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Ehi ragazza
Ehi ragazza Ehi ragazza chi sei che hai bruciato il cuore del marinaio esaudendo il desiderio che mai ho pronunciato tu che occhi aridi trasformi in un mare profondo senza processioni, senza cospirazioni stai in piedi e m’attendi sul ponte dei suicidi “sei angelo o diavolo? Aspetti me? Unicamente me?” Qualche parola secca come un ramo spezzato il diario della vita l’ho perduto nel trasloco andare sulla luna non è poi così lontano insieme a te Qualsiasi cosa succeda rischierò so che il troppo amore mi ucciderà diviso fra te e il mio disastro Guardando indietro non vedo che il nulla ma non ci sono più spazi vuoti nel mio corpo solo frammenti dell’uomo che ero Avrei potuto salpare l’ancora e issare le vele ma non ho capito i segni o forse li ho taciuti ponendo le mani sugli occhi non ho bisogno di ragioni, solo di un nuovo silenzio C’è una cicatrice che vorrei farti vedere chiudi gli occhi e condividi questa vista solitaria sarai felice di leccare il mio cuore ragazza Slacciati il reggiseno affinchè le mani non bisticcino bacerò i tuoi seni ad occhi chiusi come una spia che ruba la tua euforia Amami ragazza sii la nuova costellazione l’universo è una frontiera ma sta in una cantina se le tue dita si poggiano sul petto “la mia strada è una sporca strada ma con te porta alla creazione” È l’alta marea che può seppellire il mondo dammi la mano angelo o diavolo e cuciremo gli strappi del cielo ci comportiamo come l’estate e camminiamo come la pioggia Ora che l’atmosfera è rientrata dimmi hai mai attraversato il sole? Sei una stella cadente a cui il vento fece perdere l’equilibrio? E dimmi, hai perso la testa? Hai trovato quello che volevi? Ti sono mancato mentre eri la fuori? Balliamo adesso alla luce del giorno mentre l’alba fuori dai vetri sta scoppiando l’anima si è colorata dei colori delle farfalle Lascia stare il paradiso è sopravvalutato non ti darò ragione quando hai torto non sarò il tuo migliore amico inizia il nostro gioco, ora Il mio mondo arde. Il tuo?
Id: 56101 Data: 13/01/2020 14:20:25
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Il poeta e il marinaio
Il poeta e il marinaio A paragone del poeta può esistere solo il marinaio che si imbarca ( e il verbo calza ) con sulle spalle la sacca colma di incertezze. Se anche la rotta è chiara se anche il sole lo bacia scalando la passerella se il vascello è robusto e mai ha conosciuto l’onta del naufragio, nella distesa d’acqua sconfinata in continuo mutamento potrà mai aver la certezza dell’approdo? Sulla mappa svolta è nitido il tragitto, puntando la prua alla precisa coordinata, ma non può prevedere la rabbia della tempesta l’ingrossarsi delle onde, fino, da soverchiante brutalità, impossessarsi tirannicamente della tolda impotente. Come può l’incertezza del cavallone prevedere risalita, ogni sollecita discesa nell’abisso! Un dubbio; “ resisterà lo scafo o si spezzerà nel punto del cuore?” Il marinaio getta nella lotta tutta l’esperienza; poca cosa nell’immane stordimento. Soprattutto prega Dio, oltre il prossimo cavallone ritrovarsi nell’acqua cheta. È tardi, troppe gocce frantumate il ritorno è alle spalle, continuare è l’unica via.
Id: 39623 Data: 03/10/2016 15:34:50
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No
No E chiaro che la vita non sia un unico si sconsiderato, defraudandola pateticamente di quel no, da apporre senza alcun indugio sul trono della presenza. Sarà pur un seggio di punte acuminate che impediscono al corpo di dormire ma il sonno del si, è un’inadempienza; semmai sgorgasse un no, lasciatelo sfogare con la massima potenza, come un flusso lavico. Quell’unico, interminabile no, è più potente di tutti i si che abbiate mai espresso.
Id: 39622 Data: 03/10/2016 15:29:42
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Il salvagente
È una piccola festa, di paese, il suono di campane, mogli sottobraccio ai mariti seguiti da adolescenti che si scrutano di sottecchi; precoci interludi di futuri matrimoni. La piazza all’ombra del campanile è addobbata a gran pavese, fili di lampadine sospese si stendono come un’intricata ragnatela, bancarelle attorno racchiudono paesani fra dolcetti, ninnoli e profumo di pietanze gustose. Sul piccolo palco un’orchestrina improvvisata, suona ballate popolari di memoria perduta. Tutti presenti col vestito buono, quello che dei giorni migliori. Il sindaco sfoggia la fascia tricolore; negli anni si è tanto ristretta per quanto lui allargato, la causa è del tessuto, ribadisce; sorridono sotto i baffi e annuiscono. Il parroco del paese, don Sante, per l’occasione srotola le maniche della tonaca, mescolandosi alla sua gente. È il più temuto, non c’è domenica senza strali infuocati. Presenti al completo, più per il sermone inquisitorio che per pura fede; burbere pecorelle, brava gente. Gioisce in cuore, figli suoi. Qualcuno viene da fuori, giovanotti dei paesi vicini, guardati di sbieco, portano guai, rubano le nostre figlie; una guerra lunga più di cent’anni a volte cruenta, senza vittime, teste rotte, teste dure. Tonio è il matto del paese (ogni paese ne ha uno, è una regola fissa) non c’è sasso che non lo conosca ne uomo né donna gli sono sfuggiti; mi dai una moneta, hai una sigaretta? Qualcuno elargisce. Il salumiere prepara un panino, ogni giorno, contro le ridondanti rimostranze della moglie, che di salami ne ha sicuramente più mangiati che venduti; viene sempre alla stessa ora. Il tabaccaio tiene in serbo un pacchetto di diana, una al giorno, lo fumerebbe nel tempo di un’ora. Spesso lo cacciano via, senza infierire. Le braghe a metà del sedere e la camicia raffazzonata, cammina da mane a sera, senza meta e senza tempo. Si narra che da bambino fosse normale di grande intelligenza, cambiò un giorno. Colpa della madre, incinta non si sa da chi; dicerie di paese. Ridono, scherzano, mangiano e bevono, bambini corrono fra le bancarelle, urlanti, in mano bastoni dolci, mele glassate, zucchero filato, faranno tardi, domani è riposo. È bello vedere la gente felice. Torno, dopo anni d’esilio errante, un continuo di case e supermercati mi accoglie, non c’è spazio fra i paesi. È cambiata anche la piazza, piastrellata, contornata da led blu; per me è astratta. Molte più bancarelle, un palco enorme, da concerto rock, un’orchestra variegata, di elementi atteggiati a star, suonano polka e mazurka, a volume altissimo; invitano gli attempati ballerini a scatenarsi nella danza. Molta, molta più gente, chi spinge, chi urla per farsi sentire, si impreca al furbo che salta la fila davanti a chioschi di specialità internazionali. Mangiano veloci, senza gusto, su isole solitarie, i bambini composti, vestiti alla moda, si guardano attorno cercando un salvagente a cui aggrapparsi. I giovani , immersi nel mondo virtuale, non cercano sguardi furtivi. Ne parroco, né sindaco, nessuno che conosca. Raccolgo risate di ubriachi; non credo che valgano. Fra i tavoli, le braghe a metà del sedere e la camicia raffazzonata; mi dai una moneta, hai una sigaretta? Eccolo il mio salvagente, gli vado incontro e l’abbraccio.
Id: 33796 Data: 30/07/2015 13:19:45
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Il lavoro nobilita lu...
Oh frase gloriosa compi quell’opera esaltante bellezza che l’essere appaga ai mistici cieli di meraviglia melodica l’effluvio calore dell’inebriante miraggio lobotomizza la mente nella tenebra tomba che induce la mano al giusto paniere del più fetido cibo, effluvi di dei sconosciuti languono inermi; lontana progenie di un tempo dorato. Vivida aleggia arbeit macht frei e manca il respiro.
Id: 29773 Data: 11/01/2015 15:16:22
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Sconosciuto
Sconosciuto mi fu quell’uomo anni vicino eppure sconosciuto mi sorreggeva in fasce artista orgoglioso della sua creazione abbozzando un sorriso sulle labbra quadro sereno stracciato dal tempo giorni, mesi, anni, allontanandomi da lui l’indifferenza slega il nodo complesso essere invitto nel fallimento nessun legame fra quantici universi ombra fugace inconsistenza corporea nulla pensieri, sofferenze, emozioni nulla la distanza è scudo impenetrabile fui mastro di malta e mattoni in quel muro intricato di sentimenti riprovevoli non si patteggia con l’inferiore respinsi nell’infimo ghetto colui indegno lacrime amare scorsero senza solcare l’impassibilità del cuore troppo l’immenso mio ego sprofondò la sua anima paura di somigliargli rinnegando il legame sanguigno sconfessando ciò che è inciso negli astri altergo di me stesso? perché io? sono migliore, sono di più molto di più neppure il suo dipartire nel silenzio incrinò lo scudo nemmeno una parola il nulla assoluto nemmeno dirgli addio mille chilometri lo lasciai distante semplicemente sconosciuto eppure mi amò una parte del suo cuore ha serbato per me lasciò la sua vita, la libertà sul suo amato mare straziò il cuore seppellendo i sogni immolandosi al mio bene io ingiusto accusatore negai l’ultima stilla felice nell’animo sconosciuto, prigioniero del tuo amore comprendo ora la repentina gioia nel tuo sguardo i rari attimi d’illusoria unione riconosco solo adesso chi fosti venni a cercarti sulla tomba in mano fiori di pace gli sguardi si incrociarono legando indissolubilmente i pensieri lenta armonia lo stallo del tempo cercando parole silenziose quel filo interrotto finalmente guarito il trattenermi, perdendo il senso di direzione fra i viottoli del piccolo cimitero di Gallipoli cercare l’uscita e non trovarla il tuo modo di dire, resta non lasciarmi ancora oh mai accadrà sconosciuto non sarai sei mio padre! lacrime di pentimento al dolore che stolto ti inflissi pregare per il perdono solo questo posso fare. Tuo figlio per sempre con tutto l'amore.
Id: 28805 Data: 19/11/2014 15:57:30
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Va laspro odor dei vini...
M’attrista quel vento gravido di lacrime salate della cicala nel campo non colgo più il sollazzo il papavero dalla veste scarlatta ha gettato la spugna un gallo impettito canta nel profondo meriggio (non sei compagno del silenzio) trastullando le dita fra fili seccati osservo formiche caotiche in processione “sorreggono il peso di atlante” caduche spalle supportano il travaglio e l’ombra s’allunga su filari in vendemmia ieri a quest’ora cadeva diversa. Settembre ribolle nei tini.
Id: 28526 Data: 08/11/2014 12:23:09
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Mondo imperfetto
Genuflessi al cospetto di un dio di vetro e metallo il naso sprofonda nell’ipnotico i phon insensibile più di una pietra che nulla contrasta a madre natura si aggirano spettri, ombre sfuggenti dell’ade provenienti dal nulla e nel nulla diretti celeste pulviscolo dell’universo perduto qual è il senso del mondo attraverso uno specchio il travaglio di Ulisse è servito a qualcosa? illusorio vaneggio senza il calore di uno sguardo amoroso, di un tremulo sfioro il ruscello si frange sullo scoglio dei tasti la rosa è bella ma senza profumo esistenza virtuale lancio una app son pronto a pregare
Id: 28337 Data: 30/10/2014 13:35:14
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E poi...son pazzo
È qui, ora, in quest’attimo sto perdendo la vita rimuginando vecchie fole calcando il consunto cuscino ergonomico alle chiappe innanzi ad un video intriso di bruttezze umane esiliato nel tugurio di quattro mura che circonda di lacrime amare le persiane son serrate a lasciar fuori l’imbecillità del mondo le scimmie debitamente ammaestrate il vociare tutt’uno la falsa fede a verità perverse strofino i palmi incartapecoriti un filo di fumo vorrei levasse presentati magico genio appaga il desiderio portami ovunque ci sia vento e le gocce di salso impiastrino i capelli abbandonami dove il silenzio diviene tuono e la parola sia bandita troppo si è detto o troppo poco prima ancora strappami le vesti che odorano di giorni perduti di pece sociale che i pori ostruisce voglio un nuovo respiro i colpi del membro battente a tamburo sulle cosce scattanti trottando sulla rena bagnata alzare le braccia nel cielo terso ed afferrare nembi gioviali pazzo di gioia ebro di vita o solamente pazzo prima l'ultimo dire alla nobile società di elencare avrei ma ciò che mi sovviene l’animo n’è testimone incorrotto vai a far…ultime parole e poi… son pazzo.
Id: 28247 Data: 26/10/2014 11:04:01
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Erbe infestanti
È continuo, piegato le ginocchia mi dolgono arcuata la schiena solfeggia le note più tristi, è stanco, così tanto bramai la vittoria. L’erba infestante germoglia nel caotico caos dei giorni confusi un bazar di idee rovinose, terra, vestita di velata saggezza celi nel ventre il fetido incesto. L’estirpo con rabbia fra ansimi e lacrime, dita nervose stringono e tirano profonde radici, quelle resistono. Sul capo grondante incombono nubi di greve illusione zolle brunite colmano vimini di mortale solitudine infine a sera, la mia terra è una vergine, la luna sorniona mi elogia, domani linda ancora sarà pronto tu sia a un’altra battaglia credi in te stesso mai subirai l’umiliante sconfitta.
Id: 28145 Data: 21/10/2014 13:43:50
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Stella cadente
Peregrina stella la sera il capo stancamente posi sul cuscino di sasso, lenendo il tuo male in un riposo di sabbia, passeggera del treno che sosta in stazioni dall’acre sentore di muffa e stantio di chi la speranza ha perduto nel viaggio, dimmi, perché non risplendi, le stelle altro non fanno; l’universo è un infinito di sogni che la luce percorre senza porsi mai il limite di rimbalzo in rimbalzo da pianeta a pianeta cercando con ansia il trampolino migliore, credi di avere lo stesso diritto dell’elementare lanterna che lenta consuma il suo senno? La letale slavina travolge incurante l’incosciente sciatore ed il candido manto non prova rimorso, l’oceano pretende il tributo di vite serrando caviglie che tanto anelano il volo; allora mio piccolo astro, che solchi la terra intrisa dal sangue di mille ferite che pieghi il tuo fusto di canna palustre, lascia paziente il maestrale chetarsi che la polvere torni alla polvere, librando le ali di tulle al settimo cielo nel desiderio di vette celesti, cogli il frutto proibito. L’amore mia stella cadente, pulsa da distanze infinite sbocciando i fiori di prato da un caldo sospiro, alla sconfitta rinasce sempre un’ inizio; nella fiera tempesta il fascio del faro traghetta vascelli di mori mercanti al porto dei vivi ove lo specchio è increspato di minuscole stelle cadute dal cielo, splendidamente eterne, regine lucenti di un nuovo universo.
Id: 28120 Data: 20/10/2014 12:57:54
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Maledetti poeti
La resurrezione di terribili dei l’aspra verità attinge nel sangue vite predate dal vento impetuoso del tempo che oscura la nobile luce l’arrogante giaciglio è il letto contorto del fiume, sfocia nel mare affranto dalla stessa menzogna disonore silente è squillanti risate è bicchieri di vino, o’vè durlindana l’invincibile lama rosso rubino il volto riflette l’eco di fasti scordati chi pianterà il seme d’amore, c’è forse una baia serena nel lontano orizzonte? sull’ala di brezza marina un gabbiano, si tuffa nel mare nostalgico della strada franata; amica interrotta non indulgi a superstiti è stato gabbato sinnanche prometeo ladro di fuoco a dei gelosi strenua resisti, minuscola brace di critici idioti son piene le sporte la ragione che ispira, svilisce al pensiero maledetti poeti!! or son morti gli eroi con loro una parte di me.
Id: 28053 Data: 16/10/2014 16:29:39
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Lasciati amare
Del fiore sbocciato al gramo bagliore mi voglio nutrire, dissetare l’arsura nel volo infinito di vette abbracciate a nembi perenni, l’araldico vento sussurri a chi ode, colsi la rosa invano non vissi.
Id: 28052 Data: 16/10/2014 16:09:48
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L’amore č...
L’aurora m’investe radiosa e m’abbraccia dissipando la bruma che risposta non cinge stringi il cuscino, frontiera fra sogno e realtà sboccia una rosa dal flebile soffio; gemme lucenti han fermato il mio tempo ed il anche mio cuore e se al risveglio tu mi dicessi addio amore, ti amerei di più, ti amerei come si ama il vento che fugace ti bacia per solitario migrare; nella valigia sul letto disfatto il ricordo di un mare felice. Un’onda focosa m’esilia nell’isola egea. Oh amore legato a catena quanto dorata e leggera, batti ancora le ali nell’alba brillante? La logica umana uccide il sentimento. Il dardo di Eros ha trafitto il mio petto sprizzando quel fiotto purpureo sulla sterile terra; questo mattino sia desiderio immaturo nei cimiteri scordati rinasca un rosso bocciolo è letto di caduche foglie tinte d’autunno lo scrigno virtuoso al tenero seme che tanto aspirò l’illuminante sapienza. L’amore è… semplice amore
Id: 28035 Data: 15/10/2014 17:48:10
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Eutanasia
Eutanasia L’ellenico nome appar simil di donna è armonioso nella pronuncia, eutanasia dolce morte, buona morte, sonno del non risveglio statua dolente dell’asettico giaciglio eternamente legata all’innaturale nutrimento dinnanzi a sguardi pietosi che celano bugiardi l’angoscia allontanando il dolore del fatale domani maschere grottesche di un penoso carnevale, l’estraneo vivere spuntato d’allegria e non serve sibilla per conoscere il futuro Sono morto!!
Id: 28005 Data: 14/10/2014 13:39:27
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ho deciso che...
Ho deciso che… Ho deciso che non perirò come il fiore di campo al desio della torrida estate né l’astuta faina mi sarà carnefice nell’oro del grano nemmeno la folgore squarcerà il tronco contorto. Trapasserò d’eroe dal capo cinto d’alloro sfidando il flutto letale appassionato di vita, l’anima resa immortale.
Id: 27920 Data: 10/10/2014 13:26:40
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fatale menzogna
Fatale menzogna Intagliato da un ramo d’ulivo quel piolo nodoso ho infisso profondo fin nel centro del cuore ove s’incontrano fiumi e maree, lì termina la rotazione del mondo; le certezze son solo dolorosa memoria. Eri il mio premio alla vita, l’uccelletto gioioso il menestrello dell’alba gitana con passo incerto al mattino discendevi le scale la manina a mò di vedetta a proteggerne l’occhi ( ancora sperduti nell’oceano dei sogni) dal vello gaio e dorato che ti copriva di luce spesso il buongiorno cadeva nel vuoto (miraggio stupendo sparivi diritta nel bagno) non capivo se fossi donna o bambina. Amavo l’allegro disordine il tardivo sollazzo a cui ti inducevi, sempre, ed io ribollivo da vecchia teiera mi quietava un sorriso, pagliuzze dorate riempivano il cuore. Il tuo corpo tornito, mirabile opera, per ogni singola curva, ogni delizioso incavo gli occhi chiudevo a fermare il piacere; quel dì ricordi? vestita di fiori, giallo e d’azzurro dissi sei la mia primavera, l’infinita colorata stagione. Irriverenti, scostumati occhieggiavano lame lucenti dai rami del pruno selvatico profanandoti in trasparenze divine “si sa malizia è nome di donna trascende le armi dell’uomo imperioso piegato al volere del turbine irideo” la bruciante passione guidò le mie braccia a sollevarti da farfalla impaziente prodiga di allegre proteste che il desiderio acuivano. Fu talamo addobbato di sete preziose il tavolo in cucina (il letto lontano, posto agli antipodi) aromi di spezie attizzavano il rogo dei sensi; carezzavo i polpacci le tremule cosce le turgide natiche soffermandomi spudorato a godere dell’ansimo dell’estatico istante che toglie la volontà di fuggire… breve volo che brucia le dita nelle vene ora scorre impetuosa l’ira infernale. Silfide amara, svanita nel miraggio insidioso nella fatua menzogna di boschi inconclusi “le mie braccia ora son nude”. Dio pregai non ti portasse lontano da me dopo, solo imprecai quel Dio sordo e crudele.
Id: 27919 Data: 10/10/2014 13:15:58
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