I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.
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Incertezza
Verrà il temporale sulle tue gote rosse così che il pomposo tuo viso possa provare il distacco mai conosciuto.
Su i tuoi capelli s’asciugherà il sole, sì che tu possa splendere come viva immagine di te all’occhio non più soltanto mio.
Svetterà la paura sul tuo corpo. Tiepidi cieli accoglieranno i tuoi sospiri, i tuoi teneri improperi.
E sarai vuota, oppressa dalle vittorie stesse. Parole nuove saranno echi, vecchie canzoni, nuove promesse. Saluterai il tempo andato su un ricordo mai vissuto; con la timidezza di non aver mai tentato.
Id: 31583 Data: 25/03/2015 14:32:05
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Donna natura
Cala la sera sulla valle stanca. Scuro il cielo e il cuore di chi spera. Il respiro dei campi di grano s’è fatto tagliente, un glaciale sentore di vuoto ha fagocitato il batter d’ali di un’aquila in volo. L’occhio osserva il ricordo vano dell’antica bellezza, del dipinto eterno che l’uomo contempla mirando e sognando all’estremo più ultimo da questa piccola finestrella, della mia vita unica certezza. Quanti colori, quali poesie dischiudi, caldo spiraglio all’oblio umano! Con quali melodie, tintinnii fragorosi e fulgidi accompagni la vista dell’infinito. Ed io mi faccio piccolo a cotanta pienezza: io son ricco, ma troppo poco capiente. T’immagino, natura; m’immagino astante a te, mai per sbaglio assente. Allorché mi immagino nudo a te, spoglio dell’umano peccato d’odio e violenza, sento di vivere un’esistenza mia. Ti tengo sempre spalancata, candida finestrella: sono solo, ho troppo freddo tra queste oscure e infime mura. O, Donna mia, cara Natura, sei ancora tu così tanto paga prenderti di me amorevol cura?
Id: 31021 Data: 04/03/2015 19:23:24
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Il senso della mia guerra
Voragini s’espandono miti e funeste al mio passo greve, d’una pesantezza sempiterna e stantia. Ho camminato su aghi d’odio, ho slacciato nodi d’indifferenza, ho mitigato il freddo dell’umanità con il caldo del mio cuore; ed infine ho volato in cieli non ancora e mai contemplati, a sudarmi un senso da dare a quest’alba che vada oltre un mero artistico fantasticare. Niente fu, nulla è. È cambiato il cielo da dove lo vidi sorgere la prima volta, e su quell’azzurro cangiante diverse anche le sfumature fulgide e pallide, bianchi sottili filamenti d’un infinito lucente sole che ha capacità di splendere ogni dì in maniera così magistrale, seppur differente. Ed io a cotanta bellezza scompaio. Posso forse mai essere stanco di questo sudore, di aleggiare libero ma in catene su cieli reconditi, d’amare e accendere gli occhi delle persone, di assistere inerte al teatrino di chi non sceglie, né prende parte, di resistere all’odio e percorrerlo sfidandolo? Potrei, davvero, un giorno mai stancarmi di questa vita? Io non esisto se non per rendere manifesto l’amore che mi rende uomo e tiene in vita chi amo; e di questo mio essere rendo grazie anche in questa mattina, dove il sole non è sorto alto e splendente nel cielo, ma ha tessuto i suoi lunghi capelli biondi tra le pieghe consumate della mia pelle.
Id: 30977 Data: 03/03/2015 12:11:09
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Lalbero e io
Nel cielo arido di speranze vacui sentimenti tramontano senza mai aver albeggiato. Con l'occhio stanco tendo il cuore all'infinito e ascolto.
Si ode soltanto il fragoroso frusciare d'arte e bellezza tra i rami spogli abbandonati al fato. Immagino, ricordo, ascolto.
Soave brezza, all'uomo gli antichi fasti canti, sull'albero triste e vuoto porti il sorriso di chi il tuo antico svettare ha sempre amato.
Id: 30960 Data: 02/03/2015 15:59:33
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Inno alla bellezza
Flebile e melliflua la mano dell'uomo tendente al cielo; un ferreo diniego all'aspirar umano lo stellato luogo ha posto. L'errante pastore dell'Infinito al cor risposta deve mostrare. Donde cercare gli inesauribili spazi che alla vista dell'uomo l'etereo mondo trasmette?
Spirto libertino, fagocitante splendore divampante negli orridi abissi della terra, ove cercare il mio fresco viaggiare? Ove cesserà il mio corpo mortale, e il mio nome, il mio umano peregrinare?
Tu forse sai ch'io ti dico questo perché non conosco, mai ebbi conosciuto. Ch'io mi ricordi nacqui brezza, diventai tempesta. Le piagge, le selve, i mari e l'alma terra non ebbero mai cura di questi calli che da sempre mi porto appresso. Mai questa greve pelle riconobbe un placito scorrere di dita; mai fuoco non andò cercando altra fiamma.
Ora che tu vedi e hai visto, sì piacevol sentire di me, e del mio amore, che vuol dire questo? Altra risposta io non trovo e non bramo degli occhi di lei che a me aprono un riso e al nulla aprono un pianto.
Id: 30896 Data: 27/02/2015 15:57:26
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