I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.
Mi ero scordata di quanto scottasse la sabbia.
Ho parcheggiato l’auto sotto i pini, all’ombra così da ritrovarla abbastanza fresca al rientro, o comunque con una temperatura decente da poter ripartire subito.
Prendo lo zainetto e mi dirigo verso destra, verso la foce del fiume dove la spiaggia è deserta anche nella settimana di ferragosto. Almeno così ricordo.
Sono un po’ a disagio, come se mi sentissi osservata e sotto esame, ma è solo un’impressione: ormai sono anni che non vengo al mare durante l’estate ed è per questo motivo che mi sento spaesata.
Eppure sono a casa. Abito un po’ più in là, dove finisce la montagna ed iniziano le dolci colline, verdi merletti che si distendono fino alla palude e che incorniciano la sabbia bianca.
Seguo il sentiero tra i giunchi straordinariamente verdi che costeggia il fiume nel suo ultimo tratto, prima di donare la sua pigra dolcezza al mare, sempre maestoso e bisognoso di purezza.
Tra i canneti sento le anatre scivolare sull’acqua, beandosi di quest’angolo di pace tra terra e mare e sollevo il viso verso il cielo per far aderire come una maschera lenitiva la brezza sui miei lineamenti, induriti dal rigore e dalla severità a cui mi sono condannata in vista di risultati che tardano ad arrivare.
Cammino affondando i piedi nella sabbia rovente ma non sento dolore: il calore mi massaggia e dai piedi sale per il corpo, fino al cuore dove i ricordi si susseguono in velocità, riportandomi a tempi lontani e liberi e facendomi respirare le stesse impagabili sensazioni.
Percorro il sentiero fino al mare in pochi minuti, un tempo molto breve ma ricco ed intenso che mi fa varcare una porta invisibile, dove lascio magicamente alcuni pesi.
Giungo in spiaggia, sono sola esattamente come mi aspettavo, mi spoglio e mi guardo attorno, incredula per l’immensa meraviglia che paziente accoglie tutti come una madre prosperosa e generosa.
Inizio a scattare fotografie come una turista, dalla pelle opaca e sbiadita, che vede il mare per la prima volta, ed è così che mi sento dopo tutto questo tempo.
Avanzo senza indecisioni verso l’acqua e quando sto per tuffarmi inizio a piangere, fondendo il sale delle mie lacrime con il sale del mare da cui mi faccio finalmente abbracciare e cullare come una figlia che torna a casa.
Non so se il sapore delle mie lacrime sa di felicità, di sconforto o di speranza; so solo che ora mi sento libera.
Millina Spina, 4 Luglio 2017