I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.
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Ercole
Esploratore di vertigini, vergini esplosioni infantili. Scalinata profondissima, fondo che nasce nella memoria. Ma sei in alto, al sicuro, con sul corpo verde il sudore di un dio. Gli scalini sono finiti. Rimane qualche salita amichevole; stringiamo i passi con la mano se corre una lucertola! Adesso che Giù è caduto, sul mio avambraccio scaverò la Fede.
Id: 66299 Data: 27/07/2022 17:25:43
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Come Pausania
È perché amiamo Atena che siamo entrati nel suo tempio eretto: murateci pure, abbandonateci senza un tetto sopra le teste a proteggerci dalle intemperie; noi non vi temiamo, non abbiamo paura, ora che non dobbiamo guardare le vostre facce serie. Ci nutriremo delle stelle, e i venti ci porteranno ristoro; le nostre belle carezze e i nostri occhi ci basteranno per non soffrire alcuna agonia, ma anzi per gioire tra l'oro delle pareti più vere. Nessuna danzatrice mancherà all'appello, vesti trasparenti mostreranno seni perfetti e sessi lisci; i giochi s'alterneranno le sere senza sosta sempre diversi uno dall'altro. Mentre voi insetti leggerete e rileggerete le righe d'inchiostro, le etichette stralunate, fino a consumarvi le pupille. È perché amiamo Atena che siamo entrati: voi calate pure la scienza nella vostra fredda emicrania. Tanto io e lui siamo immortali, come Pausania.
Id: 59540 Data: 21/07/2020 12:41:19
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Soffio
Porte, teste e memorie, corridoi Di analisi, fiammelle di vento, Ceri accesi da un bambino, Che guarda ogni arazzo, Tutte le storie, gli occhi Delle statue, meno i miei. E Maria sorge e bacia La preghiera notturna, E il Signore solleva i letti Degli addormentati dai nani Del popolo dei nani. Siete arrivate insieme, sciagure! Ma dalla rete del pescatore ossuto Soffio, Soffiamo: Bolle, bolle su! Bolle, bolle giù! Con quel dito indice che si allunga come Dio. Con quelle pupille accese di presenza Che non smettono di cercarmi.
Id: 58099 Data: 17/04/2020 20:32:39
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L’elmo di Milziade
Se queste sbarre fossero Sabbia di Maratona Potrei Raccontarvi con maggior Sapore quel che avvenne Sulla costa Che ci mantenne liberi Abbracciata al nostro coraggio. Niente di più umano Ebbe mai luogo prima E non vi fu mano Divina ma si svolse Tutto alle radici della meraviglia. Se questa coscia Non mi dorrebbe Potrei Narrarvi con maggior ebbrezza Della forza di Callimaco Delle doppie lance di carne E ferro fatte Che non attesero Le frecce con le ferme teste Ma corsero E corsero ancora! Come il fulmine apparimmo S'una linea pari in lunghezza. Se soltanto una finestra Mi regalasse dei respiri Potrei Disegnarvi quei sorrisi Ondosi fra le spume E il sangue Che elargivano Quel manto vigoroso. Spremeva I cittadini d'Atena protettrice Come cane all'osso Come Pan alla terra stretti Alla libertà e ai propri sogni. Se infine la cura Arrivasse ora Potrei Dirvi con un po' di sollievo Di quel che dopo feci Quando Paro vidi Come minaccia E corda d'ambizione Tesa ben più in là; Ma ritornai sconfitto. Il popolo ama solo la vittoria, Non ama colui che perde Né chi troppo vince! Sento le nuvole su Milziade. Cimone Deve avere offerto già L'elmo di Maratona Al grande Zeus La memoria eterna Che stavolta io mi dono. Soffre Il mio vecchio corpo ferito: Se avessi un ultimo alito Potrei Parlarvi ancora Di quella sabbia...
Id: 46054 Data: 30/12/2017 17:05:11
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Con il mio amore con un amore in grembo
Εἰμὶ δ’ἐγὼ θεράπων μὲν Ἐνυαλίοιο ἄνακτος καὶ Μουσέων ἐρατὸν δῶρον ἐπιστάμενος. Finché non ti vedrò correre con un ramoscello di mirto e un bel fiore di rosa non ti chiederò di custodire il mio Archilocheion. Per te che nascerai. Ho visto le montagne del Parnaso aprire gli occhi dalle strane forme d'acqua e galleggiare riempiendo valli strette tra l'oro scuro; ho sentito lo sbattere bruno lucente echeggiare dal passato fra quei colossi; e il sangue d'una capra ricoprire l'aria di una piccola tenuta poi, le vesti d'una donna vibrare s'una collina intera. Mille sogni che si mischiano insieme come in un boccale di Nestore, fulminei compaiono nel mio animo quando in un lembo libero di spiaggia calpesto pietre antiche, sopra le quali tra i flutti, vivono ancora le memorie di tutti gli eroi, degli opliti, e le gocce - di sudore e lacrime - dei rematori e delle donne d'Atene. Baie racchiuse in un cratere di vento, che si presenta al corpo senza nessun permesso; costante lui non cede, né infastidisce la sua spinta ch'appare sempre una carezza e mai uno schiaffo; eppure accende tra le sue vene correndo privo d'incertezza la melodia delle glorie, e dei suoi giochi, comandati dagli dei. Sono passato per le strade di Atene con nascosto il viso dal mio elmo, stretto alla mano del mio amore con un amore in grembo tra il mercato dove l'oro diviene aria fino al copricapo roccioso di Ares sotto il tempio, dove per due volte sono morto e poi rinato; dove nel tuo Caos il sole e la polvere sono arrivate insieme. (Manuel Paolino, Con il mio amore con un amore in grembo, L'idromele Parte Seconda, Nuove Poesie - Mortali e dei)
Id: 44406 Data: 27/09/2017 20:03:53
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Canzone del rogo di neve
Come sarà la lontananza Calda fredda Un rogo di menzogne innevate Raggi verdi di fiamme Che con le manine chiudono l’alito Fumoso in un’alcova tiepida di sudore Le cui gocce nascenti incubano il salto Della brina e della notte Che scalda se non si è soli L’autunno osserva l’ultima foglia Piangere due sorelle cadenti Come vele sull’omega della brezza. Come sarà la lontananza Fredda calda Non sarà quella che ci assale ora Per la nuvola di fuoco sui fornelli Di una casa rovente che s’è spenta Anche se dal sole la neve cade Come martello che incide i secondi Delle menti di memori diamanti Di amanti e vaporose allodole Ogni faccia una danza nuova Dal campanaro collinare Ritmata sulla testa sveglia dei brusii. Come sarà la lontananza Fredda Un cuscino senza sapore Blocco delle azioni ridotte al silenzio Dalla Signora Assenza un pensiero rivolto Al cuore del drago nostalgico Quando due facce identiche s’incontrano Nel centro della testa e mutano Le pupille in rocce di camaleonte Dai cancelli delle battaglie morte Libera il branco la domatrice bruna Fra le steppe calde della rinascita. Come sarà la lontananza Calda Ardente riso tra i denti ossicini di sorrisi Pendoli danzanti tra la saggezza Luce di medusa cosparge la candela Ispezione dell’anima sale dal cielo Alla terra insieme alle accese braccia Battiti di pettini che crebbero Sotto il lungo panno candido Nella penombra la fiamma compie Movimenti oscuri perfino agli dei Che si spingono ma non vedono. Come sarà la lontananza Tesoro e maledizione Col mio nome tutt’uno Grazia e benedizione Ditele condanna. E io sarò Nessuno.
Id: 42818 Data: 15/05/2017 18:27:14
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Aguardiente - Ritratti caraibici
NIÑA DE FUEGO Niña de fuego! Niña de fuego! Lascia nel cielo scia di fiamma; cammina veloce Niña de fuego la frena il palmo del caro fratello; vola Niña de fuego nel nido di mamma: come un uccello! IL SIGNOR L Le nuvole indorano il crespo, ogni sorta di diamante ruota fra le sue dita; in piedi il Signor L guarda tutti più elegante della luna. Sbatte le ali ma non vola, nei capelli banchettano i pidocchi! Il Signor L si dipinge da una sedia: apre le penne nel circo dell’aria, denuda il vento con le sue ciglia. MINISTRO Ministro aggiusta una macchina, lascia un’altra accesa. La camicia a quadri blu pulita, profuma di sapone cotto sotto la tiepida brace di febbraio. Aspetta le api. Ministro aggiusta una macchina, lascia un’altra accesa. Si sveglia col mare come un’onda canuta, amichevole conduce i suoi passeggeri. Si stendono le chiavi sulla sera. Ministro aggiusta una macchina, lascia un’altra accesa. A casa l’attende la radice nuda d’una rosa assetata, con quindici petali. Ministro aggiusta una macchina, lascia un’altra accesa. GREGORY Gregory era un albero. Contava le ore: punto nero nel giorno, pupilla della notte. Gregory vende empanadas. Conta le banconote: punto nero nel giorno, pupilla della notte. ABUELO Camicia ocra con finissime righe bianche, il corpo interamente sudato, magro come un duro ramo sotto il sole, ottantadue anni: Abuelo arriva da lontano. Vive in campagna, la sua casa cade in pezzi. Un tempo portava sempre con sé una cassa di melanzane, manghi e pomodori; ora non più: aspettava per ore il povero vecchio prima che io gli aprissi! Tornerà anche domani, non per l’acqua, il caffè o un sorriso, ma per pochi pesos. EMILIO Emilio viveva in un buco; pregava. Vi mise un letto, poi una donna, infine un bambino. Emilio lavò il suo abito elegante e la camicia bianca da cristiano, in un pomeriggio di silenzio e speranze: un pomeriggio di abbandoni e scarpe nuove. È DIETRO L’ILLUSIONE CHE A VOLTE SI NASCONDE LA BELLEZZA È dietro l’illusione che a volte si nasconde la Bellezza. Non chiedono permesso le tue lacrime; non chiede permesso la felicità. Monumento di cristallo, lineamenti di riflessi, davanti l’illusione; è dietro che noi stiamo, mia cara, te lo dico ancora: – Non chiedere permesso! LA DOMENICA La domenica s’immola ai baci; sola, taci, aspetti il tuo amato. Promesse domenicali, carezze d’arena sott’acqua; scivolano certezze fra il suo siero: con quel bacio su tre gambe ed una, in mezzo agli occhi. LA LOMA Accendono e spengono i motori nella stretta salita, le amiche camminano in coppia con i volti sorridenti; tutti vendono, comprano; salgono e scendono dai marciapiedi, dalle scale, i bambini scalzi; la musica esce dai colmado, più il sole si spegne più forti si fanno i richiami, le chiacchiere, il vociare: la sera apre i polmoni del barrio della Loma. Una piccola finestra al terzo piano con una luce: le fessure semiaperte s’un letto rosa da principessa. Lei è raccolta sulle ceneri del giorno sotto la coperta ocra nella bocca dell’amato. E conducono le dita gli occhi d’antilope in uno stagno d’acqua lucente. La sera nasconde gli amanti del barrio della Loma. YLANTAFORA Atlanda ylia mata Lettinia ynanda adnály Ylantafora nata lea Mátara atla ylanda. ISOLA Vorrei addormentarmi un giorno e svegliarmi all’atterraggio poi, addormentarmi un giorno e svegliarmi all’atterraggio, e ancora, addormentarmi un giorno e svegliarmi all’atterraggio. Vorrei che il tempo impazzisse: per poterti vivere, rivivere, e vivere di nuovo, isola mia.
Id: 42067 Data: 23/03/2017 23:15:57
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È dietro l’illusione che a volte si nasconde la Bellezza
È dietro l'illusione che a volte si nasconde la Bellezza. Non chiedono permesso le tue lacrime; non chiede permesso la felicità. Monumento di cristallo, lineamenti di riflessi, davanti l'illusione; è dietro che noi stiamo, mia cara, te lo dico ancora: - Non chiedere permesso!
Id: 41671 Data: 24/02/2017 06:04:10
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La melodia del corvo
Flagellata col vento dalla gioia; noia veli il volto col fianco dell'odore nero, giunge fiero il solco del candore feroce in armatura. Cela il mio braccio ch'apre l'ombra; gesto di fulmine, abbaglio vince ancora il lampo ammiccante dell'incappucciata falce; scura piuma dipinta che cola in piume, corvo sbircia da uno spiraglio. Era sveglia del corvo, nel corpo melodia per chi non dorme mai, finché non muore.
Id: 39652 Data: 06/10/2016 01:05:24
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Un solo verso
Gocce in rotta nel grembo Quel che resta del sangue Cala il sole i rossi ultimi ricci. S’ode un verso, sempre lo stesso. Si impigliano nella notte. Lucciole, fuochi fatui, astri, la luna Dietro ad un faro si toglie il kimono Nero: navigano in un mare Al rovescio; sotto le corde di spume Risuona la torre dei sette colori. Rugiada infuocata sui morti Che si risvegliano. Terra sui poeti tra i grandi seni. Non dormono ma ascoltano Un verso, sempre lo stesso.
Id: 38952 Data: 09/08/2016 17:12:00
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La sera
Polverosa cresta collinare sugli inguini giallo-azzurrini in fila a cavallo del liquido umido balenare che rinasce d’autunno; sentieri di labbra carnose come moltitudine di righe s’un palmo; tempia che pulsa; bastone calmo nella mano stretto dentro terra boscosa; cannocchiale sopra un’ombra di tomba: vita su una marcia fischiante come crepuscolo di nave.
Id: 38872 Data: 02/08/2016 21:55:13
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Thàlassa!
Scaglia su scaglia il poeta i capelli aggiusta; il crepitio nel mare, il riaffiorare di bronzo luccicante dopo il profondo immane; con un tonfo muore e da un dito al fianco della piramide montuosa si proietta, eroe del fosso al bordo svetta dall’elmo il suo grido: e muore ancora dal mantello rosso avvolto.
Id: 38871 Data: 02/08/2016 21:53:19
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Canzone del fiume e dei semi d’arancia
Stavo sulla riva col vecchio, tra me e me un pesce morto a pancia in su con una rotonda capriola di luna spinse la corrente con la coda fino a tuffare le ali da una palpebra all’altra del chiarore di vino rosso al fondo nero dei nostri occhi in fila: i miei e quelli di Mieses che come i suoi versi pareva dipinto con tinta di stelle, d’alghe, di una pena bianca che lassù nel cielo non era la luna; sputavamo semi d’arancia nel fiume, il suo sorriso era dolce come quello dell’arcangelo bambina che voleva essere sirena salata e non si mangiava le unghie. Quanto ho amato la cristalleria sorta da quelle labbra di raggi doloranti! Sputavamo parole rotonde nell’acqua del fiume: – mi insegnavi a costruire la statua di me stesso sul tempo.
Id: 38234 Data: 12/06/2016 23:43:22
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Gnosi
Mentre fuori ricompaiono cari amici, dentro mi soffermo s’una riflessione: I caso (citando B). Il numero delle anime è finito o infinito? II caso (citando B). Cos’è la caduta? Se è l’unità divenuta dualità, allora è Dio che è caduto. In altri termini, la creazione non potrebbe essere la caduta di Dio? Dunque quegli eccessi intimi di tenebra In cui confessiamo al nostro orecchio D’essere Dio, e subito rei con vergogna Abbassiamo il volume del pensiero chiedendo Scusa col silenzio prima del pacifico sonno, Non sono fatui inganni del nostro ego Ma hanno consistenza buona se – tutti – Siamo parte d’un grande corpo caduto in pezzi; Quindi una de-creazione dove ogni relazione Duale ci avvicina Passo a passo al Dio unico.
Id: 36604 Data: 01/03/2016 16:54:40
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L’Agosto di Lorca
Dentro la sera, la notte, va il sole; cosa vi è di più esposto di un frutto? Non contiene esso il nocciolo? Il nocciolo è il sole. Essi ci attendono fra la fine, ma di cosa? La notte è fatta vedo, per il piacere; di qualunque sfumatura. I bambini mangiano pane scuro e luna buona.
Id: 36603 Data: 01/03/2016 16:49:20
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La coperta
Sono partito da Altrove, ho attraversato mari e crepuscoli, disseppellito luoghi, sulle tombe, mi sono presentato ai Poeti; ho rubato i colori mentre mi ornavano con nero fumo il cuore per dipingere la tela. Loro sono la coperta, quando si fa notte: si spegne tutto, s’accendono dolce Tenebra ed i pensieri d’incenso vicino al respiro caldo come brace, ai naturali sbuffi simili a colline d’oro, al paradiso liscio dell’amata. S’accende la spuma rosa dei sogni: sottoterra un rumore di ferri, l’io verde-cavolo e l’inconscio blu duellano. Tra i fili d’erba, sotto i cappelli rosei della primavera, conosco e poi sono il Trismegisto. E Tenebra si scopre dai lunari sogni.
Id: 36468 Data: 23/02/2016 15:34:04
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Il ballo del lupo e del corvo
Paladini, capitans, trapassati! Messi sulla forca nera Ballano e danzano i burattini, Araldi di una fiera: Con furia Belzebù gratta i suoi violini! Dalle foreste viola delle Ardenne un lupo S’era fermato ad osservare un fenomeno strano Ed improvviso, quando un uccel che pareva nero muschio Celere gli si pose di fronte al muso. Lupo, Disse il corvo, vedi il ciel mutar All’orizzonte e questo vento in un rosso infernal? È la festa degli impiccati, il macabro ballo dei moncherini! Voglio veder le piroette. Corri, vieni con me! E ascoltar l’orchestra Da sopra le armature dei smunti saladini! Attento corvo, Il mio affetto per la tua curiosità è profondo, Ma tu sai che non amo mischiar i miei passi, E la mia pelliccia, con quell’accozzar torvo... Anche tu dovresti farlo, piuma notturna! Meglio è verso Selene voltar, E tener lontan il capo della ciurma! Il corvo non pensò più un momento, Così si pose – come un pennacchio – s’una bianca testa; E non esitò a strappar un fior Dal mento del fantoccio. Evviva! Il vento fischia al gran ballo degli scheletri! E la forca mugghia come un organo di ferro: Bagnato dal fiume, Col suo verso lungo il lupo gli risponde. Paladini, capitans, trapassati! Messi sulla forca nera Ballano e danzano i burattini, Araldi di una fiera: Con furia Belzebù gratta i suoi violini!
Id: 36031 Data: 27/01/2016 13:20:49
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Effigie saffica
Je suis pareil à la grande Sappho? Che decora il sole, Sette volte ho dovuto contar l’anello, Prima di scoprire che in quei giorni Correva in fondo attraverso le mie carni, Un particolare coltello. Sul manico un’effigie, Di una bocca tra due seni Bruni, grandi e saffici! Un chiaro di luna intriso del mio sangue; Una valle dove lungo il sentiero umido Delle tue labbra esclusive, Sotto la lussuriosa gonna Le segrete lettere del tuo piacere, Erano incise: Non è l’uomo, È la donna!
Id: 35707 Data: 12/01/2016 23:02:11
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Il Campo di Martin
Fianco a fianco appoggiati a un balcone parlavamo, di tanto in tanto lo guardavo; guardavo la sua bocca pallida muoversi, i segni del viso negli angoli, e ascoltavo la sorpresa di un affetto segnalarmi quanti pochi centimetri siano sufficienti per toccare le maree del cuore. Ma allora non eri morto – affermai; No. Mi ero perso. Alzai lo sguardo dove il suo braccio m’indicava un alto campo dorato. È lì? Sì. Mi ero perso in un campo di grano. (Con le spine – mi sussurrò una voce).
Id: 35706 Data: 12/01/2016 22:50:44
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La compagnia dellOvest
Al calar della sera appoggiato al muretto sull’oceano della scogliera: Leunam Beno! Vieni qui! Beno Arrivo! Onde marine spingono gli speroni sui fianchi ariosi. Passa Nairobi, si ferma: Nairobi Beno! Beno Arrivo! Finalmente, arriva Beno: Leunam Beno, e Iota? Beno Ancora sottoterra. Leunam Meglio... Una spuma di risate sfrigola con l’olio del mare. Si vede Ciulo, con un paggio, in lontananza: Beno Ciulo! Ciulo Arrivo! Una nave immobile disegna gli occhi di un albatros.
Id: 35443 Data: 20/12/2015 12:50:14
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Il giorno in cui il Tempo distrusse i sepolcri
IL MATTINO E IL MEZZOGIORNO Non vi è nulla miei cari nulla inutil che aguzzate gli occhi qui nel mio tempo non trovarete più la roba o il nido né la donna angelicata o tutta carne né il mal di vivere o la divina indifferenza né provvidenza né grazia né ironia. Nulla ha più ragion d’esser se non il sibil del vento nell’aria di sabbia i minuti sentieri delle cose animate il silenzio che piccole pur e incredule dove la natura divampa cadono solitarie nei meriggi soli senza più dell’uomo la presenza. Lì dove la terra fu regina or s’accende il mar dove le grandi montagne s’innalzavano le roccie son basse tavole di neve le case del capitalismo son dei pesci a livelli rifugi negli hotel le sirene
v’accolgon se bramate in letti d’alghe. I lupi non gridan più alla luna perchè il ciel la piange nascosta ella è alla terra dall’ignoto mal che m’accompagna stavolta per cui nessun di così tanta tempra fu d’arrestar il passo lavorar e alzar la schiena. Io sono il Tempo il mio male è passar e lasciar che tutto vada sotto gli occhi che sorvolan fermi e non mi resta che guardar e sostener anche l’ellissi nei miei sonni come nel mezzo emistichi il mio moto è eterno come infinita è l’ignoranza nel confessarvi da dov’io provengo. Nel mio mal dantesco non invecchio mentre tutt’intorno muore e nasce anche se in quest’eremo purtroppo da troppo non vi è luce ed io vivo ancor soltanto di voi animato dal ricordo. Ma v’è un bene inconfondibile penetrante e grande il qual dà gioia nella guerra sacra celeste e nera il mal sconfitto giage esploso morto solo poichè il ben già da tanto inciampò con indietro un passo e la testa china. IL VESPRO E LA NOTTE Io sono il Tempo e sorvolo il mal ch’ignora il male suo perchè se il ben perisce mai il mal arriverà per primo sono il Tempo e sento la colpa lontana per la cual dannato fui da Foscolo che la mia intenzion predisse senza pensar al peso del mio viaggio. Sopra l’Italia mi trovo adesso nel cammin dell'arte vicin il poeta di poc’anzi il qual lui disse che non è immortal la pietra né l’uomo in mia senil presenza eppur i versi di codesto alla memoria dell’assorto udito mio son un eterno melodiare. Ricordo allor con essi le geste degli eroi il tremar dei sentimenti le morti tragiche e i contrasti la fantasia e la moral gli endecasillabi e sonetti i canzonieri di una vita lo sperimentar e la purezza. Or accanto v’è il Parini il qual come me divise il giorno andava con al lato un giovin nobil a insegnar i modi agonici dal risveglio all’ultim sguardo come il poeta a braccetto si portava il suo sorriso. Certo è che dei sepolcri rimane poco arena in cumuli e sartuarie pietre una lettera o una data qualche fior o in ciel lontan ondine ed io spettator che tutto distrugge non mi resta che sedermi e pensar al mio destino. Ecco qualcosa accade: il flusso sale e non dà pace e il penetrar della tormenta come clessidra nella pelle dalle direzioni tutte viene dai sepolcri sparsi dei poeti di qua e di là nei pezzettini dov’io vidi del mondo intero consumar nei passi le pietre armate. ...non so quanto di me poi trascorse ma vi dico quel che ora infine vedo il sole brilla eterno sopra due ombre poichè la terza ancor nel ventre il sonno dorme d’un poeta.
Id: 35436 Data: 20/12/2015 11:54:30
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