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Raccolta di poesie di Caterina Silvia Fiore
[ LaRecherche.it ]

I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.

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Parco del Valentino

PARCO DEL VALENTINO

Ricordo quando a sei anni mi portavi al parco del Valentino
tra foglie morte e chiazze d’autunno affannate
guidavo quell’ automobilina gialla...
e silenziosamente e fatalmente andavo
le piccole mani strette sul volante
lasciando sul terriccio le impronte di me già adulta
e più pedalavo più forgiavo
quella quotidianità che mi avrebbe regalato
abbracci arrendevoli e spine nascoste.
Oggi vorrei sentirti ridere ancora
a interrompere quei silenzi che ci univano allora
e cerco tra i miei battiti la vita che
spietatamente ti sei presa.

Caterina Silvia Fiore - tdr

*

Disarticolata

DISARTICOLATA

 

Ero lì

dove non ero nata

dove non avevo perso niente

in un’idea astratta che

mi voleva di qua

ma io ero consumata

nelle strade e tra la gente

ero smangiata

anche il mio cervello e

il mio cuore e

l’intestino

non erano al posto giusto

e non approdavo al bere e

intimamente non indugiavo

nell’estasi nutriente

perché gli organi tra loro

parlavano idiomi diversi

scollegàti come me

che un lungo passo ho atteso

poi sei arrivato tu

dall’altra parte della vita

uomo solo

carne aliena oltre confine

con lingue diverse hai parlato

e le mie galere hai aperto.

Ancora non sai quanto ti amo

e quanto la foschia si disfa

nell’ascolto attento dei miei sogni

utopie impallidite

come scarti abbandonati ora tornano

e nell’inconsistenza del vento

o nella frivolezza di un’onda furente io

ti avvinghierò alle mie ossa ferite, per sempre.

 

 

*

Nelle onde il divenire

Traduco lingue per menti allargate

attorno all’acqua fratricida

confortando il rigetto di anime già morte.

I cuori sono ormai spenti

e la noia ferisce là dove non deve

bambini senza versar lacrime piangono

e madri con corone sulle spalle nude

ripercorrono con la mente

l’’ultimo viaggio del disincanto.

Sbarcheranno solo ombre

e negli occhi avranno ancora il loro domani.

*

L’Assoluzione

Credo che il giorno in cui finirò di tormentarmi

spingendo la lama

dentro trame di carne ormai antica

indosserò per te padre mio

le mie labbra dai contorni perfetti

sbavati un tempo da rossetti

calcati da mani pesanti.

Verrò sulla tua pietra e danzerò

sino a sentire il sibilo del vento che

attraverserà, libere, le mie arterie

calcificate di te e tuttavia

chiedendo perdono

senza sapere (e mai lo saprò)

di quale colpa fui da te marchiata.