I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.
Il memoriale della Repubblica. Gli scritti di Aldo Moro dalla prigionia e l'anatomia del potere italiano. Di Miguel Gotor
Sprofondiamo in un'autentica discesa agli inferi con questo corposo testo di quasi 600 pagine. Meglio sarebbe stato continuare, dopo tutti questi anni, a rimanere nel porto delle nebbie. Ricordi che riconosco superficiali, scoprendo ora il balletto del memoriale, rimasto nell'ombra rispetto alle lettere che seguimmo trepidamente.
Questa lunga scia di sangue inizia con il rapimento di Aldo Moro, dopo l'uccisione dei 5 uomini della scorta, e il 9 maggio 1978 con l'eliminazione dell'ostaggio, dopo 55 interminabili giorni di prigionia.
Dalle 70 pagine dattiloscritte ritrovate dal generale Dalla Chiesa a Milano, nell'ottobre del 1978, si capisce subito che i documenti non attingono tutti direttamente dagli stessi originali. Iniziò una lunga scia di morti fra i suoi lettori, molti ancora senza giustizia. Fra i diretti protagonisti: il giornalista Mino Pecorelli freddato nel settembre del 1979 ed il generale Dalla Chiesa nell'ottobre di 3 anni dopo a Palermo assieme alla moglie Setti Carraro.
La tragedia si tinge poi di farsa perché nell'ottobre del 1990 (12 anni dopo) vengono ritrovate, esattamente nello stesso covo milanese scoperto da Dalla Chiesa, 420 fotocopie del manoscritto di Aldo Moro. Sottolineo che Mario Moretti il capo delle B.R. era stato arrestato 9 anni prima.
tas Gotor nel suo testo segue, quasi trepidamente Dalla Chiesa che cerca di liberare il paese da queste grinfie malefiche e per questo sarà eliminato! Stima Pecorelli, accusato allora di essere un ricattatore anziché un giornalista che pubblicava ciò che scaltramente indagava e per questo prontamente assassinato.
Su tutto emerge la mano, spesso invisibile ma onnipresente,
del Maestro Venerabile Licio Gelli e la P2, supportato dalla sua coorte militari, politici, trafficanti d'ogni specie.
Come è risaputo, il bersaglio principale di Moro è Andreotti,
il Belzebù indicato come connivente con la parte politica più tetra del sottobosco italiano. Tra questi il principe Borghese, il finanziere Sindona e la conseguente mafia siciliana.
Ci sono, a parere di Gotor, due Aldo Moro.
Uno che negozia coi rapitori per salvare la propria vita, con una linea politica aggressiva verso l'esterno, perché ogni singolo termine stabilisce la vita o la morte sua, l'altro che verga memorie davanti alla sua coscienza e alla storia.
Secondo Pecorelli, avrebbe dovuto rivolgersi direttamente al Paese reale.
Convulsi, sino alle fine, i tentativi di una parte politica minoritaria per salvare Moro. Fanfani tramite il PSI, Craxi con Potere Operaio. Vengono solo citati, ma non sviluppati, analoghi intenti del Vaticano.
Rimangono ancora senza risposte una serie di indigeribili interrogativi.
Perché non si sono mai trovati i manoscritti originali e le bobine dell'interrogatorio del Presidente Moro?
Incomprensibile il comportamento delle B.R.. 84 persone uccise da “un esercito di killer senza cervello” secondo Pecorelli.
Se non utilizzarono il memoriale a chi rispondevano?
Quali mani oscure intervennero, censurarono, ricucirono i documenti ? Mani a cui interessava non il testo ma il suo possesso.
Chi governò e dominò questo mondo parallelo plumbeo?
“Sarebbe bello se ci fosse luce...” conclude Aldo Moro nella straziante lettera di addio alla famiglia.
Lo stesso miraggio rimane crudamente attuale per questo capitolo tragico e torbido della storia del nostro Paese!
Il testo di Fabrizio Gifuni è impostato sulla lettura teatrale delle lettere scritte da Aldo Moro durante i drammatici 55 giorni di prigionia ad opera delle B.R., a seguito dell'assassinio dei cinque componenti della sua scorta.
Questo per dare voce al Presidente della Democrazia Cristiana.
Il testo, dolorosissimo, è particolarmente lancinante per chi conserva a pieno la memoria vissuta di quel periodo.
Perché, se è pur vero che l'animo umano per sopravvivere deve credere che i mandorli continueranno sempre a fiorire, ci sono primavere non cancelleranno mai gli inverni.
Dalle lettere di Aldo Moro, delle quali ne viene presentata solo una parte, risalta sin da subito il carattere mite e moderato del Presidente, con le sue parole minute, centellinate con pazienza ed attenzione.
Pare che delle 97 lettere ne siano state consegnate solo 35. Una parte fu ritrovata cinque mesi dopo, le ultime 12 anni dopo in un covo delle B.R.!
Tutto questo getta un'ulteriore luce inquietante sul comportamento dei suoi aguzzini.
Fin quasi alla fine il prigioniero mantiene un “esilissimo ottimismo” sulla trattativa, contando ovviamente nell'immancabile solidarietà del suo partito.
Però poi capisce che vincerà “l'irridente silenzio”.
Come l'oscuro ed incomprensibile procedere del Processo kafkiano.
Inutilmente, prima supplica, poi maledice Andreotti assieme all'intera sua parte politica, fortemente supportata dal PCI, per il suo “assurdo ed incredibile comportamento” volto ad insinuare che il suo Presidente non sia più in possesso delle normali facoltà mentali.
Anche le lettere alla famiglia, pur intinte in un grande amore, che la separazione rende ancor più straziante, sono piene di suggerimenti per trovare canali che permettano la liberazione di qualche detenuto “gradito” alle B.R. ed effettuare così uno scambio.
Non si possono leggere queste inani grida al cielo, per chi ha vissuto quei terribili anni, senza provare un'immensa pietà e una contrizione per l'impotenza di tutti noi.
“Bacia e carezza tutti, volto per volto, occhi per occhi, capelli per capelli...Vorrei capire, con i miei piccoli occhi mortali, come ci si vedrà dopo. Se ci fosse luce sarebbe bellissimo”.