I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.
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La Guerra
La notte scende di minuto in minuto per la scala che s’allontana dal giorno. Mamma mi stringe come le tenebre gelide avvolgono Baghdad. Un fischio. Spariscono per sempre i miei vicini. Un altro. L’altalena con cui gioco la domenica si fonde in un incendio tuonante. Aeroplanini di carta sopra di noi che lasciano polvere decidono del domani. Del Nostro domani. Macchine stritolatrici, guidate da uomini-robot, cancellano la campana che avevo disegnato sull’asfalto. Il loro lento e triste ritmo ha il suono della morte. Uomini, irrobustiti dalla Tecnica, ci chiamano a raccolta. Non guardo quegli automi senz’anima ma fisso negli occhi velati, gelidi Omar, un mio compagno di scuola che l’anima l’aveva. Riverso sulla strada sbriciolata ricopre col suo sangue la campana che avevo disegnato. Non capirò mai, Omar, qual’era la tua colpa. Né riesco a vedere, Omar, bandiere di pace dietro questi cieli di fuoco. Non posso comprendere, amico mio, nemmeno le “buone” intenzioni degli uomini-macchina. La culla della vita, Omar, trabocca di morte. La mezzaluna fertile affronta la sua carestia. Solo di una cosa sono certa, Omar: non sarò mai più bambina.
Id: 35728 Data: 14/01/2016 01:26:04
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LIndustria
Alzati. E’ ora di andare. Prendi il tram e trapassa la città che trema alla brina del primo mattino. Cammina, con gli occhi rossi ed assonnati, mentre il freddo ti taglia a pezzettini le dita callose ed inerti. Deserti di cemento ti circondano e ti guardano i casermoni abbandonati, ti dicono “Ferma!” ma è troppo tardi. Eccola. Immobile. La fabbrica che ti fissa. Le ciminiere rigurgitano fiumi di fumi nel cielo, tra le nuvole impolverate, incatramate dei sospiri affaticati e di sudore. Mettiti al lavoro ancora con la Macchina, che tiranneggia sui tuoi tempi senza darti tregua né soddisfazione alcuna. Troneggia tranciando sbarre di ferro fuso incandescente. Lo sai. L’Inferno brucia e ristagna di vapori metallici. Trangugia quel saporaccio chimico e terribile e fa’ tutto questo per pochi spiccioli ma bada! Trattieni le tue proteste! Poiché senza preavviso, domani potresti non aver da mangiare né la solita fuliggine né un pezzo di pane.
Id: 35727 Data: 14/01/2016 01:23:24
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Il Consumo
Nel mondo di materia l’animo si dissolve e l’arteria della vita stessa avvizzisce e più non nutre Lo sguardo si spegne e muore ridotto a guardare sbarrato le cose che gli han fatto desiderare ma che mai ha amato. E amare, e l’amore, dov’è? Non c’è nemmeno dolore in un mondo di materia senza colore. Muore ogni sentimento nell’uomo qualunque, ovunque scontento. E non sento le grida umane e le gesta vane, e belle dell’umanità, inerte e disfatta. Stanca è la gente nelle industrie che strozzano, strangolano spiriti non più liberi, incatenati dal bisogno. Consumiamo noi stessi illuminati non più dalla Ragione ma accecati dal lume della televisione. Sotto la pioggia non aspettiamo più l’arcobaleno… Osceno è questo spettacolo, eppur lo tolleriamo. Abbiamo velato con la necessità un intero mondo di cose inutili.
Id: 35715 Data: 13/01/2016 10:57:38
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Sala dAttesa
Siamo tutti qui ammassati in una vita rumorosa dove parole vuote echeggiano cadendo nel niente, dove parlano gli scheletri ma non gli spiriti. Crediamo tutti, convinti pure, di plasmare noi la vita ma purtroppo io vedo un’intera triste umanità seduta in una sala d’attesa, inconscia di ciò che aspetta sulla soglia della fine. Poi un toc toc alla porta, leggero precede l’orrendo infermiere dalla divisa nera e scura che a sé ci chiama uno per uno. Chi gli sorride, chi lo maledice chi stupefatto, chi rassegnato lasciamo il posticino caro ed un altro lo prende. Mi domando allora chi si nasconda dietro la porta, chi è che manda il temuto infermiere solo per, felice dell’attesa conclusa, poterlo abbracciare piangendo e stringerlo, gridando: “Padre!”
Id: 35714 Data: 13/01/2016 10:56:00
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Geta, lamento #SaveAshrafFayadh
Fratello, è davvero così? Amare chi ti è vicino, onestamente, ti fa odiare ancora di più? Non so, non capisco... Roma non vale il tuo delitto, ignora la politica, distrutta deve essere e scongiurata se divide i figli e li uccide. Non sarebbe un qualche miracolo fratello mio, mia carne, se mai più, dico, dovessimo indossare armature arrugginite e brandire armi insanguinate? Se riscuotessimo gloria eterna superando i nemici senza il bisogno dell’estinzione non sarebbe un onore più grande? Vivere senza rimpianti, liberi da governi terreni e lotte di potere nella pace serena e solidale di una riscoperta umanità... Ma tu che hai la spada, fratello, bagnata del mio (nostro!) sangue non vorrai capirlo per molto tempo e così i tuoi sudditi, così gli umani. Dunque, Caracalla, continua pure ma non gridare “Geta!”, il mio nome, quando affonderai in un lago rosso purpureo ricoperto delle viscere sprecate del tuo popolo, i Romani.
Id: 35701 Data: 12/01/2016 19:41:59
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LEpoca del Terrore
Grida alla nuova invasione l’Europa dei muri, si levano le preghiere dell’occidente che vede spaventato alle sue porte eserciti senza armi o bandiere, fiumi disperati di uomini. Risorti Savonarola incitano le masse, profetizzando rovina dai pulpiti di partito mentre l’oriente gronda sangue come ai tempi tristi in cui civiltà per prima importammo e poi democrazia. Delle ferite sono state aperte allora rammendate con poca cura le abbandonammo alla cancrena. Di che vi stupite dunque? La mezzaluna fertile poco a poco divorata diviene sterile sotto le bombe e l’iprite impietosa e nella culla della vita antica nulla nasce se non l’odio futuro. Il moderno Rinascimento è finito con tutti i buoni propositi, amici, morti a Kobane e a Misurata, battaglie nascoste dall’indifferenza. Nella carne degli innocenti è scolpita con la morte la nostra grande colpa, sappiate, con la sua giusta sentenza.
Id: 35700 Data: 12/01/2016 19:38:24
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Ad unAmante
Ti copri d’un buio velo, cara madre che vacilli violentata da mani potenti. Usa quella brava bandiera per proteggerti dal gelo che trascina la sera, magari asciugati quella lacrimuccia che scivola sul volto tumefatto e consolati col ricordo di figli come foglie in autunno caduti presso le radici raggrinzite di un tronco ora monco. Fossi io il tuo amante non risparmierei una carezza per la tua bellezza sfiorita. Bacerei quel volto deluso e stanco, assaporando il soave sapore dell’alloro antico. In tanti t’hanno sedotta, ingannata con fatue promesse e ogni volta ci credevi. Canterei a te una nenia per farti riaddormentare in visioni gloriose e promesse di conquiste a cui la tua gente costringevi: tutto per soddisfare i bisogni di uomini che troppo volevano senza saper sognare. Caddero intere città e battaglioni tra i tuoi verdi seni, come colli, nelle tue valli, voluttuose. Ma faremo sempre questo per te, Italia, madre umiliata e vorace amante assetata di sangue, mai di rose.
Id: 35689 Data: 12/01/2016 12:11:14
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La Nostra Guerra
A Kobane giacciono gli eroi eppure nessuno di voi si rende conto che le sorti umane si sono decise a Kobane.
Id: 35676 Data: 11/01/2016 11:25:32
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Gennaio, uno scrittore
Era gennaio e lo scrittore sedeva al banco dei suoi pensieri e con l’intelletto si perdeva tra volti finti e tra volti veri. Non sapeva più trovare l’ispirazione, si sentiva povero e mal ridotto poiché non trovava più l’emozione per scrivere tutto di botto. E pensava e pensava, lontano se n’andava con inquieti desideri come vele e il cuore ardente di lava bruciava e tingeva di sangue le tele. Stupide domande l’assillavano… “Perché scrivo, cosa professo” ma alla risposta non arrivavano: cioè ch’era solo per se stesso. Era per non abbandonarsi alla noia, per non limitare il viaggio interiore, era per trovare ovunque gioia, ma soprattutto per vivere con ardore. Attenti ai poeti, così v’avverto, anime incerte, spiriti maledetti, che mai nulla danno per certo. Come fossero senzatetti, vagano tra le vie del mondo e girano, girano, girano, perché quegl’occhi da vagabondo tanto e troppo guardano e ammirano. Così è gennaio, mia amata, quante cose, quanta vita d’affrontare, e tu fermo mi farai restare di contro a quest’insolita mareggiata: mia madre se ne va dal vecchio stato della Curia, si trasferisce dal povero Nanni e almeno lontan da me, in Liguria, resteranno a far danni. E lei, signorina, farà diciott’anni… dunque si dovrà ballare in suo onore, un brindisi, vestiti d’eleganza, sorridenti e festosi in ogni colore e con te mi getterò nella danza. Signorina, che gran festa che sarà! Ridendo, mangiando ed infinitamente godendo (e se farà ciò con Vinz, sappia, m’offendo) entreremo nella maggiore età. Ora sarà lei a scrivere la sua biografia, tolta la degna penna ai suoi genitori, subito con me lei verrà via dentro al mondo con tutti gli onori. E amori, odori, viaggi e tempeste oh quante ne vedremo insieme terre lontane, magnifiche, opulente feste movendoci più veloci di una trireme. Mi perdoni, son troppo frettoloso, c’è tempo per ogni cosa, per sfamarmi con te (sai che son goloso) presso la tua candida rosa, per far altro e altro tanto ancora, per un bacio vero, per uno a stampo, per lasciarci andare di ora in ora in questo fiume, quello del tempo.
Id: 35675 Data: 11/01/2016 11:20:53
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LAbruzzo
Mare. Il mare è il più bel ricordo che porto dentro me. Il suo è un nome gentile ma allo stesso tempo imperiale, un nome che non passa indifferente come quello di un oceano: Adriatico. E c'è chi gli vive accanto, chi naviga ogni giorno sulle sue acque e torna la sera alla propria casa per ripartire la mattina presto. Sono gli uomini che hanno il mare dentro. Oltre le sue lievi onde grigie e blu una coperta di verdi colline si posa, riscalda e avvolge l'Abruzzo. Ma le colline vogliono di più vogliono toccare il cielo celeste... Così si slanciano come cavalli in una corsa affannata verso le nuvole e arrancano e si scavalcano e s'impennano lottano l'una con l'altra accalcandosi. Eppure, da una guerra così spietata nascono i frutti più belli: le montagne. Montagne maestose, rifugio dei ribelli. "Qui abitò Celestino V" vanta una "Qui combatterono i partigiani" risponde l'altra. E così i monti, le colline e il mare si raccontano o grandi storie o magnifiche bellezze.
Id: 35674 Data: 11/01/2016 11:05:28
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Un Monotono Caos
Vorrei sfiorare una nuvola solo per poter dire se esiste. Dirlo a te e capiremo forse solo allora che c'è qualcosa di reale su questa spietata terra di illusioni. Ho vissuto solo di profumo e odori, cieco in un mondo grigio. Decisi io di chiudere gli occhi quando compresi la vera natura di questa gente dal volto uguale, che urla in un monotono caos di invidie e complimenti. Prima smisi di parlare, una volta capito che nessuno ascoltava. Smisi poi di udire quando l'inutilità del rumore umano invase anche i miei pochi sogni. Infine non volli più vedere, poiché ebbi paura: paura di scoprire che, anche io, ero come tutti. Dimmi. Come si fugge da questo gioco spietato? Non ce la faccio. Non riesco ad arrendermi alla solitudine degli uomini, a questa morte nera che avanza nello spirito delle persone. Vorrei volare allora, e lasciare la terra in cerca di risposte tra il sole e la luna. Sarebbe terribile, non trovi?, se alla fine di questo clamore non ve ne fosse alcuna.
Id: 35673 Data: 11/01/2016 00:04:24
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