I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.
La debolezza del buio
Vorrei poter essere arco di Epiro
e far esplodere la prigione come fece Iperione per i Titani
Non ci sono Olimpi senza macchia e non sempre
il cielo stellato illumina vele d’ argento
Airone ferito, avventuriero dell’ ignoto
a cui è rimasta una sola ala, non immalinconirti
non lasciare che la furia di Poseidone
inghiotta le stanche piume
Guizza, guizza fuori come delfino
salta, salta si intravedono nuovi orizzonti in dissolvenza
Il buio si arrende prima o poi, anche lui cade
e cede il passo al bagliore della luce
che abbaccina. Spezza le catene, ho provato a mettermi
dalla parte del torto e tra il bianco e la coltre del nero
la differenza spicca
Non nascondere la debolezza, l’ onnipotenza
è degli Dei e alle volte nemmeno
Non Lasciare che il ramo offeso prenda
la sua via, solo tu puoi assassinare con un colpo secco
il marcio, non c’ è prigione più angusta
del cuore, liberalo e fallo volare con una sola ala
e una soltanto, riuscirà a trovare la strada non temere
Dopo il lavoro estenuante dei campi
sotto i soli cocenti la carne è logora, ma
il raccolto delle messi sarà ancora
più prospero e saranno gli occhi dell’ anima
a mutare la visione, e solo così
che nasceranno i bimbi eredi universali
di un nuovo mondo
E quando le messi brilleranno al sole
laverai la tua giubba, laveremo le nostre giubbe sporche di sangue
solo così nasceranno i figli della speranza
dell’ alleanza che affratella. Fa che Acamante non guardi
più negli occhi la guerra né in terra, né in cielo
Cigno bianco
offeso non lasciare che la tempesta
accompagni il tuo respiro, impara a ballare
sotto la pioggia e vedrai che l’ azzurro trafiggerà
la gabbia, lasciati alle spalle la condanna del nero,
il nero prima o poi si arrende
Reparto di oncologia
è già tutto compiuto, ma
il cuore è vivo e batte
batte e sbatte contro l' agonia
dei fiori, bracca, aggroviglia
chiome nere e chiome canute
ma non arresta il passo
e tra le pareti vuote
acide di verde, tu disteso e io in piedi
come quadri appesi
a guinzaglio teniamo il male,
che lucido ruggisce e ci strattona
come bestia inferocita
E noi soldati dignitosi di trincea
porgiamo il nostro petto
senza esporci troppo,
camminiamo quatti quatti
“Tu disteso e io in piedi “
Ho temuto l' arancio
così come ora temo il verde,
il drappo retto
che separa i vivi e i morti
E con le bende agli occhi
proseguo il mio cammino,
tu disteso e io in piedi attenti sulle mine,
aspettando ogni giorno un piccolo
raggio di speranza e congiungiamo in ieratico
silenzio le nostre mani che s' abbracciano
Tu disteso e io in piedi non sospiriamo
doloranti e non ci importa
del domani ogni giorno è santo
ogni ora, ogni minuto e se ci
sarà da ridere rideremo ancora
Il cielo oscuro non tappezzerà di ombre
il nostro volto, con il macigno in groppa
spezzeremo il pollice verso della morte