I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.
TACCOSULL’ASFALTO
(già“Ode a Piazza Navona”)
Un tacco sull’ asfalto.
Cammino accelerando,
prima un battito poi un ritmo
seguo un percorso e tiro dritto.
Son sonnambulo sul filo spinato
non dormo non veglio ma mi hanno destato
le spine di una città che non sapevo
avesse un fremito che pur temevo.
E prosegue, ora è un tacco vacillante
attratto da un violino e da una chiromante
che declama verità e bugie
per guadagnare il pane a lei e le zie;
arriva un giocoliere che s’improvvisa mago
e mi sfiora col pericolo del fuoco in mano,
ma io non cado, c’è tanto da esplorare
e il San Pietrin ripaga l’arduo andare.
La luce delle sei che volge all’imbrunire
ha ancora un po’ di tempo prima di sparire
e gli ocra dei palazzi e il bel celeste cielo
mi abbagliano di sprazzi di nuvole e sereno.
Vociare di stranieri e di bimbi impazienti
di sfoggio di nozioni di occasionali sapienti
si addossan sullo sguardo eternamente muto
dell’ultimo dei marmi che tutto ha già veduto.
Sol pochi lo colgon nella sua vera bellezza
dialogandovi alla pari, con una tavolozza.
Con bravura ostentata o discreto successo
fan uso di matite, colori e gesso
mettendo in mostra con moderazione
i frutti della lor soddisfazione.
Ora accecati dal faro di un lampione
si dileguano nelcanto di un umile barbone;
solo i miei passi torno a sentire,
suono di un basso lento da scandire.
Finchè il silenzio cala, il tacco sull’asfalto d’improvvisoè fermo.
E come in un teatro, il lampione, spento.
7 Marzo 2011.Francesca
(Le) Ispirazioni
Stan sugli spigoli come pulviscoli di polvere in attesa di un verdetto,
in balia di un attimo da cui dipende il proprio tetto;
Abbagli mentali che voglion essere inseguiti,
giocano a nascondersi, per non essere percepiti,
e ogni tanto li vedi riapparire,
in una pressione che ti incalza a proseguire;
Son cantilene di maree che ondeggian senza sosta,
per divenir trombe d’aria che sbattono alla porta,
arroganti, con la pretesa di uscire irrefrenabili,
ma come piume che scendono dall’alto, son sempre inafferrabili;
Son pesci che zampillano sul limite dell’acqua,
a combatter con qualcuno che gli dà la caccia,
e come loro sospesi dentro e fuori
così esse, ad ansimar respiro appresso a degli umori;
Son bolle d’acqua che spariscon a uno schioccar di dita,
son ali di farfalla, delicatezza in gioco con la vita:
han vita breve, non duran più di un giorno,
e lì le devi far volare, senza aspettar invano un loro ritorno.
Francesca Pardini