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Raccolta di articoli di Antonella Iurilli Duhamel
[ LaRecherche.it ]

I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.

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- Educazione

FEMMINICIDIO e misoginia

In Italia  quest’anno,  al ritmo di un giorno si e  un giorno  no, una donna viene  barbaramente uccisa. Costituisce  un grave reato nei confronti della intera umanità, che le donne  debbano ancora appellarsi al Femminismo affinchè i propri diritti fondamentali vengano riconosciuti. Se la società fosse stata impregnata da valori umani ed  equilibrati probabilmente il Femminismo non sarebbe mai nato, tuttavia malgrado Femminismo le donne continuano a subire  violenza in modi molto diversi e  l’omicidio  è solo  la ciliegina sulla torta.
 

La violenza spesso consumata all’interno del proprio  entourage famigliare, è una pratica  sottile alle quale le donne si  assoggettano  sin da bambine;   la graduale azione di oggettizzazione, parte dalla culla. Molto in fretta  la donna impara che il suo senso di valore e di dignità dipenderanno  dalle sue capacità di compiacenza,  dalla sua abilità di  fingere o di  essere un ninnolo innocuo, una res propria  utile.    Il termine  femminicidio, che  in Italia è oramai  una  condizione di  emergenza;  intende la distruzione fisica, psicologica, economica, e  istituzionale della donna. Questa piaga silenziosa e nascosta si avvale della complicità  di chi spesso sta  solo a guardare, e persino delle madri  le quali  molto raramente prendono una posizione attiva ed aggressiva per la tutela dei propri figli in generale,  ma delle  figlie in particolare.

 

In Italia le donna morte  per amore sono tragico  aumento, la misoginia è in crescita e la storia è antica. Inizia con una donna che vide un bel frutto sull’albero, delizioso da vedere e sicuramente da assaporare; fece lo sbaglio di coglierlo e di  condividerlo con un uomo;  da  quel giorno tutti  i mali del mondo le verranno attribuiti.  L'aspetto ridicolo della storia è che  la famosa mela sicuramente non fu una mela, non c’erano mele nel Giardino dell’Eden, d’altronde anche la Genesi parla di frutto proibito, molto  probabilmente fu colpa di un fico o forse di una fica.

 

Nelle incisioni medievali, nelle vetrate  delle prime chiese e in generale in tutta l’arte classica cristiana, la mela simbolizza il primo peccato di  Eva cha a sua volta rappresenta la prima peccatrice creata da una divinità maschile dalla costola di un uomo.

 

Questo mito cristiano è la premessa della dignitosissima esistenza delle donne nel mondo occidentale, e si basa sull’odio per la donna,  ma   la situazione non è più incoraggiante anche nel mondo  ebraico  dove la donna accompagnata dal serpente è associata al male.  Il serpente è stato equiparato al demonio, mentre nelle religioni pre-patriarcali era associato alla saggezza e alla fertilità. Simbolo della sessualità, della rinascita lo troviamo  facilmente rappresentato  nelle forme artistiche  del bacino mediterraneo  dove divinità femminili piene nei fianchi e nei seni
sanno contenere  e nutrire la vita.

 

 

Si tratta figure femminili  creative e potenti e accompagnate da un animale, spesso il serpente a sottolineare la forza della Natura dentro e fuori di lei. Gli autori della Genesi trasformarono questi potenti e fertili divinità femminili in ignobili peccatrici che avrebbero dovuto vergognarsi per  sempre  sotto un burka  reale o psicologico, condannate al silenzio e alla subordinazione. Il mito fu usato dai padri della Chiesa per esprimere la loro misoginia,  e  occultare il colpo di mano che ha tolto  alla donna  il potere della creazione  e lo ha messo totalmente nelle mani dell’uomo. Sant’Agostino diceva che non c’era differenza se lei era una madre, una moglie o una figlia; in ogni caso rimaneva una tentatrice e giù botte.

 

La storia dell’Occidente è la storia dell’odio maschile nei confronti della donna e delle sue conseguenze spesso catastrofiche. L’infame Malleus Maleficarum, il documento prodotto da due domenicani incaricati da papa Innocente VII di indagare sulla stregoneria afferma che lastregoneria è la conseguenza del piacere della carne,  che nelle donne si sa,  è insaziabile. E’ la testimonianza di quanto Eva  divenne il target di tutta la spazzatura umana, e di come una dea si trasformò in strega corruttrice di anime  pie e di bimbi innocenti.
 

Le donne sono responsabili di rendere gli uomini pazzi di desiderio, della loro perdita di controllo e del fiume di odio che scorre in abbondanza; ma perché tanto odio? L’odio è sinonimo di fragilità, è tale purtroppo,  è sempre  piu frequentemente la condizione dell’dentità maschile. L’intero processo della loro identificazione è divenuto sempre più distorto perché  essenzialmente si basa sul distanza dalle qualità femminili,  e dalla loro  soppressione all’interno della personalità.

 

Grazie a questa distanza accompagnata da disprezzo e da superiorità verso  la donna, l’uomo riesce a mettere su la fragile impalcatura della sua personalità costantemente  a rischio di collasso. Questa distanza dal sesso debole ed inferiore rende ogni relazione un campo di battaglia dove il sentirsi umiliati e il voler umiliare fino alle estreme conseguenze è un motivo assai ricorrente.

 

Le donne conoscono questa vulnerabilità,  spesso se ne fanno carico e per questo giustificano i loro aggressori e persecutori. Paradossalmente li nutrono e li proteggono come
bambini,  hanno imparato a ipercompensare il loro senso di inadeguatezza e la loro fragilità giungendo ad annientare se stesse anche con le proprie mani.

 

 Non ci si rende ancora  conto di quanto la misoginia sia  endemica, è troppo doloroso confrontarla, ma solo quando uomini e donne cominceranno  guardarla in faccia il suo potere distruttivo potrà cominciare ad essere disattivato.

testo e opera di A. Iurilli Duhamel
Id: 743 Data: 04/03/2013 07:46:05

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- Letteratura

Creatività/Divagazioni

L'atto creativo  è un grande mistero edalla notte dei tempi è protetto dagli Dei e benedetto dalle Fate. Nelle cosmologie mitologiche, certune divinità erano  associate  a specifiche espressioni artistiche, e a loro ci si appellava a seconda della propria Arte  per ottenere aiuto e ispirazione.

 

Antichi poeti, danzatori, musicisti e racconta-storie si avvalevano dei loro doni per superare la linea di demarcazione tra il regno dell’umano e quello dello spirito, tra  la terra dei vivi  e quella dei morti. L’artista era a tutti gli effetti, una sorta di sciamano che ritualmente creava  nuovi mondi, nuove idee e nuove realtà.

 

Debole da sempre   è la linea di demarcazione che separa l'ispirazione dalla follia;  per coloro che lavorano servendosi dell’intuizione, ricorrendo a quanto le Muse  sussurrano alle loro orecchie, la fatidica  linea a volte, diventa quasi impercettibile.

 

Nelle tradizioni mitiche l’artista quanto lo sciamano,  camminano pericolosamente sul filo della follia teso tra  tutti i mondi possibili: talvolta  il loro dono proviene proprio  dall’essersi saputi gestire nell’andirivieni    dal mondo della follia  a  quello degli dei, delle fate e viceversa.

 

Per gli antichi romani il genius, era lo spirito, il daemon che si legava ad un dato artista e non era affatto considerato un attributo. La scintilla divina proviene dal daemon, la funzione dell’artista è quella   di fare da crogiuolo , come un utero che accoglie l’embrione e lo  porta fino ai cancelli di una nuova realtà.

 

Tuttora sono molti gli artisti che  alla stregua degli antichi romani, vedono nella  creazione   un processo misterioso, magico ed alchemico il quale  necessita  non solo di preparazione e   bravura, ma anche di idee ed impulsi che ci giungono da luoghi e tempi sconosciuti.

 

Nelle culture antiche le arti creative erano utilizzate letteralmente e metaforicamente per curare, celebrare, rinnovare, e persino maledire; l’ispirazione era attinta dal proprio genius, o dalle Muse, le figlie di Zeus. e di MnemosineClio (storia), Euterpe (poesia lirica), Talia (commedia), Melpomene (tragedia), Terpsichore (danza e canto), Erato (canti d’amore), Polimnia (inni divini), Urania (astronomia), and Calliope (poesia epica).

 

Tra gli antichi Celti Leanan–Sidhe era una fata ad  ispirare  i poeti con il semplice  tocco della sua mano, ma se si  abusava della sua generosità, ella  poteva giungere a bruciare il malcapitato fino ad estinguerlo.

 

Tra i Cherokee c’erano leggende che parlavano di una donna antilope che ispirava poesia canti; solo coloro  che in grado di mostrale rispetto, avrebbero beneficiato del suo aiuto nel momento in cui lei si sarebbe presentata nel bosco sotto le sembianze di un cervo bianco.

 

In campo artistico sono in molti a  cercare  la propria ispirazione nella foresta degli archetipi seguendo un percorso tracciato nei secoli dagli artisti che li hanno preceduti;  si insegue  il cervo bianco attraverso le commedie di Shakespeare, la poetica di Dante, la visione dei simbolisti, solo per citarne alcuni.

 

 Le Muse ci parlano non solo attraverso i sogni e le immagini, ma anche attraverso tutti gli atti creativi della vita: quando cuciniamo, facciamo l’amore, conversiamo, creiamo rapporti, componiamo preghiamo. Per alcuni l’ispirazione creativa si presenta  nei momenti di quiete, per altri nelle situazioni più intense della loro  vita.

 

In questa era non animista, pero non accade più che  edera, frutti e fiori vengano deposti sull'altare  per onorare la propria divinità, anche se poi  ognuno preserva  una serie di rituali e talismani: la penna favorita, un particolare tipo di carta, colori, pennelli, il caffè in una certa tazza, il telefono fuori portata, la mail box svuotata o il tavolo pulito a specchio prima di metterci all’opera.  

 

In tutti questi piccoli rituali, puliamo il campo mentale non solo fisico per focalizzarci nel passaggio tra il mondo fisico e quello immaginativo, che rimane ancora un momento mitico, potente così come quando in certe fiabe  l’eroe   si bagna nelle acque una, due,  e persino tre volte prima di varcare la soglia del mondo incantato.

 

Certi giorni viene così facile bagnarsi nelle acque e perdersi come Alice nel paese delle Meraviglie, altri invece, è veramente dura, e soprattutto  non ci è mai dato di saperlo in anticipo. Certi giorni la porta è sprangata, come se Giano   dio delle soglie, o Hermes dio dei confini fossero di guardia a bloccare la via.

 

A volte questi momenti di secca vengono  presi bene; fanno pensare ad un pozzo che è bene asciugare  affinché lo si possa nuovamente riempire. Solitamente, si teme che il pozzo non potrà più riempito. E a volte si sa,  i pozzi si esauriscono per un tempo infinito. In molte circostanze  non è proprio la mancanza di ispirazione ad interferire con il processo creativo, quanto invece è   la mancanza di tempo  nemico di turno.

 

Thomas Mann  in  “Autobiografia di uno scrittore afferma:

 

"Non vediamo l’ora di incontrare quei momenti quando la vita di ogni giorno sembra cancellarci e non esiste altro che il fuoco dell’ispirazione; sono attimi di grazia rari. Fatene tesoro! Ma non diventatene dipendenti, per il resto del tempo dobbiamo imparare a lavorare malgrado i conti da pagare, il cane che abbaia, il telefono che squilla e il postino alla porta."


Id: 741 Data: 03/03/2013 09:00:25