I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.
Suona una chitarra note rotte da schiamazzi
del paese la festa avanza nella notte;
ragazzi sotto un cielo buio bevono
fino a che l'ultima stella non si spegnerà.
Sta chiusa una finestra davanti una terrazza
incolume alla dolce serenata,
ma lontana una danza di luci
crea un'incantevole atmosfera invano.
Maledetto sia quel legno che
sì tanto il fuoco accresce nel mio cuor
non più senza sussulti d'amore.
E presi dunque il telefono "affacciati giù sotto"
"sto in disco con le amiche" decriptai la risposta.
Sognante aspettai l'alba al gelo, adirato me ne andai.
Non so esattamente cosa aspetto
una risposta, un'idea, una domanda
forse è arrivata forse no
una volta la chiamavano Musa.
Anch'io avevo una musa, ma non mi ascoltava
le parlavo, ma non mi ascoltava,
così cominciai a scrivere, come un pazzo;
uno così fuori di testa non lo avevo mai visto
dicevo ogni volta alzando lo sguardo allo specchio.
Chissà che fine abbia fatto la mia ispiratrice,
ora che mi ha fatto disperare del suo essere
non posso fare a meno di parlare di lei.
Chissà che fai, magari disperi altri.
Lei viveva e mi influenzava, non capivo,
non capisco come, ma provavo emozioni sbagliate.
Quante pagine sprecai lo sa dire solo lei,
quante penne consumai sotto quella lampada
imprimendo con forza sul foglio bianco
in cerca di sfogo una matita,
gomma sempre a lato,pronta alla prima parola di troppo.
Molte cose che ti volevo dire sono nascoste
sotto altri scarabocchi ripassati poi in bella.
Magari non sono ritmico, erudito,
ma non devo piacere, io scrivo perchè la mia Musa non sente
faccio ordine nelle mie emozioni e le trasferisco a lei,
perchè se mi rende felice voglio condividere questa bellezza,
se mi rende triste lo deve comprendere.