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Steso all’ombra del fico e preda del delirio
In qualche strano modo qualche strana parola
Ritorceva Agostino, fuoco e aurora
Del nuovo Dio, del celeste convivio.
(“Che non porti più frutti in eterno”
Di quel ramo secco nodoso
Di quel ramo sterile e peccaminoso
Disse il Maestro: e fu foglia d’inferno).
Divina venne d’angelo, pura voce dal cielo,
Come squillo di gaudio ch’echeggia tutt’intorno:
Verdi promesse per l’aere sereno
Ampio fragrando illumina il suo giorno.
Te, come piana libera
Distesa uguale e limpida,
O Mar Mediterraneo,
Come congerie vivida
D’azzurro t’imita il figlio tuo caro.
E quando sorge a oriente
Il sole, re dei cieli,
E il flutto appena sente
E l’onda è crespa sotto ambrati veli.
E quando a mezzogiorno
Impera la canicola,
La vita ferma intorno,
E raminga felicita
Librata a raso una creatura l’aria.
(E il mare si confonde
con il cielo, con l’orizzonte l’onde).
Tu, sotto il manto aurato
All’ora che declina
Mandi il flutto speziato
D’acre malinconia,
Se, scosto un sasso, mi riporti a prima.
Te, a notte ammiro obliato
L’ombra in terra, sull’onda
Se scende, del passato
Dell’attimo fuggente
Di tante avite stelle
Immemore.