I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.
Tra algoritmi e mantra,
sulla piazza vuota
di un mondo impreparato,
si muove trasparente
solo la speranza,
l'unica presenza
che assieme alla paura
possa toccare
una famiglia,
un'altra
e poi un'altra ancora,
strette, blindate tra mattoni e vetri.
Smart work and videocall,
farina, mouse, biro
il pane dentro il forno.
Piedi fermi, la marcia dei decreti.
Il comico in TV gesticola,
prova a finire il numero,
spoglie di risa e applausi
le sedie rosse tacciono.
Disinfettiamo tutto,
disinfettiamo il tempo,
disinfettiamo la pelle
delle nostre case.
E le nostre porte.
E le nostre bocche
che restano coperte
diventano custodie di parole,
domani forse lievito
per discorsi nuovi.
È la guerra del silenzio,
del non sapere quando,
del non sapere come,
sulla piazza vuota
di un mondo impreparato.
I balconi ponti per l'arcobaleno, aerei,
tappeti volanti nell'aria che di muove,
sì, si muove ancora
e sa di boccioli e miele
di steli appena nati e alcol,
d'asfalto che cerca invano
il suono dei suoi passi.
Alle ringhiere fioriscono le mani,
mani che finalmente libere
dall'odore di gomma e nuovi rituali
plaudono al canto, al vedere volti,
appuntamento all'ora del tramonto.
Si supera la soglia,
si va di nuovo dentro
ad inventar la sera
di quest'altro oggi.
Si supera la soglia
di vittime di ieri.
Cadono i soldati
nelle divise bianche.
Non ci sono bombe
in questa nuova guerra,
solo le sirene
solo le sirene.
Mentre le case
con le pance gonfie
aspettando cullano
respiri su respiri.
Senza sapere quando.
Senza sapere come.
Sulla piazza vuota
di un mondo impreparato.