C.A

(Associazione ricerche culturali di Asciano)

che racconta la storia di Asciano

dal 714 passando per medioevo,

rinascimento, risorgimento, fino ai giorni nostri.

Ci sono tre fonti pubbliche: la fontana di Piazza del Grano,

la fonte della Mencia, e la fonte della Piana.

La fontana di Piazza del grano risale al 1470,

anno in cui iniziò ad essere costruita.

La fontana della Piana nei pressi della collegiata

oggi viene chiamata “pianella”.

La fontana di Piazza del Grano

è stata costruita da Antonio Ghini

grazie un credito che concesse la Repubblica di Siena.

 

 

 

 

Oggi è venuto il tecnico della fastweb.

Ho lavato a terra tre volte,

tra le altre cose (Briciola aveva vomitato sotto al letto).

Preparando il risotto ai funghi

ho seguito l’annuncio del premio Nobel ad Annie Ernaux.

L’avevo citata in Origami.

Vado al comune per risolvere la dichiarazione Tari

al ritorno trovo Briciola con la bustina dei dentastix

mentre ne smangiucchiava uno. Ne avrà mangiati tre.

Chiamo il veterinario di fiducia

mi dice di portare Briciola dal veterinario sul posto.

Il veterinario del paese è morto pochi mesi fa.

Per un giro di telefonate chiamo il figlio che mi tranquillizza

dicendo che qualsiasi cosa abbia Briciola

può venire lui a visitarla,

perché anche lui è veterinario come il padre.

 

 

 

Sentivo la puzza dell’aceto che avevo messo giù.

E sentivo che stavo cambiando, che mi stavi cambiando.

A riguardarmi mi trovavo gretta, inquieta,

come con un fardello incrollabile da portare.

Stare qui con te mi stava cambiando le cellule e la forma.

Potevo essere più delicata e calma e fine.

Anche perché a riguardarmi non mi trovavo.

Era una altra me quella.

Vengo da una terra martoriata che chiamano “Terra dei Fuochi”.

Dove ho vissuto si bruciano rifiuti chimici e tossici

nelle campagne tanto che è denominata

“triangolo della morte” la zona tra Acerra, Nola e Marigliano.

Si muore di tumore al seno, leucemie,

malformazioni dovute a questi scarichi di rifiuti

provenienti da tutta Italia che vengono smaltiti in Campania.

Nonostante il mio grido,

non basta l’azione delle procure e della polizia.

Lo Stato è totalmente assente

e di fatto la gente è lasciata a morire.

 

 

 

 

Dalla finestra della cucina vedo il campanile della Collegiata.

La torre campanaria è in blocchi di travertino

con mattoncini rossi.

All’interno c’è un meraviglioso dipinto di Francesco Vanni

raffigurante La Madonna in trono

tra i santi Sant’Agata e Bernardino.

E un affresco attribuito a il Sodoma o a Girolamo del Pacchia.

 

 

 

Mi piacerebbe anche avere un komboloi.

L’ultima volta che sono stata ad Atene

avevo circa quindicianni e comprai un komboloi con tanti nazar.

Non so che fine abbia fatto, ero legata.

Ci giocavo bene tra le dita quando ero ragazza.

Ne voglio uno. Va bene andiamo in Grecia quanto prima.

Non so cucinare lo yogurt greco né la pita.

Ma può darsi che mi insegni.

Insieme a tutti i piatti come la moussaká.

Deliziosa.

 

 

 

Domani vado all’anagrafe per cambiare residenza

ma prima avrei bisogno di stampare una foto

per la carta di identità digitale.

Da Google Maps su via Fiume c’è un editore.

A via Goffredo Mameli c’è il Museo Cassioli.

Vicino casa mia c’è la Torre della Mencia.

La Torre in mattoni ha una fonte alla base

con una fontanella in marmo

e una testa di Gorgone sul rubinetto.

C’è una stazione radio si chiama “Radio Epicentro”,

non devo perdere di vista le pagine della pro loco di Asciano,

dei giornali online di Siena e provincia.

E anche “Visit Crete Senesi”.

 

 

 

 

Quando ti stendevi sul divano

mi riusciva difficile resisterti.

Quindi ti accarezzavo, ti stringevo a me

aspettavo che tu dicessi qualcosa

e se non dicevi niente e ci baciavamo

poi mi abbandonavo alla passione e volevo non finisse mai.

Sei bellissimo quando ardi, sei buono.

Ero emozionata. Sono emozionata.

C’è una farfalla bianca che vedo ogni giorno,

non è sempre la stessa ma almeno una volta al giorno

vedo svolazzare una farfalla bianca.

Al Museo Cassioli la sala delle conferenze

ha le sedie bianche e nere come la copertina di questo libro.

Non vedo l’ora di vedere la copertina di “Parole e carte”.

 

 

 


Id: 68111 Data: 20/04/2023 15:07:34

*

Poesie da Scritto d’autunno

Ringrazio Giuliano Brenna per l'invito e pubblico i testi dal mio libro "Scritto d'autunno"

 

I poeti non avranno limiti


Sai dove iniziano le dediche e dove finiscono le parole,
da lontano anche le poesie passate sono molto simili.
Non hanno gambe e cosce e mani, né unghie
per desiderare di essere lette da te. Non hanno me.
Se da qualche parte ascolti delle mie parole,
non sono solo pervase di desiderio
ma sono doloranti, sincere, stanche.
Dopo aver letto diverse poesie come dal mare,
mi sale la stanchezza degli elementi,
per questo vorrei che il libro che ora leggi
non sapesse nulla
del riflesso della luce sulle pagine,
interrotto dalla tua penna,
mentre resti sospeso tra le labbra e la mia voce.
Come ti posso parlare dei miei denti se non li vedi
o magari dirti alcune parole sulle paure,
se non posso fartele sentire dagli occhi.
C’è forse da chiederlo a qualcuno in particolare,
vorrei passare qualche giorno senza pensare a nulla,
praticare il nulla,
concentrare su di te le mie difese, per abbandonarmi.

 

[...]

 

Ci è concesso il piacere e il dolore,
sta a noi scriverlo,
ho una lista interminabile di scarti
che ho già vissuto,
ogni giorno riprendo in mano il mio centro,
l’unico incontro che voglio scritto
sui miei fianchi è il tuo.
Nei silenzi che prima non gridavamo
per dormire,
ora qualcuno potrà dirmi come incontrarti
e fare il mio cuore rilassato,
mentre tu appari nelle tue parole,
pieno di tenerezza.

 

[...]

 

Più astratta, più astratta, più ironia
“le poesie si perdono”
 
Ho perso diverse poesie,
non credo che i poeti potranno mai guarire
dalla loro malattia. Non c’è bisogno di
molti soldi, per passare le prove per se stessi.
Le mie parole sono diventate con te, una cosa sola.
Intrecciami i capelli, ho una lista interminabile
di cose da ricordare, anche nei giorni freddi
ne hai lasciate tante quindi,
ma non hai lasciato me.
Custodiamo insieme
le tecniche del silenzio e dell’attesa,
a partire da oggi posso non scriverti,
come mi abitui all’evidente e agli inizi,
tornare in te per abbandonare me.
In passato ho chiesto tempo
per aggiustare le cose e trasformare la mancanza
ma ero troppo debole,
non mi abbandonavo mai.
Oggi mi abbandono ai miei migliori obbiettivi,
tu non percepisci più niente di te,
oggi elenchi cose non perfette
poi mi aspetti, inizi, mi raccogli.
 
[...]
 
Ora dovrò perdere diverso tempo
ad ammettere cinicamente la perdita, a masticarla.
Come capita una direzione:
pioverà ancora e quindi il mondo non cade sotto la pioggia.
È solo pioggia a piovere.
Sì c’è il pane sul tavolo, i piatti, le forchette
c’è tutto tranne il mare, e non manca.
Non voglio alcun ricordo della fortuna,
non esiste la fortuna.
La teoria è continua.
Più voluto significa forse, più voluto, caduto.
Ed è così che andrà queste poesie sono anni dopo.
Il rame lascia posto al bronzo.
Il luogo che mi vuole, mi desidera dal fianco
o semplicemente
mi desidera.
Andrò ma non sarò nuda.
Scrivi su un biglietto “vengo, ti bacio, non avere paura”.
Ho il giubbino chiaro, il profumo giusto, la sciarpa calda.
Insomma, sono pronta.
 
[...]
 
Insegnami ad aspettarti dietro le vene
su questo treno tutte le risposte sanno dirmi chi sono,
tremi quando un abito scollato
ti dice che puoi ancora stringermi.
Sei in anticipo da anni, queste persone mi domandano
di respirare, ancora posso scegliere il desiderio
tra il buio e la luce.
Credi che il desiderio possa aprire tutte le scale,
così come ogni luogo della terra,
poi mi guardi mentre leggo e una dedica
conosce ogni dolore nuovo.
 
[...]
 
Sei amante del giusto,
responsabile, ipnotico, sensitivo
aspetti di stringerti gli occhi allo specchio
di guardare prima dentro i tuoi,
profondamente, esasperato dai luoghi comuni,
dai termini comuni: e poi di guardare nei miei:
pieni di progetti, di attese e conquiste.
Quando ti guardi gli occhi allo specchio,
poi lasci il pensiero, d’improvviso ti capita l’amore.
Ho un elenco di editori, mi manchi come l’aria.
 
[...]
 
 
Estraneo al buio e alla luce,
alla notte e al mare,
il tuo corpo è la casa più silenziosa
da vivere da sola.
Io ti abito così bene,
così bene lascio che mi sposi
che conservi tu ogni piccola sfida,
quello che serve debolmente a un bacio più fresco,
al mio spazio più ingioiato, più protetto.
Lasciami incontrarti così:
sei vivo, questo è il tuo percorso con le parole.
Non voglio dire più futuro, mentre accadono le cose
perché parli poco ma mi salvi, è più utile dire destino.
Cerco per questo, una sola parola che,
ci colmi di dolcezza.
Come una tua parola d’eco,
il tuo destino si libera nel mio;
libero tu e libera io
fino a quando mi scrivi di cancellare ogni nome
che non esiste amore scartato,
perché è finita ogni tragedia,
e tu compari accaduto nei giorni:
non è il destino del cielo o dello stomaco,
della carta o della parola,
è il destino di essere umani e tu
sei l’uomo più innamorato senza colpe nello sguardo.
Il tuo sguardo si allunga su di me giorno dopo giorno,
non posso che riempire il deserto di te.
 
[...]
 
 
Siamo andati a visitare in un week end una città
che nemmeno tu avevi mai visitato prima,
ho in mano un foglio con la lista della spesa
e una mia foto che mi ricorda chi sono,
mi sembra a volte di dimenticare il mento,
le emozioni, se non me le ricordi tu.
Invece nei giorni pessimi fino all’orlo,
metto un profumo alla vaniglia
che non ti piace, preferisci quello alle primule
nel frattempo dobbiamo comprare
i bicchieri di plastica, una nuova agenda
di evocazioni poetiche, un test di gravidanza.
 
 
 
 

Id: 58438 Data: 06/05/2020 16:29:20