I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.
L’ho conosciuto grazie a Domenico Cipriano. Gliene sarò grato in eterno. Gianmario è poi venuto a casa mia e la sua trasparente purezza ha colpito anche la mia Martine. Fu in occasione della presentazione de “La meccanica delle pietre nere” all’Università di Napoli. Era giunto da Sondrio in treno espresso: aveva viaggiato tutta la notte e la mattinata. A casa ebbe appena il tempo di pranzare con noi e riposare su di una sdraio per un’oretta. Rifiutò il letto perché – non si sarebbe più svegliato – mi disse. Anche quando venne per “L’impoetico mafioso” dovetti costringerlo all’albergo. Una bellissima persona Gianmario, davvero pulita ed esemplare. Aveva una fede incredibile nella parola: una sorta di malta malleabile ed utile in grado di modificare strutture e convivenze, di riconvertire il mondo alla ragionevolezza dello spirito al bello, al buono ed al giusto. Più poeta di così?
Sempre in prima linea, aveva pianto come un vitello per la diciottenne iraniana impiccata da una giustizia violenta e becera. Avevo cercato di consolarlo mostrandogli la serenità della ragazza che vinceva opponendo alla violenza ottusa in cerca di martirio, la generosità di uno spirito proteso alla vita ed alla luce grazie al dono dei suoi occhi. L’avevo chiamato per un lavoro ormai al traguardo. Gli avevo inviato le ultime correzioni alle bozze di un libro di cui eravamo entusiasti in tre: io. Gianmario e Benoît Conort.
Si trattava della mia traduzione di “Pour une île à venir” di Conort edito da Gallimard nel 1988 che doveva uscire a novembre con testo originale e traduzione a fronte e che doveva essere presentato in anteprima all’università orientale di Napoli.
Mi è morto poco dopo: la sua compagna mi ha parlato di un malore. È davvero difficile per un poeta come Lucini evitare la sequela di malori che un mondo siffatto offre gratis.
Io sono incazzato nero con il Padre eterno. Spero che almeno, gli abbia riservato un posto in prima fila, perché possa mirare bene lo spettacolo pietoso degli animaletti miserabili che abitano questo postmoderno mondo che giocano all’onnipotenza e si massacrano per una miserabile sete di avere: l’homo sapiens.
Terzigno il 29 ottobre 2014