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Raccolta di poesie di Marco Ribani
[ LaRecherche.it ]

I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.

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Nel cavo della mia mano

nel cavo della mia mano tengo tutto cio' che la guerra mi ha lasciato
un pezzetto di benda un grumo di sangue e una zolla di terra
eppure alcuni gridano vittoria mentre a fatica emergo dal mio sonno
come vorrei stringermi alla carne dei miei amati
fanno ancora l'amore i miei fantasmi fanno ancora l'amore
ma nel mio corpo è stato tutto un gran frugare rubare scassinare
forzare brutalmente i miei confini rompere finestre e le mie dolci aperture
qualcuno lascio' persino una moneta prima di spegnere la candela
ma io sono una donna dagli occhi senza fine
e vedo l'inganno della mente che occulta il vero
freme l'acqua canta l'albero il sole mi possiede e mi addolcisce
mi addolcisce
MR

Id: 37530 Data: 28/04/2016 15:56:53

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Assenza


sei entrata nella cavità dell’ assenza con la prepotenza del seme
e mi hai riempito con gocce di saliva ed acquasanta.Ora sparisci
lasciando vuoti lancinanti ma non smetti di apparire e io ti attendo
poichè soltanto dalle tue parole tutto si trasforma in realtà.

Id: 37243 Data: 08/04/2016 11:29:01

*

Qui : poemetto di Marco Ribani



Qui

Prologo

dove se ne sono andati tutti
che non posso nemmeno gridare
che dalla bocca escono farfalle e libellule
che annunciano la mia morte in forma di totale assenza
che esplodono le guerre e le tempeste che lacerano la pelle delle madri
dal velluto della prima rosea pelle al marcire nauseabondo del fluido che fluisce
alle radici delle rose
Vedi
Mi dice
C’è una rosa per ogni ora del giorno



Il nero involucro della notte. Ripiega.
Nei cieli l’aurora incendia l’attimo del’ultimo sogno.
Appare lo scheletro bellissimo dell’ inesorabile giorno.
La luce stana infine i corpi degli invasi dalla follia del sangue
Viene un silenzio inciso nella pietra che annuncia il varcare di una soglia
Cieli di nubi e polveri e sterpi. Spettri di imprese a lungo tentate.



Ma il giorno quando sorge è il dio supremo
e generoso dona il suo vigore ai vecchi e stanchi rami
alle radici esauste
ai vasi costretti alle cortecce malate e decomposte
Come le amo
Come profumano per me di deliziosa ambra
Come è possibile che tu non pianga quando respiri?
Non ti fa male il cuore quando fa giorno?
E poi
non è forse il mattino di ogni giorno
che ci restituisce e ci rinnova
incoscienti e sani e innocenti?
E poi
Come le foglie
un grande bisogno di luce
che ci alimenti e trasformi
Oh! Metamorfosi attese e quotidiane
Quali simbiosi o simiglianze e osmosi
come non essere sposi fra tante radici e foglie e fiori?



e ogni mattina aprire la finestra e sentire il densissimo canto degli uccelli,
per poi accorgersi un giorno che anche gli alberi cantano e ridono
e sorridi perchè comprendi che lo sapevi da sempre
e ascoltavi la tua tristissima gioia salire dalle tue periferie
come una linfa abitare i luoghi delle tue perfette inesistenze
Ora sai che è solo a loro che puoi dire di quel comune fremere
di pelle e foglie di quel cangiante canto che ci ostiniamo a chiamare vento



Qui le albe sono azzurre bianche e umide
Alle cinque gli uccelli tutti vanno e tornano
la civetta rientra dal turno di notte
e saluta con il suo sibilo perfetto
Nell’acqua c’è una luce simile a quella di una stella
perfino quando è già mattina
perché i pozzi confondono il giorno con la notte
sommersi nell’umida penombra.
come noi attendono un scintillio soltanto
che ci mantenga vivi anche per sbaglio



Viene ogni notte l’uccello nerissmo con il suo volo
soffice e silente entra nei vapori metamorfici del fiume
e ne esce sotto forma di cespuglio bianco e fiorito
Canta la storia delle sue radici scandita dai cori
delle raganelle secondo il ritmo del ballo del richiamo.
Certe notti le acque si gonfiano fin su su al limite delle strade
come se il fiume insonne si rigirasse nel suo letto.
Manca una stella
e gli arcani invecchiati vagano cianciando
di un universo che non é più quello di una volta.



Si avvicina un giorno di foschie azzurrissime
e il tuo occhio chiaro è la cosa più bella
Medito sui nomi
entro in una pozzanghera di visi senza solchi
Qualcuno insiste nello stringermi la mano
Dimmi solo quello che mi disorienta gli dico
Dammi una cantilena nella mente per dormire all’aperto
Fa che ci sia acqua per tutti quelli che come noi vanno per deserti
per tutti quelli che sono morti come sono vissuti
senza domanda alcuna



gli uomini dovrebbero abitare con la discrezione dei fiori e allora sarebbe bellezza
e le anime certamente somiglierebbero a gocce d’acqua colorata sui petali tutti.
Saprebbero, uomini e animali, qual’ era il turno del canto e quello del silenzio
quindi non dire nulla, cerca solo di ascoltare ed essere



alla fine il vento vinse la sua battaglia serale
e la foglia cadde. Con la tremenda e irripetibile
lievità di foglia. Ma quella sera ella fu un viso
con le piccole rughe sulla fronte, gli zigomi ben alti;
La cicatrice lievissima dalla guancia all’orecchio
rieccheggiava la fatica lunga per essere ascoltati.
Il padre che era li seduto all’improvviso
disse guardando verso l’infinito:
Vedi solo la magnolia é una sposa perenne
resiste al tempo e al vento e non è nuda mai
T’incanta con il miracolo dei fiori
che hanno pelle da accarezzare
e profumo per inebriare



La civetta bianca torna dai suoi voli proficui e silenziosi
con un’ala tumefatta
si sistema le piume delle vesti perchè vuole volare
oltre la pagina
Un grande cammello azzurro riposa
sulla cenere pallida
Nella famiglia dei lupi si contano le assenze



il sangue ?

Che ne faremo di questo sangue uscito da un grido
cosi’ acuto da incrinare il ghiaccio sottile come vetro
Le fontane e le rose sono secche
come le vecchie donne nelle case
I vermi si sfregano le mani nelle pance dei caimani



mio dolce amore
non sono forse bianche piume di tutti gli icari sperduti
quei fiocchi di neve che vengono a tarda primavera
sui prati dei veggenti innamorati?



E’ inverno ora
E’ un inverno di nebbia e di ignoranza di dio
di che cos’è l’esperienza interiore dell’essenza
Quale è la mia



Nebbia fitta
contiene rumori
cancelli cardini uccelli
strumenti a corda e martelli
colpi che si rispondono
colpi e tonfi ma forse è bestiame
qualcuno canta come a bocca chiusa
o forse è il brontolio rassegnato di una mandria
sento le bocche mangiare a dozzine o forse centinaia
il respiro i respiri il ritmo di milioni di migliaia di mandibole e mascelle.
Quindi sono vivo



Indosso una nuvola ogni notte e parto.
Solo io mi dico addio solo io mi do il benvenuto.
Volo per sentirmi libera non perché ho paura.
Ritorno dal desiderio non dal fallimento
Prima di nascere pensavo di essere una massa liquida
Magica e abbondante.
Di avere dormito a lungo. Di avere vissuto a lungo
La mia costanza è il mare e la mia bussola è la tempesta
Che non indugia nè rallenta, semplicemente accade
e non mi abbandona



L’inverno poteva nevicarmi per tutta l’ estensione delle vene
la pazienza era in me come una cenere ancor tiepida
in tavola il pane era come se sapesse che era festa
e i miei occhi attendevano un refolo di vento
che sollevasse ancora la gonna di mia zia
Con la mano sinistra sapevo girare il miele della mia tasca
e avevo negli occhi un ambiguo filo d’ambra
Una lingua di garbino delle nostre paludi portava
una non detta voglia di partire



Camminavamo insieme sulla fantasia
di un isola risvegliata
e il primo sole col suo amorevole calore
veniva ad asciugare
i nostri umidissimi e ripetuti
amori vagabondi
sempre nasceva una rosa là dove
avevamo goduto
e io con le mani buie insisto
ancora a cercarla
ma quando la vedo vicina ecco che lei s’impallidisce
sfuma e poi svanisce



dove sono gli occhi degli anni?
stamattina mi sono svegliato e ho pensato per un istante che la stanza fosse in fiore
poi una cellula in fiamme poi una cosa che muta vestito con grandi abiti trasparenti
il soffitto è parte del collo ma dov’è ho pensato
la testa dell’anno in questo anno?
Dove sono gli occhi degli anni?
Resteremo umani?
Rallenteremo?
E di quanto?



Ma queste vite che aspirano solo a essere vissute
non sono forse più sacre?
Non sono forse i sensi i segni di un’ incrollabile fede?
invece ti rimane lo spazio per un insensato acutissimo grido
in questa città dove nessun ramo d’albero ti bussa alla finestra



Ho colpa se mi abbandono a questi momenti di pace?
In quanti ritagli marginali di città ci sono anime
e corpi abbandonati sotto il cielo
e tu possiedi una viva e preziosa solitudine
Ah! come è dolce navigare in questo cielo in questa serai
dove nei voli non c’è paura alcuna
poichè si ha diritto d’approdare nelle arie calme
quando si migra verso un altro tempo in cui non siamo esclusi
in cui esistiamo con la dolcezza ed il sapore del sentirsi vivi



Epilogo

Oggi celebro il mio matrimonio col silenzio e il mondo tutto si tace
Fibrilla il ronzio del contatore dei nati e dei morti.
Libero un grido che conservavo cucito nella gola
e mi lascio fare come un vecchio cucciolo animale

Id: 37173 Data: 04/04/2016 06:10:39

*

Canto Generale luna quinta e sesta


V
Luna piena

La luna questa notte è un enorme occhio aperto
per vigilare sul passaggio degli umani.
La tenebra è un manto di cobalto che nasconde
la misera ricchezza delle cose ;
La guarda un ragazzo che questa notte fugge.
Lascia la casa .Esce. Tracima. Con l’entusiasmo del torrente
lascia la casa
Calpesta. Sprofonda. Emerge. Nel fianco instabile della montagna intrisa
Calpesta. Sprofonda. Emerge
Si ferma guarda il fluire di paesaggi e nubi di acque e fuochi
e poi all’improvviso li vede fuggire
nubi di acque e fuochi
laggiù nella valle un fluido denso e vivo di legno carne ed escrementi .
Sale l’ odore di marcio del giorno.
legno e carne ed escrementi
Salgono le voci di esseri viventi immersi in una fertilissima miseria .
Gomitoli di un unico filo.
Immersi in una fertilissima miseria
Sale un odore acre di uomini sconfitti e taciturni .
Eppure il filo dell’esistenza li fa sembrare perle
uomini sconfitti e taciturni
Il ragazzo sente la povertà del sogno che porta nelle tasche.
Sente che deve formulare una grande domanda
la povertà del sogno
Si ferma e con gli occhi innocenti rivolge una domanda muta alla luna
con gli occhi innocenti
Ma non accade nulla. Solo la luce inesorabile del giorno
comincia a cancellare la notte
Ma non accade nulla
Il ragazzo teme che la luna non gli indicherà alcunchè
nel buio sprofondo della notte
nel buio sprofondo
Allora vattene dice offeso alla luna, ma lei finalmente risponde
finalmente risponde
Aspetta aspetta figlio mio – Dice la luna -. Prendi questa vita questa.
Che è tua.
Prendi questa vita questa.
Cerca il luogo dove le madri nutrono i figli con il latte delle stelle
con il latte delle stelle
giunge il sole ; Mettiti in cammino e canta. Che sia un canto
Che sia un canto
che chiama la terra che chiama la madre
che chiama noi fratelli che chiama il fuoco che chiama il fiato
che chiami la terra la madre i fratelli il fuoco il fiato
Non sa che che quel canto aprirà una larga e fertile ferita
nello splendore della miseria
Non sa

VI
Luna piena
La luna questa notte è una domanda di grazia per i condannati
Torturatori e torturati. Ladri e derubati. Schiavi e padroni. Cattivi e buoni.
La guardano tutti
E la luna finalmente risponde. Dice che i territori nemici non esistono
e che il mantello dell’egoismo
il mantello dell’egoismo
è troppo corto per proteggere l’umanità e che non c’è
abbastanza luce per illuminare criminali e innocenti
non c’è abbastanza luce
per illuminare i chimici, i professori, i divulgatori di veleni.
Tutti con i loro camici bianchi
i divulgatori di veleni
Sulle porte permangono le civette inchiodate
con i chiodi sottilissimi della paura
le civette inchiodate
Uomini che si credono tiratori scelti sono in realtà il bersaglio
sono in realtà il bersaglio
ingranaggi del tempo meccanico che macina le vite dimenticate
in un mondo in rovina
le vite dimenticate
Le donne sono in pasto alle piaghe e partoriscono
uova gigantesche ad ogni rivoluzione astrale
Le donne sono in pasto alle piaghe
nessuna verità risiede in questa terra
eppure tutti sorprende uno sgomento muto
ma nell’universo ormai tutto ride
e dal riflesso della grande sorella scende
una nuova linfa per gli insorti
Si faccia allora avanti chi sa fare il fuoco
Si faccia allora avanti chi sa crescere il grano
Si faccia allora avanti chi sa come si ottiene la farina
Si faccia allora avanti chi sa lievitare l’impasto magico e vitale
E con il fuoco il pane. E con il fuoco il pane . E con il fuoco il pane
Cominciamo da qui


Id: 37161 Data: 03/04/2016 10:21:13

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Canto Generale Luna terza e quarta

III
Luna piena
La luna è una donna che lava i panni nella via lattea.
Le sue cose sono cosi misere che ha vergogna
di mostrarle alla luce del giorno.
Non si accorge ma comincia a cantare.
E solo i più acuti sulla terra sanno
che quel che sembra uno stormire di foglie
sulle cime più alte degli alberi è in realtà un canto
La guarda una donna che ascolta
il respiro prepotente dell’ uomo accanto a sé
il respiro prepotente dell’ uomo
e si fa la domanda se è poi giusto
che la morte non sia prestabilita. Non sia un incantesimo.
Non sia un incantesimo
Non sia come un nero sipario
che si chiude alla fine del secondo tempo.
Un nero sipario che si chiude
Un grande grido che spacca il cielo
e reca poi un un silenzio fulminante
Dunque ! E’ tutta qui la vita?
Cosa speravano allora quelli che una volta vivevano?
E’ tutta qui la vita?
O madre sono così stanca. Di tutte queste coste rotte.
Di tutto questo morire e rinascere
O madre sono così stanca.
Di tutta questa muta sete che ho patito.
Di tutta questa rossa fame nel ventre che ho sentito
questa muta sete questa rossa fame
E se nasco ogni alba è solo per le mie sorelle.
Per le tue figlie immobili a patire.
Per le tue figlie immobili a patire
Ma stanotte il vento si è introdotto nella stanza
e mi ha portata un canto spigoloso di voci e pietre
il vento si è introdotto nella stanza
Un canto da mugolare a bocca chiusa.
E a ogni pausa di respiro una spinta. Un parto di dolore.
Non sa ma incomincia a cantare.




IV
Luna piena
La Luna si disvela come il volto di una ragazza misteriosa e azzurra
Dice di essere la mente liberata dalla morte ed è di questo che riluce
La guarda un vecchio che ha un canto cucito nella gola col filo della solitudine
un canto cucito nella gola
Sa che tutto è già stato fatto. Che tutto è già stato cantato.
Che tutti gli strumenti hanno suonato.
Che tutto è già stato cantato
E tuttavia sa che anche questa ultima notte cosi ‘ lieve
va ricevuta con un canto
questa ultima notte cosi lieve
teme la morte l’ esclusione dal canto generale
che la vita si trasformi in un’attesa
l’esclusione dal canto generale
Si potrebbe intanto – dice- cercare tra le parole più antiche
quelle liberate dalla morte
cercare tra le parole più antiche
Si potrebbe – dice- gettare tutto
nel magico paiolo astutissimo del caos
nel magico paiolo astutissimo
Si potrebbe – dice – alimentare il fuoco
col respiro e poi lasciare decantare
alimentare il fuoco col respiro
Forse allora una voce nascerebbe dal paiolo
e ordinerebbe : Canta !
Mangia !
Direbbe perchè è il tuo canto che ti nutre e ti rende senza morte
Non sa ma incomincia a cantare
Non sa che il canto è un eco profondissimo . Non sa che il canto è muto
e finalmente i cieli sono vuoti

Id: 37158 Data: 03/04/2016 00:07:28

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Canto Generale


I
Luna piena
è una strana domanda fatta agli alberi
che cantano al vento sulla sommità delle colline
una strana domanda fatta agli alberi
migliaia di domande ardono sottoterra
preparano l’eruzione già fremono già si scuotono
migliaia di domande ardono
già trovano i crateri stanno per venire allo scoperto
con fuochi di genti perdute che a noi si segnalano
con fuochi di genti perdute
infine sgorgano le mani lanciano domande
si ricordano i nomi dei perseguitati gli smembrati insepolti
si ricordano i nomi
nessuna arma nessuna ingiuria nulla
Nulla
Vengono nuvole di un tempo amaro. Vengono.
Un tempo amaro.
Viene

II
Luna piena
Luna piena è un viso di donna
con un fazzoletto rosso sui capelli
I suoi occhi sono finestre verso l’altro mondo
la bocca è una ferita antichissima
La guarda
una bambina, da ore, attraverso un pertugio
e gli occhi sono cosi stanchi che non vedono
e gli occhi sono così stanchi
ma la bambina non trattiene il sogno
lo lascia andare così per innocente libertà
non trattiene il sogno
e nella notte chiusa in un ventre materno si domanda
se il vento non venga da un luogo di dolore
se il vento non venga da un luogo di dolore
con quel suo lamento che s’infila sotto le porte
e s’intrufola acutissimo tra i vetri delle finestre.
lamento che s’infila sotto le porte
Il vento gentilmente comprende
Lascia che gelo e nuvole formino il regale inverno
Il vento gentilmente comprende
Persino gli umani staranno alle regole
in questo tempo duro e salato eppur
così veloce da sembrare breve
questo tempo duro e salato
non sa che il vento reca in sé il fiato della folla dei morti
e che il cielo è una densità di cenere e miele
il fiato della folla dei morti

Id: 37156 Data: 02/04/2016 17:51:56