I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.
ogni giorno mi graffi
scempi la mia carne con gli artigli
della tua infinita, orrenda disumanità.
la saliva spruzzata dall’ignobile bocca
urlante menzogne e deliri
riesce a imbrattarmi la faccia.
a volte temo per la mia vita
mentre ti vedo accartocciare
nei pugni serrati
quelle di altri, meno forti di me.
gozzovigli ebbra di potere
estirpando il fiore appena sbocciato
e come il più fetido sepolcro imbiancato
dissimuli il ventre colmo della tua nequizia
dietro l'enormità di una povertà inventata.
ieri cacciasti il giovane Lazzaro da sotto i tuoi piedi
perché non gli toccassero neanche le briciole
ma nutrivi i tuoi bavosi vecchi cani
con prelibatezze condite con l'olio
sottratto alla lampada donata dallo Sposo.
hai dimenticato che non ti è dato
di sapere il giorno e l'ora del suo ritorno
mentre consumi l'orgasmo della dominatrice
nel veder leccare il pavimento
ai sottomessi comprati per due soldi
lungo i marciapiedi della grande crisi.
non figlia, non madre, non sorella
chi ti piangerà, domani?
non io, pietà di me,
non io.
La Regina occupa il suo trono
e posa i picciol piedi, essendo nana,
sul dorso prono della preferita dama.
Batte le mani ed urla, in qua e in là,
“Portate il piatto delle dignità!”
Ne sceglie due o tre, indi le pesta,
poscia asciuga le labbra lesta lesta:
non è più l’ora adatta al desinare
‘che presto Ella s’appresta a giudicare.
Tuona, con la vocina acuta e penetrante,
“Chi osò con dalie rosse, per tutte le acquesante,
interromper con effluvi vermigli
l’innesto fra tulipani neri e bianchi gigli?”
S’avvicina al seggio tutto balbettante
un armigero giovane e attraente:
“Nessuno, mia Signora, potè tanto:
fu frutto di natura un tale impianto!”
“Che dici, bugiardo e snaturato:
tu non leggesti l’editto promulgato?
Nei mie giardini, foreste e campagne
la terra mi ubbidisce senza lagne:
nulla vi nasce o cresce ch’io non voglia
né seme né fiore né frutto né foglia!
Opera non fu di Cerere Demetra
Ma dardo tratto da sacrilega faretra.
Temerario soldato, per aver parlato,
immantinente, dal boia sarai decapitato!”.
Attenta ai passi tuoi, iraconda Sovrana,
potresti malamente inciampar nella sottana.
Non ritener sia men grave lo sconquasso
Quando il cader avvien dal basso al basso.