I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.
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Noi voleremo
Sarà un mare sereno limpido e d'acqua dolce, non immobile, un po' increspato da un leggero soffio.
E correremo noi a piedi nudi senza smuovere sabbia sulla riva, veloci più di Achille al primo slancio, sospinti dolcemente dalla brezza.
E noi c'innalzeremo, senza più peso, senza più dolore, portando in cuore tutto il bene agìto, lasciando il male fatto nella rena.
E voleremo noi per cieli nuovi, vedremo nuove terre dove il tempo, dove lo spazio sono cancellati dall'unica misura, l'Infinito.
Ci poseremo su giardini eterni illimitati, privi di confini, dove perennemente il pesco è in fiore dove giammai l'arancio non ha frutti.
Sarà per sempre gioia ritroveremo tutto ciò che amammo, nell'Infinito niente vien perduto.
14 febbraio 2018
Id: 49882 Data: 27/07/2018 19:04:31
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Ricordo di una donna
Ancora mi ricordo di una donna che mi cercava innamoratamente in riva al mare, al tempo che correvo, correvo e manco più so dove andavo. Non serbo la memoria dei percorsi con cui segnavo la battigia tutta, intrecci e labirinti d’orme vane che ricolmava e cancellava l’onda.
Non ho però disciolto nell’oblio l’immagine di lei che mi ritrova, ben la ricordo incedere superba sopra la rena, coi capelli sciolti, fasciata in veste lunga color fuoco che un vento sospingeva contro il corpo lasciando intravedere lunghe gambe, colonne nel tramonto a Capo Sunio.
Seppure di quel tempo abbia scordato il numero delle copiose stille, sudori vacui d’un cavallo bianco che scalpita e galoppa senza briglie, rammento gli occhi suoi col taglio a mandorla illanguiditi da recente pianto, onici incastonati tra le ciglia nel volto da Madonna bizantina.
Finanche ho perso il conto dei granelli che sollevavo nei veloci passi, chissà quant’altre volte il mar li ha mossi, voltati, rivoltati e spinti altrove, ma nella mente ho fisso il suo sorriso di quando mi fermai per starle accanto, lo vedo ancora schiudersi e mostrare file di perle tra coralli rossi.
Id: 46427 Data: 11/01/2018 12:31:28
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Baudelaire line
Oltre il confine duro del tangibile esiste un bosco dove gli occhi ascoltano e parlano i profumi, dove i fiori son donne virtüose innamorate; è la foresta che sorse dal Caos sul limite tra il senno e la follia, prìstina residenza degli archetipi in cui la vita è sogno e il sogno è vita. Divenne inaccessibile agli umani quando fu perso il senso delle Forme, smarrita l’empatia con la Bellezza, confusa la parola dai Demòni; è la foresta dove le radici lambiccano l’essenza delle cose, dove l’Amore è il fuoco che sostiene mirti immortali e sempre fresche rose. I cumuli di pietre del rumore con polveri sottili hanno assordato la vista dei viandanti, tronchi marci ai margini del bosco prodigioso sono scambiati per arbusti d’oro e deviano il cammino dal sentiero che all’albero conduce da cui stilla la linfa dell’eterna primavera; là dove le viole sono Vergini, dov’è nei myosotis la memoria, lungo una linea di virenti allori sconfina qualche volta un buon poeta.
Id: 20147 Data: 25/04/2013 18:57:46
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Europa demitizzata
Ed ecco il Sommo Zeus che – come si muta! fu aquila imperiale e poi pioggia d’oro – nella forma di Toro sta stuprando Europa, si sgonfierà la borsa sull’amate sponde.
Mercurio l’eloquente vede e tace, deve zittirsi e spingere le mandrie, Giove comanda ed Ermes deve voti e onori ai ladri suoi protetti; ogni prestigio deve ai mercanti, e i sacrifici umani; il sangue porterà sui sacri Monti.
Atena del palladio sta bocconi: “Vèrgine sono io, genìa dei tecnici, se taccio qualche botta la procaccio”. Giunone le risponde: "Ma che cazzo, questo secondo voi si chiama Olimpo? Vendetelo al dio Odino, poi, magari, guadagneremo in pace e dignità".
Mentre la Bestia taurina monta e fotte Europa sta un uomo incatenato sulla ciminiera, chiamiamolo Promèteo col fegato mangiato, grida che non si spenga la speranza, che non s’estingua il fuoco all’altoforno.
l.l.
Id: 17564 Data: 14/11/2012 16:49:34
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Al pianista di Roman Polanski
Va’ libera parola, non cercare la rima, va’ nel modo in cui van sciolte le dita del pianista di Polanski sopra la sua tastiera immaginaria nel ghetto devastato di Varsavia, va’ libera senza cercare un bacio.
Va’ libera parola, non bloccare lo slancio, non lasciare che il pensiero offenda la memoria ed offra spazio a riflessioni storiche e giudizi per colpe nuove, usure e deicidi, va’ libera senza cercare un metro.
Va’ libera parola, non frenare lo sdegno, ti sospingano l’immagini di donne, bimbi e vecchi dietro il filo spinato, ti soccorrano i ricordi di forni crematori e marchi ai polsi, va’ libera, componi pure a braccio.
Va’ libera parola, non temere interruzioni della tua spirale di fiati senza sosta, uguale a Primo Levi domanda che scolpita sia nel cuore la Shoah: come al pianista sta’ certa non ti mancherà la musica.
Id: 14508 Data: 06/05/2012 17:27:32
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Un fiume chiamato “Follia”
Passavo il ponte sul fiume chiamato Follia mirando l’acque ch’andavano controcorrente, mi rispecchiavo nei vortici sorti improvvisi attorno ai raggi riflessi d’un lampo incidente.
Veloce andavo, lo vidi seduto sull’argine, meditabondo poeta, sembrava Siddharta, nel fiume pareva cercasse la vita cosmica, ma non taceva, cantava monotono un verso.
M’avvicinai e gli chiesi: “Scusate maestro, son già passato l’altrieri, l’identica strofa recitavate, mi piace, è quanto più bello io abbia udito sul fiume chiamato Follia”.
Lui sorridendo rispose: “E’ fluido il fiume, osserva da qui come scorre, simile a verso, come combacia la goccia alla goccia vicina, una parola mi manca perché così sia”.
Trascorsero gli anni e tornai di nuovo sul ponte, già vecchio il poeta cantava l’identica strofa, cambiato aveva soltanto un accento e una voce, gli dissi: “Maestro, capisco, adesso è perfetta”.
Lui confutò sorridendo: “Il fiume ci parla, che sensazioni, emozioni, presagi c’incute, ma non riesco a trasmetterli, devo cercare ancora, son certo ch’esiste, un verbo migliore”.
Id: 11870 Data: 02/01/2012 21:31:32
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Abu Ghraib
Non confidate di trovare scampo, quando trabocco anniento, v’indurirò nel tempo d’un istante e diverrete un blocco inseparabile, l’opera somma tra le brute immagini. Solleverò la mia furia come un’ondata di magma, v’erutterò sui pensieri lapilli e montagne di cenere; sono il nemico d’ognuno, ignoro la tregua e la pace, confondo carnefici e martiri, accorpo carcerieri e carcerati: io sono il vulcano più attivo del mondo di repentine eruzioni, chiamatemi Odio. Mi coprirò col mantello della nottata più buia, m’inietterò nello sguardo il fuoco perenne degli inferi, innalzerò dagli abissi i cerberi cani ringhianti, impietrirò le vostre carni assieme e diverrete un gruppo immortalato, dei vostri cuori vuoti farò calchi. Susciterò l’invidia inappagabile d’ogni sorta d’artista maledetto e strozzerò la voce dei poeti quando pronunceranno il nome Amore. Dovrà Botero le sue forme tonde mutare in corpi duri e spigolosi.
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Id: 11279 Data: 28/11/2011 00:13:38
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Acini Sparsi
Quegli acini d’uva sfuggiti alla presa del grappolo e sparsi nel fondo del piatto erano forse i più saporiti e maturi.
Id: 10613 Data: 22/10/2011 18:10:49
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Donna Bellezza
Se tu non esistessi, se fossi solamente il parto candido della sublime mente d’un filosofo, idea di perfezione, ti porterei rispetto perché, donna, prima di te, non fu Diotima, non Urània Venere né Pàllade virginea a dare adempimento alla bellezza.
E se tu fossi solo pura immagine, tratti d’uno scultore o d’un pittore, guglia di un architetto, con te sarei ossequioso pensando alla piattezza della terra senza le cattedrali a Notre Dame, immaginando la desolazione delle pareti nei musei dell’arte, l’arido dell’estetica senza i dipinti del Beato Angelico, di Botticelli e Giotto, priva della Pietà di Michelangelo.
Se poi tu fossi un verso, il desiderio d’un poeta orfico che disperatamente discese nell’inferno dei pensieri per dare vita all’Euridice propria io ti sarei devoto perché senza di te non ci sarebbe il fremito più alto, il canto trentatré del Paradiso.
Se infine processione tu fossi, solamente tradizione, quindici agosto d’un paese in festa, campane, luminarie e fuochi a mare, grazielle ballerine, ritorno d’emigranti e bancarelle, abbasserei la testa siccome adoro i riti popolari e le vecchine in nero che sgranano rosari di speranza avanti a case vuote e trovano con te conforto e pace.
____________________________ Buon 15 agosto a voi tutti. linolista
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Id: 9665 Data: 15/08/2011 15:34:42
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I colori del cielo a Birkenau
Non c’è più luce negli occhi di Sara, giace nelle pupille distese sui vetrini nella baracca trenta a Birkenau, le studiano gli allievi di Mengele.
Pietà. Non dite i colori del cielo, è troppo scuro il fumo che s’alza in nembi dalle ciminiere e sporca il blu coi grigi, non ditele mai “manna”, non ditele mai “neve”, quella che piove a Birkenau è cenere, polvere bianca che ricopre il campo, che si solleva ad ogni passo d’oca, e Sara sa che cosa la produce, Sara conosce a Birkenau che brucia nella speranza che diventi colla in gola e sulle labbra della Storia. Non dite “Altrove, domani è più bello, l’oriente già s’indora e porterà il mattino l’oro in bocca”, un’alba, Sara sa, sorge e tramonta; non ditele mai “sole”, non ditele mai “raggi”, Sara conosce i runici gioielli, le svastiche vendute nei mercati dei denti, dei capelli e dell’usato.
Non c’è più luce negli occhi di Sara, erano gocce azzurre diversamente chiare, nella baracca trenta a Birkenau la specie si degrada con gli studi.
Id: 9502 Data: 31/07/2011 22:07:23
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Dove tu credi
Ai bordi della pozza di Narciso, un palmo d’acqua limpida e nient’altro dove tu credi si rifletta il mondo, scorrono vene di lacrime calde e polle ribollenti rosso sangue.
E tutt’intorno è un turbinio di falci celate nelle nebbie del mattino, cadono i bocci bianchi e dei vermigli non restano che polveri purpuree ma tu non vedi, sogno di parole.
Dove tu credi viva la bellezza un refolo di vento basta e avanza per increspare rughe in superficie e rivelare un greto d'aspri sassi dell'amor sui destino, voce d'Eco.
Id: 9306 Data: 18/07/2011 10:26:19
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Natività mistica
Lasciamoci sorprendere, sgraniamo gli occhi come da fanciulli. Pulviscolo d’argento di stelle palpitanti, Lucifero si ottenebra, falce di luna rossa che si eclissa. Nella costellazione planetaria sotto il segno profetico dei Pesci Saturno e Giove uniscono le luci. Diparte dall’Oriente una Cometa seguiamola finché giunge al Presepe, nel cuore un poco tutti siamo Magi. Cori di cherubini dalla volta, suoni di serafini con sei ali dalle sfere, un angelo perfetto che con voce altisonante convoca pastorelli umili e impuri. Lasciamoci stupire, l’oro dei re a un Bimbo in una greppia.
25/12/2010
Id: 6446 Data: 25/12/2010 13:55:20
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E tu soffiavi fiori
Nel mar dove biancheggiano le voci e spumano le risa d’onde lievi Zefiro buono, tu soffiavi fiori per raddolcire il gelo di febbraio e preparare il letto alla Bellezza. Cullando il nicchio dove nacque Venere, di là della materia e dell’orrore, oltre la castrazione disumana, vergin vedesti sorgere dai flutti l'idea chiara del bello e lo stupore. Spirasti spore tra quïete brine ed affrontasti i rischi di misura precoce vita dando al fine anèmone, del lino confortando fino al Tigri d’imporporata polvere il destino. Tra colli e insenature, oltre gli scogli di Cipro, rivelasti il desiderio, le frecce dell’anelito dal cielo scagliate in mare. Vento di Ponente, per raccontarlo tu soffiavi fiori.
Id: 6011 Data: 14/11/2010 21:08:27
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Don Peppino Diana
Se passerete per paesi dove spuntano come funghi le cappelle di santi protettori e padri pii e cristi coronati con i rovi,
dove stanno tempietti di madonne che piangono in silenzio senza stille, non indugiate, son pizzini a Dio, bestemmie ed empi voti di camorre.
Dite tre Gloria Patri e pace ai morti ma non vi soffermate sulle nicchie, il marmo è d’ossa trite, le candele grondano sangue come piaghe aperte;
non fatevi domande sui misteri e non tenete troppo fissi gli occhi, dei propri paradisi artificiali assai sono gelosi i costruttori.
Se varcherete l’uscio di una chiesa mentre un pastore celebra le nozze tra guardaspalle ed abiti alla moda con un padrino che bacia la sposa
non vi chiedete quando sarà vedova, chi l’ordine darà che i cuori spezza e chi dal dito strapperà la fede per rendere un anonimo il cadavere.
Se invece incapperete in un Battesimo, o Cresima con Prima Comunione, non siate sospettosi dei compari se diverrà ben presto il bimbo un orfano. Un prete a tutto questo disse: «No!». Vibrarono al diniego le campane, tremarono le ville e i cascinali, di petto un muto seppe fare il do.
Se passerete un giorno per Casale – chiamatelo “il paese di don Diana” – non vi fermate fuori sul sagrato della parrocchia sua di san Nicola.
Entrate nella scena del delitto, la polvere da sparo ancora esala, s’odono all’alba le rivoltellate, entrate, entrate, non abbiate fretta...
II
Aveva ricevuto per talento da Cristo don Peppino la Parola ma non la seppellì sotto un terreno, la portò in giro andando senza manto,
la portò in giro ed era acuta spada tagliente al punto che fendeva il male – tanto che fino ad oggi porta pena a chi patteggia e alla Camorra cede –
e dell’Altare fece una trincea con le due sacre Pietre e coi Vangeli, non apre porta il Cielo ai criminali che dicono mors tua est vita mea.
Un prete, quand’è prete veramente, è capatosta da sfiancare i muli, perciò ci sono i santi e i missionari che vivono di Dio, tra salmi e stenti;
don Diana apparteneva a uguale specie, la stirpe dei profeti seccatori, dell’omertà la nebbia diradò, tuonò contro i padrini la sua voce.
Nella terra perduta e devastata gridò con Isaia: «Per amore del popol mïo io non tacerò!», servono preti e laici più arditi.
Lo strillo raschiò i muri dei Palazzi del malaffare, ruppe i doppi vetri fumé delle Mercedes dei padrini, smacchiò coscienze con la sua chiarezza.
Nasce da riti il camorrista, segue le processioni e in prima fila latra, infilza un dito e cola sul santino nei giuramenti un gocciolo di sangue,
molto devoto è a san Michele arcangelo – ogni famiglia ha i propri santuari – per sé ciascuno adotta una Madonna così che l’estorsione ha il nome obolo.
Peppino il Paradiso s'era preso, e pure pretendeva che i compari non fossero omicidi, da Gomorra due colpi gli spararono sul viso...
III
Sopprimere un profeta fa paura mica per fede, per superstizione, – fu scosso Erode Antiba dal Battista – i designati n’ebbero terrore.
Più volte s’adunò l’orda dei lupi ma sempre si disperse più di un cane, restarono talune fosche bestie con fauci colanti bava e sputi.
Il diciannove marzo, a san Giuseppe, entrò la Morte fin dentro la chiesa: «Chi è don Diana?». «Io!» e cinque morsi prevennero l’offerta della Coppa,
«Chi è don Diana?». «Io!» e le canee ringhiarono nei giorni dopo a iosa, un quotidiano in lungo e in largo sparse un fiele per macchiarne la nomea,
scrissero ch’era stato un camorrista, che andava a donne e custodiva l’armi, ch’era affiliato a un gruppo di Gomorra – fu tra i briganti annoverato Cristo.
Per buona sorte il Tempo è galantuomo e mitiga ogni piaga, non si ferma, egli è buon testimone e sempre corre appresso a Verità, la sola ch’ama;
con le sue conoscenze il Tempo è un giudice onesto che sa leggere le croci, don Diana concretò le predizioni, “Luce vedrà con il tormento il martire,
avrà per premio lui le moltitudini perché fu giusto e rese giusti i molti, annoverato fu tra i malfattori perché prese su sé colpe del prossimo”.
Se passerete un giorno per Casale – chiamatelo “il paese di don Diana” – non ascoltate l’eco degli spari né le menzogne in bocca ai criminali,
gridate voi: «Posa non mi darò finché Giustizia non sarà una fiamma», dite con don Peppino: «Per amore del popol mïo io non tacerò!».
Id: 5892 Data: 06/11/2010 12:18:33
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....................................Distanze
Sai, avremmo noi dovuto ............... – di più io non potevo – tentare perlomeno ....................di superare il “lei”.
Mi spiego, non ci sarebbe stata sconvenienza nell’abbandono a qualche confidenza, penso a un Martini, intendo a mensa insieme .................– di più tu non sapevi – cercando d’andar oltre .....................la regola del “lei”.
Concordo, erano i ruoli ad impedirlo, un badge con la foto troppo seria, la valigetta tua da Direttore riempita di problemi e d’interessi .....................– d’altri, non tuoi – le divergenze tecniche, i rendiconti e la carriera certa con l’azionista di riferimento, la mia giacchetta blu di Presidente.
Ricordo, non m’era mai passato per la testa che, convenientemente, c’era di meglio dei saluti nostri «Buon giorno, come sta? Salve, alla prossima!» finché non t’ho rivista con i capelli corti e troppo radi ma col sorriso in volto, la gioia per la vita di quando il Male pare che s’arretri.
Mi dolgo, ...............è stato per la fretta, un po’ per la sorpresa, se non ho colto il senso del saluto, l’inusitato ciao che m’hai rivolto, se non l’ho ricambiato prontamente facendoti ritrarre e dire: ..............................«Scusi! Buon giorno, come sta? Dimenticavo, noi due siamo rimasti ...........................con il “lei”».
Id: 3526 Data: 08/02/2010 23:04:48
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Macchine
Mi sorpassò scorrettamente a destra rasente la vetrina di Ferré, andava troppo svelta sulle Prada a pattini, inavvertitamente mi strusciò. Non per il graffio, per il disappunto col tasto d’emergenza registrato sull’iPhone l'impulso le mandai del blocca freni, il codice di Hamming per correggere gli errori, per la Seconda Legge dei robot lei si fermò.
Era un automa femmina mutante brevetto giapponese del duemilaventitré, aveva labbra rosso Maranello al silicone, la pelle artificiale un poco tesa sul telaio e un tono da pistone che picchietta la testata, udendo la mia voce così docile tremò.
Le curve erano uguali a Montecarlo, gli zigomi agli alloggi dei fanali di una Porsche, portava i seni troppo grossi e gonfi come due airbag, può darsi per lo scontro.
Poi che lei si fermò le sussurrai quel verso mio immortale che dice: “Ama la carne, pur se molto fragile”, dopo ch’ebbe vibrato per due o tre microsecondi tentò di darmi un bacio e s’inceppò. Fu rottamata.
Il Parlamento a seguito del tragico incidente promulgò la Quarta Legge che protegge i robot – fu pubblicata da Gente Motori – e al carcere condanna quei poeti che con versi ardiscono rivolgersi alle macchine moderne.
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Id: 3342 Data: 23/01/2010 12:29:18
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I serpenti di Coleridge
Danzavano i raggi di luna sull’acqua del golfo, dal tuo balcone a Posillipo li contemplavi, dal corpo di donna distesa distante di Capri muovevano scie lustre d’un bianco abbagliante. Miliardi di scaglie, di lucide lingue guizzanti, d’eccentrici sprazzi rotondi di forme argentate, di spire brillanti sul bruno velluto del mare condotti dalle correnti s’attorcigliavano. “Sono i serpenti di Coleridge” tu mi dicesti, “Io li conosco,” risposi: “I serpenti marini sono abissali creature, viscide e tetre, diventano cose viventi felici alla luce, tu benedicili e, sai, porteranno fortuna”.
Id: 3279 Data: 17/01/2010 21:50:12
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Ancora vieni, qualche volta...
Ancora vieni, qualche volta, incedi tra mattoni di memoria franti dal tempo e ricomposti nella visuale dei dèmoni cubisti della notte. E quando avanzi cedono le muffe dell’inverno del pensiero, lungo sentieri brulli mai percorsi di boschi misteriosi le tinte scolorate si ravvivano, gemmano i rami d’alberi deformi; poche parole dici e sono calamai di sapienza, i popoli ciarlieri dei miei incubi sgomenti si dileguano davanti all’odor tuo di rara essenza.
Id: 3249 Data: 13/01/2010 17:27:59
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