I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.
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Frammenti eterogenei:
Frammenti eterogenei: Sono Scirocco su aranci e limoni. Sono in prima fila alle processioni. Sono sempre temuti e rispettati. Sono sempre più uomini d'affari. Sono disposti a tutto per la famiglia. Sono ormai degli eroi negativi. Sono ruote dentate del sistema. Sono false identità alla frontiera. Sono il possesso illegale d'armi. Sono il cemento depotenziato. Sono la lupara. Sono il tritolo. Sono l'intimidazione e l'estorsione. Sono una voragine nel cielo. Sono il silenzio, che regna sovrano. Odiano pentiti e testimoni. Odiano giudici e giornalisti. Hanno prestanome incensurati. Mantengono le famiglie dei carcerati. Risolvono pure le controversie. Gestiscono ospedali e ospizi. Ridono quando vengono arrestati. Comandano anche dalla prigione o latitanti dalle loro tane. Sanno impastare il sangue con la terra. Credono ciecamente nei santi, ma anche nel codice cavalleresco. Sono dappertutto. Sono ovunque. La paura chiude occhi e bocche. La società civile è inerme. L'opinione pubblica non esiste. Le mafie compenetrano lo Stato. Questa è una guerra secolare, ma qui quasi tutti parlano d'altro. Sono pochi i sopravvissuti e molti i morti e gli scomparsi. Agnello di Dio abbi pietà di quei corpi freddi e immobili e fa che di loro resti memoria. Da sottoterra invocano giustizia (beato chi crede nella vita eterna). Signore dei fucili d'assalto fa che i nostri posteri distruggano questa immensa muraglia di silenzio e una cultura che sa di morte. Dio dei sicari e dei mandanti fa che finisca questa mattanza. Nostro Signore degli impuniti risparmia gli innocenti dal male, fa che siano luce nelle tenebre. Fa che possano crescere liberi, fa che diventino uomini giusti e possano fare nomi e cognomi, senza essere santi o eroi.
Trovassi lavoro avrei più decoro e forse una donna. Invece annaspo tra le cose e con le persone (questa assurda contrazione e dilatazione dell'io). Qui ogni scadenza è inderogabile, l'invisibile è indecifrabile e l'imponderabile diviene sempre ineluttabile. Qui le verità sono molte e tutte provvisorie. Uccido in fondo ai fossi i chiari di luna, mentre voi ricercate un senso ed eludete il nonsenso. Io faccio gli sberleffi a un nemico così generico, che è impossibile da combattere (non faccio che ripetermi che è la legge del tutto o nulla: gli stimoli restano al di sotto della soglia). Il mio pauperismo non è frutto di una scelta o di un'ideologia. Non sono un venduto, semplicemente perché non mi hanno mai voluto. Lascerò il mondo senza aver lasciato figli. Nessuna obiezione sulla ritenzione del seme. Ho già scritto la dichiarazione di declino della responsabilità dei miei gesti: troppe variabili aleatorie (ma non voglio fare un rendiconto dettagliato). Ho passato una vita a capire che non avevo niente da dire e nonostante questo volevo persone che mi stessero a sentire. Tra i miei ricordi non c'è priorità: cambiando l'ordine degli addendi la somma non cambia. La mia mente è un vuoto a rendere. Invidio chi si sente speciale e lo scuso perché per vivere bisogna mentire a se stessi. Sognate pure Shangri-La, ma ogni mondo finisce con un pugno di polvere. La morte è un segreto inviolabile. Amen.
Scusa non chiesta, accusa manifesta. Poi mi narrasti erotiche festa. Soltanto agli altri ti donavi, mentre difronte a me recalcitravi. La vita per te era una festa. Non ritornavi mai a casa mesta. Imperterrita ti ubriacavi e poi mi collocavi tra gli ignavi. Sono passati anni e malanni. Forse non insegui più l'effimero. Io patisco i soliti inganni. Ormai non azzanni. Non fai più danni. Adesso non ricerco più il vero e non mi importa dei tuoi affanni.
Mi difendevo dalle tue offese con silenzi eloquenti e ostinati. Tu mi attaccavi a più riprese; gli strali a me erano sempre destinati. Entrambi eravamo parti lese. Eravamo sogni procrastinati, ascese intervallate dalle attese. Ora calcoli e elabori i dati. Sei madre e moglie morigerata. Non hai tempo per gli amanti di ieri. Ora sei perfettamente integrata. Ma ti preferivo disadattata quando il tuo pensiero era in fieri, anche se allora non ci sei mai stata.
Ho visto tutto da una feritoia. Ho vissuto nel disordine apparente. Sono morto mille volte di noia prima che me ne vada totalmente. Io ho mischiato cielo e terra. Non mi sono mai davvero redento. Ho perso ogni battaglia di ogni guerra. Mi sono sempre salvato a stento. La mattina canticchio un motivetto perchè il silenzio non è dei vivi. Mi sento più oggetto che soggetto. Sono da sempre un essere abietto, sopraffatto dagli interrogativi. Alle parole tolgo il belletto.... Nel niente l'esistito e l'esistente? Tutto cadrà nel vuoto alla fine? È una vessata questione insistente (spero in un rilascio di endorfine). C'è l'obsolescenza programmata anche per noi poveri esseri umani (pagare la rata, segnare una data, sperare sempre di essere sani). Vivere, ovvero sporcarsi l'animo, ci renderà alla fine più saggi e con noi Lui sarà più magnanimo? O meglio finire con malanimo? Cessare ora tutti i viaggi, sperando nel giudizio equanimo?
La vita è una sequenza di gesti, di frasi fatte, di luoghi comuni. Viviamo di automatismi mesti: alla quotidianeità già immuni. Voglio pensare al sistema solare ed invece consigli per gli acquisti. Voglio respirare e camminare e non pensare più ai passatisti. Credo nella mente universale. Mi sento osservato e osservatore di questa entità non materiale. Aspetto una svolta epocale. Ma della coscienza siamo all'albore e per ora regna sempre il male.
Percepiamo dalla culla alla tomba odori, suoni, sapori e colori finchè Qualcuno il cielo piomba e finiscono incontri e dolori. Tutti gli anni vissuti ( albe e tramonti), tutta la vita, in un istante solo. Forse con Qualcuno faremo i conti. Ognuno reciterà il suo ruolo. Per ora ci godiamo la stagione. Niente lascia presupporre la fine. Per ora non si pone la questione. Dell'Estate intoniamo il tormentone, facendo le smorfie alle beghine e a qualche tricheco bacchettone.
Io non so che simboleggia una rosa. Non so neanche chi sono davvero. Non so cosa vuole dirmi ogni cosa. Non so chi sono, chi sarò, chi ero. Dove mai finisce l'identità? Dove invece inizia l'essenza? Nessuno sa davvero la verità o non la dice mai per reticenza. La vita ha le sue zone morte: ore sprecate, gettate nel nulla. Ma la vita ha anche molte porte. Non si sa che ci riserva la sorte. La fortuna è un'eterna fanciulla, che non si lascia mai fare la corte.
È un nodo impossibile da sciogliere, nonostante mestiere e esercizio. Sono istanti rari che può cogliere solo chi non è avvezzo ma novizio. Non ci vogliono le metafisiche. Ci vuole una felice intuizione per carpire immagini mitiche e per giungere ad una agnizione. Ma non ci sono molte alternative: vivere o essere fino all'ultimo. Non ci sono altre fonti sorgive. Non ci sono analisi comparative. Io sono sempre stato il penultimo a trovare parole sbrigative. Vivo all'insegna del minimalismo e sono rimasto con l'essenziale. Me ne frego di ogni altro ismo. Forse faccio bene o forse male. Tu continua a sgranare il rosario. Io non credo più in ciò che credi tu e passo il tempo a scrivere un diario. Tu arruffianati pure con chi sta su. Non ce l'ho davvero con chi dà le carte, ma quante sono le disuguaglianze e che caos tra chi viene e chi parte ! Me ne starò qui sempre in disparte, evitando tutte quante le lagnanze, amando questo mondo e la sua arte.
Ammiro gli scorci della Toscana dal finestrino dell'automobile. Con la Primavera esco dalla tana. Ora si dilegua ogni nube ignobile. La strada serpeggia tra le colline. La brezza carezza i nostri volti. Sembra che le rose non abbiano spine. Ma l'infelicità ha più risvolti. Non basta rasserenare l'anima per qualche risonanza interiore. Ci vuole qualche annata magnanima, che ci accende, ci risveglia e rianima. Ci vuole un evento: un latore che rechi il messaggio di una buonanima.
Id: 39683 Data: 08/10/2016 15:03:40
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Quando
Quando guardi le rovine di un'antica civiltà pensa che un tempo c'erano sospiri di fanciulle dove ora l'aria gioca con la polvere. Quando pensi di scegliere tra molte opzioni ricordati che labirinto o deserto portano alla stessa morte. Quando pensi alla tua vita non pensare troppo a che punto sei del tuo viaggio. Quando indossi mille maschere ricordati che puoi essere chi vuoi, ma metti a rischio la tua identità. Quando pensi che la realtà non è come ci appare non significa che la realtà sia illusione. Quando dici che un fatto è probabile non è detto che poi accada. Quando dici che un fatto è improbabile non è detto che poi non accada. Quando cerchi di pensare al niente in realtà poi pensi sempre a qualcosa. Quando guardi le stelle ti senti un'infinitesima parte del tutto. Quando pensi al tutto pensi ad un'infinitesima parte di Dio.
Id: 29389 Data: 18/12/2014 22:52:45
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Impressioni(2008)
1/La vita è nei tavolini dei bar d'Estate. È nel rivoltolare dei corpi innamorati nei prati. È nelle scritte degli studenti sui muri. È nell'acciottolio delle cucine. È nei cani che annusano i vicoli. È nelle impressioni di un viaggio in treno. 2/E' tutto qui. La lente è sempre concava o convessa. C'è sempre una cavità o una leggera gobba, che deforma e trasforma. 3/ Il cielo è una distesa immensa. Non esistono spazi territoriali. Non ha frontiere. Il cielo. Ritrovare l'immaginario sulle scale. Romanzi moderni sul tavolo. Umori altalenanti. Un tempo un'aurea magica sembrava circondare le cose. 4/ Dissonanze, sentimenti fuggevoli, equilibri instabili, figure tipizzate, coagulo di sensazioni, autoestraniazione. Le ossessioni di una società sclerotizzata e sterile. Mondo maledetto !! Mondo eracliteo !! L'occhio non trova mai riposo in certi riflessi di sole. L'occhio trova appigli solo in un altro sguardo. È un azzardo rompere il guscio delle cose, dissolvere codici per intravedere l'essenza. 5/ Siamo ciò che facciamo e ciò che non facciamo. Siamo ciò in cui crediamo e ciò in cui non crediamo. Siamo ciò che pensiamo e ciò che non pensiamo. Siamo ciò che sappiamo e ciò che non sappiamo. Siamo ciò che capiamo e ciò che non capiamo. Siamo ciò che viviamo e ciò che non viviamo. Nessuno sa veramente cosa siamo. 6/ Ma adesso basta. Adesso è l'ora di definirmi pazzo, perché pazza non può essere una cittadina o una nazione. Non c'è niente della vita che si concentra in un luogo. I simboli, gli indizi, le vie di fuga vengono disseminati casualmente. Ci sono carambole di doppie negazioni, vuoti, luoghi comuni e filosofie a buon mercato. 7/ Tuttora non sappiamo cosa ci plasmò. Forse hai ragione tu: siamo un pulviscolo irradiato per un frangente. Niente altro che questo. È inutile mentire spudoratamente. 8/ Avrei voluto essere più bello di un antico Dio per farti innamorare così tanto da consumare tutti i tuoi sospiri. Ma io non ero un antico Dio e tu dopo qualche convenevole da me fuggivi. Fuggivi da tutti allora. Il mondo ti inseguiva e tu fuggivi. Ora cammini sulle stesse orme di un tempo e ti tocca inseguire il mondo, perchè il mondo in gioventù è instancabile predatore e in maturità è inafferrabile preda. 9/ Il lunapark della mente!!! All'angolo della strada un manifesto strappato. Il senso del discorso appeso a un filo. Un filo reciso. Il senso si è perso per sempre. Di strato in strato fino alla nuda interiorità. Poi pietrifichi nella memoria una scena. Quei passi all'imbrunire che attraversano la strada. Quegli uccelli immobili sui fili della luce. Sono un bambino impertinente, che si muove a carponi sul terreno impervio dell'immagine che si fa parola. 10/ Nella voce di un uomo vengono custodite le voci dei suoi antenati e dei suoi posteri. Il tempo ha orecchi. Il tempo origlia continuamente la tua voce: tutte le emissioni, le intonazioni, le parole. 11/ La quiete è questa parvenza di immobilità, in cui le cose e i colori sembrano confidarsi alla malinconia. 12/ La nebbia e la rugiada si adagiavano sugli alberi e i prati. Un fischio interrogò la notte. La notte non rispose e l'avvolse. Poi solo battiti di ali e uno stormire di foglie. 13/ Io tra mille poetiche dell'inconscio e dell'altrove.Io a caccia di terre di nessuno e di sinonimi del nulla (queste mie parole sottintendono la ricerca infruttuosa di un pensiero poetante). 14/ La città moltiplica rumori e voci. La città è infinite laringi, è infinite corde vocali. Gli altri non ti ascolteranno. Tu comunque ascolta altre voci. 15/ Volevo oscurità, silenzio, vuoto e deserto. Ma qualcosa è pur sempre restato. Ora ho molti ospiti dentro di me: i microrganismi del niente giorno dopo giorno distruggono le fondamenta di me stesso. 16/ Di quei vetri appannati restano solo schegge nei ricordi. Viviamo poco. Conserviamo ancora meno. Ed è così per tutti. Mangiare, bere, camminare, lavorare, annoiarsi, scopare. Vivere è questo e quello. Ed e' così per tutti. 17/ Le strade sono quei non-luoghi, che ti portano in altri luoghi. Le strade sono come i ricordi. 18/ L'Arno mi conta da sempre gli anni e mi ricorda i miei disinganni.
Id: 26659 Data: 25/07/2014 16:25:03
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Goffi versi di un poetastro(2008)
"GOFFI VERSI DI UN POETASTRO"[2008]:
IL POETASTRO E’ perfettamente cosciente che dei suoi versi non si occuperà nessun italianista, che il suo nome non comparirà in alcuna storia della letteratura. Non saprà mai con esattezza stabilire quale istinto o quale filo lo conduca alla scrivania o al monitor. Disdegna ogni arcaismo, spesso cade nel canzonettistico. Di tanto in tanto ringrazia il creato per questa terapia della parola, priva di costi e tariffario. Spesso se ne sta in disparte, schivo e riservato in attesa di qualche epifania per un nuovo canzoniere. Il meglio di sé lo dà quando è depresso e si masturba mentalmente sui ricordi. In alcuni critici suscita sarcasmo, odio ed indignazione; in altri ilarità, compassione e rassegnazione. Ma si dimenticano che le sue parole sono esternazioni o pura espressione di una sensazione. Alcuni snob vorrebbero metterlo alla gogna; altri ancora per non farlo più scrivere vorrebbero tagliarli piedi e mani o quantomeno lesionargli l'area di Broca. Si dimenticano che senza i suoi versi non ci sarebbe alcun termine di paragone: nessun grande poeta vive di oscurità propria, ma ha bisogno dei chiaroscuri dei poeti minori, delle tenebre del poetastro.
PARMENIDE La mente spesso porta a pensare a ciò che non è. Così sosteneva Parmenide nei suoi ventuno frammenti geniali ed appena letti pensavo che forse non esiste un prima ed un dopo, un inizio e una fine, ma tutto è Essere, anche se poi non tutto l’Essere è rischiarato dalla vita.
ANCHE LA MORTE SI RIPOSA UN PO’ La morte si riposa un po’ la Domenica. Ferma meno cuori e meno meningi per le feste. Dimostra un po’ di umanità almeno in questo. Mai però abbassare la guardia; lei lavora sempre ininterrottamente. Spesso è così brusca da non lasciare il tempo di una confessione o di un epitaffio autografo. Lascia agli umani la colpa, la pena, la vergogna. La sua dimora è la più ospitale, accoglie tutti indistintamente. Tutti abbiamo paura, anche gli epigoni di Epicuro. Ma inutile dilungarsi, la conoscono tutti, anche i viventi, almeno per interposta persona.
PAESAGGIO Paesaggio, gorgo della visione, elogio dell’inconscio, abluzione per purificazione. Paesaggio, che rimani immobile e indifferente sullo sfondo di tutte le esistenze. Paesaggio quotidiana coazione in cui alberga l’assurdo, in cui chiudo la mia sillabazione.
DUE SIMBOLI Non è più tempo di vagheggiare. Abbiamo bisogno solo di due simboli: lo specchio per l’identità e la falce per la sorte. Se ogni rintocco non fosse un presagio, se il salice non si piegasse alla tempesta, se le mille porte socchiuse che ho aperto non mi avessero mostrato un misfatto, se la luna avesse il volto di una donna potrei ancora essere un sognatore senza sogni, potrei ridere degli inganni dell’esistenza, degli occhi e delle mani che mi daranno la morte.
L'AVVITAMENTO “Ci vuole la stessa filettatura, perché avvenga l’avvitamento tra le cose, ma forse questa non è un’analogia forzata per tutti gli esseri, che vivono sotto il firmamento?” mi chiedevo, parlando con me stesso o con un altro doppio più disincantato, che rasentava ancora i muri con passo incerto e trafelato. Attendevo una risposta, forse anche un giudizio sommario: avevo gli occhi del testimone, l’ansia dell’imputato. Ma non ebbi risposta, però la corte emise la sentenza e venni risarcito per ogni mio desiderio inappagato, anche se l’inespresso o l’inesprimibile regnò incontrastato.
COSE COSI’ DIMENTICATE Rose fiorite e baci non dati avvolti in un sudario di polvere e cenere, inchiodati a una croce di terra e pietra. Chi piangerà sulle nostre tombe? Ben presto saremo cose così dimenticate da sembrare mai esistite.
L’OMBRA E LA LUNA I campi di grano chinano le spighe all’incedere del vento. La pioggia sa di nubi, i prati sanno di pioggia. Quando cammini ti dimentichi delle stelle della luna della tua ombra. La tua ombra parla alla luna, ma la luna non ascolta.
LA LAMPADA E LE FALENE Sopraggiunta la maturità molti protagonisti diventano comparse, pagando per tutta l’esistenza quegli errori, alcuni invano si ostinano ad essere copie o semplici parodie di quel che erano in quei giorni. Un tempo beffardi all’ombra delle siepi o sugli scalini di una chiesa ridevamo spesso. Ma quella stagione era più beffarda di noi, dispensatrice di effemeridi e delusioni, non sciolse nessun nodo e non condusse a nessun approdo: era la lampada che rischiarava la stanza, noi le falene impazzite.
ZACCHEO Nella Bibbia si trova scritto che è più facile che un cammello passi dalla cruna di un ago che un ricco entri in paradiso. Ma oggi Zaccheo non ha più bisogno di salire sul sicomoro per farsi notare e condurre nella sua dimora il Cristo; così perdura il matrimonio tra alta borghesia e porporato, tra stato e vaticano, tra fede e denaro.
LA MOSCA “La mosca con le sue minuscole ali e zampette sorvola sulle nostre teste e si posa dappertutto. Ma grazie ai suoi occhi mirifici sa più lei di noi che noi di lei. Con il nostro sistema visivo rudimentale noi non sappiamo nemmeno riconoscere una mosca dall’altra”. Così mi disse, dopo un drink uno studioso di scienze naturali filosofeggiante. Ancora oggi non so se fu un’intuizione fulminante o se fu frutto di una riflessione estenuante.
ALTROVE “Altrove. Tu sai che la luna si affaccia anche ad altre stanze, che esistono migliaia di piazze assolate. Tu qui ed ora sei escluso dalla vita”. Altrove. Oltre questi prati e questi orti, oltre il mormorio del fiume. Oltre questa periferia. Altrove, come se il nonsense non rimanesse spesso impigliato alla mia rete. Altrove, come se questo cielo non fosse un volo di stormi, come se l’apprendistato non durasse per sempre. Altrove, come se i miei giorni venissero scoloriti solo da questi luoghi.
LA CHIOMA DI BERENICE Io non sono Callimaco e la tua chioma non è quella di Berenice. Potrai donarla ad Afrodite, ma nessun soffio, nessun prodigio la tramuterà mai in una costellazione. Un tempo era sufficiente una chioma, un poeta e un astronomo per creare un mito. Oggi ci vorrebbero all'opera gli imbonitori di tutte le televisioni. Poi ogni chioma ha la delicatezza d'animo e i versi che si merita, così come io mi merito questo supplizio.
ERACLITO Quasi tutti i filosofi antichi cercavano la causa prima della materia negli elementi della stessa materia. Eraclito invece disse che la natura ama nascondersi e antepose a tutto il Logos, ma i posteri dormienti hanno imparato soltanto che non ci si può bagnare due volte nello stesso fiume. Eraclito- dovunque sia- se la ride, ma d’altronde anche il suo linguaggio amava nascondersi...nell'oscurità.
I CAMBIAMENTI E L’ESISTENTE C’è chi dice che col tempo non si cambi per niente, perché ha il fine precipuo di voler giustificare l’ordine delle cose, la gerarchia delle strutture, l’esistente. C’è invece chi afferma che è esclusivamente questione di opportunità e di ambiente, assume la posa di intellettuale (pur ignorando la differenza ontologica tra essere ed ente) e si arroga il diritto di mistificare l’esistente. Un individuo intelligente diviene un deficiente e un povero sfortunato il delinquente. Altri ancora a proprio piacimento alterano l’esistente e sostengono che certi tratti e certe caratteristiche possono mutare, mentre altre restano invariate. Ma l’esistente è sfuggente ed irriverente e non vuole né giustificazioni, né mistificazioni, né alterazioni che lo cataloghino per sempre freddamente.
IL FALO' Dicono che fosse un poeta, ma non lasciò traccia. Fece un falò delle sue opere, perché odiava il mondo: non volle fama postuma. Preferì morire due volte che una volta sola. Coloro a cui lesse le sue cose sono morti. Chissà forse rimane ancora qualcosa delle sue parole nell’aria o qualcosa di lui in noi.
ARONNE Si chiamava Aronne ed era un maestro di piano francese. Diceva alla gente del paese: "un giorno di qui passerà la guerra. Che futuro avranno mai questi bambini, che giocano nei cortili?" Nessuno gli rideva in faccia per rispetto, ma quando si assentava tutti si dicevano: "Ha fatto come Don Chisciotte. a leggere troppi libri si impazzisce". Ma qualche anno dopo ascoltando la radio, capirono che aveva ragione. E quei bambini invece di giocare nei cortili iniziarono a giocare nei rifugi, scavati negli argini e nei poggi.
IL CRINALE Non tutti i segni di vita divengono tracce indelebili. Si perdono nel niente una fiamma tremula nella notte, le luci di lampioni che oscillano al vento, gli squarci di campagna visti dal finestrino di un treno, l’immagine del proprio volto riflesso nella pozzanghera, la forma delle nuvole, certe figure di donna che attraversano la piazza. Trova asilo nella mente solo ciò che è rimasto confitto nell’animo. La sorgente del molteplice è inesauribile. Il divenire poi è il crinale che unisce l’essere e il nulla.
COME LE TORTORE Poche sillabe chiosano le pagine del tempo. Orologi e calendari testimoniano appuntamenti mancati e occasioni perdute. Il presente ci fornisce gli alibi e le recriminazioni per il passato. Abbiamo imparato a collocarci ai margini di ogni spazio da riempire. Siamo come le tortore, che sorvolano ogni ramo e ogni stelo, oltrepassano il canneto e placano la sete nell’acqua putrida del fiume. Ma a differenza di noi non sanno che si nutrono di ciò che darà loro la morte.
L’EFFIMERO E LA RAGIONE Perché chiedete misericordia ed equità? Non sapete della nostra insensatezza? Siamo intrisi della follia di quest’epoca, sorreggiamo il peso della storia del mondo. L’effimero custodisce i postulati e gli assiomi del nulla, la ragione elargisce ossimori ed antinomie per noi ed anche per voi, che non conoscemmo e che non conosceste la disperazione di Giobbe. Se scendessero gli angeli non sapremmo e non sapreste distinguerli dai corvi. I non ancora nati e i defunti sorridono di noi dall’alto della loro condizione immateriale.
COMPAGNA DI VIAGGIO Mi stavi dinnanzi nello stesso scompartimento. Feci finta di non riconoscerti. Tu ricambiasti e fingemmo di ignorarci reciprocamente. A distanza di anni ancora il mio silenzio era una sconfitta, il tuo invece un trionfo. Sapevamo entrambi che proferire anche una parola sarebbe stata pura convenzione, banale finzione. Tu leggevi un romanzo con aria annoiata, solfeggiavi gli istanti con indifferenza. Io a tratti guardavo fuori dal finestrino le colline indorate dal sole primaverile, a tratti invece fingevo di dormire. Non era l’imbarazzo di due estranei, di due compagni occasionali di viaggio, ma di due destini che brevemente sembrarono diventare una stessa storia. E’ un ricordo come tanti di un viaggio qualsiasi di un giorno come altri. I ricordi poi non valgono alcunché se non sono condivisi almeno da due memorie.
LA TANA Il mio corpo si nutre di cose, il mio animo di umori altalenanti, la mia mente di assenze. La gioia è un ospite raro ed inatteso. I pensieri di ieri raramente divengono solchi nella memoria. Voi varcate pure ogni soglia, ma la vostra conoscenza è solo un inutile conforto. Volgete pure il vostro sguardo all’infinito troverete il nulla, volgete pure il vostro sguardo al nulla troverete l’infinito. E voi altri….la fede che ostentate è solo paura del giudizio di colui ci osserva senza essere visto, di colui che dicono regga il regno dell’invisibile. Sono stato per migliaia di istanti in precario equilibrio su questo terreno accidentato in attesa di un evento: una quisquiglia , che per me sarebbe stata un piccolo miracolo, da parte della natura, delle cose o di chi mi viveva attorno. Ora ciò che credete una gabbia non è altro che la tana per il mio inverno.
LE DINAMICHE DEL DESIDERIO Se la solitudine ti opprime ricordati che le dinamiche del desiderio sono senza senso. I più scelgono non per affinità elettive, ma un volto tra i volti, un corpo tra i corpi, un sesso tra i sessi. Nient’altro che questo. L’eros ha leggi arcane, che non sono governate da alcun nesso logico. Anche le donne che scelgono il consorte per interesse, dopo un’accurata analisi costi/benefici, si scelgono come amante un volto tra i volti, un corpo tra i corpi. All’inizio quel che chiamano amore è uno sguardo, un balbettio, un rossore. Poi l’usura del tempo fa il resto e le storie d’amore spesso divengono vincoli indissolubili di noia ed abitudine. I più ignorano o fingono di ignorare che ogni nuovo nato è frutto spesso non di una scelta consapevole, ma dell’aleatorio e dell’assurdo. Forse vivono meglio, ingannandosi o dimenticando che siamo prede dell’irrazionale. Solo la natura sceglie veramente. Nient’altro che questo.
COSE TRA LE COSE Puoi giocare con il paesaggio, il cielo e l’orizzonte ad libitum. Non scaturirà nessun prodigio nei secoli dei secoli. Metti pure tra parentesi l’eternità e il niente. Non siamo fatti per questo, ma per essere ormai cose tra le cose, parole logore tra parole logore. Ignora varianti di stagioni, vie e profili. Ignora la lungimiranza del depresso, la mesta estraneità del solitario, che vaga per strade e piazze senza che nessuno lo chiami per nome. Ignora di essere sospesa tra radici e confini. Ignora che chi genera è anche colui che distrugge, se esiste. Forse vivrai pienamente, forse ugualmente non ti resterà che qualche istante tra tutti quelli da rottamare. Forse non ti resterà che la consolazione delle ombre, qualche associazione di idee e questi miei goffi versi liberi.
IL GRIMALDELLO Li trovi in comitiva dentro ad un bar a ridere e a sorseggiare un aperitivo, dose omeopatica del loro quotidiano. Nella testa qualche refrain di successo. Le loro parole non hanno inizio né fine, non giungono mai ad un binario morto. Rispondono con sicumera ad ogni domanda. Le loro sentenze dissipano i dubbi all’intera comunità. Cosa importa se il pettegolezzo diviene calunnia, la calunnia diffamazione, la diffamazione verità incontrovertibile? Amano la penombra, odiano essere messi in controluce. Disseminano indizi delle loro malignità, ma evitano sempre di lasciare prove certe. Dicono di possedere il grimaldello per entrare nelle vite private altrui. Agiscono in modo discreto, ma riescono sempre a portare a termine il lavoro. Quando si imbattono in una loro vittima sanno perfettamente glissare su certi tasti. Invecchiano tra ilarità e luoghi comuni. Rovinano vite altrui da onesti incensurati. La chiesa è sempre gremita ai loro funerali.
TRA QUALCHE ANNO Se ci sarò ancora tra qualche anno dirò che i miei anni trascorsero tra invettive e invocazioni, tra sberleffi e compensazioni. Dirò che le mie parole furono quando esuli e quando straniere. Gli altri sorrideranno e penseranno che sono pazzo. Allora non saprò più niente di te, nè tu di me. Chissà se il Fato ti farà ancora entrare ed uscire da storie anonime? Ma tu che dirai? Tu che sei stata più volte eterna e in bilico tra il vissuto e il trasognato, tra il reale e il trasfigurato, tra il poco detto e il molto pensato, tra il poco saputo e il molto ignorato?
L'OBLIO Ci accorgiamo forse dei fili d’erba che crescono, dell’edera che si attorciglia e si abbarbica, di nuove infiorescenze o della linfa che scorre? Sonnambuli o automi del tutto perdiamo facilmente la trama e l’ordito, inconsapevolmente affiliamo la scure, inconsapevolmente la rivolgiamo alla razza umana, ma anche la nostra barbarie è destinata all’oblio.
TRA TERRA E CIELO Tra terra e cielo aria e sangue impulsi nervosi, palpiti, conversazioni, azioni, bisogni, pulsioni, le istanze della carne e della psiche, ansia di assoluto, nascita e morte, e le stelle che danno meraviglia e sgomento, e il loro pulsare eterno, sguardo di avvoltoi sopra le nostre carcasse. Tra terra e cielo noi siamo tutto questo, più o meno e tralasciando certi dettagli marginali, nel nostro cammino incerto.
CHI RESTA E CHI VA Dopo aver conosciuto luci di mille città e mille passi di donne potresti ripresentarti, autentico cittadino del mondo, sotto mentite spoglie. Ma saprebbero davvero riconoscerti? Avresti le vibrisse per orientarti? Con buona pace degli hegeliani non è automatico che chi esce fuori di sè ritorni in sè. Il tuo desiderio è interdetto. La porta d'ingresso per te rimane invalicabile. Sei in mezzo a chi resta e a chi va. Sei sospeso sulla soglia. Intanto il tramonto continua a sigillare il giorno, i bambini continuano a tagliare le code dei ramarri o a far rimbalzare i sassi nel fiume.
MEGLIO NON DIRE La mia terra è questi campi di girasoli, che rivolgono i capolini al sole. La mia terra è tutta un alternarsi di luci ed ombre tra le chiome dei pini, tra le cime dei cipressi, tra i vigneti e gli uliveti. Ma non tutto qui è un idillio bucolico… meglio non dire…. mi avvalgo delle facoltà di soprassedere e di tacere, mentre molti fingono di non vedere.
QUELLO CHE AVEVO DA DIRTI Le tue parole tra il didascalico e il sentenzioso. Continuavi a ripetermi ironicamente: “Vogliono salvarsi l’anima, ma non riusciranno nemmeno a salvarsi la psiche”. Il mio sguardo incontrava il tramonto e tutto quello che avevo da dirti se ne andò in esilio nell’universo della farneticazione. Ora non sei che un’immagine tremula nell’acqua smossa dal vento.
NIENTE DI PIU' Immagini e slogan da metabolizzare ad ogni ora. Immagini e slogan, che persuadono, suggestionano, obnubilano, occultano. La parola autentica non può che essere esortativa. Niente di più. Il mondo è dati e numeri, identità in frantumi, nostalgia senza più memoria, regole prive di valori, denaro per consumare e metafisica del corpo. Le idee sono cadaveri putrescenti. Tutto per essere veritiero deve necessariamente ricondursi ad un orgasmo: finalità, repressione, sublimazione o semplice allusione. Il noi si fa singolare: dalla solitudine nella folla alla solitudine nella coppia. L’io è sempre più plurale.
DUE MONDI SEPARATI A te mi rivolgo corpo assopito sul letto disfatto; a te mi rivolgo, al significante delle tue cellule, al frullo d’ali, allo zirlo del tordo, allo scorrere della clessidra e alla calce. Ti dissi un tempo che il nostro nemico era l’inconsistenza, che nel mio dizionario era sinonimo di inesistenza. Tu ridesti di me e rispondesti che il mio vocabolario era fatto solo di linguaggio privato. Tu sei ciò che hai sfiorato senza cogliere ed anche ciò che hai colto senza accorgertene. Con il tempo scoprirai che non sono due mondi separati, che non esiste una linea di demarcazione tra il lavorio inutile e la fulminea intuizione. Scoprirai che le evocazioni possono tramutarsi facilmente in invocazioni.
DALL'APEIRON ALL'APERITIVO “Non esiste il fatto in sé, ma anche le interpretazioni. A questo punto non è questione di tassonomia o di dove finisca la percezione e dove inizi il linguaggio. Il problema è che bisogna porre dei veti alle interpretazioni per non cadere in un relativismo, che sarebbe la maschera del nulla”. Così mi dicesti ed era sera. Fu allora che ti risposi: “Lasciamo la filosofia alla sua sorte e passiamo dall’apeiron all’aperitivo”. Il barista era un amico e ci fece anche lo sconto.
FRAMMENTI COSI' ETEROGENEI Questo sistema abbisogna dell’apoteosi, dell’eclatante, del superlativo: ogni settimana è necessario un nuovo divo. Talk show, reality show, calciatori, ballerine, telenovelas, morti bianche, infanticidi, delitti familiari , guerre in paesi dimenticati, club privè e annunci porno….. a volte mi stupivo che il mondo fosse fatto di frammenti così eterogenei... …bruciai il nostro epistolario per abbandonarmi definitivamente all’incompiuto. L’isolamento autoinflitto moltiplicato per l’inquietudine dà come risultato l’irrealtà. Nei tuoi occhi balze e calanchi, nei tuoi occhi rami e viticci, nei tuoi occhi zolle e radicchio, nei tuoi occhi boccioli, bacche e larve. QUESTA NOTTE Questa notte impasta oscurità e ignoto. È eterna preghiera inevasa. SOLITUDINE Quei colli e quelle vigne chiedono sempre ombra e luce al cielo spalancato dall'Estate. Come il corpo di un uomo chiede il corpo di una donna alla notte spalancata dalla solitudine. SORRISO La luce e l'ombra tremavano sulla superficie del tuo viso e lo schiudersi delle tue labbra approdava a un sorriso. Luce e ombra tremavano sui tratti del tuo viso e venivano insidiati da un tuo sorriso. NODO Nessun nodo scorsoio impiccherà sguardi e parole, perché i nostri sguardi e le nostre parole sono state erba, vento e sole LA MIA TERRA la mia terra è colline e pianure nel mite inverno trafitte da raffiche di tramontana. LEVARE Si tratta di togliere e non di aggiungere. Si tratta di levare e non di battere. Come gli scultori. Noi stessi siamo come pietra lavorata. NON SONO Io non sono un poeta. Io sono lo sproloquio illogico. Io sono il verso di un folle. Quel folle è il poeta che non sono. Amen. MA NON.... Puoi vivere e avere nelle tasche solo un biglietto scaduto e pochi spiccioli. Ma non puoi vivere all'ombra di una frase o di un saluto. NULLA PIÙ Le navi toccano l'orizzonte. Guardi dove il mare sembra elevarsi al cielo e il cielo sembra immergersi nel mare. L'esistenza per un istante sembra un gioco da innamorati, di mani che si intrecciano con altre mani. Solo un istante. Nulla più. ATOMI Questa aria e questa terra contengono atomi di morti. Cosa unisce ora questi atomi nostri e cosa li disperderà dopo la nostra morte nell'aria e nella terra? 1900 Ho visto i tuoi occhi guardare il secolo scorso. Li ho visti assorbire tutto il bene e tutto il male: scoperte della scienza, diritti acquisiti, innumerevoli errori ed orrori. LA PORTA Ci sono donne, le cui mani sanno parlare alle rose e ai gatti. Ci sono donne, che danzano con la notte. Ci sono uomini, che sanno parlare alle gambe di quelle donne. La porta dell'umanità continua a aprirsi e a chiudersi. Nonostante tutto. ALTRE LABBRA Quei muri conoscevano le nostre scritte, i nostri rossori, le nostre labbra. Adesso che sei donna hai dimenticato quei muri e quei luoghi per altre labbra. UN TEMPO Lascia che questa città sia benedetta ancora dalle sere d'Estate. Lascia che queste strade siano benedette ancora da un cielo terso. Lascia che questa città ci maledìca per sempre. Un tempo anche noi siamo stati benedetti dalle sere d'Estate e da un cielo terso.
Id: 26546 Data: 16/07/2014 13:25:55
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Pubblico ludibrio(2006)
PUBBLICO LUDIBRIO(2006) N.B: nel regno dell'inconscio 1 Essere come una pianta, che ha fame di sole. Essere come una pianta che, per crescere, deve essere abitata dalla luce. E invece abitare pensieri, che non giungono nemmeno all'ombra delle cose. 2 Di te luna stasera qualche labile traccia. Stasera sei quasi una comparsa. Sei quasi l'ogiva di un volto evanescente. Il tuo riflesso argenteo benedice l'amalgama di corpi innamorati e l'amare senza amore. 3 Una nebulosa di associazioni mentali, frammenti di identità alla deriva; oscillano gli opposti e in qualche decimo di secondo ecco il tutto indistinto e il paesaggio si eclissa, gli snodi dei rami nel cortile non ritagliano più spazi marginali di cielo, non pregano più questo cielo gravido di nubi. Rimangono le pulsazioni di questo mondo e l'implicito, il rimosso, l'omesso ci liberano dallo sguardo della natura. 4 Non so se il mio volto ha una sua ontologia. Non so se ogni mio gesto è una pura tautologia. Non so se le tue labbra hanno la stessa consistenza di frasi di circostanza, pronte ad ogni evenienza. Non so se ogni mio viaggio è un viaggio iniziatico. So che all'improvviso dell'ordinario si può liberare il magma dell'epifania. So che la mia mente è fatta di spazi bianchi e di reminiscenze. So che approdare alla verità umana significa includere anche, oltre alle grammatiche provvisorie ed alle costruzioni logiche della mente il prerazionale e ciò che è viscerale. 5 Una donna con la sporta della spesa, che aspetta l'autobus ed osserva rami spogli e contorti; un uomo assorto nei suoi pensieri; tre adolescenti e le loro risate, che risuonano nella piazza. Si intrecciano passi frettolosi, si incrociano sguardi curiosi nella piazza assolata. Simboli di vita e segnali di morte coesistono nel cuore della piazza. Ma a dire il vero la maggior parte delle volte accadono cose di poco conto (cose così insignificanti che nessuno le nota nel cuore della piazza). Qualcuno raramente resta in attesa di una rivelazione o di una piccola rinascita. 6 Le tue molliche di pane da donare ai pettirossi. Vociferano le fratte ed ogni invettiva alle stelle ha una caverna smisurata, un voto latente all'odio delle cose eterne. E se di una biografia fossero importanti i trucioli e le pagliuzze? I sepolcri dei millenni hanno sempre il solito antico epitaffio, che sentenzia insano sugli angeli caduti. 7 La passione del fabulatore si perde tra le usanze delle ombre. Incuneati tra le pieghe dei rapporti sociali e strappa la corteccia del chiacchiericcio e delle moine. Frasi come fiori di carta. Bruciale. L'ingranaggio impazzisce. Vertigine di una voragine, che si avvita su se stessa. L'inferno è questo essere complici della commiserazione. 8 Piove sul becco di un usignolo e sugli appuntamenti di lavoro. La solitudine di quella donna con la sporta della spesa non cova segreti incommensurabili, ma un amaro sorteggio. Non credo sia didascalico questo discostarsi da un paesaggio monotono, che disubbidisce per ogni fibra e ad ogni lato alle labbra asserragliate della luna. 9 Le ore sono fatte di silenzi e di parole. Le ore, salvo alcune eccezioni, cadono nel vuoto. I giorni, salvo alcune eccezioni, sono irriscattabili. Ogni silenzio ha i suoi codici e le sue valenze. Se ti chiudi in un silenzio i tuoi pensieri volgono all'assurdo. La solitudine rientra nell'aleatorio. 10 Tra l'incudine e il martello, tra l'ozio irrorato ed un torello vengono ricostruite pezzo dopo pezzo le giunture della dialettica padrone-servo. I cardini dell'ordine costituito non contemplano le contingenze e le concause. Sentinelle sempre vigili non sanno delle tue emicranie e del male votato a cancellare da sempre la gioia. 11 Essere per lo più... se l'essere non è stato violato o se ha fatto testamento a quel gatto randagio per esempio... no..non credo che sarebbe uno scempio, perché è chiaro che incartocciarsi su se stessi non significa che uccidersi involontariamente (dato che la vera intenzione era inscenare un finto suicidio). Se tu pensi che sapere di vento una sola sera, conciliarsi con uno spiraglio di cielo, battezzare un'eclissi sia un collante per tutti gli uomini...io non voglio più ispessire le mie vene del collo, mi metterò in disparte ed ammirerò l'amoralità degli istinti e l'immoralità dei rischi calcolati. 12 La parabola dell'inespresso sosta su nuove soglie. Niente le è precluso. Si accorda all'unisono con qualsivoglia altrove. La dimora dell'identità è questo dare forma all'astrazione informe. L'origine va ricercata in queste connotazioni di luce, che albergano sui ponteggi delle impalcature degli edifici di fronte. E di nuovo il canto labile della città, grumo inscindibile di noia e di alterità. 13 Che cosa abbiamo noi del mattino? Solo un presagio. E della notte che cosa abbiamo? Solo una postilla. 14 Quell'Inverno alzò la sua voce per giorni con la neve sulle strade e sui tetti. Se scavassimo nel sottosuolo non troveremo nessun sostrato: solo elementi spuri di nessun conto. Intanto il vociare dei ragazzi fuori riempie intervalli di vuoto. 15 Frasche, tralci, collo non lasciano traccia. Goccia dopo goccia, foglia dopo foglia, strato su strato echi e rimandi della natura creano nella mia dissoluzione un senso incompiuto. 16 Questo dilungarsi con gli sguardi sull'arbitrio dell'abitudine, questo dimenarsi dei soliti numeri sulla punta della lingua (dopo aver spremuto nel bicchiere dieci gocce di limone). 17 Il mio volto, che lotta con la luce, è un insieme di linee disarmoniche, disegno di traiettorie abituali, per il repertorio delle espressioni facciali. 18 Tu mi dici amica: fisime, spasimi. Declini malamente verbi ed inviti. Dici che solo i chiodi restano confitti nella mente. Parti da un punto qualsiasi della superficie. Aumenti l'intensità. Perdi lo sfondo. Ti misuri con il fondo più fondo. Ma le cantine della psiche sono abominevoli scannatoi. 19 Un mio amico becchino mi racconta che ogni volta deve correggere le posture e riassestare i volti dei cadaveri. Nella peggiore delle ipotesi la sequenza dei miei respiri è screziata dai colori lividi del tramonto. 20 La resa è mia, non del mondo. La resa è mia, come una medusa liquefatta sulla spiaggia. Il semicerchio dell'orizzonte abbraccia i canneti e gli alberi. Clivi, poggi, ulivi sono costanti del paesaggio toscano. Li introietti giorno dopo giorno. Ti entrano dentro la pelle come iniezioni sottocutanee. La resa è imminente. 21 Chi esiste pienamente se non le rose? Se non l'edera attorcigliata al muro? Se non il cane che mi lecca la mano? 22 Accendo la televisione. Mi metto sul letto. Il cuscino dietro la schiena. Assaggio il retrogusto amaro di opinionisti dell'ultima ora. 23 Ogni effluvio di fiori è un'esortazione al sottinteso, un volgersi al raccoglimento della forma in sè. 24 Si contraggono i lineamenti. Si perdono i basamenti. La forza centrifuga ha la meglio per un indeterminato intervallo di tempo. 25 Uno stormo squarcia i drappeggi color porpora del tramonto. Il cielo è sempre lo stesso che ha visto piangere le pietre tagliate dal vento. Le peripezie del tempo sono ferme all'ingresso dell'assurdo. 26 La fotosintesi non crede alle sottigliezze di noi bipedi. I simboli non sono che ectoplasmi del reale. La notte ha cento iridi per scrutare gli amplessi e gli attimi dei nuovi concepimenti. 27 Le lucciole non sono che spiccioli di luce. Esequie di nuvole istoriate dalla luce lunare. L'antimateria costruisce nuove protesi alla mente universale. 28 Le mie parole abitano il nulla. Svelano le falsità di una verità sempre meno umana. Tutte le imprecazioni finiscono in cielo. Tu scoperchi fondamenta instabili e poi cambi argomento, chiedendoti se la fiducia e la libertà vanno conquistate o sono diritti inalienabili. 29 Dal brodo prebiotico alle sinapsi chimiche... dagli acidi nucleici all'uomo......vita, sei stata semplice protoplasma, che andava per tentativi ed errori con i suoi pseudopodi. Ma il codice genetico è una propaggine miracolosa e ora stiamo qui a chiederai se l'universo è chiuso o aperto. 30 Dice la filosofia di non moltiplicare gli enti e che niente è nell'intelletto che non sia stato nei sensi. Per me solo la pioggia lava i peccati della terra. Il rischiaramento avviene raramente guardando un ciuffo d'erba incastonato tra le mura. 31 È lampante che ogni suicida invecchia di venti anni la sua levatrice, bestemmia i non nati e le gocce evaporate di rugiada. Ogni suicida è stato sopraffatto da tutti i gesti inutili compiuti nell'arco della sua vita. 32 Mettiamo al riparo ogni fiore di campo, ogni bava di lumaca, ogni scorza di salice, ogni frullare di ali. La pioggia diventa un ritmo sincopato. 33 Se è vero che il sole parla raramente agli oggetti dei solai, è altrettanto vero che indora rovi e fossi. 34 Uomini specchiatevi nel vostro passato remoto, quando il sangue fecondava la terra e le semine e i raccolti scandivano la vita. Uomini specchiatevi nel vostro passato remoto quando i giovani morivano in guerra e le donne morivano di parto. 35 Non saranno l'imperativo categorico, il noumeno, il cielo stellato a salvarci la psiche, ma il peso specifico di parole che fanno ginnastica e la convalescenza di sensi slogati. 36 Se la luce del cielo ha vaste risonanze con le radici annodate ed i rizomi allora scrivendo possiamo registrare gli ultrasuoni della parte più atavica di noi stessi. 37 L'acqua diviene metafisica se si pensa alla placenta, che naviga nel liquido amniotico. L'acqua è anche regressione: ritorno nel ventre. È rinnovamento, che azzera ogni rovello e fortifica l'ossatura dell'onirico. 38 È tutto terribilmente normale quando la mente ti trasporta altrove ed una pantomima diviene il fulcro della finzione scenica. Tutto terribilmente normale e mentre passi li senti conversare e sanno già scegliere tra il petrolio del medio oriente o per l'idrogeno islandese. 39 La luce ha un paradigma, il cui assunto è l'enigma. Strisce di sole in percussione. Luce inviolata, trasognata, pura, già purificata !!! Noi siamo solo una mistura di codici e di soma. Siamo solo circonvoluzioni attivate dagli zuccheri. Solo la luce è pura. 40 Io sono una nullità, ma l'ornato di corolle mi rende ancora capace di peccare.
Id: 26533 Data: 15/07/2014 17:46:37
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70 quartine(2013/2014):
70 QUARTINE: L'esperienza, l'inconscio, il destino non è che puoi annegarli nel vino. Ci conducono sulle stesse strade. La solita nostalgia ci pervade. Fare l'amore con più leggerezza è una virtù della giovinezza. Dopo subentra anche il pentimento. Con gli anni aumenta il tormento. Ormai sono un pesce nella rete, mentre la storia sempre si ripete: il qualunquismo che prende la mano, l'immobilismo che regna sovrano. Tu non devi mai cercare risposte in un treno che è passato lontano. Chiudi pure tutte le imposte: sono lì tutte a portata di mano. Ci pentiremo in punto di morte? Che ci riserverà la nostra sorte? Noi annaspiamo sempre nel presente. Speriamo che il futuro sia clemente. Il tempo scorre già velocemente. La memoria afferra poco o niente. Ma chi dice che siamo di passaggio non necessariamente è più saggio. Questo mondo non è mica finito. Anzi è proprio così assortito. È in rovina solo l'Occidente. Incalzano l'Africa e l'Oriente. Ripeto sempre le solite cose. Vomito sempre parole noiose. Non sono altro che un disco rotto e nella vita non ho alcun motto. Non ti devi fidare del cielo. Anche esso in fondo è un velo e contemplarlo può fare felici, ma rischi di non avere amici. Le mafie godono di consenso e questo vale ormai per ogni censo: le società di mutuo soccorso, che danno lavoro senza concorso. Io non credo più agli oroscopi. Non guardo le stelle con i telescopi. Non sono un genio e neanche un credulone. Ma non tagliate il filo al mio aquilone. Non ti devi voltare mai più indietro. Troverai fantasmi di un mondo tetro. Il passato ci inganna e ci confonde con cose quasi sempre insulse, immonde. Inquinano anche le falde dell'acqua. La risorsa naturale si scialacqua. Purtroppo è tutta una grande poltiglia e non serve bere acqua di bottiglia. La foglia riarsa simboleggia sempre qualcosa della nostra vita. Anche se è morta in fondo galleggia e adesso ci sfugge dalle dita. In nome di Dio e dell'amore, in nome della legge e dell'onore quanti crimini si sono compiuti? Quanti misfatti sono accaduti? Sono carta d'identità scaduta oppure una telefonata muta: qualcosa insomma di non ordinario, da annotare nel tuo diario. Stare qui in letargo o sotto anestesia, ma essere indisturbato da chicchessia. Stare lontano da falchi e colombe (che il mondo ritorni alle catacombe!). Gli amici sono voci distanti ed i nemici sono teatranti. La mia logica spesso vacilla: sono malleabile come argilla. La storia non è maestra di vita: è proprio l'ora di farla finita. Al diavolo tutti gli storicismi e i loro conseguenti schematismi. Quando sarà l'ora triste dell'addio convocherò i miei molteplici io. Prenderò la Bibbia, che mi consola. Pregherò una divinità sola. Gli archetipi greci già sepolti. Gli usi e costumi sempre più stravolti. Restano paesaggi deturpati come antichi volti sfigurati. Hanno anche referenti politici, che tutelano i loro traffici. Sono sempre colluse le alte sfere. Sono gli onesti le pecore nere. Ti piacciono le più astruse teorie, le ipotesi più aleatorie. Su quelle filosofie dell'assurdo sai tutto. Non sai del popolo curdo. L'autentica poesia è tortura. Di ogni maldestro verso farò abiura. Mostrerò ormai sempre acquiescenza e vivrò in nome dell'efficienza. Luce delle stelle su steli d'erba, mentre l'uva è ancora acerba. È questa un'agognata levità, una parvenza di eternità. Tra l'afasico e lo stenografico oscillo in modo che non ti dico. Queste parole non fanno mai centro, anche se da tempo urgono da dentro. Se ne sta muta nell'ombra la morte, ma bussa lo stesso a tutte le porte. È un groviglio questa esistenza: è difficile carpirne l'essenza. Impone riti e vizi la borghesia e non ammette mai la misantropia. Ma sotto al trucco non c'è più niente. Non resta alcunché del ceto abbiente. Da tempo ormai non mi rammarico di essere sempre telegrafico. Non voglio parole decorative, che spesso si aggirano furtive. Io non ho scelto tra fede e scienza. Ha prevalso su tutto l'indolenza. Vivo il quotidiano senza assoluto e sono ciò che non ho mai avuto. Cronaca nera e pettegolezzi e pubblicità come intermezzi. La popolazione rincoglionita. Ipnotizzata per tutta la vita. I satrapi sono ricattatori ricattabili, corrotti e corruttori. La Repubblica ora è morta. Ha avuto una vita molto corta. Questa situazione è transitoria. La vita è sempre più provvisoria. I notabili sono inamovibili. Tutti gli altri sono flessibili. Le ideologie sono sepolte. Le utopie si sono capovolte. Il pluralismo solo apparente. Il potere sempre più invadente. Fanno mercimonio anche delle idee. Le vallette sono le nuove dee. Mischiano politica e varietà, ebbri di futilità e vanità. Sono miracoli i fiori sbocciati. Una bellezza i viali alberati. Ma non confonderti nel molteplice. È solamente uno l'artefice. Da giovane avevo più certezze. Le illusioni erano prelibatezze. Adesso ho paura del futuro e con la fantasia non mi avventuro. Necessitiamo di un apprendistato, perché nessuno nasce imparato. Con l'età aumentano le domande e non si crede più alle propagande. La vita è incessante ricerca. Perciò evitiamo qualsiasi Merca. Ognuno abbia la sua dignità e smettiamola con l'identità. Sarà una sera come le altre e le lancette gireranno scaltre. Forse la morte verrà a prenderci e non potremo dire "arrivederci". Il sano dubbio e la meraviglia per liberarsi da qualsiasi briglia. Solo l'immaginario può di più e la cacciata dal tempio di Gesù. Ancora legati a nuove catene. Subiscono ogni tipo di pene. Sono milioni i moderni schiavi e noi non siamo che degli ignavi. Le nuvole oscurano la luna. Uno sciame di mosche mi importuna. Attendiamo tutti una schiarita, metafora di una nuova vita. Fa che la verità non sia il Nulla, anche se spesso il vuoto mi culla. Fa che la luce annienti la morte per noi, povere anime, risorte. Le mode, i crepuscoli, le impressioni, le incomprensioni e le stagioni fuggono via irreprensibili e noi ci fingiamo insensibili. La rosa non è affatto borghese, ma lo imparerai a tue spese. Abbandonati alla sua bellezza e coglila nella sua pienezza. Noi ci ammazziamo più di ogni animale ed ognuno in gruppo è triviale. La nostra Terra continua a girare e noi continuiamo a inquinare. Non devi mai farti troppe albagie. Noi viviamo solo di tautologie. Sono molto rare le intuizioni e le piccole illuminazioni. Scaglio la mia invettiva al cielo, anche se poi lo contemplo con zelo. Il sole non è altro che un attore, che fa la parte del benefattore. Il potere comanda nuovi eccidi. Nel mondo sono molti i genocidi. Sono molte le guerre invisibili. Sembrano vicende incredibili. L'effimero ha diversi tranelli e uno stile colmo di orpelli. Ma cosa è veramente eterno? Che cosa fa veramente da perno? Ormai ci fermiamo in questa città. Scruteremo tutto da quella loggia. Noi vogliamo speranza e libertà come l'erba vuole il sole e la pioggia. Il mondo non fa che il suo gioco e il cielo si stinge a poco a poco. Un altro giorno se ne è andato e forse mai più verrà ricordato. Oltre quel muro altre vite, altre storie. Altri uomini con altre scorie e memorie. Forse per ogni vita c'è un esergo o un epitaffio scritto da un albergo. È da tempo che viviamo la crisi. L'Italia ormai veste abiti lisi. Siamo tutti nella sala d'attesa, sperando in una timida ripresa. Non globalizzeranno mai i diritti. Se ne staranno tutti zitti zitti. Sfrutteranno per sempre i bambini. Il mercato suscita abomini. Resto solo con i miei pensieri. Sono sempre i soliti sentieri. Tutto può essere in questa mente, che se infischia dell'essere e dell'ente. Allora noi sognavamo Firenze, pure con le nostre incoerenze. Ormai è solo un ricordo sbiadito. Anche Firenze ora ci ha tradito. Le finestre sono tutte aperte e le città adesso sono deserte. O Estate, divinità bifronte, il sole è alto sull'orizzonte. Gli assassini innamorano ragazze. Liberi, sono acclamati nelle piazze. Festeggiano la loro assoluzione. Non hanno fatto un giorno di prigione. Questo parapiglia, questa guerriglia per un malinteso senso di famiglia. "Finché si ammazzano tra di loro non conta" dicono senza decoro. La galera la chiamano vacanza. Anche da lì ordinano la mattanza. Anche se sono da anni carcerati comandano con messaggi cifrati. Quasi ogni giorno uccidono una donna. Ogni giorno un oltraggio alla Madonna. Accadono in ogni parte d'Italia. Non hanno avuto una madre? Una balia? Il destino peggiore non è la morte, ma dopo la morte avere un'altra sorte. Sarebbe bello stare insieme ai cari (altro che navigare mille mari!!!). Tu hai una relazione adulterina mentre io continuo a vivere in sordina. Io mi ostino a credere nel mio io; tu continui a pregare il tuo Dio. Non ero altro che un disertore. Tu con altri facevi all'amore. I pensieri facevano naufragio. Il mio cuore era un cuore randagio. È proprio uno Stato nello Stato ed io per questo sono indignato. Ma quei frati calzano i sandali e il Papa condanna gli scandali. L'ignoranza causa insolenza, a cui va spesso aggiunta l'indolenza. L'unica speranza è la lotteria, che per i più saggi è una furfanteria. Il senso critico è un miraggio. Siamo ormai tutti carne da sondaggio. La chiamano ancora democrazia. Ma in realtà è gerontocrazia. Gli stilisti hanno in mano Milano, mentre a Roma comanda il Vaticano. Il paese sta andando alla malora e la criminalità ci divora.
Id: 26487 Data: 12/07/2014 22:09:58
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Versi giovanili(2000)
CICLOTIMIA(2000) 1/ Di questa trafila di giorni non rimarrà niente: luci ed ombre dell'animo, pieni e vuoti della mente. *** 2/ Un tempo ai turisti stranieri, al primo colpo d'occhio dalle stazioni, l'Italia appariva come il paese degli aranci e dei limoni. Un tempo, poi cambiarono i colori. *** 3/ Miracolo di parole come ponte sospeso sul vuoto, miracolo di parole che prolungano la vita di chi è sommerso dalle macerie del terremoto. *** 4/ Firenze, né madre, né amante, né sposa, piuttosto una signora altera e sdegnosa; non più la Firenze di anemoni e gigli, ma quella sempre più lasciata a se stessa dai suoi figli. *** 5/ "E' inutile - lo sai o non lo sai - cercare la felicità senza trovarla, perché sarà lei a trovarci senza cercarci e si poserà su di noi brevemente". Poi l'amico sbronzo si accasciò al suolo e guai a chi cercava di rialzarlo dalla polvere e dall'odore di asfalto bagnato. *** 6/ Nel dormiveglia della corriera un susseguirsi di immagini, un andirivieni di fotogrammi: un riassunto di questo viaggio di andata e ritorno tra l'io ed il mondo. *** 7/ Un cimitero in riva al mare, sovrastato da un arcobaleno dopo un temporale. *** 8/ Chi vede l'alba malata è morto dentro. *** 9/ Dopo essere stato in casa per migliaia e migliaia di attimi tremò come una foglia al vento, mentre prendeva un caffè, di fronte a sguardi estranei. Così estraniato che si sentì uno straniero. *** 10/ Pensieri, un tempo ritenuti immortali, ora seppelliti in un viale alberato di pini. *** 11/ Speranza ed attesa, nostre uniche consolazioni, mentre cerchi concentrici si dissolvono nell'acqua. *** 12/ Tu porgi il tuo sorriso sull'ombra di quel piatto e sull'orlo della tazza e di quel che eri, io scaccio dalla mente le parole facili. *** 13/ Io sì che sputerò sangue e mangerò fiele ma tu stai attento che sono una brutta bestia, che non puoi ingabbiare in una cella del tuo alveare. Tu sì che sei bravo e sicuro, ma ricordati che è facile essere tali quando la discussione non è democratica... quando la gerarchia e le regole stanno dalla tua parte, mentre invece la logica dalla mia. E ricordati: puoi anche dire che non sono equilibrato, ma se sai che me ne faccio di un equilibrio di superficie? Sono un poveretto con delle smanie di grandezza forse perché non credo all'arroganza della tua pseudoscienza? *** 14/ Un giorno smetterò di scrivere queste cretinate e forse sarò una persona seria. Adesso non mi occupo di niente, mentre sento sferrare calci da mulo- quale sei- nella parete della stanza accanto. Ricordati: quando si fa una guerra vince uno solo, ma ci rimettono entrambe le controparti. *** 15/ Catturare la vita? No. Fermare ogni tanto un pensiero e fare in modo che non diventi un'idea fissa. *** 16/ Quanto e quale rumore di fogli appallottolati nel cestino perché se ne venga fuori all'improvviso l'onda d'urto di un maledetto simbolo. *** 17/ Il mondo - mi dicevo - deve essere un panottico, il cui grande carceriere deve essere Dio o il caos. Il sole già alto era solo un gioco di sponda tra l'alba ed il tramonto. *** 18/ Un lapsus uccise il potere subdolo degli oroscopi e dei sondaggi. Un raptus e l'ultimo pazzo in un mondo di sani fece una strage di televisioni. Bambino di silicio, uccidi anche tu la tua televisione!!!! *** 19/ Bastarda sera inghirlandata a grande festa e tu smettila di giocare con quei ninnoli e non riprendere quel discorso interrotto che è un vicolo cieco, perché la mente umana per me frantuma le cose. Ritorniamo alle cose semplici. *** 20/ Vuoi forse andare oltre le formalità e le ipocrisie ed i sorrisini falsi o di circostanza e delle mani sudaticce che stringono altre mani per convenienza? Vuoi forse fregartene della tracotanza e dell'apparenza? Vuoi forse andare alla sostanza? Sei un pazzo!!! Fai come la maggioranza: non ricercare l'autenticità! Quante persone che conosci pensi che siano disposte ad intraprendere un viaggio che così difficile, ma che porta così lontano? *** 21/ Me ne sto da solo e non ho voglia nemmeno di alzare la cornetta del telefono per sentire una voce amica. Me ne sto da solo e non cerco un senso alle luci smorzate di case lontane, e non conto i pensieri sul cuscino e non cerco inutilmente i confini dell'anima. Me ne sto da solo e non voglio nemmeno che lame di luce filtrino dalle imposte delle persiane. *** 22/ Vai da loro che hanno macchina e lavoro e non cercano di descrivere con formule vuote il mondo. Io non ho ancora la luna nel pozzo e penso di avere le mie carte da giocare; ma se non ho niente, imparerò a bluffare in questo gioco dalle regole assurde. *** 23/ Dobbiamo muoverci, dobbiamo viaggiare, non ci si può fermare, possiamo stare nel vortice e non stare mai male, possiamo andare in alto e no non avere vertigini, possiamo andare nel fondo più fondo di questa bolgia infernale e non avere nessuna paura della voragine dell'anima. Dobbiamo muoverci, dobbiamo viaggiare, dobbiamo parlare senza stare a guardare da quale bocca esca una scheggia impazzita di verità. *** 24/ Membrana impermeabile, frattura insanabile, corpuscolo del cosmo, filamento sparpagliato nel tempo, energia incatenata in materia, energia sprigionata in materia, di passaggio sul pianeta Terra. *** 25/ Libertà senza giustizia, giustizia senza libertà, religione senza scienza, scienza sena religione: queste le conclusioni della mia ragione. *** 26/ A volte si ha bisogno di starsene soli, ma starsene soli troppo a lungo, è un peso opprimente, un'ombra sul cuore. E le spire diafane della mia sigarette si alzano lente ad incontrare l'ultima luce. *** 27/ Rimanere inespressi o esprimersi in clandestinità.. Cacciare un urlo da pazzi o lasciarlo dentro fino al punto di rottura, che è diverso da individuo ad individuo aprire la porta dell'abisso, ma fermarsi sull'orlo del precipizio... ed esprimersi... e se tutto è già stato detto noi no non ci stancheremo di ripeterlo. *** 28/ Che cosa cerchi in quel che chiamano amore? Un'esperienza totalizzante? Un porto sicuro, che ti ripari dalle mareggiate? Un talismano, che scacci la paura della solitudine? O sei solo legata alla catena indissolubile dell'abitudine? *** 29/ Dalla culla alla tomba questa luce, questo cielo, che ti rimane dentro ovunque vai. Questo cielo, così vicino agli occhi, a colline e pianure, a questa terra di poggio. Questi tramonti, queste sfumature accese dei tramonti, che sulle rive dell'Adriatico non vedi e non vedrai mai. Questa luce che spiove da chissà quale pertugio. Questa luce che spiove... non si sa da dove. *** 30/ Me ne vado anonimo e solo sotto la luminaria delle stelle.. e se meteora o cometa, tutto ad un tratto, trafigge il cielo, anche i vecchi agli ospizi si sorprendono, anche le ragazze superbe affacciate al balcone alzano gli occhi al cielo e scompigliano le loro chiome. Ma io me ne vado anonimo e solo e indifferente e no non mi curo di niente. *** 31/ Andiamo, andiamo a ballare che fasci di luce ci insegnano il locale. Andiamo, andiamo a ballare che ci saranno orli di gonne da sfiorare. Andiamo, andiamo a ballare che qualcuna si farà approcciare.. e se ci andrà male i baci altrui staremo a battezzare. Andiamo, andiamo a ballare che lo scirocco porterà via le nuvole e stanotte la luna si sposerà col mare. *** 32/ Se qualcuno si mette a sedere sul capitello del terrapieno dell'argine per pensare... se poi si incammina e si sporge troppo sulla sponda del fiume tu non lo puoi condannare. Chi non ha mai chiesto al fiume l'oblio? Chi non ha mai chiesto un'evocazione? Se qualcuno se ne sta in disparte a pensare tu non lo puoi condannare e non gli puoi augurare galera, manicomio od ospedale, con te non si deve assolutamente giustificare... tu no che non lo puoi condannare. *** 33/ I cani latrano nel canile e ringhiano con la bava alla bocca ed abbaiano alla luna e alle ombre dei rami mosse da quel matto del vento, ma non si strozzano mai alle catene come i loro padroni. *** 34/ E se l'uomo è un manichino? Se è un automa? Se è un ingranaggio di un meccanismo senza senso? E se la natura è morta? In fondo a te Signorina Giovinezza, baciata dalla bellezza, se la natura è morta.. che te ne importa? *** 35/ Comari sbirciano indiscrete tra le tapparelle abbassate. Se sia per ignoranza, noia o curiosità morbosa questo non lo so. Ma un giorno taglierò radici e me ne andrò. *** 36/ E oltre questi filari, queste tralci di viti, danza macabra di foglie riarse e calpestate e cadaveri di fiori di campo e di colombe. E oltre mille volte morte di rose non colte e di steli senza rose. *** 37/ Il canto del motore e il sillabario indecifrabile di insegne al neon e le sigarette sul cruscotto e il finestrino aperto e la brezza in faccia che è una ruvida carezza che ti fa sentire vivo. *** 38/ Se vado fuori vedo solo scheletri che camminano e ridono invece che uomini in carne ed ossa invece che esseri viventi di nervi e viscere. *** 39/ Le tue parole nella mia mente risuonano distanti, trasportate da un'eco smorzata. E non c'è un alibi e nemmeno colpa. La tua fortezza è inespugnabile. Non sono né vittima, né carnefice. Tutto è accaduto involontariamente, inconsapevolmente. *** 40/ Tra l'etica e l'estetica scelgo di ascoltare la radio di notte. 41/ Non sono io che scelgo queste parole, sono queste parole che scelgono me. Vorrei che questa terra e questo cielo e questo mare e questo sole fossero per un attimo la mia terra ed il mio cielo ed il mio mare ed il mio sole. Non voglio saper scrivere. Ma vorrei che questo mio scrivere fosse tutto intriso di me. Non sono io che scelgo queste parole, sono queste parole che scelgono me. *** 42/ Le scie traslucide di lumaca non sono che tracce labili tra i prati e le radici aggrovigliolate. *** 43/ Notti bianche all'ora del lupo, notti insonni, notti dell'anima. Ascolta la notte con i tuoi soliti abituali rumori... resisti a tutto se riesci a covare le tue notti insonni.. ascolta la tua notte. *** 44/ E' l'apice della civiltà e dell'inciviltà dell'immagine. E' l'apice dell'evoluzione e dell'involuzione dei costumi. E' l'epoca dei chirurghi estetici, dei personal trainer, dei dietologi che sconfiggono le maniglie dell'amore. E' l'epoca dei d.j e dei p.r, l'epoca dei calciatori miliardari e di oche rifatte. Che sia la lente deformante della mia ciclotimia? Che sia un mio disturbo dell'umore o la stupidità regna sovrana ed incontrastata? *** 45/ Come una capocchia di cerino ormai consumata. Come una capocchia di cerino ormai bagnata. *** 46/ Nelle notti d'Inverno i pescatori vanno a pescare le cee nell'Arno. Le anguille dal mare ritornano al fiume per depositare le loro uova . Le cee devono essere protette, però mangiamo tutti le cee. Le cee devono essere mangiate, però tutti vogliono proteggere le cee. Povero mare, povero fiume, povere cee. *** 47/ Io non so se rivoluzione o rivolta, se labirinto o deserto, se artefici del proprio destino o gocce nel mare. E forse quel che manca attorno a tutti è il mistero e il mito e l'ozio. Perché dimmi se ci sono più i poeti a braccio, i cantastorie e le veglie ? Non ti meravigliare se ti crescono le macchie sulla pelle. *** 48/ Se esco e vado da solo al cinema da scongiurare è l'intervallo tra il primo ed il secondo tempo, se esco e vado da solo in vacanza da scongiurare sono quegli alberghi e quelle pensioni che fanno sconti alle famigliole ed alle comitive. e maledetti loro non hanno mai una stanza singola... E allora... che fai ... dormi sotto i ponti o accetti una stanza singola adibita a doppia? Se esco e vado da solo, mi sento libero e non soffro mai la solitudine. *** 49/ Tutto questo saliscendi di tornanti, questa sinusoide di umori altalenanti, questi picchi repentini ed improvvisi di alti e bassi, queste vaghe reminiscenze di serenità. Ma tutto sommato preferisco il labirinto del mio mondo al deserto del nulla. *** 50/ Io non conosco che un solo guado: quello del ponte alla ferrovia... in questa conca. in questo entroterra... che trasuda di umidità e noi a ridosso dell'Era che si getta in Arno, e noi a ridosso di questa torbida acqua di affluente, che vuole sposare e sporcare il mare. *** 51/ La mia purtroppo è una ninfa senza nicchia che dorme nei cassonetti della spazzatura, è una musa ostile senza museruola e di tanto in tanto, si perde ubriaca e fumata nell'alcova. E inutilmente al tabernacolo del rimorso si pulisce le suola e poi strafottente chissà dove si invola. Ah !! La mia musa senza museruola!!! *** 52/ Ma chi l'ha detto che la carnalità sporca l'anima? C'è scritto forse nei Vangeli ? Ma l'Italia è il paese dei falsi preti e di conseguenza anche dei figli dei preti. Che la chiesa ci lasci almeno il sonno e l'orgasmo, a noi che assaporiamo la morte solo nel sonno e nell'orgasmo. Nel sonno assaporiamo brevemente lo stato, l'immobilità. Nell'orgasmo assaporiamo la piccola morte, l'atto del morire. *** 53/ Un vecchio barbone non faceva che sussurrare agli orecchi dei passanti: " l'università della vita è la strada". Io non sapevo se piangere o ridere come un matto di fronte a tanta saggezza. E i passanti noncuranti andavano, andavano, andavano ... ma verso dove ( mi chiedo io)? *** 54/ Ma il vento e l'acqua scavano ancora tra le rocce con sibili taglienti e radenti gocce. E rose selvatiche fioriscono ancora tra aride pietre.
Id: 26449 Data: 10/07/2014 07:19:01
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Versi giovanili(1994/1997)
IMPERCEZIONI(versi giovanili-1994/1997) 1 ** Dietro i giri delle lancette, dietro il quadrante dell'orologio c'è l'ultimo battito ed il primo gemito. Questo tic-tac, così forte, nel mio ultimo secondo diverrà sempre più debole, rapido, veloce, lontano. Tic-tac, tic-tac….rumore di lancette leggere dall'immane peso.
2 ** Guardo di sbieco il muro. Appare la coda bifida di una lucertola, compare il dorso, rivestito di squame e….negli interstizi della siepe già non la vedo….come se con un guizzo fulmineo, un lesto strascicare di zampe si fosse divincolata in un cunicolo; come se il crocicchio dei colori lividi del tramonto, il riverbero di un fievole sfarfallio di raggi l'avesse resa invisibile. Forse è sgusciata in una fessura, in un anello d'ombra, in una zona morta dei miei occhi, forse in una crepa nascosta, dove cade l'intonaco e affiora la calce, sfuggendo alla mia vista, ormai inafferrabile.
3 ** Raggio di luna, filo argenteo, trapassi e non frangi geometrie di ragnatele per posarti rilucente su steli d'erba. Impalpabile, quasi impercettibile. Ti nascondi sempre nel chiaro di luna, nella moltitudine. Hai traversato il siderale vuoto interstellare per consegnarci il tuo mistero.
4 ** Per un attimo ti sembra di raggiungere il nervo delle cose. Ma un battito di ciglia non è un colpo d'ali che ti solleva ed è vana ricerca aspirare al sillogismo dell'esistenza. Così ritorni nell'orbita della vita come una favilla, ormai incasellata in una goccia, come in un'impronta di luce un tremito d'ombra.
5 ** Corsi in una processione di luci, che volgevano altrove. Sfiorai rami d'oro e ulivi color argento. Poi passò il fischio di un treno e ritornai nello spazio di vuoto tra le cose e mi chiamò una voce.
6 ** Ormai filo sfrangiato, un fiato fioco di luce, disseminato il tepore sull'orlo d'oro, muore su una spiga di grano.
7 ** Trasparenze ed evanescenze. Ondulazioni e vibrazioni. Trascolorare della natura al tramonto. Sorpresi da passaggi di nuvole, da catene d'ombre. Scie traslucide di lumache. Fruscio di fili d'erba. Mormorio delle cose. Conosciamo la sorgente. Ma verso quale foce?
8 ** Là dove finisce l'arcobaleno. Là dove fioriscono nidi di rondini. Là ad annusare l'aria della Primavera, tra colori di festa nelle vie del mondo.
9 ** La natura, le sue trame, i suoi canti e la vita come un'immagine, che si può mettere a fuoco solo quando si è distanti.
10** Vicini ad aiuole innamorati cercano di tramutare palpiti e batticuori in timide parole. E gli innamorati vorrebbero una morte sola.
11** Almeno un tempo ci si poteva bagnare almeno una volta nello stesso fiume. Adesso quel che resta è una sponda brulla, una moria di pesci e le acque torbide, colorate di fanghiglia.
12** La natura immersa nella Primavera. L'aria tersa e serena. La notte ritornano le lucciole a colorare spighe e roveti. Le stelle dipingono angoli di campi, margini di strade. E le trascorse stagioni ritornano come le parole dei morti nella memoria dei vivi distrattamente sul far della sera.
13** L'oscurità invoca con le sue ombre la voce di stagioni, che videro i morti padri. E figli i nostri padri. Ma ogni anno cambiano le scritte sui muri, ogni generazione crede ciecamente nei suoi miti ed idoli. E le piazze di quei cortili, i lidi di quegli arenili sono intrisi di altri amori. Le vie hanno perduto quegli odori.
14** Ghirlande di bacche, sapore di pomi buoni, boccioli di rose, schiusi dalle note della Primavera. Inno funebre il ronzio di mosche sugli avelli di larve decrepite e candido volo di farfalla su un palmo di lillà.
15** Un rantolo, un balzo, un brusio, o solo l'eco di un passo, lo sgocciolio della pioggia, il vento che sibila tra i canneti e i loro fusti cavi, lo stridere di una fiamma, un fruscio d'ali. E' sufficiente per rompere il silenzio. Silenzio, coro degli angeli, grido senza voce dei condannati, gemito dei non nati. Canto di parole mai ascoltate dagli uomini.
16** Essere e divenire. Identità e mutamento. Stasi e movimento. Unico e molteplice. Particolare ed universale. Desiderare ed avere. Attrito ed inerzia. Perdita e possesso.
No. Non pensarci. Per non deprimersi a volte basta non pretendere niente dalle cose e dagli altri, da questa luna tra i rami.
17** Ascolto senza capire. Sorrido senza ridere. Intristisco senza piangere. Parlo senza dire. Guardo senza vedere. Ma a volte guardandomi allo specchio mi sembra perfino di scorgere un essere umano.
18** Gocce di rugiada discendono sullo sfrigolio dei rami, sul sagrato dei prati. Caduta di sereno, che sommerge lo stridere invisibile dei fili d'erba che crescono.
19** Nella punta di una scintilla? Nello sputo di uno spillo? Nel pallore di un brivido? Nel palpito di un petalo? Nel fregio di un segno? Nell'osso scarnificato? Nella polpa disossata?
20** Il crampo di un lampo. Il fulcro di un fuoco, stigmate conficcata nel cielo roco e fioco. Poi il tonfo di un tuono. L'eclissi del frastuono.
21** E' già sera. Le sfumature livide del tramonto. Oltre il fiume, sui colli, punteggiati da borghi e paesi un brulichio di luci.
22** Pellicola sdrucita, sequenza fulminea di istantanee, epifanie sminuzzate, flusso di pensieri, che si ribellano alla grammatica.
23** Il fiume scorre lentamente. Il vento smuove le vetrate. Il fiume scorre lentamente. Trascina con sé foglie morte, storie passate, cose andate. Il fiume scorre lentamente. Gli occhi dei bambini salutano la corrente. 24** Il rintocco delle campane. I trilli degli usignoli. Stuoie stese alle finestre.
Si rivede il colore della terra. Ombre smorte danzano. Colori accesi suggestionano. Colline e sentieri inondati d'alba. La luce rinasce.
25** Vieni alba a salutare anime e cose. di questo pulviscolo di mondo. Vieni alba. Come se fossi la prima alba del mondo. L'ultima di ogni uomo.
26** Padri e figli. Fratelli e sorelle. Vederli ogni giorno. Vederli crescere ed invecchiare senza accorgersene. E non trovare mai le parole. Come attorno al pianeta gravita il satellite, come attorno al nucleo gravita l'elettrone, noi giriamo attorno alle verità del cuore.
27** Voglia di cacciare un urlo. Voglia di ascoltare un sussurro. Voglia di lacerare il drappo della sera con le unghie. Impossibile capire il mistero di portoni socchiusi, l'assurdo e la malinconia di ogni sguardo. La luce che ognuno ha negli occhi dove finirà? La vita!!! La vita?!!? Semi. Battiti. Ossari. La vita? A tratti sembra un gioco d'azzardo, un tiro di dadi. A tratti una partita di scacchi. E dove cerchi l'ordine trovi il disordine e viceversa. E sei quasi nulla ed aspiri all'infinito!!! Il nulla moltiplicato per infinito in matematica dà un numero qualsiasi. L'uomo è quel numero qualsiasi.
28** Ho sognato città invisibili, dove risiedevano solo artisti. C'erano saltimbanchi, poeti, attori, pittori, acrobati, contorsionisti, trampolieri, mimi, ormai prossimi a firmare l'armistizio con la realtà. E quando la loro penna stava scrivendo ho sentito i singhiozzi del cielo. Ho visto stelle cadere. Fermarsi comete. Le maree ribellarsi alla luna. Le strade senza nome battezzarsi l'un l'altra. Ma avevano avuto fortuna. L'inchiostro era simpatico. Si rinfrancarono gli artisti. Si rinfrancò la luna.
29** Inaccessibile. Inafferrabile. Ineffabile. Che fai? Che pensi? Hai lo sguardo assente. Che devo fare? Che mi consigli? Vorresti dissolverti in un momento? O riversarti come un soffio di vento sull'intero universo? E quel profumo d'erba falciata che ti ha cresciuto? Qual è ora il senso che dai alle strade del tuo paese? Se fossi nata in un'altra epoca, in un altro luogo….ed invece…. nervi e mani tese…….. Che fai? che pensi? Hai lo sguardo assente.
30** Il riflesso della luna è smosso dal flusso del fiume, scalfito da acini di pioggia. Pioggia, che scende sulle case, incanalata in grondaie ossidate. Vapore e nebbia. Qua e là indistintamente calano grumi di lumi sul corpo della linfa, sulle dita adunche dei rami. E' l'ora in cui gli insetti intravedono in un'angusta fessura e gli uomini in una scia d'aereo la fuga. E' l'ora in cui cresce la ferita di una ruga, immaginando cento mondi di idee, mille amori finiti nel dimenticatoio o sbiaditi in un logoro matrimonio, a onde di generazioni susseguitesi tra loro.
31** E' sfuggito irreprensibile in un angolo morto del ricordo il rossore del suo volto, il timbro della sua voce, il calore delle sue mani. Ora la cerco inutilmente nelle stanze della mia memoria. Un tempo si sfiorarono i nostri respiri. Si congiunsero le nostre ombre. Adesso non so se i suoi anni piangono per amori mai nati, se in lei vincono rimorsi o rimpianti. Adesso non so quali tremiti astrali, quali fremiti nei prati le sue parole chiamano quasi amore.
32** Coppie furtive, appartate, distese su nuvoli di foglie secche, sulle sponde assopite celebrano con giochi d'erba i saturnali dell'eros. Oppure in abitacoli oscuri appannano i vetri le loro labbra tremule. I polpastrelli delle dita ora si cercano, carezzano il palmo altrui, ricercando in un contatto una nuova creazione d'Adamo. E l'ultimo respiro di Adone ineffabile, ormai spettro del non detto, si aggira attorno ai loro corpi madidi, causa un brivido di smarrimento, sfiorandoli ignari. Poi riprendono le loro effusioni, cullati dai loro sospiri giovanili.
33** Vibrio di fronde malate. Gioco di ombre dentellate. Frantumi smerigliati. Rosario di stelle siderali. Ma nessuno può pensarsi inutile. Nessuno sa per quale logica, disegno, volere i ragni crociati emettano seta dal loro filiere.
34** Nelle pupille luci lontane di caseggiati. Il latrato dei cani. Solo l'eco dei nostri passi. Che cosa credevi? La memoria è una rete sottile. E' selettiva. Ed è anche infedele. Il colore enfatico del ricordo migliora spesso il passato, rendendolo un'età dell'oro.
35** Non sospirare mai sullo sguardo di una passante, sul gioco di sponda di sguardi incrociati dal finestrino con la ragazza seduta sul treno del binario parallelo. Non sospirare, soffermandosi ad ogni bivio del passato, pensando a ciò che poteva essere e non è stato. Non chiedersi mai quale sarebbe stata la trama del nostro destino in un luogo appena accennato, dove il treno non ha sostato, o nelle città dai bei gerani, che mai ci hanno visto, che mai ci vedranno. Non chiedersi mai se lasceremo una traccia alla nostra partenza. Non chiedersi mai quale mano d'angelo, quale frammento del nostro sogno scacci l'ombra della morte dal nostro sonno.
36** Traversai l'oscurità di una cannula, il fragore mattutino di una pagliuzza. Annodai ciglia, trapunsi con le mie dita ali di farfalla. Mi specchiai in raggi di luna. Venni rifranto dal cristallo. Fui vivisezionato da un prisma. Fui equilibrista su un filo interdentale.
Adesso posso, esangue, disfarmi in un minuscolo punto di inchiostro, su una finitura di un foglio; questo mondo sempre in eterno mutamento, in continua metamorfosi, non mi avrà mai. Onda o corpuscolo?
37** Nel silenzio di una città straniera. Nel cuore di una notte quieta. Noi, gravidi di gelo. I vestiti modellate dal vento. E fu il tepore di una luce trasversale, il nitido chiarore emanato da lampare. Celammo ognuno nel proprio animo le parole amare ed avvelenate. Sostammo appoggiati al parapetto del lungomare senza parlare. I nostri occhi, senza rotta né stella polare, erravano nel colore del mare. Poi dicesti: " Ho letto i poeti per cercare un verso che potesse racchiudere la mia vita e tutte le vite. Ma ho solo trovato conforto dalle loro voci." Dopo in silenzio di nuovo a ricercare in uno sfolgorio di luce, in un tono vivo, uno slancio, che si accordasse col chiaroscuro del nostro profondo.
38** Cambiamo noi, cambia lo scenario, cambiano le corrispondenze, ecco perché ogni città è mille città diverse.
39** Le rondini saettano, poi sostano accovacciate sui fili della luce. Capolini di girasoli si volgono verso Ovest. Si chiude la margherita. Si apre il geranio, che effonde nell'aria il suo profumo. Api sfiorano rami ed infiorescenze, petali e sepali, si impossessano del nettare, poi depongono il polline sui pistilli con un battito di ali. Ginocchi tinti d'erba corrono tra le balze, dita fanciulle piluccano acini di ridenti filari.
40** Rimarrà un'orma dei tuoi passi? Rimarrà qualcosa nell'aria? Forse un'essenza dei tuoi baci infuocati sotto la pergola? Chissà dove si sono involate le tue risa e le tue parole? Ragazzi che passi, ragazza che vai.
41** I portuali, avvolti in un sudario di nebbia strascicano passi stanchi. Guardano luci soffuse di lampare ed insegne di locali. Cadetti dell'accademia navale nelle vie storiche del centro approcciano bellezze locali, che cercano di non pronunciare espressioni veraci per timore di apparire scurrili, provinciali. Il corso di Livorno è da sempre un pantagruelico trespolo, su cui si accovacciano ingenue civette per far da specchio alle allodole dei cadetti. Sciami iridescenti di navi, allineate all'orizzonte, si susseguono negli occhi dei passanti. L'impeto maestoso del maroso modula sfrigolii, schiocchi di rami nelle fronde mediterranee del lungomare, lambisce ogive di volti trasognanti, appoggiati ai parapetti gelidi della passeggiata, oppure riparati sotto le pensiline dei bar. E' già calato il sipario del giorno. Oltre l'orizzonte si sono già involati quei toni di luce, quelle tinte uniche di colori, che nella memoria sono pagine di stagioni.
42** Luna, unica luce vera, che tocca terra nella notte. Luna, solo tu rassicuri i bambini e scacci la paura del buio. Luna, unica luce vera, verità rivelata. Luna, con le tue falci, la tua faccia nascosta, i tuoi quarti, illudi gli amanti e gli fai credere che gli amori più grandi sono quelli non ricambiati. Luna, da millenni i sospiri degli amanti muoiono su di te. Luna, verità rivelata, bugia smascherata. Luna, luce che non dà calore al cuore.
43** Oltre il mio orizzonte le risposte che non ho. Oltre il mio orizzonte milioni di vite e di sguardi, di nascite e di morti che non so. <="" oltre="" il="" mio="" orizzonte=""> tutto ciò che mai sono stato, che mai sarò.
44** Stormi traversano l'azzurro. Filari di cipressi fiancheggiano sentieri sterrati. Sul dorso dei colli casolari ristrutturati. E poi all'improvviso una lepre ci taglia la strada infilza un nuvolo di ciuffi, un groviglio di cespugli e continua la sua corsa chissà dove.
45** Da un comignolo si leva il fumo. I termometri segnano lo zero. Un vecchio sfoglia il calendario dal barbiere. Una vedova ferma sugli zigomi le lacrime. Una ragazza al bar beve il caffè e fissa la testa di un cinghiale imbalsamato. Da un appartamento si diffonde musica classica. Poi la puntina si ferma, il disco si incanta.
46** Un ago smagnetizzato, un pettine sdentato, un giocattolo rotto, uno schioppo, un botto, un infuso insipido, la caduta di un nido, il coccio di un guscio rotto di lumaca, una radice aggrovigliata, rinnovano il mistero del mondo.
47** Una tempesta di rabbia mi scompiglia, tutto questa fila, questo parapiglia per uno stupido gelato alla vaniglia. Se ognuno è una goccia di mare vorrei evaporare. Siamo in ritardo anche per l'ultimo spettacolo….che diavolo!!! Dove vuoi andare? Quale destinazione? Nessuna illuminazione? A corto di ispirazione. Così è……… se è vero che l'uomo ha inventato la noia per dimenticarsi della morte.
48** Ragazze che parlano di là, oltre quelle vetrate appannate. Gli echi delle loro risate. Poi la polvere di povere vecchie strade, qualche debole palpito di luce dalle solite case.
Id: 26446 Data: 10/07/2014 02:16:26
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