I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.
*
Finestre di notte
Vi offriamo l’indigenza dei dettagli: un bianco impenitente di pareti scorci di letti, moquette, caloriferi un rogo indifeso di lampade l’azzurro innaturale delle tende. E noi sempre di spalle, ritagli della vita che impudica ci frana sull’asfittico dei volti, sull’inerte delle mani. Puoi chiamarla esistenza il barbaglio che svasa dal chiostro tutelare delle stanze, da queste fenditure imbelli, nicchie protese nella notte, quasi stelle sacrileghe, ulcerazioni di luce. Siamo le loro incrinature incongrue lo scompiglio di scoprirci uomini, soltanto noi e l’istante: stigma scritto nella meridiana del nero, cartiglio di buio che ha inciso quest’opaco durare del mondo.
Id: 54738 Data: 19/09/2019 12:12:06
*
Esuli
S’affrettano sulle strisce scansando il traffico dei pensieri dai passi, s’accomodano accalcati cercando sui tram un posto che non troveranno, leggono assorti pagine di pubblicità interrotta da qualche falsa notizia, negli auricolari si frastornano ai suoni che non fanno domande, non li spazientiscono. Alla guida si cullano alle voci di donne, sconosciute ninfe, che li ammaestrano sicure su dove e quando svoltare, nelle code della tangenziale s’inventano un lavoro truccandosi furtive, ammiccando nella luce d’un impolverato specchietto: uomini e donne – li diresti guardando – sotto un sole avventizio, raccogliticcio offuscato tra riflessi d’antenne sul tetto. Se trasgrediscono, è per noia o per passatempo uomini e donne – se sai riconoscerli – per scelta o per sorte, per mestiere o per arte sempre indaffarati – si dice per certo - divisi tra rasoi e rammendi d’una stessa perduta memoria, solo per errore, talvolta, rammentano: una verità, giurerebbero.
Id: 36693 Data: 06/03/2016 13:56:37
*
Oggi nasci
Così lo udii pregare: «Oggi nasci. Ne sei sicuro? Lasci un placido lago tra le tenebre al prezzo d’un respiro. Sottili palpebre sono la distanza fra te e il sole. Così - raccontano – un guscio denso, opaco di greve materia si schiuse nel buio ringhiò e fuggì uno scoppio di luce. E accalappiò lo spazio col guinzaglio del tempo e furono galassie, stelle, alberi, mare. E chiamarono quella vastità inesplorata intoccabile il nulla. Da quella pienezza tu giungi da dove tutto è incompiuto e galassie, stelle, alberi, mare, uomini gli uomini sono il nulla che dovrai esplorare. Tutto, conoscerai tutto la sua sterminata nullità.» Si deterse la fronte, pianse e svanì.
Id: 36692 Data: 06/03/2016 13:55:40
*
La sera
La sera quando torni a casa e un’imprigionata cappa di silenzio un accumulo d’assenze t’investe e ricordi di non essere un eroe accendi la televisione, la lasci - purché parli – parlare, ravvivi le pareti con la consueta lampada ti siedi sul divano, riconosci le foto i quadri, le piante, gli swarovski un poco più impolverati, lo sguardo miseramente ieratico dei peluche e l’ordine pazientemente custodito, ti chiedi se sia consuetudine questa estraneità a sé stessi il sentirsi altri da sé e il non poterlo il non volerlo essere perché è questo vuoto più cercato che fuggito a renderti chi sei.
Id: 36691 Data: 06/03/2016 13:55:12
*
La torta di Stalin
Non è per il tuo volto scuro, Riga, che abbraccerai più stretto il buio, reliquia d’estrema Europa, fervida di rimpianti sulle spoglie del vento. Scorre lo sguardo oltre aspre voci e bancarelle di biechi mercati, poche cianfrusaglie fra esauste grida. Cresta armata di svettante cemento tu fra candele capovolte e spente precipita ombra sulle guance glabre dove fu culto ed impero, mieti ora lividi bargigli e giunti tramonti, oblia nome e sorte, breve eccesso. Questo ti confida il rostro del mare quando scava banchine, scarno sole. Ogni giorno scalpiccia, schiude ciglia di cispose effigi in serale questua, tetti e nuvole, digiuno e silenzi. Sciogli il nodo gordiano della storia, stillane luce e tesa meridiana, torchia inchiostro dal profilo ricurvo del gatto che dà ordine al tuo cielo, fanne erpice nella cantina sorda del tuo cuore e fuggi, occhio o bufera, l’alba di ghiaccio astuto giocoliere dove s’arena il naviglio di tenebre perché la cava nuca della notte confonde presto il brivido del tempo.
Id: 36690 Data: 06/03/2016 13:54:42
*
Lestate di Mondello
Il profumo del pesce nell’aria afrore che stordisce nella canicola l’impreparata gente di pianura fra le casse di frutta in disordine. Grida di donne nel mercato, cesti e lo sfrecciare incurante dei motorini, ragazzi sulla spiaggia che penseresti assorti sui libri, muscoli al sole esibiti, farandola di mani e di giochi. Nelle vetrine arcobaleni di cassate, cannoli gravidi d’antica voluttà, fresche granite al gelso stupite al contatto delle lingue e il mare immoto e l’affrettarsi all’acqua e l’immergersi sdegnando la premura delle ore ed improvviso il bisogno d’abbracciar questa vita: nodo alla gola la cravatta camicia di forza la giacca scarpe ferrate ai piedi e spogliarsi subito da questa corazza e nella nudità del petto accoglierla. Stendersi sull’asfalto misurando nel silenzio i suoi passi.
Id: 36689 Data: 06/03/2016 13:53:45
*
Le vecchie di Sofia
Così mi accogli: con un estremo lembo di vetro e cemento vetusti falansteri di regime, scalcinati termitai fontane di vuoti specchi, aridi rami strappati ad una primavera in contumacia acque fangose d’un misero torrente mai fiume. In anguste vene scorre anche quest’ora si cancellano i passi lenti sui ponti la loro sfida al velo del giorno, alla memoria ed è un angelo nero, opaco a vegliare sull’eremo dei tetti a chiedere spazio all’orizzonte - privilegio di un volo - quando non sa brillare l’oro delle cupole al confine della sera e crollano bastioni d’ombra su antichi eroi. Eppure a questa smorta vigilia ancora credono le vecchie – profili bizantini ginocchia nude nei solchi del legno – e conoscono ogni riflesso delle volte tra i tardi raggi fendenti le vetrate difendono ogni tremito di fiamma da sospiri accorati di preghiera scandiscono ogni goccia di cera che affretta il respiro, fa sporgere la lingua con consueta e rinnovata impazienza mentre stilla l’ultima candela e tutto più fioco, più dubbio pare. E mia, t’accolgo.
Id: 36688 Data: 06/03/2016 13:53:24
*
Un altro mattino
Si raccoglie nel nido delle mani si difende dall’impudenza di passi dall’ovvietà di tragitti, dall’uggiolio di freni che addentano rotaie. Visi affondano occhi nei giornali s’assolvono nello scudo delle spalle respirano per abitudine, per rassegnazione. Sono le nuove tavole della legge irreprensibili, scolpite sul monte dei pegni, dei facili pentimenti, delle conversioni estorte sulle ceneri d’un rovo combusto, morente. E nessun altrove mai. Sono fuscelli impastati di fango inermi fili di paglia le dita. Così si stinge un altro mattino implume alle rapacità del giorno, balbettio su opacità di labbra.
Id: 36687 Data: 06/03/2016 13:52:39
*
Religione domestica
Un altro anno già calcia il calendario, piazza tiri a traversa, fuori gioco, ore arse come grani di rosario ma attender sugli spalti torno torno non vale il baloccarsi tra le cose fino alla nuova luce che dà giorno. E’ come allineare in una frase frammenti d'una vita che discorre in cerchio nel silenzio delle case. Il bollito di manzo, il cavolfiore, a specchio le forchette lucidate, bucato di lavanda, bollitore, il luccichio ai vetri sotto il sole, certezze tutte, in fila alle parole. Se resterà nell’orma ancora polvere aggiustarsi il cappello sulla fronte sarà come vedersi un po’ resistere, come a dire la soglia all’orizzonte non spaventa, si deve pure andare alla ricerca di ciò che oltre il fiato ancora resta, la fibra già attorta e non combusta, il palpito che dura, quel chiaroscuro a sprazzi dentro l’ombra, quel niente che si fa letteratura.
Id: 36686 Data: 06/03/2016 13:52:12
*
Mazinga e lUomo Ragno
Passare la domenica allo specchio, estrarre la sequenza delle rughe per farne perno, fingersi più vecchio, rimpiangere il passato fra le fughe delle piastrelle sorde ad ogni passo. Così si sfoglia l’album di famiglia convinti che ci possa dar la sveglia con rapidi rintocchi di memoria, rivedi poi la maschera di Zorro, lo scudo di Mazinga, l’uomo ragno gettare la sua tela in bianco e nero sul volto imbalsamato di chi resta e in controluce sai, si fa straniero. E’ vita trattenuta sulle labbra, riavvolta sulla spola il lunedì nella promessa nuova del mattino, resistere alle code in tangenziale, fuggire il cannocchiale del vicino, indovinare il titolo al giornale espedienti tutti, e ali di fortuna, sopravvivenza spiccia, da manuale. Il cellulare piatto sotto petto, la giacca abbottonata, la cravatta fanno scordar l’azzurro del costume, la chiazza di colore, dozzinale. E’ tempo d’oggi, d’attizzare il lume del quotidiano giogo al carnevale.
Id: 36685 Data: 06/03/2016 13:51:38
*
Storie di pianura
Restano i nomi, pronunciati per abitudine distrattamente, obliqui serbano gli echi dei luoghi, i riverberi – tre cantoni, feniletto di sotto, il mulino del conte, la vecchia filanda, la seriola – o neppure restano per i cascinali rossi diroccati, nell’alternarsi di muschio e gramigna. Qualche racconto tramandano i vecchi sottovoce; se verità o mito più nessuno sa dirlo: Zaira verde bendata, passo di riccio, la più abile a domare le mosche con le mani o Pietro, pelle tabacco arsa dal sole, smorfie di sorriso come carezze di vanga o Diletta immobile nella sua sedia di giunco o Demetra la bigotta, Nando il pazzo, Vittorio e lei – per chi sa - nata quella notte, vissuta nello spazio fra i primi vagiti e il silenzio, battesimo consumato su occhi di madre, soltanto. Sono le ferite della terra, appena più profonde nel reticolo fessurale, nel duro delle zolle. Le diresti durare, per un’ora più lunga di sole, le leviga poi un breve scroscio di pioggia. Sono le storie catturate nei cerchi dei tigli che le annodano ai tronchi, in riva ai fossi per preservarle forse… e mentre sfiorata dal plettro del tempo più alta ne avvampa la voce non ho che labbra di sabbia mani di paglia.
Id: 36684 Data: 06/03/2016 13:50:59
*
Grandi poeti
Pasolini, Sanguineti, Pagliarani, Zanzotto:
vi leggo e vi rileggo
e non vi afferro.
Per questo scrivo.
Id: 18719 Data: 18/01/2013 19:37:09
*
Di passaggio
Così accade che sul palmo tu veda l’impiccato
e t’affretti a disegnare l’ultima asta:
sai che ho smarrito tutte le lettere.
Id: 17824 Data: 27/11/2012 12:09:18
*
Heisenberg
Il melograno ferito sul tavolo
è il lemma fortuito.
Tace la stella polare
incupita assorda il magnete.
S’ammansisce la belva manichea
fra tautologie e paralogismi:
divergenze rinselvano in silenzi.
Mi colpisce la luce: bersaglio
della mano aguzzina:
verità mi spoglia.
Impazziti i numeri quantici:
orbitale improbabile
m’anniento:
indimostrabile esistenza.
Id: 17823 Data: 27/11/2012 12:08:40
*
Bambino
Cosa guardi, bambino, lontano?
Non mi bastano mille occhiali per vedere,
eppure sorridi rapito
con vivace sorpresa.
Quale segreta voce parla al tuo cuore?
Tendo mille orecchi e verbo non odo,
solo silenzio tutt’intorno.
Eppure sorridi
gli occhi felici al futuro,
mi porgi la mano per condurmi lassù.
Bambino,
solo oggi comprendo di essere un uomo.
Id: 17821 Data: 27/11/2012 12:07:17
|