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Raccolta di testi in prosa di Giuseppe Chimienti
[ LaRecherche.it ]

I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.

*

Una linea retta

–1 –

Sera fredda. Ma la finestra era ancora aperta. Non l’aveva ancora chiusa. O meglio, non ne aveva avuto il tempo dopo che tutti erano andati via.
Aveva appena chiuso la porta dell’appartamento per lasciare uscire gli ospiti di quella sera. Amici fidati questa volta, non persone conosciute occasionalmente come in passato. L’aria che entrava nella stanza, anche se fredda, non era fastidiosa. Serviva a farlo riprendere.
Sul tavolo c’erano ancora le diverse bottiglie di vino e di birra che erano state aperte e finite durante la cena. I portacenere erano pieni e tra i vari cadaveri si potevano contare anche diverse “sigarette adulterate”, come era solito definire gli spinelli che puntualmente fumava quando ne aveva occasione.
Ma quella sera, più di tutto il resto, sentiva il vino ottenebrargli i pensieri. Forse non doveva bere così tanto, ma ormai……
Uscì sul balcone per prendere una boccata di aria fresca ma vomitò tutto ciò che aveva nello stomaco. Cazzo – pensò – il grosso problema sarebbe stato spiegare ai due vecchi che abitavano sotto di lui come mai aveva di nuovo innaffiato i loro fiori con il suo vomito. Sapeva che tanto lo consideravano un alcolizzato, non sarebbe stato un problema essere di nuovo guardato come un lebbroso, un paria a cui non ci si doveva avvicinare. Merde!
Quando fu sicuro che non avrebbe corso il rischio di sporcare in casa, anche se sarebbe stato difficile renderla ancora più sporca, decise di rientrare.
Lasciò la finestra aperta, non sapeva se avrebbe vomitato di nuovo ma sapeva che, se fosse successo, la strada fino al bagno sarebbe stata lunga e piena di ostacoli insormontabili. E poi, vaffanculo!, ormai i fiori li aveva concimati, che cazzo……..
Avrebbe dovuto mettere un po’ in ordine lo scempio lasciato durante la cena. Avrebbe dovuto mettere i piatti a mollo, altrimenti lo sporco non sarebbe mai venuto via. E lo stava quasi per fare quando il suo sguardo cadde sui piatti del pranzo ancora sporchi. Avrebbe rimandato anche quelle operazioni. Forse per l’indomani mattina.
Sapeva che di lì a poco sarebbe tornata l’isterica con cui divideva la casa. Sapeva che anche questa volta avrebbero litigato prima che lei si rinchiudesse nella sua ordinata stanza a maledire il giorno in cui aveva deciso di rispondere all’annuncio per l’affitto della camera. Se non le stava bene avrebbe potuto anche andare via, checcazzo! Ma il giorno in cui lei andò a vedere la camera lui era così fatto che sbagliò a dirle il prezzo. Non sarebbe mai andata via, non avrebbe mai trovato un prezzo simile. Quindi non aveva da rompere i coglioni! No, per niente cazzo!
Pensò se bere un’altra birra, ne aveva voglia ma aveva paura che potesse fargli male. Alla fine la volontà fu più forte della paura.
Aprì il frigo ma non trovò quello che cercava. Il suo nettare era finito durante la cena. Cazzo avevano dato il fondo a tutto. In casa non c’era neanche una goccia d’alcol.
Merda! Ormai ci aveva fatto la bocca alla birra della buonanotte.
Era indeciso. Non sapeva se arrivare o no fino al bar per prendere un paio di bottiglie. E soprattutto aveva il dubbio che fosse già chiuso. L’orologio segnava già l’una.
Alla fine si convinse, mise giacca e scarpe e scese. E poi forse al bar avrebbe trovato qualcuno dei suoi conoscenti con cui bere un bicchiere in più.
Chiuse la porta e si avviò con passo deciso. Faceva molto più freddo di quello che poteva sembrare sul balcone ma ormai era già fuori quando se ne accorse.


– 2 –

Il bar aveva già la serranda mezza abbassata, dentro c’era solo il proprietario a fare le pulizie. Pensò alla figlia dell’uomo che aveva visto molto spesso in quel bar e che spesso aveva scatenato in lui pensieri e sogni lubrici che avrebbe assecondato molto volentieri se ne avesse avuto occasione. E poi a pensarci bene lui e la ragazza dovevano avere all’incirca la stessa età. Chissà, forse un giorno avrebbe messo il suo sorriso migliore e avrebbe fatto il simpatico con lei. Ma questi erano altri pensieri…….
Chiese all’uomo se fosse stato possibile avere solo qualche birra, anche per quell’occasione mise il suo sorriso migliore. Mentì dicendo di avere ospiti inattesi a casa e di essere rimasto a secco. L’uomo lo guardò schifato. Forse perché gli aveva letto i pensieri fatti sulla figlia poco prima. Molto più probabilmente perché era un relitto. Solo allora si accorse di avere i pantaloni sporchi di vomito. Ops….. se l’uomo lo avesse raccontato alla figlia avrebbe fatto una figura di merda che neanche il sorriso delle belle occasioni avrebbe potuto cancellare. Bene, pensò che la ragazza sarebbe rimasta solo nei suoi sogni.
Ripeté la richiesta anche se gli avrebbe volentieri spaccato un paio di denti al suocero. Questa volta l’uomo chiese di quante birre avesse bisogno Rispose senza pensare 5 grandi. L’uomo gli disse di aspettare fuori perché aveva appena lavato per terra e scomparve abbassandosi sotto la serranda.
Uscì poco dopo con un sacchetto con dentro quanto chiesto. Prima di darglielo pretese subito i soldi. Malfidente però il suocero. Forse ancora non sapeva dei suoi rapporti con la figlia, magari lo avrebbe trattato meglio.
Pagò, prese il sacchetto e andò verso casa. Si rese conto che le bottiglie erano calde e stava quasi per tornare indietro ma sentì, nel silenzio della notte, la serranda che veniva completamente chiusa.
Le avrebbe bevute calde, dopotutto non era mai stato schizzinoso.
Anzi decise di aprirne una subito, giusto per riscaldarsi e ingannare il tempo che lo separava da casa sua.
Prese l’accendino dalla tasca e stappò una bottiglia. Fece anche per accendere anche una sigaretta ma poi pensò che non avrebbe avuto mani a sufficienza per bere, fumare e portare il sacchetto. Rinunciò alla sigaretta, gesto salutare dopotutto.
Arrivò davanti al portone di casa con ancora mezza birra da finire. Non sapeva se avesse camminato troppo svelto o bevuto troppo piano.
Aprì il portone e decise di fare le scale. Non stava ancora al meglio e non aveva proprio voglia di rischiare di dover pulire l’ascensore come l’ultima volta in cui ci aveva vomitato dentro. E soprattutto non aveva nessuna voglia di litigare di nuovo con i suoi condomini come durante l’ultima riunione condominiale.
Entrò in casa, era tutto come aveva lasciato, quindi la sua coinquilina non era ancora tornata. Provò a chiamarla e non ci fu risposta. Meglio così, aveva ancora un po’ di pace. Non si chiese neanche dove potesse essere, sicuramente con qualche sua amica in qualche bel locale che a lui avrebbe negato l’ingresso. Troppo derelitto il suo aspetto. Fanculo!, porci.
Finì di scolare la bottiglia ancor prima di togliersi la giacca e le scarpe.
Poi si mise comodo sul divano con la televisione spenta e il silenzio della notte a fargli compagnia.
Ascoltò i suoi pensieri.
Aprì la seconda bottiglia promettendosi di non fare l’errore di berle tutte quante anche se sapeva già che molto probabilmente avrebbe disatteso la promessa.
Si sedette placido e rilassato sul suo divano, spense tutte le luci e accese una sigaretta. Il fumo gli raschiò la gola ma oltre questo fastidio non ne ebbe altri e alternò sorsi a tiri. Era indeciso se prepararsi una canna ma fumare da solo gli avrebbe messo tristezza, non avere nessuno con cui ridere non faceva lo stesso effetto….
Chiuse un attimo gli occhi e si accorse che anche il suo stomaco stava meglio. Era proprio vero, la birra era un’ottima medicina. O forse non stava meglio ma cominciava a non capire più un cazzo e quindi non sentiva neanche eventuali malesseri. Li avrebbe sentiti l’indomani mattina, non aveva scampo……
Tra le palpebre chiuse cominciarono a insinuarsi le immagini dei suoi pensieri assurdi e alcolici. Ritornò alla figlia del barista….. All’anello di lei che urlava la sua fedeltà a qualcuno con cui magari, in quel momento, condivideva un letto sicuramente più caldo del suo. Sorrise al pensiero della giovane tra le braccia di chi le aveva regalato quel gioiello e rise di gusto quando si immaginò quel lui che le chiedeva alcuni giochetti lubrici in segno di amore. Cazzo!, dopotutto le aveva regalato l’anello no? poteva anche chiederle di ripagare il suo amore.
Spense la sigaretta e finì anche quella birra.
In quel momento sentì aprirsi la porta a si preparò a sostenere la litigata con la sua coinquilina. Riaprì gli occhi in attesa, sperando di non dover sostenere discorsi troppo complessi, non ne sarebbe stato in grado.
Un freddo saluto e una rapida occhiata alle condizioni del soggiorno…. Eccola che stava per esplodere.
Ma lo sorprese il fatto che anche lei si sedette sul divano, senza una parola, e bevve una delle sue birre. Ma è calda – disse, e fu il suo unico commento.
Sperò che non volesse parlare o magari sperò il contrario. Non sapeva bene neanche lui. Quella forse era la prima volta che si sedevano insieme a bere…. O magari lei voleva fare qualche giochetto erotico, chissà. Non era brutta e a volte, solo in bagno, un pensierino su di lei lo aveva anche fatto.
Rimase zitto con lo sguardo verso il balcone mentre lei continuava a bere usando un bicchiere. Piccole avvisaglie dei modi diversi che avevano di affrontare le situazioni.


– 3 –

Non sapeva se cominciare lui a parlare per primo, rimase ancora in un silenzio che trovò imbarazzante. Nell’attesa cominciò a spogliarla mentalmente, se la immaginò nuda e distesa su quel pavimento che a guardarlo bene avrebbe avuto bisogno di un po’ di pulizia. Se la immaginò lasciva e pronta a soddisfare qualsiasi sua richiesta. Questi pensieri cominciarono ad avere effetto sul suo amico che decise di dare inizio a spingere tra le mutande.
Fu lei a interrompere questo flusso piacevole di pensieri. Si alzò per accendere lo stereo. Non stette a cambiare il cd che era nel lettore e quando partì l’attacco di London Calling dei Clash si limitò solo ad abbassare un po’ il volume per non disturbare i vicini. Lui se ne sarebbe altamente sbattuto il cazzo se avesse avuto voglia di ascoltare musica. E non era importante che ormai fosse l’una e mezza di notte….
Avrei voluto mettere qualcosa di più soft a quest’ora – disse lei – ma anche i Clash vanno bene.
Finalmente aveva aperto bocca. Stentava a capire la situazione in cui si stava trovando in quel momento. Forse mi sto immaginando tutto – pensò – forse a cena ho effettivamente fumato troppo.
E il pensiero di vivere un’immaginazione si fece più forte alla domanda di lei… perché non mettiamo giù una canna? – chiese.
Lui si alzò senza aprire bocca. Lasciò prima la bottiglia di birra vuota sul tavolo e poi si diresse in camera sua a prendere il necessario per fumare. La scatoletta magica, come la chiamava. Diversi tipi di fumo, un po’ d’erba, una rarità in quei tempi, cartine e carta per fare il filtro.
Fumo o erba – le chiese.
Falla d’erba ma falla leggera che non sono abituata a fumare pesante – rispose.
Se vuoi falla tu, così decidi la quantità – disse tirando una lunga sorsata dalla bottiglia di birra aperta da lei che era stata poggiata per terra vicino al divano.
Ma dai quella birra è mia – obbiettò lei con una vena di stizza – aprine un’altra se vuoi.
Non dette peso a quell’ultima cosa e cominciò a preparare lo spinello. Non c’erano dubbi la situazione era veramente strana, ma tra un po’ avrebbe fumato e tutto sarebbe tornato alla normalità.
Chiuse con maestria la sigaretta e la porse a lei per farla accendere. Era una cosa che piaceva fare a lui ma si sentiva magnanimo e decise di darle quell’onore.
L’accese e tirò due boccate aggrottando la fronte e facendo una smorfia col viso.
Era forte, odiava farsi dire come avrebbe dovuto fare le quantità!
E’ forte, merda – subito fece lei – ti avevo chiesto di non esagerare. Ma delle volte chiedere a te qualcosa è come parlare con il muro.
Lui prese la canna quando gliela passò e tirò una prima profonda boccata. E’ giusta così – replicò.
I successivi dieci minuti trascorsero in silenzio mentre si dividevano quanto confezionato poco prima.
Dopo averla spenta lui si alzò a prendere un’altra bottiglia di birra che aprì versandone un po’ nel bicchiere di lei che questa volta non ebbe obbiezioni.
Il silenzio si protrasse ancora per un po’. Effettivamente, a pensarci, non avevano punti in comune. Erano due linee rette che non si riuscivano a toccare. Lui con i suoi stravizi e il suo lavoro. Lei con le sue manie e il problema di averlo perso da poco il lavoro che aveva.
Visto che la situazione non si sviluppava in alcun modo continuò ad ingannare il tempo pensandola nuda e in pose che ai più sarebbero apparse oscene. Ma questa volta i pensieri erano amplificati da quanto aveva fumato poco prima. Quando incrociò il suo sguardo cominciò a ridere. Era sicuro che ciò che pensava gli si poteva leggere in faccia.
Perché ridi – gli chiese lei.
Ti sto pensando nuda – rispose lui ancora ridendo.
E cosa cazzo ci trovi da ridere – chiese ancora lei questa volta abbozzando un mezzo sorriso – non credo di essere così brutta….
Non sei un cesso di sicuro – rispose – ma ne ho scopate di meglio in passato.
Ormai la sua risata era incontrollabile. Sapeva che quella risposta che poteva sembrare volgare l’avrebbe fatta incazzare.
Ma lei non si incazzò, non rispose, non fece niente di quello che lui si sarebbe potuto aspettare. Rimase in silenzio con ancora il sorriso stampato sulla faccia.
Si alzò per cambiare il cd che era già finito. Cosa metto – gli chiese.
Fai un po’ te - le rispose lui – ma non mettere Nick Cave che mi intristisce quando sono in questo stato.
Ti vanno bene i Pearl Jam – chiese – o preferisci altro. Metterei volentieri Vitalogy.
Vanno bene.
Mise nel lettore un disco del gruppo di Vedder e soci e premette il tasto per farlo partire. Prima che lui potesse dirle qualcosa alzò il volume.
Speriamo solo che i vicini non si lamentino – disse – anche se onestamente me ne frega poco - aggiunse subito dopo.
Al massimo – rispose lui – se la prenderanno con me. Non potrebbero mai pensare che tu possa ascoltare musica ad alto volume a quest’ora, hai un’apparenza troppo da brava ragazza.
Hai sempre di che stuzzicarmi per qualcosa – gli disse – Delle volte sei noioso.
Delle volte….. Cazzo!, avevano scambiato si e no venti parole da quando dividevano quella casa.
Decise di non risponderle. Divise equamente la birra che rimaneva nella bottiglia versandone un po’ nel suo bicchiere e bevendo il resto d’un fiato.
Non capisco – disse lei – perché tu non debba mai usare il bicchiere.
Soffocando un rutto che gli stava salendo decise di rispondere con una semplice alzata di spalle senza dire una parola.
Come mai hai deciso di fermarti senza andare difilato in camera tua – le chiese.
Questa volta fu lei ad alzare le spalle.
Le arrivò un messaggio sul cellulare che cancellò subito dopo averlo letto.
Magari – fece lui – chi ti ha scritto voleva una risposta.
Magari – rispose lei – è bene che ti faccia i cazzi tuoi.
Eccola…. Era così che la conosceva. Altera e nervosa.


– 4 –
La situazione continuava ad essere alquanto bizzarra. Lui era ancora bloccato nei suoi pensieri erotici mentre lei chissà a cosa pensava. Il suo sguardo appannato e perso verso il muro di fronte non lasciava intendere nulla.
Magari – pensò lui – dovrei chiederle cos’ha. Ma poi si ricordò dell’invito a farsi i cazzi suoi ricevuto poco prima e lasciò perdere.
Smise di pensarla nuda e in pose da film erotico. La vide in un’altra luce ma fu lesto a cancellare subito pensieri di compassione o di falsa comprensione per la sua situazione. Dopotutto lei poteva fare il cazzo che voleva con i soldi del padre, quindi non aveva molti problemi.
Lui invece con il suo stipendio doveva pagarci il mutuo le bollette la spesa le sigarette l’alcol e le droghe. Cazzo quelli erano problemi, andasse a fare in culo!
Ne preparo un’altra? – le chiese.
Lo guardò brevemente e poi tornò a fissare il muro.
Ti ho fatto una domanda – disse – puoi anche rispondere. O magari la principessa ha il suo ciclo e non ne vuole sapere di rispondere al barbone. Mi sembrava strano – aggiunse per finire – che sua maestà stasera avesse voglia di stare in mia compagnia.
Non capisci un cazzo! – gli urlò la ragazza – Anzi a te non te ne frega proprio un cazzo di niente. Sei un indifferente! Tu non cambieresti espressione neanche se ti sparassero. Sempre la solita faccia. Te ne freghi degli altri e tutto deve andare come dici altrimenti ti incazzi. Cosa vuoi fare? Accenderne un’altra? – chiese – Fai come vuoi. Tanto a te serve solo una scusa per fumare ancora e estraniarti dal mondo.
La risposta lo spiazzò. Era la litigata che si aspettava da prima. Finalmente era arrivata. Ma forse era troppo stanco per litigare e non riuscì a risponderle subito.
Ripensò alle parole che gli aveva detto e si accorse che in fondo aveva avuto ragione. Ma non si sentì di doversi scusare. No cazzo, non aveva proprio niente di cui scusarsi. E poi non era sua abitudine farlo. Non in quel momento….
Come se niente fosse prese un po’ di hashish dalla scatola, lo riscaldò, lo sbriciolò e lo mischiò con del tabacco. Mise tutto in una cartina che girò e chiuse. Prima di sedersi a fumare controllò se nella bottiglia ci fosse ancora birra. Sapeva che avrebbe avuto sete dopo aver fumato e sapeva anche che non avrebbe avuto voglia di alzarsi per prendere una nuova bottiglia. Bene!, c’era ancora mezza bottiglia.
Si sedette sul divano, anzi ci si accasciò, e si accese lo spinello sulle prime note di Corduroy. Quella canzone gli era sempre piaciuta. Attese con ansia la frase I don’t want to take what you can give, I prefere to starve than eat your bread. Era un inno all’autosufficienza! Era il suo cazzo di inno. Era l’orgoglio musicato! Reso più forte dalla voce e dalle chitarre che andavano avanti incazzate e nervose. L’avrebbe sentita a oltranza, fino a cancellare la traccia dal cd.
Tirò ancora qualche boccata e le porse la sua sigaretta speciale, era pesante e se ne accorse anche lui, sicuro che lei lo avrebbe guardato torva e non l’avrebbe presa. Ma quella probabilmente era la serata delle sorprese. Lei prese e tirò subito un paio di boccate senza dire nulla sul fatto che fosse quasi impossibile da fumare.
Finirono anche quella canna.
Lui cercò di mitigare il fatto di avere la lingua e la bocca secche bevendo un po’ di birra. Anche se calda l’effetto fu quello desiderato.
Senza chiedere niente ne versò anche nel bicchiere di lei. Lo ringraziò e bevve d’un fiato.
Lo fece ridere il fatto che lei non riuscì a soffocare un rutto e ancora di più lo fece ridere la sua espressione costernata che precedette le sue scuse.
Scusa di che – chiese lui ridendo – non hai mica ucciso o rubato. E poi se ne hai voglia possiamo fare una gara.
L’ultima frase la fece sorridere. Poi scoppiò a ridere anche lei. Chissà se per quanto fumato o per quanto successo.
Risero insieme. E quella era sicuramente la prima volta che succedeva. La serata delle sorprese……
Scusa per come ti ho risposto prima – disse lei – ma è un periodo veramente di merda. Non ho un cazzo di lavoro. Ho degli amici di merda. Non ho nessuno con cui parlare.
Nessun problema – rispose senza però aggiungere altro. Aveva diversi problemi suoi e di sicuro non voleva stare ad accollarsi anche quelli della ragazza. E poi erano due perfetti sconosciuti. E poi non gliene fregava proprio un cazzo a dirla tutta. Era indifferente a tutto ciò che non lo riguardasse direttamente. Su questo, prima, lei aveva avuto ragione.
Non so nemmeno - aggiunse lei – perché mi sia fermata qui con te stasera. Magari avevo voglia di stare con qualcuno che con me non c’entrasse niente.
Grazie – disse lui sarcastico. Ma non aveva torto neanche in questo caso. Rimanevano due rette parallele. Sperava solo di non dover cominciare a sentire le sue cazzate sui suoi problemi. Decise che se lei avesse cominciato si sarebbe focalizzato sulla musica e per prepararsi si alzò a cambiare il cd in modo da poterlo avere dall’inizio. Dopotutto prima avevano solo riso insieme, non credeva che ciò le permettesse di spaccargli le palle con i suoi problemi.
Cercava un live abbastanza lungo, che durasse molto. Ma alla fine la sua attenzione fu attirata da All hope is gone, l’ultimo degli Slipknot. Aveva bisogno di un po’ di violenza musicale ma ebbe l’accortezza di abbassare il volume prima di svegliare tutto il palazzo.
Come cazzo fai ad ascoltare questi - gli chiese lei.
Mi piacciono – rispose – e mi servono a resettare il cervello.
Ma non si capisce niente – obbiettò la ragazza.
Non è vero – fece lui – basta fare un po’ di attenzione. E poi rimane emblematico il titolo del disco. Tutta la speranza è andata.
Hai ragione – lei – è andato proprio via tutto quanto. Non immagini che voglia avrei di parlare con qualcuno….. – terminò.
Parlare costa mia cara – le rispose – e poi non so se ho voglia di starti a sentire.
Sei un bastardo – disse lei – ma su questo non avevo dubbi . E il tuo prezzo - chiese – quale sarebbe.
Un ricco pompino – disse lui ridendo.
Non sapeva bene perché le avesse risposto così. Non sapeva se l’avesse fatto per chiudere subito la discussione prendendosi qualche insulto. Non sapeva se l’avesse fatto perché magari in fondo ci sperava in un servizietto dopo i pensieri di prima.
E mi staresti a sentire – chiese lei – sperando che poi io faccia quello che vuoi.
No – rispose – non potrei starti a sentire avendo il dubbio che dopo non me lo faccia.
Ormai la discussione era diventata surreale… Era certo che non stesse succedendo veramente. Era certo che fosse collassato sul divano e che quella discussione era un sogno perverso dovuto ad alcol e droghe.
Va bene – disse lei – però chiudiamo la finestra e tiriamo la tenda, non vorrei che qualcuno si godesse lo spettacolo.
Si alzò e chiuse tutto.
Ma poi – gli chiese – posso fidarmi di te. Starai a sentirmi?
Ma che cazzo – rispose lui – mi stai veramente per fare un pompino con la speranza che dopo possa dirmi tutti i tuoi problemi. Non pensi – le chiese – che dopo avrai un problema in più?
Non ti preoccupare – lei – lascia che sia io a decidere ma poi prometti di starmi a sentire.
Detto ciò si abbassò……..

– 5 –

Gli slacciò prima la cinta e poi gli abbassò i pantaloni. Lui continuò a pensare che non stesse succedendo veramente fino a quando lei non gli prese il suo amichetto in bocca. A quel punto l’eccitazione che prima era rimasta latente si risvegliò completamente. Lui non stette fermo. Cominciò ad allungarsi in modo da poterla toccare e le arrivò a palpeggiare il seno. Al tatto era molto meglio di quello che sembrasse quando lei era vestita.
E no – subito disse lei – tu devi stare fermo.
Non ci penso proprio – le rispose – io faccio tutto quello che questa posizione mi concede di fare. E poi se dopo devo stare a sentire le tue stronzate ne avrò anche il diritto.
Sei veramente un bastardo – disse – ma su questo non avevo dubbi.
E io invece – rispose lui – avevo molti dubbi su quanto potessi essere troia. Ma mi sto ricredendo.
Non sapeva perché l’aveva insultata. Non l’aveva mai considerata in quei termini. Ma ormai l’aveva fatto e non c’era tempo né per i ripensamenti né per le scuse.
Continua – le disse – non vorresti mica fermarti sul più bello adesso.
No – rispose – ho detto che l’avrei fatto e lo faccio.
Si spogliò completamente e gli offrì il suo corpo completamente nudo. Era un bel vedere dopotutto.
Lui non stette fermo e cominciò ad accarezzarla ovunque riusciva. Cominciò anche a far scivolare la sua lingua in modo da scatenare l’eccitazione della ragazza.
Non ci volle molto prima che lei se salisse addosso.
Cazzo – pensò lui – addirittura servizio completo. Chi l’avrebbe mai pensato che sta serata finiva così…….
E gli scappò un mezzo sorriso amplificato dagli eccessi di poco prima.
Fu a quel punto che si accorse delle lacrime di lei mentre scopava.
Ma lui non aveva nessuna voglia di interrompersi sul più bello. E poi non l’aveva mica obbligata, aveva fatto tutto lei. E adesso non aveva nessun diritto di smettere di farlo godere. Lui continuò finchè non ebbe raggiunto il suo scopo.
Fu in quel momento che si rese conto di essere diventato veramente un uomo di merda.
Lei scese e si asciugò le lacrime mentre lui finiva la birra che era rimasta in bottiglia.
Lui si riabbottonò alla meglio i pantaloni mentre lei si rivestiva con alcune gocce che ancora le scendevano dagli occhi.
Non so proprio – disse lui – cosa ci sia da piangere adesso. E nemmeno cosa ci fosse da piangere prima. Non mi sembra di averti chiesto niente. Non mi sembra di averti obbligata a farlo. Hai fatto tutto tu, non hai nessun diritto di piangere come una ragazzina adesso.
Sei un animale – gli disse – e il tuo problema è che sei anche contento di esserlo. Sei fiero di non avere sentimenti e compassione di niente. Sei fiero di non credere in niente. Sei fiero di non chiedere mai niente.
Ma cosa cazzo ne puoi sapere tu di me – le disse lui – non mi conosci nemmeno. Dividiamo solo questo cesso di casa e non abbiamo mai parlato. Abbiamo passato insieme due ore e ti sei fatta già scopare. Io non ho sentimenti. Non ne ho mai avuti e mai ne avrò.
Gli occhi di lei erano già asciutti e trasmettevano solo rabbia e la voglia, a ben vedere, di schiacciargli le palle con un calcio.
Lui invece era indeciso se accendersi una sigaretta o prendere l’ultima birra che era rimasta. Alla fine scelse di non fare niente.
Adesso – chiese lei – mi ascolti.
Parla – le rispose – ma non ti aspettare comprensione o compassione. Non ne ho da spendere né di una né dell’altra.
Da te – ancora lei – non voglio proprio un cazzo.
Quello – disse lui – mi sembra te lo sia già presa.
Non poteva non risponderle in quel modo…..

– 6 –

Cominciò a parlargli e a raccontargli del perché stava così. Del perché si era comportata in quel modo. Lui l’ascoltò per poco prima di rendersi conto che in fondo erano molto simili.
Nessuno dei due aveva sentimenti per gli altri. Tutti e due erano astiosi senza un motivo preciso. Non erano due rette parallele. Erano due linee contorte che si incrociavano in più punti
Lui pensò che c’era molto in comune ma non le disse niente. Non voleva che smettesse di parlare, gli stava conciliando il sonno ma doveva fare di tutto per tenere gli occhi aperti. Era logorroica. Era fastidiosa. Era acida.
Dopo un po’ smise di parlare. E non smise ponendo una domanda a lui. Non smise chiedendogli un consiglio. Smise così e basta. Magari nel suo parlare senza quasi prendere fiato non si era accorta che in lei c’erano gli stessi comportamenti che c’erano in lui. O forse se n’era accorta ma preferiva non farglielo capire.
Lui si alzò a prendere e stappare una bottiglia di birra. Quella a cui aveva rinunciato prima che lei sciogliesse i pensieri in un turbinio di parole unite tra loro.
Le chiese se ne volesse un po’. La domanda cadde nel vuoto e quindi cominciò a lavorare sulla bottiglia fino a scolarla del tutto.
Nessuno dei due disse più niente. Tutti e due sembravano persi nei loro pensieri e isolati dal resto. Ognuno aveva una bolla che lo circondava e lo teneva ben separato dall’altro.
Ormai erano arrivate le quattro di mattina. Si sentiva stanco e aveva voglia di andare a dormire.
Voleva andare a dormire senza sapere altro di lei. Senza sapere perché fosse diventata come lui. Lui sapeva cosa lo aveva spinto ad essere così e credeva che anche lei avesse avuto, più o meno, i suoi motivi.
Ma anche se la curiosità era forte decise di non darle troppa importanza.
Si alzò. Prese il portacenere e lo andò a svuotare. Lasciò la finestra aperta per far passare un po’ d’aria, ormai nella stanza non si poteva più respirare. Spense lo stereo. Tolse le bottiglie vuote dal pavimento e le lasciò sul tavolo in modo da potersi ricordare di portarle nel bidone.
Lei in tutto questo rimase ferma e immobile. Inespressiva come era lui di solito. Lo sguardo fisso nel vuoto. Non una parola. Niente. Sembrava che l’aria le entrasse autonomamente nei polmoni.
Vado a letto – disse lui – domani non posso alzarmi troppo tardi.
Domani…. – disse lei
Non capì quella risposta. Non aveva voglia di chiedere spiegazioni. Andò prima in bagno e poi a letto. Puntò la sveglia alle otto e mezza. Ma poi pensò che fare cifra tonda non gli avrebbe fatto male. Decise quindi per le nove.
Chiuse gli occhi e attese che Morfeo lo venisse a prendere. Non ci volle molto. Si addormentò convinto di dormire il sonno dei giusti. Non aveva mai problemi con la sua coscienza e non ne ebbe neanche quella sera.




– 7 –

Come al solito non riuscì ad alzarsi quando suonò la sveglia. Si erano fatte già le dieci. Avrebbe rimandato al pomeriggio alcune cose che avrebbe dovuto fare la mattina. Si tirò su dal letto e andò in bagno a far uscire sotto forma di piscio la birra accumulata la sera prima. Pensò che la forma non era cambiata poi molto nell’attraversare il suo corpo: gialla e schiumosa.
Senza mangiare niente prese subito due pastiglie per il mal di testa. Non era ancora insopportabile ma molte volte, in passato, era stato in quelle condizioni appena sveglio e sapeva che entro un’ora un gruppo punk avrebbe cominciato a fare un concerto tra le sue orecchie.
La casa era vuota, il balcone aperto. Per il resto tutto era come la sera prima.
La ragazza era già andata via.
Si preparò il caffè e mangiò due biscotti. Pensò che sarebbe stata una buona idea, dopo, andare a prendere un caffè al bar. Magari avrebbe messo il suo sorriso migliore e avrebbe provato a scambiare due chiacchiere con la figlia del barista. Magari avrebbe aspettato che lei si girasse a preparargli il caffè per guardarle il culo e fare qualche pensierino dei suoi.
Già pregustò l’idea.
Finì il caffè e tornò in bagno per buttarsi sotto la doccia. Gli fece bene. O forse gli fecero bene i pensieri che continuava a fare sulla figlia del barista. Un buon soggetto dopotutto…..
Si vestì.
Prese le chiavi e uscì dall’appartamento. Scese la prima rampa di scale e si ricordò delle bottiglie che erano ancora sul tavolo. Era indeciso se portarle giù ai bidoni una volta tornato dal bar ma si rese conto che dopo sicuramente si sarebbe limitato a spostarle e quindi decise di tornare in casa a prenderle.
Le mise in una busta e scese nel cortile interno della casa.
Avvicinandosi ai bidoni notò un paio di jeans che gli sembrò di aver già visto ma non ricordava dove.
Poi, quando fu più vicino, la vide. Vide la sua coinquilina tra i bidoni. Un rivolo di sangue già secco per terra e la posizione innaturale di alcune parti del corpo gli fecero pensare che, codarda, aveva deciso di lasciarsi cadere dal balcone.
Cazzo!, nessuno era ancora sceso a buttare l’immondizia visto che non era stata ancora trovata. Alzò il suo sguardo per vedere se ci fosse qualcuno alle finestre.
Nessuno…..
Lasciò cadere le bottiglie nel bidone del vetro e tenne la busta in tasca.
Ripensò alla sera prima. Come al solito non si sentiva in colpa di nulla. E non si dispiacque per l’ultimo volo in caduta libera che la ragazza aveva deciso di fare. Non era stato lui a spingerla a farlo. Non le aveva chiesto niente dopotutto.
Decise…. Qualcun altro l’avrebbe vista più tardi e avrebbe chiamato chi di dovere. Forse anche un medico per cercare di rianimarla.
Si voltò e andò via verso il bar. Dopotutto aveva ancora certi pensieri da fare sul culo di una ragazza che ancora respirava……. Dopotutto lui era effettivamente una linea retta che non incontrava nessun’altra linea……



– 8 –

Entrò nel bar sperando di vedere subito la giovane barista. Era pronto, era gasato. Non pensava a quello che aveva visto poco prima. A quello che aveva fatto.
Si avvicinò al bancone sperando di poter vedere subito il culo sodo della ragazza. Invece gli si avvicinò, dall’altra parte, il padre. L’uomo torvo che lo aveva accolto la sera prima e che gli aveva dato le cinque birre che avevano condannato a morte una persona. Era lui l’assassino alla fine cazzo!
Cosa ti porto – chiese.
Un caffè e una sambuca a parte – rispose pensando che sarebbe stato meglio bere per dimenticare qualcosa. Non sapeva cosa ma era meglio annebbiarsi subito.
Il caffè arrivò dopo poco.
Lo zuccherò e lo gustò sorseggiandolo. Poi prese il bicchiere di sambuca e lo ingollò tutto d’un fiato. Melodia dissonante per il suo stomaco.
Pagò quanto preso e si avvicinò al tavolo dove erano poggiati i giornali. Sfogliò distrattamente quello che era aperto a metà non soffermandosi a leggere nulla in particolare. Voleva vedere se riusciva a placcare la figlia del barista torvo e cercava solo una scusa per trattenersi nel locale.

Id: 791 Data: 09/12/2010 16:06:57