La riva del disamore cresce se non si costruisce il coraggio che unisce le due rive. Sul lungomare di Torre la luce incrocia l’ombra tra ciottoli sconnessi increspata fino al mare. Chiunque tu sia non parlarmi con parole oscure. Non c’è vita sulla terra solo uniformità senza stagioni mentre il treno corre sempre più veloce e la notte attraversa il giorno come la luce dall'alto in verticale. In altro luogo il foglio si schiude erompe la parola chiunque tu sia in questo alfabeto lascia una traccia nella quale riconoscersi.
FAUST: Ma quella chi è? MEFISTOFELE: Quella è Lilith FAUST: Chi? MEFISTOFELE: La prima moglie di Adamo
Chiamarsi Lilith dentro un rigo finchè si radica il silenzio tra i diluvi . Così ciottoli amari scuoiano le bore con la caparbia del vulcano sulle alture. Entra nel passato rimani in volo dettato lineare corpo a corpo strofa venata di morte, metafora di vuoto. In mezzo alle conifere, sera dopo sera traspare il vento dentro una lanterna. Lilith ricorda ancora il suo potere.
Non basta il mattino a restituirci il cielo. L’alba e gli alberi colmi di distanza non definiscono il nuovo giorno ancora . Ecco, l’ennesima tragedia del mare , un altro stupro a Roma le piccole odissee di ogni giorno e le porte dei caffè aperte . Solo un velo l’Etna oracolare mentre si muore così la luce che ora brilla tra odori e radici sembra un dono nella sua bellezza strana.
Id: 45337 Data: 27/11/2017 08:32:13
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Mi perdono
Me ne sto in ascolto coi colori di Novembre a sbirciare tra i riflessi del mare ma l’aria a forma di me diviene attesa . Le cose che esistono - mi dico- hanno valore le sconfitte gli abissi la vita che succede. Ogni cosa come un corpo nudo nel giorno che si chiude fino in fondo al suo finire e noi in questa intermittenza di confine per nascita a camminare in volo. Niente dura per la vita -mi dicesti- con rauca voce ma con tutta la grazia della fede che sostiene . Così da allora non ho bisogno di capire. Mi perdono.
Id: 45292 Data: 24/11/2017 16:07:52
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Qualcosa che conta
Solo gocce di pioggia .
L’onda rifrange i segni convincenti dell’alba,
riflessi di noi nell'acqua e la fonte di luce
che si riversa sul mare.
Come fendente fra le carte
ci afferra il cerchio del giorno e della notte,
oscillano le cose, ombra e chiarore .
Ci serve un orizzonte al sorgere del sole
a ogni tramonto , nella tua voce di pioggia
mentre soffia tra i germogli un dono
perfino nel silenzio tra le crepe
qualcosa che conta
visto che niente dura senza amore.
Id: 45049 Data: 12/11/2017 07:40:34
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La voce di Cassandra
Scopro dalla finestra incendiarsi il sole e l’orizzonte.
Ecco l’attimo per ritrovare sulle labbra le mie ali
brivido della vita intera vicina al sangue come approdo
senza sapere di chi sia la pelle e quella voce .
Ecco porta via le nubi questo vento
nel riverbero dell’aria tutto intorno
dove finisce il tempo e il destino tutto ridotto in schegge.
Anche la voce di Cassandra si è spezzata
le manca il fiato.
Non c’è più nulla da insegnare e se ne sta in piedi alla finestra.
Id: 44820 Data: 28/10/2017 15:01:36
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quel suono che ci tiene in vita
Scroscia a mezz’aria la foglia come un respiro soffocato a soli pochi centimetri dal petto ridotto tutto in schegge sul selciato . Diviene istante dai tanti volti ma crolla nelle cose di ogni giorno in caduta libera fino a incendiarsi nell’angolo fuori dal recinto. Ah, potesse vibrare dal profondo quel suono che ci tiene in vita come fluido di territudine ignaro delle catastrofi ma memore delle sue radici al vento.
Odori di caprifoglio dentro suoni come respiri in cieli lontani
tengono a perdifiato il mio esistere
in un unico mare di pienezza
dove si frange il volo della memoria e corre incontro
alla primavera che goccia sul colore delle foglie
oltre l’archetipo come il vento di un dio presente.
Id: 43458 Data: 11/07/2017 14:13:27
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la terra è un grumo
Scrivo versi di cenere senza incipit o chiuse con il sapore amaro di cardi e un addio su cigli di tombini. Echi all'orizzonte svenano nel mare bisbiglia nella memoria un bianco vasto lambito da un’idea imperiosa scheggia erosa dal vulcano nel fondo della valle cosi il sangue delle cose diviene un grumo accanto a coefore mute. Ecco. Alfabeti esiliati inchiodano invocazioni di sepolti e lamenti di morte ora la terra è un grumo che recide i roveti grandi mentre un biancospino nella molteplicità delle ferite di questo strano inverno coglie suoni di tuberose
Id: 43419 Data: 07/07/2017 07:01:35
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Sulle nostre bocche
Sulle nostre bocche fiorisce il deserto. Ma c’è un confine in tutto E il dentro compiuto Senza didascalie o schieramenti di cui porta il nome Non coniuga idee solo frammenti a mille A volte un pampino ci può sfiorare Nel mezzo della notte Disseminare sulla battigia sassi levigati Inseguire fantasmi di nereidi Ma non sapremo mai quanto durerà. Sulle nostre bocche fiorisce l’attesa. Recide l’aria densa di aromi Inchiodati alle narici su improvvisi fili di pioggia Seme come prova di memoria salvifica Ma c’è lo sgomento di essere vivi. Sulle nostre bocche fiorisce la polvere. A volte puntella l’ombra E quando ormai non resterà più nulla Si sciuperà la vita stessa su tutta la terra E così che agisce la luce Eppure in un punto convergente Nulla accadrà mai invano
Inchiodato al cielo lo scirocco geme, vortica alla marina , invade i cortili, recide l’aria , corre nei vicoli socchiuso tra le auto ferme e non c’è fragore di vetri infranti nel silenzio del pomeriggio invernale colmo di respiro là dove nasce e si spegne .Ma il vento nel silenzio penetra gli alberi, ondula sulle abrasioni dei muri ,tra gli intonaci rossi delle case mentre il fragore del treno stride verso il nulla anche se la terra a poco a poco fa vibrare i teneri trifogli. E intanto la pioggia infuria e assale un coro di voci antiche tra gli sterpi nella dura luce del restare acuminato e del nostro umano passare nel ritmo della risacca. Ora le sillabe crollano sull'acqua dei tombini crepitando sopra le verdi cime i cardi, i nidi i rami spogli. Eppure sui monti di roccia dura fiorisce il mondo.
Se per tutto c’è termine e il fiume scava le nostre vie di ombre tronche perché sostare senza perdono? Fingersi veri senza simmetria mentre cresce nella ferita questa lama disumana che soffocando inganna , tiene svegli , mentre fredda alita la sera tra le vigne , le pietre e i ruderi di fronte …Ma in un punto invisibile la luce della luna si spande , trova luogo dentro i contorni delle cose , sulla soglia che lambisce un’altra forma umana fino al mare come una forza che mentre nasce muore. Questo autunno indifeso tra i contrasti dei colori di Mondrian Muore prima dell’alba con il ritmo di brume invernali Mentre si fa nero il cielo e più lontano cadono le foglie. Ma non è questo il punto Si muore restando in piedi con il coraggio di un acrobata cretese Anche se in agguato il reale assedia il nostro andare
Adagiarsi sul corpo della terra Lasciarsi attraversare da tutte le stagioni Essere acqua dentro e fuori Scandire il ritmo al limite del silenzio Offrirsi in pasto al vuoto cambiare luogo Purchè tu viva Essere imminenza nella notte Suono inarticolato riflesso di morte Deserto eroso dai dubbi inevasi Germoglio e fango dietro il recinto di lava Purché tu viva Essere ceneri spente di agonia A partire dalla notte essere ponte Tra dettagli di ortiche essere sasso Foglia salda ai rami sangue tra le radici Sul bordo nelle fessure di miserie oltre quel muro fluire con le mani alle tempie Purchè si resti umani
Lento nel passo e vuoto nel tuo nome Solo il silenzio Sbaraglia la rugiada del mattino Il vento soffia e contro il vento La lotta si fa dura ai bordi in verticale Sopra ogni ostacolo In questo luogo senza luogo Ecco Vergine dei sussurri Nel silenzio di carne nuda Resisti al vento Dovunque in un luogo qualsiasi Vigile mi sorprendi con un grido Imploso sulla nuca E la diffidenza di un’assenza Prima di andare via
Un occhio disteso nella rapidità Della memoria E in ogni rivolo si riannodano Quei fili erosi dalle parole Nel sogno smarrito Impenetrabile ma mai incenerito In questo scavare nel taglio di confine Disarmata da un riverbero Socchiuso in mezzo al guado Tangibile con ogni gesto un levigato Agosto Cade sopra i detriti Ma i segni sfaldano l’aria intorno Rapidi nel volo sguardi infranti Di mancanze ripetute nella realtà Su fili prudenti composti tra le dita Ormai chiuse a custodia del sangue Cancelleremo parole Che la memoria non sa più evitare
Esplodono bisbigli nella notte. In un guizzo le parole roride di vuoto Fluiscono nelle galassie e sfiorano Trasparenze e rifrazioni di altri cieli Brandelli in attesa senza ricompensa Nutrono questa ricerca di mani Nell’incresparsi dentro le parole Foglie cadute a riempire oscurità Scrutano il mare Nel vento forse c’è un riparo Ai suoni spezzati Come nel deserto che avanza La vibrazione del resistere
Raggi innaturali sfavillano sui tetti. Non riconosco questo potere cieco di aria inchiodata sulle tempie che goccia a goccia pietrifica l’attesa. Lo spazio risuona senza fiato tangibile come l’urlo che mi tiene ad ogni ora o la mia carne che brucia ad ogni stagione. Questa fine di maggio senza sole come certe cose iniziano e non hanno fine libere al vento è crollo di sogni che nascono e si spengono tra le rovine. Mi manca il mare e prendo atto del tempo che mi resta da percorrere nella vita che mi è data vivere. Silenzio e perdita in questa primavera abbandonata tra le tue braccia che affiorano sulle mie spalle mute.
Lasciami parlare del mare e dei suoi abissi si fa luce nelle sue trasparenze come i ricordi o ciò che manca -vedi -resta questa gola insabbiata un foro dentro il petto con sterpaglie in tutte le stagioni. Lasciami parlare della notte quando si raggruma sulle tempie e sul tuo nome allora mi rischiari e resti dentro questa carne strappando l’ombra e la distanza che avvicina il cielo. Lasciami il tuo coraggio arato sulle labbra custodisce e abbraccia i confini del mare come la memoria che resta e si trasmuta .
Mi sento un autunno dalle radici appese. Lasciatemi da sola col mio dolore non fatemi domande che prolunghino tanto orrore…. Non voglio ricordare quelle orrende mani vorrei pensare già al domani. Ma l’incubo ritorna Il mio urlo lontano Il silenzio della notte piombo nei miei passi hai sognato cercheranno di farti credere Ma un mistero dentro tanta solitudine le mie mani sudicie carezzano pietre freddo pianto dentro si unisce al vento lo dilegua. Il fango del possesso la forza bruta offendono l’anima. Lasciatemi il respiro... E’ sapore amaro quello che rimane Incubi alienanti le mie notti insonni. Non mi arrenderò. Indosserò nuove ali e ricomincerò a volare. Lasciatemi il respiro….
Di qui la luce percuote glicini a stormo e molteplici suoni dissonanti modellati dal mare. Di qui esplodono gerani in verticale… Non lascia scampo alle tempeste la ruvidezza di sguardi che affiora a tratti sul coraggio di tanti. Così si ridisegnano distanze [ omissioni calcolate?] fino al margine della coscienza dove sconfina questa terra forse più vera oltre quel vento . Credimi non è resa ma un passo necessario per ritrovarsi interi. Da ogni ferita a un certo punto della nostra vita da ogni crepa si percorre ferocemente la vita ma non si muore. *** Ecco lo stesso legame nella memoria di braccia chiuse in alchimia di frantumi e vertigine di grumi. Eppure uno spartito infrangibile di spazio percorre tempie dietro brezze di vagiti, docili alla fede prima del richiamo. *** Alberi foglie vento in un abbraccio straripano ancora dai giorni stampati a sangue sul tuo petto con labbra che ritmano il mondo anche se Inascoltato il buio inarca zolle di gesti estremi. Avanzare è anche soffrire se a decifrare desideri non resta che la fuga nelle turbolenze del domani. *** Quanta fatica a ricomporre il macero segreto anche se il punto fermo insidia il dono e oggi amare è la crepa sui muri che screpola la terra. Tu vuoi questo cardine sconnesso taglio di carne impresso nelle carni? Vedi Siamo sempre acqua e terra in rivoli tra ciottoli, flussi di luce e ombra nel disordine inafferrabile. Nel moto siamo respiri di memoria e silenzio, impronta di pienezza o perfezione in ostaggio al mare lontananza in cielo lingue di fuoco svenate all’orizzonte. Ma non c’è compimento Tutto ancora qui avanza nel vortice di flussi convergenti Intanto serpi invadono tombini così sciupiamo la vita e questa terra, [e noi cosa saremo…] Vedi C’è ancora luce in cima ai colli tra rugiada e foglie. Siamo alberi anche noi flussi di di linfa e venature che il tempo attraversa come all’inizio radici e semi in attesa di frutti, volute di colori tra le ciglia finchè il cadere da qui diviene soglia.
«(di più falso non c’è nulla che il voler dire il vero) è vero questo approssimarsi. è vero che a qualcosa, sempre, noi ci approssimiamo» Giuliano Mesa
Io ti invoco . Ti invoco e ti chiamo, anima. Una lieve ombra ti lascia affiorare sulla carne prima del mattino , dentro una foglia che non ha più voce. Ecco: cielo e terra esistono. Loro voce è la stessa evidenza. Così esisti nei rovi affilati dal libeccio in moto contrario a vele tese nell’ora incerta che precorre il giorno, quando a detergere gli inferni un sole ostile posa su nembi di cenere. Tu esisti nei dossi del deserto ostinato che ci coglie, nei frantumi di filari dentro la radura quando la morte intera reclina a immaginarci ancora vivi. Tu esisti quando affondano le navi tra le onde riflesse in ogni gradazione screziate di barlumi come artigli tra fessure. Accade di ritrovarti nuda ai piedi della terra come impronta nello scorrere dei tuoi umori, e se io piango come al capezzale di mia madre è perchè nulla vi ho potuto trovare dove tu non fossi. Se ti invoco è perchè niente di ciò che vede il giorno svanirà per sempre e finchè tu esisti si può ancora approdare alla profonda spiaggia dove il rumore tace.
Il tempo trascorso e il tempo rimanente ci attraversano in un albero tra una foglia e l’altra. Negli interstizi una luce nasce e muore. Così nel respiro del vento si racchiude il segreto: ha il timbro del sangue che ci scorre, il chiarore dell’alba sulla bocca mentre sinuoso il cielo diviene seme in una foglia.
Gridi di luce nella gola arida reclamano labbra e occhi da scavare. Lembi del passato scrutano fino a farmi male, orizzontalmente si macerano veglie come calice di un veleno che non promette scampo. Acini di alfabeti dispersi si flettono dentro le venature delle mie gote sempre più sottili… Ma le tempie del mare balenano mia madre in dissolvenza, i tratti del suo viso l’ancora della sua fermezza su margine in frantumi di silenzi. Ecco. Assaporo il pane caldo delle mie mestizie.
[alieno il cielo si dilata “com'avesse l'inferno a gran dispitto"]
Estinguersi dischiudendo lo spazio
incamminarsi e non riconoscersi
nei mille volti come semi sparsi
tra palpebre in fuga
[ in questo universo che frastorna ]
mi fa linea di profilo in ombra
*
nel silenzio di chi veglia stilla il mare
l'alba trapela fioccando alfabeti
[da dove diavolo viene quel canto]
*
non si può rinunciare al respiro primigenio
mai dimenticato
ma siamo corpi facili a perderci nelle nebbie
albe mitrate su fondali che non disperdono
mai la notte [ci sta a guardare]
[e non c'è niente di finto nel dolore]
siamo schegge in ostaggio alla marea
anime in trincea spaginate nel quotidiano strepito
e tra cenere e terra
fermenti di Settembre in agonia
ma dalle ceneri non rinunciare
per un qualche futuro
al respiro da cui prendere respiro
[scavare e dare voce all'ombra salva dall'oblio la luce]
tra alberi attoniti e muti l'autunno mi coglie
[in volo]
ma la terra polverosa [ senza indulgenza]
ne dilegua l'ombra
senza indulgenza
incamminarsi in autunno
graffiando
scie di silenzi migranti
è scoprirsi già inverno
dietro lo stormire fioco
che cresce a caso nelle vie
incamminarsi dietro appartenenze
mancate
[mi fa diventare acqua piovana ]
nel fragore mi scopre inciampi di radici
mura scrollate e semine sfiatate
di foglie stecchite
ma sui rami testardi ancora il vento
incide il suo fiato stanco
*
crescimi dentro in verità
scavalca la sete
di quello che non so
ma respirami
con l'autunno che verrà
[nel brulichio di un germoglio]
e anche adesso ai colpi di vento
passo dopo passo
travalica il silenzio che a tratti
sfiora la notte che mi nutre
maria allo
Id: 27683 Data: 29/09/2014 09:52:39
*
L’angelo che ci cammina accanto
Al termine del viaggio
come trasparenti gocce
saremo custodi del vagare
in gesti cadenzati sulla sponda
di questo inabissarci
appartiene a tutti e a nessuno
e sul ciglio del supremo traguardo
riconosceremo nel silenzio
orme e suoni
dell'angelo che ci cammina accanto
maria allo
Id: 25486 Data: 30/04/2014 15:56:58
*
sarebbe così facile
sarebbe così facile
lasciarsi trascinare dal vento fino allo cima nel grembo di cieli senza peso
*che tu non sempre puoi toccare
cibarsi di bacche stranite cercarti in tutte le notti dispersa – aperta a tutte le visioni ma brandelli- agonie stagnanti puntano alla ragione del sangue rivoli di rime crocifisse barlumi di voci a radere la pelle * supina non scendo a patti
* sarebbe così facile piangere come al capezzale di tua madre ma in cima agli alberi imperfette rime a rendere ragione del sangue * a perdifiato
maria allo
Id: 20026 Data: 16/04/2013 17:02:53
*
lembi di coraggio
lembi di coraggio più fragili di passi nella notte percorrono il viale di ogni creatura siamo soli nell’enigma che sostiene sulle spalle il peso di un cerchio di luce siamo soli tagliati fuori da protervie inaudite in piena bufera sradichiamo ritorni nel cadere siamo sussurri scrutiamo il mare nel fragore di chi ascolta fino in fondo * nel dormiveglia un sms registrerà forse di noi come lampo l’ombra
Maria Allo
Id: 18983 Data: 02/02/2013 07:02:59
*
rumori
rumori alle prime luci dell’alba giorni frenetici scorrono la vita ritorna * sapessi nel vento questo rumore che fa sentire le cose rumore del vivere luce dischiusa nei cerchi infranti dei frammenti dell’universo ragione della vastità a prescindere da una distanza che ci separa questo rumore parla d’amore luce sulle tenebre. * niente di ciò che vede il giorno svanirà per sempre un pò del nostro sangue fluirà nei filamenti di tutte le carni * rumori madidi di parole scritte nel silenzio sapori di terra e di vento già lontani radono lenti il nostro cammino
Maria Allo
Id: 18943 Data: 30/01/2013 13:22:11
*
fragmenta
un appuntito domandarsi
su piedi lubrificati non scansa la morte ma trattiene la vita la trattiene docile in catene erba alle calcagna e labirinti sopra il prato * alberi di latta inferriate in attesa luce silenzio odore di caffelatte non rimarginano le ferite una voce di den tro tace non ha ali e non ci somiglia percorre futili giorni rasente alla nostra pelle negli incavi del cuore credo si tratti del giorno in uno spazio di autunno * pioggia sparsa di dolore e noi in pasto al mistero come cenere * un lampo negli occhi nella pelle nel sangue srotola semi di attesa confine di vento che offusca sconfitte su erranze e assenze come genesi respinta su radici di quercia dove fluisce la parola che traduce gocce fra due luci * bisbigli di corvi a sera * un andare e ritornare non sigilla occhi e viso ma riporta nello stesso luogo un chiamare per fuggire è solo scudo per occhi recidere recidere dentro anche il respiro aprirsi aprirsi verso dentro verso fuori cecità nella luce di silenzio follia nel delirio che ingerga la parola di unisono * reale e non reale tutto include * non esiste verità apre le sue chiuse apre le sue rovine di integrità in un momento ascolta il rumore di sangue che stilla oltre l’orizzonte sogni ombre voli di occhi svanire nel gelo vuoto cigola sui cardini del Nulla sorsate di sabbia gridi di gabbiani al tramonto sul fianco di un colle sopra ogni mutamento salpano col moto alterno delle onde ticchettio tregue brandelli di giorno su pelli strappate al mondo risuonano nell’incavo della mano come di perdita futuro sparso * non c’è sollievo ci curva un peso di tempeste vivere sul ciglio della strada ci silenzia una mancanza di luce eppure il cielo imperla tutti i mari ma non sfiora voli qui dentro non schiude corpi la fuori solo pezzi di memoria solo parole deformate inganno di vocali forse per non soffrire mai solo sguardi di avversità per timore di uccidere epifanie in dissolvenza un cigolio ci incatena le tempie * non parlo di ieri o di domani
* un lampo negli occhi nella pelle nel sangue ad ogni passo nasco per una foce che non esiste ferita attraverso l’ombra di una condanna a tratti parole si frangono in silenzi fino a vene profonde e mai così nude la verità si sperde dentro i tuoi occhi sguardo di sale volto di pietra scavato nel buio di terra straniera * alle soglie dell’autunno * si inseguono ombre azzurre e un po’ di sera come sogno errante di sparviero affila questo mio tempo di meridiane scalfite assenza compressa volto di pietra sangue che stilla un’attesa silenzio che diviene acqua come marea nuda la pioggia molteplice si arrende alla sabbia ‘* brucia tristezze un incenso effimero e non lascia tracce di ore di giorni annodate al respiro di cenere muta detriti solo detriti di occhi assenti asserragliati e non presenti ti rinnego e trafiggo parole ma le proteggo con tanto fiato in gola nel silenzio che mantiene in ginocchio le parole accecando stupori e redenzioni * intanto tu distorci le palpebre al cielo in cambio di una gola arida chnon esiste verità apre le sue chiuse apre le sue rovine di integrità in un momento ascolto il rumore del tuo sangue che stilla oltre l’orizzonte sogni ombre voli nei tuoi occhi svanisco nel gelo vuoto cigola sui cardini del Nulla lancia strali e silenzi di pietra derubi la luna per un demone a cui non sfuggirai * aguzzino di te stesso e non poeta * pelle e verbo dentro una luna d’amaranto trasportano più in fondo oltre la morte me pazza balbuziente e straniera belva selvatica senza superbia acqua fuoco terra simile alla mia terra e non sono se non l’altro
Maria Allo
Id: 18924 Data: 29/01/2013 07:05:54
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anche dopo le parole...
tetti bianchi come la nostra anima
cigolano silenzi non sapevo di essere dentro in un punto affilato del glicine
prima di fiorire * sul crinale la casa di pietre nude il cancello arrugginito i vicoli di pietrisco la luce bianca sul tronco un vento sulla nuca il pianoforte muto polvere sul ripiano
senza sfiorare la ringhiera non so se sparire o restare * nubi da ogni parte la parola rimbalza al tempo giusto pietra anoressica brandelli di fori nemici di foglie si levano in alto schegge di carni anche dopo le parole