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Ferite
L’ho dimenticate quelle mani sporche
che scavavano tra le mie gambette
(mi hanno resa sorda all’amore)
m’hanno portato nel silenzio interno
delle costole
e non c’era sapone, niente acqua
per lavare via
l’ombra sporca sulla pelle, la pelle impaurita
di carezza
che ha il volto mostruoso di satana.
Il mio biancore immenso mi rende luce
tra quel nero
e mi avvolge nel mio stesso bene.
Questo bene ho per combattere,
quella pura essenza di bambina,
quegli occhi aperti e il pudore
tanto, tanto il pudore di sentirmi profanare.
Niente reggerà il peso del mondo
atomi più grandi delle molecole
ognuno trova poi il suo riparo,
quel luogo sicuro e sacro dove
non sentire
Cinzia Marulli Ramadori - inedito
( Per il giorno della memoria - 27 gennaio 2012)
Non sono le ossa a lacerarmi il pensiero
ma gli sguardi persi dei miei fratelli
il rumore sordo del loro urlante silenzio
le rughe dei bambini emaciate del sorriso
Non sono le sbarre delle loro camicie
sporche a imbrattare le immagini
ma l’alito sfinito della loro nonvita
quelle loro spalle scese
costrette a portare un peso inaudito.
Il fumo si leva ancora alto
non è quello delle nostre case
calde, dei camini accesi con la gioia
intorno: è un fumo nero, nauseabondo
fatto di carni e di dolore
Ci sono le urla isteriche dei mostri
che tagliano l’aria satura di paura.
Tutti quei corpi ammucchiati
le ossa contro le ossa
quelle ossa sulle ossa
milioni di anime sospese nel tempo
sopra i loro cadaveri a guardare pietose
ciò che erano, a guardare tristi i loro
fratelli aguzzini.
E l’aria si smosse perché tutte quelle anime
sature di bene, ma ancora sanguinanti
avvolsero quei mostri, li abbracciarono,
li accarezzarono come fossero figli amati.
Il male cadde, cadde sotto la dolcezza del bene
cadde nella polvere
si sgretolò e divenne polvere
anch’esso finché il vento,
lo portò con sé, lo disperse - granello a granello lo distrusse.
Cinzia Marulli Ramadori