I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.
Stanza Prima: Preludio_ ( opera per violino )
Stanza Seconda: Stratosphere ( parte prima )
Stanza Terza: Stratosphere ( parte seconda )
Stanza Quarta: Stratosphere ( parte terza )
Stanza Quinta: Gran Finale_ ( opera per pianoforte )
Stanza Prima: Preludio_ ( opera per violino )
S’adombra
- chino e scosso -
il crepuscolare moto
- andante -
della maestosa
- nordica -
corrente.
Idillio di funesto candore
appare all’uomo
che tocca le guance del creatore.
Vastità vacua sorprende,
invoca,
scuote,
le tenebre assuefatte all’oblio.
Si contempla l’australe corrente
che abbraccia
- soffocante -
la rarefatta stratosfera.
Stanza Seconda: Stratosphere ( parte prima )
Meccanicistiche movenze
- caduche ed inerte -
avvolgono e saturano,
incessantemente,
il terso cielo
d’aurora affrescato.
Alle prime luci dell’alba
il gelido vento
carezza la calda corrente del golfo.
S’agita l’aria
d’elettrica tensione,
nubi s’accalcano
in squarci angosciosi
di rosa intenso
tra rivoli pallidi d’acerbo sole.
Nulla è tralasciato
all’ordine anoressico
della pulsante stratosfera:
statiche,
purpuree nuvole
sottostanti alle gravi nubi,
incrociano gli sguardi,
- burrascosi -
- di millenaria decadenza -
dell’innevate cime montuose.
E s’agitano i venti,
e si rimescolano le burbere
- antiche -
atmosferiche pressioni:
tutto è instabile
- continuo -
ammassarsi d’infinito
stupore mattutino;
tutto appare,
nella sua silenziosa vastità,
come gotica presenza
d’eterna e lasciva
inquietudine dell’animo umano.
Stanza Terza: Stratosphere ( parte seconda )
Echeggianti
- offuscate -
nubi
s’addensano ad ovest
dell’inerte
- possente -
- sconfinata e satura -
cordigliera delle Ande:
elettriche scariche
tuonano e smuovono
l’asettica postura
del cupo cielo che,
sazio di folgori
- assetato di languidi specchi di ghiaccio -
si dissolve nell’incerta vacuità
del crepuscolare moto meccanico
- incedente e pulsante -
della rarefatta
- condensata -
atmosfera.
Si suicida,
il vento,
nelle mere ed incostanti
pulsazioni
- oniriche -
della roccia
- innevata -
che accoglie il fiato ultimo suo
di vuoto e vacante ossigeno.
A sud-est dei nembi
- infausti e cadenzati -
s’apre la puerile quiete
- squarciata ed urlante -
dell’asmatico firmamento:
muta è la coda
che s’allontana verso l’oceano
in straziante ed aberrante
prosecuzione di tempesta.
Il cielo ora sgombro,
nel logorio atomico
della piangente stratosfera,
osserva la magnificenza del creato
- in stato primordiale -
come ingranaggio etereo
di grazia e splendore notturno.
Angosciante
- stupendo -
Lume
s’accende in lontananza,
sconfinando nell’oscura
bellezza dell’universo,
attraendo l’infinito
con lasciva premura
di benevolenza caustica:
è la Luna
- astro argenteo -
che appare e sconvolge
le naturali forze
con la sua grande mole
ed il suo penetrare orgasmico
nella stratosfera apatica della Terra.
Crateri lasciano ombre
sul polveroso suolo,
bagliori d’oscura presenza
velano il sinistro lato suo,
e con mera introspezione
rilassa la china impavida
dipingendo tela
d’onnipresente marea ascendente;
assordante silenzio
- prepotentemente -
s’instaura nella cavità
opprimente del pensiero:
l’uomo non esiste perché
granello lunare
intrappolato nello specchio
- scheggiato -
della struggente impressione
che egli ha di se stesso.
E la Luna bacia
- azzittendo -
le labbra dell’universo attonito.
Stanza Quarta: Stratosphere ( parte terza )
Considerazioni
- di chiarori serali -
tormentano la mente
nella sua sporadica comprensione del vuoto;
esistenza latente
- paradigma di mera cognizione dell’Io -
puerile trasposizione del cantico kantiano
su tenue accordo di fichtiana armonia.
Trascende l’estasi antropomorfa
lo spazio immemore di vastità infinità:
la glaciale corrente che polverizza
i granulosi sistemi nervosi dell’Uomo
- spastico -
- angustiato -
ridotto ad Essere di paglia
incurvato ad osservare la vacuità
del moto ellittico di Lucifer:
con Milton si compie
l’arguta interpretazione
dell’astro dorato
a scopo di silenziosa immanenza.
Stanza Quinta: Gran Finale_ ( opera per pianoforte )
Da un fiume in piena
siamo sottratti
al nostro luogo d’origine,
portati via da un impulso
- eterogeneo -
- arcaico -
sconvolgente;
e dolcemente ci accovacciamo
sul terriccio dell’umanità,
- spoglia -
in attesa d’un angelo,
in attesa d’un mattino che sia meno oscuro.
Lievi sospiri ci avvolgono,
liberi sussulti del cuore morente,
angoscianti,
sì benevoli sorrisi
ci fanno compagnia nell’immenso
d’una vallata nebbiosa.
Esistenza e Morte.