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Raccolta di testi in prosa di Squillante Roberto
[ LaRecherche.it ]

I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.

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Il ricordo

Il ricordo

 

Un sottile filo di angoscia. Era sera. Quello che gli era successo non era facile da raccontare.

Era una giornata uguale a tante altre. Era uscito come sempre dal posto di lavoro per andare a fare colazione. E, poi era accaduto. Inspiegabile. Aveva fatto quella strada migliaia di volte.

Aveva chiamato il suo migliore amico, Claudio. Era seduto nella poltrona davanti a lui. E lo stava guardando con curiosità e forse un filo di irritazione.

«Dovevi parlarmi? »

«Si, scusa, cercavo di riordinare le idee. »

«Cosa? »

Era proprio Claudio, sempre impaziente.

«Non è una cosa da poco. È la prima volta che mi capita. E stavo camminando quando è successo. Ha iniziato a piovere. »

«Roberto, mi hai fatto venire per dirmi che oggi pioveva? »

Era stato uno dei temporali più forti degli ultimi anni. Accompagnato da fulmini e raffiche di vento molto violente. Molti alberi erano caduti e diverse persone erano rimaste ferite.

«No, anche se ero fuori quando è iniziato, ma sono riuscito a rientrare prima che la pioggia diventasse violenta. »

Di solito Claudio era una persona intuitiva. Un ottimo regista teatrale. Alcune delle sue opere avevano ottenuto successo. Sperava che il suo talento creativo potesse aiutarlo a capire.

«È accaduto prima che iniziasse a piovere. »

Stava camminando con passo veloce. La strada era in leggera salita. Aveva le mani occupate. Non usciva mai senza la sua borsa e aveva il telefonino nell’altra mano. E in quel momento era accaduto.

«Ti ho mai raccontato del sogno che faccio da quando sono bambino? »

Claudio si rilassò nella poltrona. «No, dimmi. »

«Scusa ma faccio fatica a dare un ordine coerente a quello che è avvenuto. »

«Me ne sto rendendo conto. Sembri spaventato. Preoccupato. »

Un pensiero ossessivo. Si riaffacciava in modo violento, continuo alla sua mente. Confondendolo e lasciandolo stanco, affaticato.

«Ti sembra possibile che la vita cambi in modo improvviso, da un momento all’altro? Mentre cammini tranquillo. »

«La vita è cambiamento.» Sentenziò Claudio. Quella era la base di tutti i suoi lavori teatrali.

Era per questo suo modo di vedere le cose che gli aveva telefonato. Ma ora faceva fatica ad aprirsi anche con lui.

Il vento gli arruffava i capelli bianchi. Portava con sé l’odore della pioggia, della terra bagnata. E, quello dei ricordi. Gli aveva sempre fatto questo effetto.

Quella mattina lo aveva sorpreso. Di solito succedeva quando era rilassato, seduto su una panchina, immerso nei pensieri. In quel momento viaggiava con la fantasia del passato. Episodi della sua vita, felici e tristi. Uno stato semi-onirico in cui tutto assumeva colorazioni e intensità diverse.

Quel giorno, invece, una cosa diversa. Si era sentito perso. Privato di una parte di sé.

«Ma può essere radicale, il cambiamento? Può diventare tutto confuso, senza uno scopo. »

«La nostra vita è come un prisma esposto alla luce del sole, basta girarlo per avere luce e colori diversi. Questa è la vita, un prisma, dove un minimo movimento provoca un arcobaleno differente. »

Il vento aveva fatto una pausa, mentre girava un angolo. Quella strada era più riparata. E, proprio durante quella pausa era accaduto.

«Mentre camminavo, ho sentito un rumore. Leggero. Pensavo mi fosse caduta una chiave dalla tasca e mi sono girato per cercarla. E, era lì, per terra – Roberto fece una pausa, quella era la parte più difficile. »

«La chiave?» chiese Claudio, che non riusciva ancora a dare un senso logico a quel racconto.

«No, c’era un gomitolo di corda. Un’immagine confusa, era circondata da un alone più chiaro. Ho allungato la mano per prenderlo, e si è ritirato, come fosse dotato di vita propria. Ho fatto un passo, ma come mi avvicinavo si spostava di poco. Sono arrivato all’angolo. Una folata di vento lo ha portato via. Mi è sembrato di vedere una mano che si agitava e mi salutava. »

«Un gomitolo di corda? »

«Da quel momento sono diverso. Mi manca qualcosa. Sono un altro uomo? Può una folata di vento portarti via qualcosa? »

Le domande rimasero senza risposta. Claudio non c’era. Il divano era vuoto. La casa stessa era cambiata. E, ugualmente i vestiti che indossava.

Il vento fuori fischiava in modo ininterrotto.

 

 


Id: 4317 Data: 23/09/2018 08:19:14

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Altro Tempo

 

ALTRO TEMPO

 

La sera piovosa. La notte. L’acqua che si infrange sul lampione della strada. Il rumore delle macchine che passano. L’anima che avverte il peso della tristezza. Il ricordo di quello che era stato. Momenti. Frammenti. Passato. Il presente di solitudine.

Il rumore in sottofondo di una televisione accesa per coprire il silenzio assoluto. Non più grida di bimbi. Lamenti di amori negati. Paura per esami futuri. Il cammino ormai si avvia verso il nulla.

Tutto trascorre lento. Ma comunque scorre. La sua memoria ricorda con precisione ogni momento di quello che era. I giorni si susseguono uguali. Solo il tempo tende a variare. Fuori dalla finestra. Al di là dei vetri. Gli alberi verdi diventano gialli e perdono le loro foglie. I fiori cadono strappati dai venti invernali. Il sole torna a scaldare le strade.

Finalmente il rumore di un campanello. Una porta che si apre. Delle voci vicine.

Rumore di vita.

«Come sta oggi?»

«È silenzioso, non ha voglia di parlare. Sta dietro la finestra a guardare la pioggia.»

Un viso si affaccia alla porta della sua camera. Lineamenti noti. Assomigliano ai suoi. Si ricorda dei suoi vagiti. Le sue gambe che si muovono all’aria.

«Ciao papà come stai oggi?»

«In silenzio, non mi lamento, quindi sto bene.»

«Silvia dice che stai dietro la finestra a guardare la pioggia. Posso guardarla insieme a te?»

Entrambi, dietro i vetri, guardano le macchine passare. Polvere di acqua si alza dalle loro ruote. Il fruscio è continuo. Racconta di un mondo differente, dove la saggezza è ascoltata e rispettata.

Tutto cambia e tutto è diverso.

I capelli diventano bianchi. Le mani rugose. La pelle perde la sua elasticità. Le ossa fanno male e le articolazioni rallentano l’andatura. La mente però spesso resta lucida. I ricordi ancora più vividi. E, insieme ad essi, il dolore per quello che è passato.

«Sono un vecchio brontolone. Silvia è una brava infermiera. Ma mi manca la vita. Sto qui aspettando solo la morte. »

«Sei importante per me. So che ci sei. Fai parte della mia vita, delle mie radici.»

«Ci sarò sempre anche quando sarò polvere nel vento. »

«Hai ragione.»

Un senso di angoscia profonda. Sa che è finito tutto. Le infinite possibilità aperte dalla nascita si sono concluse. Il bilancio è quello. Positivo? A che serve giudicarlo? È.

 

 


Id: 4300 Data: 09/09/2018 20:56:16

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Le Parche

LE PARCHE

 

Camminavano in silenzio. Mano nella mano. Aperti al cambiamento che viaggiava nelle loro anime. Felici. Sorridevano. Il vento muoveva i loro capelli. Gonfiava le loro vesti. Ma non avevano freddo. Un aura di calore circondava i loro cuori.

Per la prima volta, dopo anni di messaggi nascosti. Di frammenti di tempo. Avevano la possibilità di vivere sereni.

La vita, il caso, la fortuna, il destino, li aveva fatti incontrare.

Per un lungo periodo si erano incontrate solo le loro anime. Poi il fato aveva deciso un altro passo. Timorosi si erano visti.

Era una fredda giornata invernale. Avevano sulle spalle le loro storie. Ma le anime erano più potenti. Le affinità erano molte, troppe perché qualcosa potesse fermare quel dolce sentimento che ormai era sbocciato.

La tenerezza di quel primo incontro, in due persone ormai adulte, sarebbe rimasto per sempre nel loro cuore.

Erano entrati con passo incerto in quella stanza. In punta di piedi. Ma non erano servite molte parole. Erano stati sufficienti pochi sguardi, qualche carezza, dei baci profondi e silenziosi. E quello che la loro fantasia aveva già creato mille volte, si era materializzato.

La luce tenue che entrava dalla finestra aveva incorniciato i loro corpi nudi. Il letto morbido aveva accolto i loro abbracci. Le loro labbra si erano sfiorate, erano scese ad assaporare la loro pelle.

Le mani si erano intrecciate più volte. Non volevano lasciarsi. Ma ogni cosa doveva avere un tempo.

Lo sapevano.

La stanza li aveva visti uscire. Aveva tirato un sospiro profondo. Aveva visto molte coppie entrare e uscire dalla sua porta. Il suo letto aveva accolto molti corpi. Ma non aveva mai percepito dei sentimenti così profondi, agitare le menti dei suoi ospiti. Sapeva che sarebbero tornati. Legami così forti sopravvivevano alle difficoltà.

Le finestre mostravano un giardino curato. Qualche palma. Dei viali lastricati da piccole pietre bianche. In lontananza altre case. Altre finestre. Altre luci che si accendevano nella notte. Altre storie.

Quella piccola camera sapeva però che quella storia era diversa. Era un po’ triste. Averli visti uscire, l’aveva lasciata vuota. Presto sarebbero venuti a portare via il loro odore. La loro confusione. In pochi istanti tutto quello che rappresentava quell’incontro sarebbe stato cancellato da colpi esperti di spugna.

Era passato un anno. Qualche secondo nella vita di una palma. Un secolo in quella di una farfalla. Poi le ali colorate avevano poggiato il loro tenue peso su di un nuovo incontro.

La stanza lo sapeva. Li aveva visti entrare. Aveva seguito i loro passi. C’erano stati altri incontri. Altri percorsi. Sapeva che era difficile. Avrebbe voluto aiutarli. Ma non poteva, doveva lasciare fare alle mani esperte delle tessitrici. Loro avrebbero saputo quali tasti toccare.

E, infatti tutto stava succedendo naturalmente. Si svolgeva come un rotolo. Un papiro in cui era descritto ogni fase di quel percorso.

Gli attori non lo sapevano. Vivevano la loro vita. I loro istanti. Di nascosto dedicavano a se stessi, frammenti di giornata. Frammenti di vita. Ma ogni piccolo pezzo si incastrava perfettamente all’interno di quel puzzle. E lentamente creava un’immagine complessa. Piena di dolci sfumature. Di colori accesi. Di un tenue sentimento che cresceva nel tempo.

Avevano le loro vite. I loro impegni. Era difficile riunire tutto. Ma le parche sapevano cosa facevano.

La stanza, spettatrice esterna se lo chiedeva a volte.

Li vedeva unirsi. Ascoltava indiscreta i loro discorsi, mormorati, sussurrati. E, li vedeva andare per la loro strada. Percorrere il loro cammino di vita.

Possono farcela? Li vedrò ancora? E, puntualmente, quando la domanda si formava, loro ricomparivano.

Intanto che gli anni passavano le loro coscienze si amalgamavano. La creta che formava i loro corpi, assumeva forme e consistenze diverse. Le loro esperienze di vita li univano. La lontananza incredibilmente invece di dividerli sembrava unirli ancora di più.

Erano passati altri anni. La palma era quasi arrivata a lambire con le sue foglie i vetri della finestra. Questa volta non erano venuti da lei. Ma sapeva che si erano incontrati. Sapeva che la vita li stava unendo.

Questa volta erano i viali a raccontare la loro storia. La sabbia del mare. L’acqua stessa. Salata e azzurra si lasciava coinvolgere. Aveva lambito i loro piedi, mentre scalzi correvano sulla spiaggia. Come due ragazzi. Due eterni innamorati, che finalmente vedevano il loro sogno realizzarsi.

Le parche avevano ragione. Le loro esperte mani erano riuscite a tessere la tela.

Il mare lo sapeva. La madre della vita conosceva la loro abilità. E con sapienza aveva atteso.

Adesso finalmente quella nostalgia era passata. La stanza brillava radiosa. Quello che, quel primo giorno, aveva sperato, si era avverato.


Id: 3612 Data: 07/05/2017 14:32:02