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La fossa
(a Tymofiy Mykolayovych Shadura)
Esausto l’occhio ammutolito
al crudo inverno
l’ultima cicca sfiati.
Un tristo berretto di lana
sul capo torto,
scarpe mozze
di neve impastoiate,
la pala rugginosa,
dentro la fossa pronta
stai,
diletta amata memorando
i figli e i giorni gai
Nichita in braccio
a raccontar di fole
gomitoli di lingue
calde di camino
l’ultima vodka
e il tiepido cuscino.
Rassegnato e stanco
osservi
la nuda terra scura
e l’homo mercenario di sventura.
(Spara con cautela,
non svegliare il mio sogno
di libero respiro)