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Raccolta di testi in prosa di Niccolò Baccaille
[ LaRecherche.it ]

I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.

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vantaggio pari

Dice il fantasista:

«Ti rivelo un segreto sul ping pong: tu sei un pallettaro, ed io non ci gioco con te.

I pallettari sono quelli che rimandano sempre la palla di là.

Non attaccano mai. Solo difendono.

Io contro di te perdo sempre perchè non sono un pallettaro.

Attacco, rischio, schiaccio e vado di top-spin. Tu me le prendi tutte e me le ributti di qua, finchè io non sbaglio per il troppo rischio o per esasperazione, e fai punto te.

E non conta affatto come il pallettaro rimandi la palla di là, se forte o piano, lunga o corta, o inaspettatamente ad effetto, farà punto lo stesso perchè prima o poi l'altro sbaglierà.

Io non gioco contro di te.

Ma sappi una cosa: tu potrai anche vincere tutte le partite contro di me, che non sono un pallettaro, ma chi fa vendere i biglietti sono io.

Tu avrai le coppe e i premi, e il tuo nome sarà sempre tra i primi nelle classifiche federali, ma il mio sarà nei romanzi.

Tu avrai le belle donne, quelle che vanno coi vincitori, io avrò le donne vere, quelle ubriache in seconda fila, senza troppe collane.

Tu avrai dalla tua il tifoso maturo, l'esperto, forse anche l'arbitro, io avrò lo stadio, gli spalti, i bicchieri vuoti di birra tra i piedi del pubblico.

Tu avrai la storia, i numeri, io l'eternità, e le grida.

Io ti stimo perchè so che non potrò mai essere come te, ma tu mi invidi perchè non ci hai mai provato.

Io sono Mozart, tu Salieri.

È una contesa infinita questa, di cui ne hanno già parlato.

In noi due si potrebbe vedere il simbolo di un binomio, un contrasto, i due eterni opposti, come tali complementari. Potrebbero vedere in noi due la contrapposizione eterna di razionale e irrazionale, tecnica ed estro, logos e pathos. Ci si può vedere tutto questo, e in fondo è così, io lo credo.

Ma vedi, io riesco anche a pensare di non trovarmi bene nel mio ruolo, di voler per una volta scivolare nel tuo, giocare una partita come la giochi tu, e vincere, e passare il turno.

Ma su questo non ho alcun potere, non si può decidere di essere un fantasista, lo si è, mentre pallettaro ci si diventa .

E tu, pallettaro, anche tu hai dei dubbi, delle emozioni, dei pensieri al riguardo, o anche stavolta me la rimanderai solo di qua?»

 

E aggiunge:

«SENZA il cavallo gli Achei non l'avrebbero mai sconfitta Troia.»

 

Risponde il pallettaro:

«Caro mio eterno rivale, estroso giocatore, genio del ping pong, nonché fantasioso paroliere, come tu sul campo giochi di fantasia, di fino, di effetti, ma a parole sei diretto, vai deciso e in sicurezza, io, che sul campo invece gioco in difesa, taglio, la mando solo di là, a parole ti risponderò come tu attacchi sul campo, con domande, sfumature, effetti, palle corte che ti faranno sbattere il mento sul tavolo, mirerò al net appositamente, difetti imprevisti e contraddizioni.

La prima di queste è: in ogni tua magia e acclamata giocata qual'è lo scopo ultimo se non quello di far punto?

E bada bene che con questa prima domanda potrei subito fermarmi già demolisce ogni tua parola detta e che potrai dire. Con qualunque risposta ne uscirai sconfitto. Se lo scopo è far punto non vi sarebbe alcuna differenza tra noi due, e anzi il mio modo di giocare risulterebbe di gran lunga preferibile. Nell'altro caso ne usciresti un semplice giocoliere, un clown della racchetta.

Credi che non sappia io il gusto dello spettacolo, il piacere del bel punto?

Ma quanta goduria v'è anche nel match point realizzato?

Il tuo punto, quello bello, quello con le grida, è contingente, sporadico, oserei dire temporaneo.

Il mio invece, che riceve solo applausi e il click sul tabellone del punteggio, è un mattone, forse noioso, ma che rimane lì, pesante e immobile, pronto a sorreggere il peso degli altri punti fino all'edificazione della vittoria.

Il tuo punto rimarrà la colorata e floreale mattonella nel mio palazzo reale, dettaglio che tutti si fermeranno sì ad ammirare ma poi alzeranno lo sguardo alla cupola.

Tu rimani l'imperfezione, la sincope della mia sinfonia in quattro quarti.

Ad un certo punto della fatata traiettoria del tuo top-spin ci sarà sempre la mia piatta racchetta, piattissima e ammortizzante, a spezzare l'incantesimo. Oppure non ce ne sarà bisogno, e la cometa sorvolerà il tavolo e si andrà a spegnere da sola nel vuoto di un pavimento di linoleum, ancor più piatto e ammortizzato.

Oh! i biglietti, il pubblico, gli spalti infuocati!

Non preoccuparti, quelli saranno sempre dalla tua, anche senza di me, anche giocando contro un muro, specialmente giocando contro un muro: tra giravolte e salti mortali li farai impazzire.

Saranno spalti pieni si, e gremiti, ma non scorrerà birra né l'inchiostro dei romanzieri, ma solo zucchero filato e le rèclame pubblicitarie di bibite zuccherine.

I tuoi veri tifosi sono i bambini, e la tua faccia sarà solo sulle loro magliette colorate e il tuo nome sui loro diarietti di scuola con accanto un cuoricino.

Razionale e irrazionale, artigiano e genio, tecnica e sregolatezza. Si, ma il tavolo è rettangolare, la pallina sferica e vuota, la rete di quindici centimetri e mezzo, la racchetta piatta e rigida, il punteggio a 11, due possibilità di battuta, col Let si ripete, la palla può e deve toccare solo una volta il campo avversario, ogni cinque punti si cambia il servizio, non si può toccare il tavolo con le mani, il pollice opponibile, la forza di gravità.

Mi sembra tutto, ciò che resta te lo lascio volentieri.

Mi sembra già di vederti, giocare da solo, sulla Luna.

Ecco, quella grande pallina bianca sospesa per sempre sopra una Terra tutto sommato ancora piatta, rettangolare e verdeblu, quella palla non riuscirò mai a rimandartela di là.»

 

E aggiunge:

«Appunto senza il cavallo gli Achei non l'avrebbero MAI sconfitta Troia.»

 

 

 

 


Id: 4221 Data: 04/07/2018 11:36:33

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incontro a metà strada, o a metà planisfero

Entra la badante in tuta da ginnastica rosa, o pigiama. Il cappello pure rosa, di lana, senza invaderle la fronte le copre però tutti i capelli. Nonostante questo è bionda.

Senza emettere suoni ordina un caffè al bancone, preparandosi la bustina di zucchero, bianco, non di canna.

Entra il grande sudamericano con le scarpe antinfortunio e le mani già grigie di calcinaccio.

Urla “cerveza” al bancone specificando poi la marca, la più alcolica.

Sono le 09:00 di una fredda mattina in questo bar di una quasi periferia tra il Sudamerica e l'Europa dell'est.

Non così fredda come in Europa dell'est, più fredda che in Sudamerica. Sicuramente non le 09:00 di mattina in nessuno dei due.

Il gran sudamericano saluta con un “buongiorno” la badante bionda che ricambia con un movimento del collo e qualche suono .

Spalla a spalla lungo il bancone entrambi sorseggiano ciò che hanno ordinato.

-Come sta il boss?- chiede il gran sudamericano alla badante bionda, riferendosi al vecchio in carrozzina rimasto a casa per il freddo.

Lei prima non capisce poi invece – ah, bene, bene- e sorride addirittura un po'.

La badante bionda finisce il suo caffè non così tanto prima che il sudamericano la sua birra forte.

La badante bionda esce con il caffè a portar via per il boss in carrozzina rimasto a casa per il freddo, e in qualche modo scorda lì un “arrivederci”.

Il sudamericano non si porta via niente ed esce baritonando uno spazioso “buona giornata” che riecheggia ancora nel bar.

Sono le 09:06 di mattina nel bar vuoto di una quasi periferia tra il Sudamerica e l'Europa dell'est.

Non si riesce proprio a capire cosa stia facendo il barista nei suoi continui movimenti sopra e sotto il bancone.

Sul quotidiano del giorno abbandonato su un tavolino ci sono sia notizie belle sia brutte, e anche alcune che non interessano a nessuno.


Id: 4207 Data: 25/06/2018 11:13:50

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capita nel settimo giorno »
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