I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.
BRACE, TABACCO E CENERE
Aprile 1939
“Anche oggi!?”
Maria si pentì di aver detto quel che pensava e tornò quietamente al proprio posto di lavoro. Altro straordinario da fare: due ore per produrre sigarette destinate ai soldati italiani. Anche se avesse potuto infischiarsene della Manifattura Tabacchi e della Maestra che controllava la produzione, non se la sarebbe sentita di rifiutare quel sacrificio ai ragazzi sotto le armi. Anche Nino era partito e l’aveva lasciata il giorno del suo imbarco con parole che la ferivano ancora:
“Mi spiace, ma ora non mi sento di dare altri pensieri alla mia famiglia, è meglio che la finiamo qui.”
Incredula aveva detto: “Scusa, che pensiero sarei per la tua famiglia?”
Nino aveva abbassato gli occhi e le parole gli erano uscite sussurrate, ma tutte d’un fiato:
“Dicono che non sei la donna giusta per me…”
“Ma tu mi ami?”
Non aveva risposto e girati i tacchi si era allontanato. Eppure quindici giorni dopo era arrivata una sua lettera. L’aveva riletta un’infinità di volte. Frenò il corso dei pensieri: non poteva distrarsi: il lavoro doveva essere fatto bene.
A casa lavò le mani col limone: le dita a contatto col tabacco tendevano ad ingiallire e bevve un bicchiere di latte per disintossicarsi.
La radio trasmetteva musica sinfonica e così si ritirò in camera. Rilesse la lettera:
Santiquaranta, Aprile 1939
Cara Maria, siamo arrivati in Albania con una flotta potente. Lo sbarco è avvenuto senza problemi, solo qualche scaramuccia che gli eroi del San Marco hanno risolto a nostro favore. Subito dopo ci siamo diretti verso l’interno dove il paesaggio è brullo. Con la mia moto armata di mitragliatrice entro per primo nei villaggi, ma non ho ancora sparato un colpo e gli abitanti sembrano contenti di essere diventati italiani. Abbiamo raggiunto il nostro obiettivo: una città arroccata su un monte. Spero di poterti scrivere ancora, perché la carta scarseggia come l’acqua. Prega per me. Ti abbraccio. Nino.
Seguiva l’indirizzo che Maria non volle neppure leggere tanto era stizzita! Nessun accenno al fatto che l’avesse piantata in asso con la più puerile delle scuse: dicono che non sei la donna giusta per me…ma questo conquistatore di imperi si era mai chiesto se lui era l’uomo giusto?! e non sapeva che l’uomo o la donna giusta non sono mai esistiti, si può solo diventarlo giorno dopo giorno?!
E poi cosa avrebbe potuto rispondergli: che Bartali era arrivato secondo al Giro d’Italia?
Decise che non gli avrebbe scritto, ripiegò il foglio a quadretti sui cui era vergata la lettera e lo infilò nel comodino.
Maggio 1939
Lo aveva letto da qualche parte: chiunque ha amato porta in sé una cicatrice. Ne concordava pienamente perché la sentiva dolere: era arrivata un’altra lettera di Nino.
Si era chiesta mille volte perché non potesse essere la donna giusta per lui. Nella sua vita non c’erano ombre e l’unica cosa che era riuscita a immaginare riguardava il suo lavoro: nel pensiero comune le tabacchine erano considerate poco serie, non si perdonava loro che il lavoro le rendesse indipendenti e la promiscuità nei grandi saloni dava adito a chissà quali fantasie, ma la verità era che in quegli ambienti caldi e umidi, a fine giornata, i piedi si gonfiavano e doveva portarsi un paio di scarpe più grandi per tornare a casa. In pochi lo sapevano ma va da sé che la storia della povera gente non la scrive nessuno. Prima di dormire rilesse la lettera:
Tepelene, 16 Maggio 1939
Hai ricevuto la mia lettera? Hai trascorso una buona Pasqua? Qui non stiamo male, ma è triste essere lontani dalle persone cui si vuol bene. La posta funziona e se puoi mandami un pacco con roba da mangiare e sigarette. Ti abbraccio. Nino.
Era già un progresso dalla prima lettera e Maria intuì che il bisogno di scrivere anche in assenza di riscontro doveva pur significare qualcosa. Nella busta Nino aveva messo una sua fotografia: bustina sui capelli impomatati, i baffi ben curati; ordinato ma dimagrito. Sapeva che la gratitudine nasce, per definizione, senza memoria, ma ugualmente, gli avrebbe mandato il pacco.
Marzo 1942
Erano arrivate altre lettere che Maria lasciò, come le prime, senza risposta. Quella che le fece cambiare idea giunse dalla lontana Russia. Era senza busta ed aveva una particolare forma triangolare: una pagina di quaderno piegata come un origami. Nino dava notizie del freddo intenso, della sua salute e c’era la solita richiesta di sigarette. Ciò che le aprì il cuore furono le ultime righe: …anche questo Natale è trascorso e il tuo pensiero non mi ha lasciato. Ciò che ho vissuto in questi anni mi ha convinto che le parole dette la sera della mia partenza sono state sciocche e cattive. Non posso rimangiarmele, ma ti prego di credere che non mi appartengono. Puoi perdonarmi? Ciò che mi permette di sopravvivere in questo orrore di gelo e morte è il pensiero di come potrà essere la nostra vita insieme. Ti prego di rispondere: ho bisogno di sapere se sono ancora il tuo Nino. Termino con la penna, ma non col cuore. Ti abbraccio.
Oltre il pacco Maria inviò anche una lettera con due parole sole, ma che avrebbero alimentato la speranza, un rischio che entrambi dovevano correre.
Padova, 18 Marzo 1942
Ti aspetto. Maria
Una volta tornato, guardandosi negli occhi, avrebbero deciso del loro futuro.
Anni 2000
Maria aveva fra le braccia la piccola pronipote: ora era addirittura bisnonna. Si rammaricò che Nino non fosse con lei a godere di quel momento: Se ne era andato qualche anno prima. Forse per deformazione professionale considerò che la vita è come una sigaretta: la cenere è il passato e la brace il presente che brucia in fretta.
Sorrise ricordando come suo marito si accendesse le sigarette l’una con l’altra e ora c’era quella bambina: una vivida brace che brillava nell’ oscurità dove il tempo sprofonda persone e azioni, portando alla luce ciò che è nascosto e occultando ciò che è manifesto …e comprese perché mai nessuno scriva la storia della povera gente: è già scritta! A caratteri d’oro, in Cielo.