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Aspettando l’alba
Voglio vedere l’alba
Di questa mattina
L’alba di un agosto,
per me che vado a letto tardi,
e tardi mi sveglio,
l’alba mi trova sognante
ed incapace di visitarla,
nella mia vita ho visto
molti più vesperi,
l’inverno ne è pieno,
ma oggi la luna,
calante verso la scomparsa,
c’era già prima del tramonto,
pochi giorni fa
essa era piena alta nel cielo,
che illuminava le acque del porto,
poco dopo il calar del sole,
chissà se ci sarà,
domani alle lodi,
all’alba che ora attendo,
sveglio e chino
su questo foglio
nel mio letto che non mi rinfresca,
sento il desiderio dell’acqua
or ora mi son sciacquato
il volto forse stanco
che da diciassette ore
è teso con lo sguardo,
e mostra il color bianco
ma non sente il dolore
per non esser codardo
e lotto, ancora tre ore,
forse meno,
ed il sole
sorgerà da lontano,
annunciando l’agosto,
mese torrido,
ma oggi ha piovuto,
che strano il tempo quest’anno
non ci lascia liberi,
ancora non ho visto il mare,
ed oggi che potevo andarci
le nuvole m’hanno bloccato
nella mia casa,
grande ma senza balconi,
da dove si vedono auto
che vanno e vengono
su un’autostrada di città,
un po’ gli occhi mi bruciano,
ma resisto,
e dalla mia casa di città,
dieci stanze
ma tutta cucina e camera da letto
sono andato al parco pubblico,
per vedere un po’ di amici,
che lì si reincontrano ogni sera,
chi racconta il bagno sotto la pioggia,
chi progetta una partita,
chi chiama due ragazze
per attaccare discorso,
ma tutti ci muoviamo
verso le nostre case,
quando giunge la notte,
perché c’è chi domani va a lavorare,
io, invece, rimango qui,
e posso dormire o vivere,
come voglio,
domani nessuno mi sveglierà,
nessuno mi vorrà,
ed io, libero,
potrò alzarmi quando vorrò,
o non alzarmi,
solo il pranzo mi richiama,
rito solenne a cui nessuno
rifiuta di partecipare,
il piatto è pieno,
fra un po’ sarà vuoto,
e mi riposerò a volontà dopo,
fino all’ora del parco,
così è trascorso questo luglio già terminato,
e così trascorrerà il resto dell’estate,
magnifica stagione,
ma poi giungerà un autunno,
che toglierà tanto alla libertà,
si ricomincia a studiare,
anch’io dovrò lavorare,
non potrò rivederla più l’alba,
ogni giorno sarà più corto,
si andrà a letto presto,
il freddo metterà le coperte
al mio leggerissimo letto, vestirà le mie frettolose carni,
di pesanti abiti di lana,
tornerà la stufa riposta in cantina,
le finestre rimarranno chiuse,
il parco non ci sarà più,
tristi pagine di libri
di diritto romano mi attendono,
fredde aule di università,
nemmeno il calore delle mie vecchie amicizie
mi riscalderà,
chi è partito per luoghi lontani
chi rimarrà nella mia città
ma ciascuno per la sua strada
inesorabilmente perso l’amico,
l’inverno si avvicinerà ancora,
più freddo alla mia casa,
e forse mi sveglierò allo scuro,
e dopo il pranzo ancora tornerà il buio,
il letto sempre più pesante,
lo studio più forte,
ma un’altra alba vedrò,
al Natale che giunge,
ed ancora un nuovo anno
tornerà a far gioire
per l’amico che ritorna
due lieti settimane attendono,
e poi,
dopo l’Epifania,
di nuovo a lavorare,
ma con uno spirito diverso,
qualcosa cambia,
ma la Pasqua è ancora lontana,
ancora il freddo attende,
più forte,
eppure la primavera è vicina,
dopo le tremende nevi,
le piogge del mese pazzerello,
e finalmente il dolce dormire
ed il ristoro della
prima vera stagione
forse più bella,
i letti si alleggeriscono,
più gioioso torna lo studio,
e di più splenderà il sole,
riscaldandoci sempre più
fino alle vacanze,
quando,
come stanotte,
tornerò ad attendere l’alba,
per una notte almeno.
Ora mancano due ore,
meno duro è il sonno,
non so se resisterò,
fra un po’ aprirò le finestre,
e come l’anno scorso
sentii cantare i galli dopo di me,
in una mattina di giugno,
oggi godrò del fresco mattutino,
che rinfranca l’animo,
e sento musica,
forse mi terrà sveglio.
Ti prego,
vieni presto alba,
e sii luminosa
come per la prima mattina d’agosto,
sii fresca
che non abbia a soffrire
il caldo durante il giorno,
sono le quattro,
un po’ di chiaro trasparirà all’orizzonte,
alba di città,
tardiva appari allo sguardo,
forse non sei suggestiva
vista dal basso,
ma io m’accontento
di scrutarti dalla mia finestra,
col silenzio sulla strada che non fa dormire,
ma che ora sembra chiusa,
sei la mia alba questa notte,
di cui ho visto il tramonto,
questa mia notte,
fresca come una notte di mezz’estate,
breve da vivere,
vorrei essere su una dorata spiaggia sabbiosa,
infinita per scrutare il sole che sorge dal mare,
accarezzato da una dolce brezza,
vorrei essere su un monte
per vedere ancora prima
emergere dallo spartiacque
il primo fugace raggio,
ancora più luminoso
delle bianche nevi ancora persistenti
sui ghiacciai da cui sembra scivolare il sole,
vorrei poter volare
per andare incontro al sole
mentre sorge,
vorrei essere un pesce
per sentire il suo calore
prima che da terra sia visibile,
sono qui sul mio letto
a centodieci minuti dall’alba
col rischio di addormentarmi
e penso
ad uno stupendo tramonto
su una sublime spiaggia
col mio vecchio Amore di un anno fa
in una gita a maggio,
i suoi occhi lucevano,
al rosso del sole,
e la sua voce era splendida,
ed i miei occhi piangenti
fissavano il tramonto nelle sue pupille,
peccato che è rimasto solo quel ricordo,
non lo meritava,
mai più così bei tramonti
il mio cuore ha passato,
e se ci fosse lei ora,
forse non scriverei,
ma l’alba sarebbe giunta più veloce
su quella spiaggia,
ed ancora cento i minuti che mi distaccano,
riascolto ora una stupenda canzone
di vent’anni fa
mi ricorda
la più bella città da me conosciuta,
l’Eterna,
la Caput mundi,
l’Irripetibile,
le più belle albe le ho vissute lì,
quella del gallo,
quella della Stazione,
incredibile crocevia di mille civiltà,
molti non pensavano
ad un’alba che sorgeva su Roma,
ma io giungevo colla corriera proprio all’alba,
e piangevo vedendo pian piano
l’Eterna buia dal milione di luci insieme accese,
che pian piano si schiariva,
ed entrando da Cinecittà chiusa
ma così piena di ricordi
ed attraversando Roma mentre si svegliava,
le strade si riempivano
e si giungeva al centro
già alle otto del mattino,
quando i Palazzacci si riempivano di impiegati,
e la Stazione già brulicava
di stranieri ricchi e straccioni,
di coloro che scappavano,
e di coloro che ci vivevano
chissà da quando
forse ancora per poco,
i treni che arrivavano e partivano,
e per me che amo la gente
era uno spettacolo stupendo,
nei sotterranei,
per la metro
i lunghi corridoi
a volte percorsi lentamente
perché non si attendeva mai a lungo,
e l’alba era veramente
l’inizio della vita,
non era solo il sole
che sorgeva lontano
ma era la luce di quella città che sorgeva,
e con essa
la vita di un popolo
a cui io appartengo
ed ogni alba mi ricorda quella di Roma,
con gli autobus
che partivano a centinaia
verso le mille strade di Roma
che portano in tutto il mondo,
con i taxi che fuggono
con i primi clienti,
con me,
che forse volevo godere il sogno romano
e andavo verso le più belle vie a piedi,
verso il meraviglioso Pincio,
alto sui colli.
L’alba è come un ritorno
a vivere,
ma spesso è dimenticata,
ed il sole trova pochi a dargli il benvenuto,
da cento minuti scrivo,
e fra ottanta sorge il sole,
vado a farmi un the,
sarà dolce quest’alba?
Scritta il primo di agosto del 1991..