chiudi | stampa

Raccolta di poesie di Giovanni Viglino
[ LaRecherche.it ]

I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.

*

Incertezza

Verrà il temporale
sulle tue gote rosse
così che il pomposo
tuo viso possa provare
il distacco mai conosciuto.

Su i tuoi capelli
s’asciugherà il sole,
sì che tu possa splendere
come viva immagine di te
all’occhio non più soltanto mio.

Svetterà la paura
sul tuo corpo.
Tiepidi cieli
accoglieranno i tuoi sospiri,
i tuoi teneri improperi.

E sarai vuota,
oppressa dalle vittorie stesse.
Parole nuove saranno echi,
vecchie canzoni, nuove promesse.
Saluterai il tempo andato
su un ricordo mai vissuto;
con la timidezza
di non aver mai tentato.


Id: 31583 Data: 25/03/2015 14:32:05

*

Donna natura

Cala la sera
sulla valle stanca.
Scuro il cielo
e il cuore di chi spera.
Il respiro dei campi
di grano
s’è fatto tagliente, un glaciale
sentore di vuoto
ha fagocitato il batter
d’ali di un’aquila
in volo.
L’occhio osserva il ricordo vano
dell’antica bellezza,
del dipinto
eterno che l’uomo contempla
mirando e sognando
all’estremo più ultimo
da questa piccola finestrella,
della mia vita unica certezza.
Quanti colori, quali
poesie dischiudi, caldo
spiraglio all’oblio umano!
Con quali melodie, tintinnii
fragorosi e fulgidi accompagni
la vista dell’infinito.

 

Ed io mi faccio piccolo
a cotanta pienezza: io son
ricco, ma troppo poco capiente.

 

T’immagino, natura;
m’immagino astante a te,
mai per sbaglio assente.
Allorché mi immagino
nudo a te,
spoglio dell’umano peccato
d’odio e violenza,
sento di vivere
un’esistenza mia.
Ti tengo sempre spalancata,
candida finestrella:
sono solo, ho troppo freddo tra queste
oscure e infime mura.
O, Donna mia,
cara Natura,
sei ancora tu così tanto paga
prenderti di me amorevol cura?


Id: 31021 Data: 04/03/2015 19:23:24

*

Il senso della mia guerra

Voragini s’espandono miti
e funeste al mio passo greve,
d’una pesantezza sempiterna e stantia.
Ho camminato su aghi d’odio,
ho slacciato nodi d’indifferenza,
ho mitigato il freddo dell’umanità
con il caldo del mio cuore;
ed infine ho volato in cieli
non ancora e mai contemplati,
a sudarmi un senso da dare
a quest’alba che vada oltre
un mero artistico fantasticare.
Niente fu, nulla è.
È cambiato il cielo
da dove lo vidi sorgere la prima volta,
e su quell’azzurro cangiante
diverse anche le sfumature
fulgide e pallide, bianchi
sottili filamenti d’un infinito
lucente sole che ha capacità
di splendere ogni dì in maniera
così magistrale, seppur differente.

 

Ed io a cotanta bellezza
scompaio.

 

Posso forse mai essere stanco
di questo sudore,
di aleggiare libero ma in catene
su cieli reconditi,
d’amare e accendere gli occhi
delle persone,
di assistere inerte al teatrino
di chi non sceglie, né prende parte,
di resistere all’odio e percorrerlo
sfidandolo?
Potrei, davvero, un giorno mai
stancarmi di questa vita?
Io non esisto se non per rendere
manifesto l’amore che mi rende uomo
e tiene in vita chi amo;
e di questo mio essere
rendo grazie anche in questa
mattina, dove il sole non è sorto
alto e splendente nel cielo,
ma ha tessuto i suoi lunghi
capelli biondi tra le pieghe
consumate della mia pelle.


Id: 30977 Data: 03/03/2015 12:11:09

*

L’albero e io

Nel cielo arido
di speranze
vacui sentimenti
tramontano senza mai
aver albeggiato.
Con l'occhio stanco
tendo il cuore all'infinito
e ascolto.

Si ode soltanto
il fragoroso frusciare
d'arte e bellezza
tra i rami spogli
abbandonati al fato.
Immagino,
ricordo,
ascolto.

Soave brezza,
all'uomo gli antichi
fasti canti, sull'albero
triste e vuoto porti
il sorriso di chi
il tuo antico
svettare ha sempre
amato.


Id: 30960 Data: 02/03/2015 15:59:33

*

Inno alla bellezza

Flebile e melliflua la mano
dell'uomo tendente al cielo;
un ferreo diniego all'aspirar
umano lo stellato luogo ha posto.
L'errante pastore dell'Infinito
al cor risposta deve mostrare.
Donde cercare gli inesauribili
spazi che alla vista dell'uomo l'etereo
mondo trasmette?

Spirto libertino, fagocitante
splendore divampante negli orridi
abissi della terra, ove cercare
il mio fresco viaggiare? Ove
cesserà il mio corpo mortale,
e il mio nome, il mio
umano peregrinare?

Tu forse sai ch'io ti dico
questo perché non conosco, mai
ebbi conosciuto. Ch'io mi
ricordi nacqui brezza,
diventai tempesta. Le piagge, le selve,
i mari e l'alma terra non
ebbero mai cura di questi
calli che da sempre mi porto appresso.
Mai questa greve pelle riconobbe
un placito scorrere di dita; mai
fuoco non andò cercando altra fiamma.

Ora che tu vedi e hai visto,
sì piacevol sentire di me, e
del mio amore, che vuol
dire questo? Altra risposta io non
trovo e non bramo degli occhi
di lei che a me aprono un riso e
al nulla aprono un pianto.


Id: 30896 Data: 27/02/2015 15:57:26